lunedì 4 aprile 2016

“È guerra aperta?” La grande assemblea di Milano




 “È guerra aperta?”. Grande partecipazione all'assemblea di Milano

04 Aprile 2016 



Resoconto dell'iniziativa del 2 aprile 2016 alla Camera del Lavoro Metropolitana

Veramente numerosa la presenza dei partecipanti all’assemblea che si è tenuta alla Camera del Lavoro Metropolitana di Milano sabato 2 aprile: più di 450 persone, decine anche in piedi, hanno affollato la sala Di Vittorio, seguendo con attenzione tutti gli interventi. Grandi applausi si sono avuti a varie riprese in momenti nei quali si trattavano  contenuti molto avanzati, in contrasto all’attuale mainstream.

È iniziata con un intervento registrato del Dottor Imposimato sui collegamenti e le trame che chiamano pesantemente in causa la presenza della NATO in Italia e le sue commistioni con ambienti neofascisti, servizi deviati, logge massoniche “coperte” e criminalità organizzata. Si è inoltre proiettato il trailer del film di Martinelli “Ustica”, opera che oltre al ritmo possiede anche la forza nel rappresentare quanto è contenuto nella documentazione di indagine che è stata svolta dal giudice Priore.

Giulietto Chiesa per il Comitato No Guerra No NATO ha parlato del rischio di una guerra aperta che potrebbe coinvolgere l’intero globo. Inoltre ha affrontato il tema dell’informazione e di come essa venga manipolata, per dimostrare che gli aggrediti, vedi il caso della Russia accerchiata, siano regolarmente accusati di essere gli aggressori.

L’assemblea ha poi avuto il contributo di Franco Dinelli, coordinatore di Pax Christi per il Centro-Italia, giunto a Milano la mattina arrivando dalla sua ultima visita in Palestina. Nel suo intervento ha sottolineato come la visione occidentale sia parziale e distorta, produttrice di diseguaglianze anche attraverso gli interventi militari. Circa il Medio Oriente  ha anche citato Edward  Said   e la sua critica della visione eurocentrica, che ha rappresentato con una domanda: “perché mai un tassista di Damasco dovrebbe fare il lavavetri a Berlino?”

Infine Manlio Dinucci per il Comitato No Guerra No NATO ha saputo calamitare l’attenzione del folto pubblico presente: nel suo intervento ha ripreso il tema del mondo del lavoro, introdotto dal contributo di Roberto Giudici della FIOM Metropolitana di Milano, parlando del rapporto ineludibile tra la guerra e la condizione dei lavoratori, sostenendo come sia necessario che anche tra i lavoratori si ritorni a discutere della politica internazionale, poiché i suoi effetti ricadono inevitabilmente sulle vite di coloro che talvolta non colgono immediatamente l’importanza dell’argomento “politica internazionale”.

Nel corso delle relazioni alcuni hanno anche ricordato l’abbaglio di cui è stata vittima certa “sinistra”, la quale non ha esitato a mettersi l’elmetto quando nel 2011 si è recata presso l’Ambasciata libica di Roma per protestare contro il governo di Gheddafi, salvo poi, si spera, farsi delle domande, poiché i velivoli francesi e inglesi hanno immediatamente dopo iniziato il loro “lavoro” volto a polverizzare le strutture di quel Paese.

Le reazioni del pubblico all’uscita sono state una delle soddisfazioni maggiori; strette di mani per gli organizzatori, belle parole che esprimevano da un lato la speranza che si continui in questa direzione, nella consapevolezza che queste iniziative possono contribuire alla ripresa di un movimento contro la guerra e l’imperialismo, che in passato ha visto momenti importanti di solidarietà e lotta nella nostra Città e nel nostro Paese

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PLATONE E LA DEGENERAZIONE DELLA DEMOCRAZIA




«Quando la città retta a democrazia si ubriaca di libertà confondendola con la licenza, con l'’aiuto di cattivi coppieri costretti a comprarsi l’'immunità con dosi sempre massicce d'’indulgenza verso ogni sorta di illegalità e di soperchieria; quando questa città si copre di fango accettando di farsi serva di uomini di melma per potere continuare a vivere e a ingrassare nella mota; quando il padre si abbassa al livello del figlio e si mette, bamboleggiando, a copiarlo perché ha paura del ragazzo; quando il figlio si pone alla pari del genitore e, lungi da rispettarlo, impara a disprezzarlo per la sua pavidità; quando il cittadino accetta che, di dovunque un altro provenga, chiunque gli capiti in casa possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’'ha costruita e ci è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola e ordine; c’è da meravigliarsi che l'’arbitrio si estenda ovunque e che dappertutto nasca l’'anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle?

In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme e adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun conto chi li educhi; in cui tutto si mescola e si confonde; in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi; in cui i rapporti tra gli uni e gli altri sono regolati soltanto dalle reciproche convenienze nelle reciproche tolleranze; in cui la demagogia dell'’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione, e anzi costringe tutti a misurare il passo delle gambe su chi le ha più corte; in cui l'’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella molteplicità e moltiplicazione dei favori; in cui tutto è concesso a tutti in modo che tutti ne diventino complici; in un ambiente siffatto, quando si raggiunge il culmine dell’'anarchia e nessuno è più sicuro di nulla e nessuno è più padrone di qualcosa perché tutti lo sono - perfino signori del suo letto e della sua madia, a parità di diritti con lui - e i rifiuti si ammonticchiano per le strade perché nessuno può comandare a nessuno di sgombrarli; in un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe a difendere la Libertà, quella libertà, dal pericolo dell’autoritarismo?
Ecco, secondo me, come nascono le dittature. Esse hanno due madri. Una è l'’oligarchia quando degenera, per le sue lotte interne, in satrapia. L’'altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’'inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi.
Allora la gente si separa da coloro cui attribuisce la colpa di averla condotta a tal disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza che della dittatura è pronuba e levatrice.
Così la democrazia muore: per abuso di se stessa.
E prima che nel sangue, muore nel ridicolo.»

(Platone, "Repubblica", Libro VIII – Atene, anno 370 a.C. circa)