venerdì 5 febbraio 2016

La Siria e la Dottrina Wolfowitz




04 Febbraio 2016

di Luis Manuel Arce*

da www.prensa-latina.cu


Traduzione di Marx21.it


Il presidente Barack Obama continua a muoversi in base alla Dottrina Wolfowitz, avviata nel 1992 e conservata negli anni dai suoi iniziatori George Bush padre e figlio, il cui obiettivo è sostenere con la forza un mondo unipolare guidato dagli Stati Uniti e impedire l'ascesa di potenze rivali.

Molto di quanto si è fatto dai tempi dell'invasione dell'Afghanistan e dell'Iraq, inclusi i colpi di Stato in luoghi così differenti come l'Ucraina e l'Honduras, o su questioni tanto apparentemente lontane dall'assunto militare come l'estrazione di petrolio, con lo scisto bituminoso utilizzato per farne collassare il mercato, è costituito da azioni premeditate suggerite da questa dottrina.

Questo pensiero neo-conservatore elaborato da un gruppo di ideologi del sistema e apparso qualche mese dopo la scomparsa dell'Unione Sovietica e del campo socialista europeo, mira al consolidamento di un potere unilaterale concentrato a Washington. Wolfowitz, legato per 30 anni al Pentagono, afferma senza enfasi:

“Il nostro primo obiettivo è impedire il risorgere di un nuovo rivale che rappresenti una minaccia simile a quella che si presentava precedentemente con l'Unione Sovietica, sia sul territorio della ex URSS che in qualsiasi altro luogo. Questa è la base della nostra nuova strategia di difesa regionale e richiede il nostro sforzo per evitare che una potenza ostile domini una regione le cui risorse, sotto un controllo consolidato, siano sufficienti a generare energia globale”. Naturalmente ci si riferisce all'Oriente.

Da allora, sotto la bandiera dei Bush, questo pensiero è diventato il manifesto dell'establishment statunitense, ed è stato messo in pratica fino a quando non gli è tremata la mano da Dick Cheney, allora Segretario della Difesa, ed è stato proseguito e mantenuto dai suoi successori al Pentagono e al Dipartimento di Stato, secondo l'autorevole analista politico statunitense Paul Craig Roberts.

La sua essenza è stata esposta poco tempo fa dal giornalista nordamericano seguace di questa ideologia Charles Krauthammer nel Washington Post, dove ha scritto:

“Abbiamo un potere globale schiacciante. La storia ci ha designato come i custodi del sistema internazionale. Quando l'Unione Sovietica fu smembrata, nacque qualcosa di nuovo, di completamente nuovo, un mondo unipolare dominato da una superpotenza unica senza alcun rivale e con una proiezione decisiva in tutti gli angoli del mondo. Ciò comporta un nuovo e sorprendente sviluppo della storia, che non si vedeva dai tempi della caduta di Roma. Neppure Roma rappresenta un modello adeguato per quello che oggi sono gli Stati Uniti”.

Il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro non ha mancato di denunciare che le insolenze dell'oppositore Henry Ramos Allup (attuale presidente dell'Assemblea Nazionale venezuelana, ndt), arrivato al punto di far togliere dall'emiciclo in modo irriverente quadri con l'effigie del Libertador Simon Bolivar e del leader bolivariano Hugo Chavez, fanno parte di un piano appoggiato dall'estero per creare le condizioni che “giustifichino” un intervento militare.

Nello stesso contesto si iscrive la disobbedienza verso il Tribunale Supremo di Giustizia quando si fa giurare nell'Assemblea i tre deputati contestati, gesto con cui l'opposizione conservatrice disconosce il Potere Giudiziario.

Questo panorama non è nuovo ed è molto ben definito nella Dottrina Wolfowitz con lo scatenamento del caos premeditato e con un copione specifico in Libia allo scopo di rovesciare e assassinare Muammar Gheddafi e occupare il paese, come ha denunciato Craig Roberts.

Come questo esperto ripete, il caos non è stato provocato in Libia perché i libici non hanno saputo mettersi d'accordo tra loro dopo la morte di Gheddafi, ma perché questo era l'obiettivo strategico degli Stati Uniti. Non c'è stata una rivoluzione democratica ma un movimento secessionista nella regione della Cirenaica. Non c'è mai stata l'applicazione del mandato dell'ONU per proteggere la popolazione, ma un massacro perpetrato dalla NATO che è costato la vita a 160.000 libici, di cui il 75% è rappresentato da civili, secondo la Croce Rossa Internazionale.

Il Venezuela, certamente, non è un fatto isolato perché la dottrina neo-conservatrice Wolfowitz è globale, come lo è la Dottrina Brzezinski sull' “erosione dall'interno” che a suo tempo servì da base a ciò che ancora pratica la Casa Bianca.

La guerra in Siria è la più recente espressione di tale concezione perché in questo teatro di battaglia gli Stati Uniti hanno una molteplicità di obiettivi geopolitici che vanno dal monopolizzare a proprio beneficio la rotta del petrolio e del gas, fino al consolidamento del regime sionista in Israele, all'accerchiamento militare della Repubblica Popolare Cinese e della Russia e al conseguimento del controllo politico assoluto della regione.

Il criterio utilizzato per tale strategia è che, sconfitta l'URSS che era il muro di contenimento dell'unipolarismo degli USA, non si può permettere che la Russia del presidente Vladimir Putin assuma il ruolo dei sovietici o che anche la Cina, con il suo sorprendente sviluppo economico, lo faccia e si unisca a Mosca in un'alleanza strategica molto potente.

L'ordine è stato dato dai neo-conservatori: egemonia mondiale per e da parte degli Stati Uniti. Sparare per uccidere in “qualsiasi angolo oscuro del mondo”, come proclamò Bush figlio alla vigilia delle invasioni nel Medio Oriente.

Questo obiettivo spiega gli accadimenti in Afghanistan e Iraq, l'impunità di Israele per i suoi crimini e la colonizzazione dei territori occupati, le minacce all'Iran, gli incresciosi fatti di Libia, l'atroce guerra in Siria, l'apparizione di presunti gruppi fondamentalisti senza ordine né legge, il caos in paesi del Nord Africa, il colpo di Stato in Ucraina, l'offensiva contro l'ex presidente Cristina Fernandez in Argentina e Dilma Rousseff in Brasile, le pressioni sui presidenti dell'Ecuador, Rafael Correa, e della Bolivia, Evo Morales, il caos in Venezuela, e la vergognosa sottomissione dell'Europa a Washington.

Il Venezuela ha lanciato l'allarme in America Latina, mentre Eric Sommer, del Global Time,  mette in guardia rispetto a ciò che definisce proto-guerra degli Stati Uniti contro la Cina e l'infelice ruolo che Washington cerca di assegnarle con l'Associazione Transpacifica (TPP) in questo pericoloso gioco.

Questa proto-guerra, secondo quanto dice, pare indirizzata a intimidire, indebolire e anche probabilmente a destabilizzare il governo e la società e include tentativi di accerchiare e isolare, militarmente, economicamente e sul piano informatico la Cina.

In questa strategia, Sommer mette in guardia sul fatto che gli Stati Uniti considerano il TPP come l'ala economica della proto-guerra destinata a circondare la Cina, e lo considera una proposta di trattato regolatore e di investimento regionale che escluderebbe Pechino dagli attuali negoziati.

Gli ideologi statunitensi, indipendentemente dalle loro preferenze di partito – Paul Wolfovitz fu prima democratico e in seguito repubblicano –, si sono considerati vincitori della guerra fredda e hanno proclamato la fine della storia, come ha teorizzato Francis Fukuyama, anche allo scopo di privare i popoli di una memoria storica.

In tal modo hanno edificato il muro propagandistico della pretesa unipolarità per far credere che la storia abbia attribuito al capitalismo l'investitura di ideologia universale e agli Stati Uniti quella  di paese eccezionale per dirigerla.

In tale contesto verrà il giorno in cui si conosceranno i segreti dei retroscena della caduta delle torri gemelle l'11 settembre – evento sul quale esistono molti fondati dubbi – che spalancarono la strada   alle disgrazie che si vivono oggi nel Medio Oriente e alla proliferazione di organizzazioni terroriste come lo Stato Islamico, Al Qaeda e molte altre di origine tanto oscura.

Il colpo di Stato in Ucraina del 22 febbraio 2014 e le sanzioni degli Stati Uniti e dell'Europa alla Russia del presidente Putin contengono un messaggio subliminale neo-conservatore, quello del potere unico a cui alludono gli unipolaristi.

Naturalmente, che lo si voglia o no, le fondamenta della Dottrina Wolfowitz sono poco solide e l'edificio è stato scosso dal blocco russo estremamente efficace all'invasione militare che era stata pianificata per la Siria.

I neo-conservatori lo sanno e lo considerano come una sconfitta della loro dottrina, e ciò spiega in parte le scosse che stanno subendo gli Stati Uniti e l'Europa nella loro presunta battaglia contro lo Stato Islamico.

Nonostante tutto, la Siria continua a rappresentare l'incrocio tra la pace e la guerra in gran parte del mondo. La pace promossa da coloro che lottano per la responsabilità condivisa in un mondo multipolare. La guerra come consapevole risorsa distruttiva che purtroppo può essere utilizzata da coloro che continuano ostinatamente a perseguire il controllo unipolare dell'universo.

*Editor di Prensa Latina

mercoledì 3 febbraio 2016

Dietro la maschera «anti-Isis»



di Manlio Dinucci
 

Quest’anno il Carnevale romano si apre il 2 febbraio, quando si esibisce alla Farnesina lo «small group», il piccolo gruppo ministeriale (23 paesi più la Ue) della «Coalizione globale anti-Daesh/Isis», co-presieduto dal segretario di Stato Usa John Kerry e dal ministro degli esteri Paolo Gentiloni. Ne fanno parte, mascherati da antiterroristi, i maggiori sponsor del terrorismo di «marca islamica», da decenni usato per minare e demolire gli Stati che ostacolano la strategia dell’impero. 

Alla testa della sfilata in maschera gli Stati uniti e l’Arabia Saudita. Quelli che – documenta una inchiesta del New York Times (24 gennaio)  – armano e addestrano i «ribelli» da infiltrare  in Siria per l’operazione «Timber Sycamore», autorizzata segretamente dal presidente Obama nel 2013, condotta dalla Cia e finanziata da Riyad con milioni di dollari.  Confermata dalle immagini video del senatore Usa John McCain che, in missione in Siria per conto della Casa Bianca, incontra nel maggio 2013 Al Baghdadi, il «califfo» a capo dell’Isis. 

È l’ultima delle operazioni coperte Usa-Saudite, iniziate negli anni Settanta e Ottanta: per destabilizzare l’Angola e altri paesi africani, per armare e addestrare i mujahiddin in Afghanistan, per sostenere i contras in Nicaragua. Ciò spiega perché gli Stati uniti non criticano l’Arabia Saudita per la violazione dei diritti umani e la sostengono attivamente nella guerra che fa strage di civili nello Yemen. 

Fanno parte del gruppo mascherato anche la Giordania e il Qatar dove, documenta il New York Times, la Cia ha costituito le basi di addestramento dei «ribelli», compresi «gruppi radicali come Al Qaeda», da infiltrare in Siria e altri paesi. Il Qatar fornisce per tali operazioni anche commandos, come fece quando nel 2011 inviò in Libia almeno 5mila uomini delle forze speciali. «Noi qatariani eravamo tra i ribelli libici sul terreno, a centinaia in ogni regione», dichiarò poi il capo di stato maggiore Hamad al-Atiya (The Guardian, 26 ottobre 2011). 

Tra gli «antiterroristi» che si esibiscono alla Farnesina ci sono anche gli Emirati Arabi Uniti, che hanno formato dal 2011 tramite la Blackwater un esercito segreto mercenario di circa 2mila contractor, di cui circa 450 (colombiani e altri latinoamericani) sono ora impegnati nell’aggressione allo Yemen. 

C’è il Bahrain che, dopo aver schiacciato nel sangue l’opposizione  democratica interna con l’aiuto delle truppe saudite, ora restituisce il favore affiancando l’Arabia Saudita nel massacro degli yemeniti, impresa a cui partecipa il Kuwait, anch’esso membro del gruppo «antiterrorista». 

Di cui fa parte la Turchia, avamposto Nato della guerra contro la Siria e l’Iraq, che ha sostenuto l’Isis inviandogli ogni giorno centinaia di tir carichi di armi e altri materiali. Per aver pubblicato le prove, anche video, della fornitura di armi all’Isis da parte dei servizi segreti di Ankara, giornalisti turchi Can Dündar e Erdem Gül sono stati arrestati e rischiano l’ergastolo. 

Tra le presenze occidentali nel gruppo mascherato spiccano la Francia e la Gran Bretagna, che usano forze speciali e servizi segreti per operazioni coperte in Libia, Siria e altri paesi. 

Fa gli onori di casa l’Italia, che ha contribuito a incendiare il Nordafrica e Medioriente partecipando alla demolizione della Libia.  Dove ora si prepara a ritornare, addirittura col ruolo «guida», per un’altra guerra sotto comando Usa/Nato, che, mascherata da «peacekeeping», mira al controllo delle zone strategiche e delle risorse energetiche libiche. Nei saloni della Farnesina riecheggiano le note di «Tripoli, bel suol d’amore», la canzone che nel 1911 inneggiava alla guerra coloniale in Libia.
 
(il manifesto, 2 febbraio 2016)