lunedì 5 dicembre 2016

IL CONTRIBUTO DEL MIO BLOG ALLA VITTORIA REFERENDARIA



di Diego Siragusa

5/12/2016


Ormai i risultati del referendum costituzionale sono definitivi e ci consentono di fare alcune valutazioni sommarie. Quasi il 60% degli italiani ha respinto il quesito referendario determinando le dimissioni di Matteo Renzi e del suo governo. Nelle prossime ore sapremo se il presidente della Repubblica darà l'incarico ad un'altra personalità o chiederà a Renzi di rimanere. Quest'ultima possibilità appare poco probabile. Il voto è stato anche un voto politico perché questa è stata l'intenzione del capo del governo. Per la prima volta nella storia d'Italia, una riforma della Costituzione è stata opera di un governo, cioé di una parte, e non l'opera di tutte le forze politiche come fu la Costituente del 1946. Renzi ha chiesto un plebiscito sulla sua persona e il popolo italiano gli ha inflitto la lezione che si merita. Ormai è chiaro che la riforma era una minaccia palese del nostro assetto democratico ed obbediva ai voleri di poteri occulti che hanno agito e agiscono dietro a Renzi. Pur di vincere, sono scesi nell'agone personaggi come Obama, giornali come il Financial Times che ha minacciato il fallimento di 8 banche in caso di vittoria del NO, il patetico Romano Prodi, il ballerino Eugenio Scalfari, la Confindustria, aziende che hanno invitato i propri dipendenti a votare SI, come la Ferrarini Salumi, l'ingenuo Gianni Cuperlo che ha distrutto la sua credibilità politica. Renzi e Padoan, poco prima del voto, si sono azzardati a promettere un aumento delle pensioni, come ai tempi di Achille Lauro che distribuiva ai napoletani una scarpa destra con la promessa di dare la scarpa sinistra se avesse vinto le elezioni. Insomma si è trattato di una campagna elettorale alla vecchia maniera clientelare ed intimidatoria che ha confermato, anche ai più riottosi, che la posta in gioco non era il BENE DELLA NAZIONE. A questo si aggiunga il cambiamento genetico del PD che ha seppellito ogni valore fondativo grazie all'opportunismo e ai voltafaccia dei suoi dirigenti. I segni sono stati: una politica economica demagogica e punitiva dei lavoratori surrogata dallo spettacolo renziano succedaneo di quello berlusconiano; una politica estera infame e criminale, tutta allineata all'imperialismo americano e al nazisionismo israeliano, segnata dalle sanzioni contro la Siria e la Russia e dal beneplacito dato a Netanyahu di espandere le colonie massacrando i palestinesi. Era allucinante, in questi giorni, leggere su l'Unità, IL GIORNALE DI ANTONIO GRAMSCI, articoli orrendi, ultrareazionari, contro Fidel Castro, simili ai bollettini usciti dagli uffici della CIA e del MOSSAD. Un partito che cammina a testa in giù inconsapevole della propria progressiva autodistruzione. 

Se questo disegno eversivo è stato sconfitto, il merito è della parte migliore del centro-sinistra, della sinistra conseguente e coerente e dei tanti sinceri democratici. Con mezzi limitati, il NO ha dovuto contrastare una potente panoplia di comunicazione messa in campo da Renzi, dal PD e dai poteri di fiancheggiamento. Un ruolo importante è stato svolto dalla rete dei social media che hanno informato in modo diligente i cittadini indirizzando il loro consenso.
Per quanto riguarda il mio blog, devo comunicare i risultati strabilianti che TUTTORA non riesco a spiegarmi. Ho pubblicato alcuni contributi di personalità note e meno note che hanno registrato un consenso sorprendente da parte dei lettori. La tabella che potete vedere qui sopra mostra i numeri delle visite per ogni singolo contributo registrato dal mio blog. La mia amica Paola Grassi, con un articolo breve ed efficace, ha collezionato più di mezzo milione di lettori. Notevole il risultato di Fiorella Mannoia che si è battuta con passione encomiabile. 
Ringrazio tutti i lettori e gli amici di Facebook che hanno permesso questo risultato.

Ritroviamoci per una prossima battaglia di democrazia e di civiltà!

Hasta la victoria. 

sabato 3 dicembre 2016

La scienza e la tecnologia secondo Fidel Castro




del Prof. Massimo Zucchetti

28 Novembre 2016


La scomparsa del Comandante Fidel Castro Ruz, avvenuta in questi giorni, mi ha portato a scrivere un breve ricordo di quelli che sono stati – avendoli verificati di persona - il suo pensiero sulla Scienza e la Tecnologia, la sua influenza sullo sviluppo di queste discipline a Cuba e nel mondo, e di come questo suo pensiero abbia contributo a conservare a Cuba la sua indipendenza.

Partiamo dalla mia esperienza personale, e non certo per mettere me stesso in mostra, ma per cercare di far capire a quale titolo vengano scritte queste righe: in questi giorni abbondano infatti sedicenti neo-esperti di Cuba, che nell’isola caraibica non hanno mai messo piede, se non al massimo per una settimana all-inclusive in un albergo a Varadero. Ho partecipato – dagli anni 90 fino all’anno scorso - a molte Conferenze internazionali a Cuba, in particolare relative a materie vicine alla mia disciplina, cioè la fisica nucleare e lo studio dell’ambiente. Nella serie di convegni internazionali WONP (Workshop On Nuclear Physics) e NURT (Nuclear and Related Techniques) ho potuto presentare molti miei lavori scientifici, trovando sempre ottima accoglienza, pubblico ampio, colleghi interessati con i quali ho anche intessuto rapporti di collaborazione.
Un solo esempio per tutti: nel 2001 presentai un lavoro scientifico sull’impatto ambientale e sulla salute dell’utilizzo militare dell’Uranio Impoverito [1], uno dei primi lavori presentati a livello internazionale da un italiano dopo la guerra contro la Jugoslavia nel 1999. Attenzione alla data: nel 2001 era molto difficile parlare scientificamente di quel problema, dato che nel democratico occidente vigeva una vulgata de factoche relegava l’allarme sull’uso di quel materiale radioattivo ad una protesta complottista. Ora, nel 2016, sappiamo che la NATO fece un uso criminale di quegli ordigni nei Balcani (come prima in Iraq e poi in altre guerre), mentre il governo “di sinistra” italiano, prima partecipò con le proprie basi ai bombardamenti, e poi inviò i soldati italiani in Kosovo, senza alcuna protezione contro l’inquinamento da polveri radioattive e composti chimici cancerogeni: l’odissea delle malattie e delle morti dei nostri militari si protrae tuttora. A Cuba, così come quando parlai di fusione termonucleare controllata a deuterio-elio-3, di monitoraggio e previsione dei sismi mediante il gas radon, ed altri argomenti scientifici di avanguardia, trovai spazio, accoglienza, attenzione, critica costruttiva, e dignità scientifica.

Fidel Castro era un avvocato, ma vi sono nella sua famiglia due scienziati di grande valore proprio nel mio stesso campo. Il suo primo figlio, il prof. Fidel Castro Diaz Balart, fisico nucleare noto anche a livello internazionale. E suo nipote diretto, anch’egli fisico nucleare, che non molto tempo fa ha completato i suoi studi conseguendo il Dottorato di Ricerca presso una prestigiosa università francese. Di entrambi mi onoro di essere amico, ed è pensando specialmente a loro che ho scritto questo mio breve ricordo.

L’attenzione di Fidel Castro verso la scienza e la tecnologia non hanno certo bisogno del mio endorsement. Ricordiamo tuttavia alcuni brani di un suo discorso del gennaio 1960, appena un anno dopo il trionfo della Rivoluzione:

“El futuro de nuestra Patria tiene que ser necesariamente un futuro de hombres de ciencia, de hombres de pensamiento, porgue precisamente es lo que más estamos sembrando, lo que más estamos sembrando son oportunidades a la inteligencia”.

Hay que despertar el interés de nuestra juventud para que investigue, para que conozca, para que se entrene, ya que esos conocimientos tienen valor en todos los ordenes”.

Nuestro país en el terreno de la investigación, deberá hacer dos cosas: acopiar información de todo lo que se va haciendo en otras partes, no debemos inventar dos veces lo que esta inventado una vez y a la vez realizar aquellas investigaciones concretas sobres las cuales en concreto necesitamos resolver determinados problemas, adaptar el resultado de las investigaciones a otros países a las necesidades de nuestro país”. 

Tampoco sería posible investigar en todas las ramas… Nosotros no podemos ser fuertes en todo de ahí la importancia de determinar en que podemos ser más fuertes y más especializados porque nosotros tenemos una ventaja, el recurso humano”. (Revista Juventud y Técnica, Nº 297, p. 29)

Ed è con molta attenzione che ho cercato di dare di queste frasi una traduzione decente in italiano:

“Il futuro del nostro paese deve necessariamente essere un futuro di uomini di scienza, uomini di pensiero, perché è proprio quello che stiamo seminando: quello che stiamo seminando sono opportunità per l'intelligenza.

Dobbiamo risvegliare l'interesse dei nostri giovani per studiare, conoscere, essere formati, perché la conoscenza ha valore a tutti i livelli.

Per il nostro Paese, nel campo della ricerca, è necessario fare due cose: raccogliere informazioni su tutto quanto viene fatto altrove, perché non dobbiamo re-inventare un doppione di quanto si è già scoperto, e quindi dobbiamo concentrarci su quelle ricerche specifiche delle quali abbiamo bisogno per risolvere certi nostri problemi, cioè adattare i risultati delle indagini in altri paesi alle esigenze del nostro paese. 

Perché sarebbe impossibile fare ricerca in tutti gli aspetti dello scibile. Non possiamo essere forti in tutto: da qui l'importanza di determinare dove possiamo essere più forti e più specializzati, perché abbiamo un vantaggio, le risorse umane.”

In una nazione – nel 1960 – appena uscita da una guerra di liberazione, dopo decenni di dominio di fatto coloniale tramite una dittatura, con la maggior parte della popolazione ancora analfabeta e senza accesso all’istruzione, e nessun ruolo rilevante in ambito scientifico, questi concetti potevano apparire una sfida forse troppo visionaria e coraggiosa: ma tuttavia, come si legge nella seconda parte, molto concreta e priva di promesse irrealizzabili e voli pindarici. Quando venne detto nel 1960, fu realizzato pienamente e si andò ben oltre. Cuba ha un tasso di alfabetizzazione, scolarizzazione, accesso all’istruzione universitaria che non ha pari in nessuna nazione circonvicina, e fra i primi al mondo. Oltre a questo, nell’ambito della ricerca avanzata, Cuba ha raggiunto nei decenni più recenti livelli di eccellenza internazionale in molte discipline. Un elenco completo va oltre le intenzioni di questo scritto: ma voglio ricordare l’eccellenza raggiunta in molti campi della biotecnologia, della medicina, della genetica, delle scienze informatiche, che ho potuto constatare di persona, oltre che in molti altri.

Passano trent’anni da quel 1960, e Fidel Castro entra nell’ultimo suo periodo di potere politico attivo, prima di abbandonare gradualmente ogni carica. Molte realizzazioni si sono compiute, ma Cuba è sotto attacco da parte del Capitalismo internazionale, nel tentativo di isolarla e di renderlo il prossimo possibile parco dei divertimenti, dopo il 1989 e la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Dice Fidel Castro nel 1991:

“No puede haber socialismo sin ciencia.

La supervivencia de la Revolución y del socialismo, la preservación de la independencia de este país depende hoy, fundamentalmente de la ciencia y la técnica. Y no voy a decir que sea únicamente un problema de la ciencia y la técnica; yo diría que es, en primer lugar, un problema político, una cuestión de conciencia, de espíritu de lucha, de voluntad, decisión, y valor para resistir, para enfrentar dificultades, cualesquieran que sean. Este esfuerzo de la ciencia y de la técnica requiere de una premisa política, que es la voluntad de luchar y de vencer.

Lo que tengamos en el futuro tenemos que crearlo nosotros, tenemos que conquistarlo con nuestros brazos, con nuestro sudor y con nuestra inteligencia. Podemos llegar a hacer mucho y podemos llegar muy lejos, porque tenemos lo que no tienen otros: la cantidad de talento acumulado de nuestra sociedad, la cantidad de inteligencia desarrolladas. Con lo que tenemos podemos alcanzar lo que queramos.”

(Pensamiento de Fidel Castro Ruz. Tercera Parte. VI Forum, 1991.)

Che sempre nella mia traduzione, significa in italiano:

“Non ci può essere il socialismo senza la scienza.

La sopravvivenza della rivoluzione e del socialismo, preservando l'indipendenza di questo paese, dipende oggi prevalentemente dalla scienza e dalla tecnologia. E non voglio dire che è solo un problema di scienza e tecnologia; Direi, prima di tutto, un problema politico, una questione di coscienza, spirito combattivo, di volontà, determinazione, e il coraggio di resistere, ad affrontare le difficoltà, qualsiasi esse siano. Questo sforzo della scienza e della tecnologia richiede una premessa politica, che è la volontà di combattere e vincere.

Quello che avremo in futuro, lo dobbiamo creare noi, dobbiamo conquistarlo con le nostre mani, con il nostro sudore e la nostra intelligenza. Possiamo ottenere molto e possiamo andare lontano, perché abbiamo ciò che altri non hanno: la quantità di talento accumulato nella nostra società, la quantità di intelligenza sviluppata. Con quello che abbiamo possiamo ottenere ciò che vogliamo.”

Un altro quarto di secolo è passato da quel discorso. Cuba c’è. E non si trova ormai nessuno, neppure fra i discendenti della mafia cubano-statunitense di Batista ed i suoi tardi epigoni internazionali, che riesca ad enumerare, fra i propri argomenti contro Cuba, l’arretratezza culturale, tecnologica, scientifica. Al di là delle convinzioni di ognuno in campo politico, questi sono i fatti. Con gran dispetto dei profeti di sventura, Fidel Castro è stato forse l’unico rivoluzionario al mondo ad aver fatto una rivoluzione, aver vinto, ed averla mantenuta: crediamo che uno dei modi con i quali questo sia stato realizzato sia anche l’aver creduto nella scienza, nella cultura, nella tecnologia non come patrimonio di pochi, ma alla portata e al servizio di tutti.

Note – Per un approfondimento.

• Josefa Cuadra Vázquez, María Caridad Herrera Gómez. El pensamiento de Fidel Castro en relación con la ciencia y su influencia en los profesionales de Cultura Física (Fidel Castro’s thought about science and its influence in the professional of Physical Culture), Facultad de Cultura Física, Universidad de Guantánamo (Cuba). http://www.efdeportes.com/efd156/fidel-castro-y-los-profesionales-de-cultura-fisica.htm• Castro Días Balart (2001) Amanecer del tercer milenio, Ciencia, Innovación y Futuro. Instituto Cubano del Libro, Ciudad de la Habana.
• Castro Ruz, Fidel (1995) Discurso en el Acto Central del Congreso Pedagogía 1995. Periódico Granma.
• Castro Ruz, Fidel (2000) Discurso pronunciado en el Aniversario de la Sociedad Espeleológica de Cuba (1960). Rumbo hacia el futuro.
• Palabras de Fidel Castro Ruz. Ciencia y Técnica (premisa política). http://www.forumcyt.cu/generalidades/fidel
NOTE

[1]  M. Zucchetti, Some facts on depleted uranium, its military use, its effects on the health of population. Conference Paper · February 2001. DOI: 10.13140/RG.2.1.3379.8647. Conference: 3rd International Symposium on Nuclear and Related Techniques NURT 2001, At La Habana (Cuba). Scaricabile liberamente dal sito web: https://www.researchgate.net/publication/293649268_Some_facts_on_depleted_uranium_its_military



Fonte: http://www.marx21.it/index.php/storia-teoria-e-scienza/filosofia-e-scienza/27423-la-scienza-e-la-tecnologia-secondo-fidel-castro

venerdì 2 dicembre 2016

Israele scarica i rifiuti in Palestina come estremo segno di disprezzo




L’Autorità Palestinese per l’Ambiente ha presentato una denuncia contro Israele presso il Segretario Generale della Convenzione di Basilea per aver cercato di scaricare rifiuti pericolosi in un villaggio vicino a Betlemme. La Convenzione di Basilea è un accordo internazionale che ha il preciso obiettivo di scongiurare questi movimenti oltre confine per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi. Il Portavoce dell’Autorità Palestinese per l’Ambiente, Yasser Abu Shanab, ha annunciato che due camion israeliani sono stati bloccati il 18 ottobre mentre entravano nel villaggio di Zaatratold, e che l’Autorità Palestinese ha giustamente sporto denuncia, ottemperando agli obblighi che ciascuno Stato Membro della Convenzione di Basilea ha di denunciare traffici illeciti di rifiuti. Non è la prima volta che rifiuti tossici passano il confine di Israele per essere depositati in Palestina. Lo scarico improprio di rifiuti tossici è da tempo una minaccia per l'acqua potabile nella regione, che è anche molto poca. I rifiuti tossici infatti si infiltrano nei terreni, e sostanze quali cloro, arsenico ma anche metalli pesanti come cadmio, mercurio e piombo finiscono nelle falde acquifere. Il bacino che alimenta queste falde è per lo più in Cisgiordania e fornisce acqua ad una popolazione di oltre 2,3 milioni di palestinesi. La gestione del ciclo dei rifiuti - e ovviamente non si parla di comuni rifiuti urbani - è certamente l'aspetto meno noto della vita quotidiana nei territori palestinesi di Cisgiordania. Eppure è una vera crisi, una vera emergenza. Da anni gli israeliani usano la Cisgiordania come alternativa facile per scaricare i loro rifiuti, a spese della salute dei palestinesi. Molte industrie israeliane preferiscono questa soluzione di stampo mafioso, piuttosto che portare i loro scarichi tossici e nocivi nella discarica apposita per i rifiuti speciali, situata a Ramot Havav, nel Sud di Israele. Eclatante, poi, il caso della ditta produttrice di pesticidi per l'agricoltura che nel 1985 ha dovuto chiudere il suo stabilimento a Kfar Sava, in territorio israeliano, per ingiunzione del tribunale locale, e ha creduto bene di spostare l’attività 5 produttiva in un nuovo stabilimento a Tulkarem, nella Cisgiordania settentrionale. Ma non si è trattato di un episodio isolato. Secondo l'Applied Research Institute (ARI), un istituto indipendente di ricerca ambientale che ha sede a Gerusalemme, le autorità israeliane sono piuttosto tolleranti quando si tratta di scarichi tossici che avvengono in territorio palestinese. Secondo l'ARI, molti provengono direttamente dagli insediamenti israeliani, e includono sia reflui domestici, sia sostanze tossiche agricole, amianto, batterie, cemento e alluminio. L’invasione dei rifiuti israeliani non fa che aggravare la gestione del ciclo dei rifiuti palestinese, di per sé problematica per le restrizioni ai movimenti imposte dall'esercito israeliano. Se ciò non bastasse, l’ONG internazionale Friends of the Earth ha denunciato da qualche anno la comparsa di una nuova minaccia alla salute degli abitanti della Cisgiordania: i frequenti roghi di rifiuti speciali di provenienza israeliana. Tutto questo rappresenta un ennesimo segno di prevaricazione, una delle tante forme che può assumere l’occupazione: in questo caso l’occupazione attraverso i rifiuti, ai danni di un popolo trattato come se fosse uno scarto dell’umanità

“Breaking the Silence” merita un premio




Breaking the Silence (BtS) non è l’unica ONG israeliana che sostiene i diritti del popolo palestinese. Ciò che la distingue dalle altre è che si tratta di un’organizzazione di veterani che hanno servito l’esercito israeliano dall’inizio della seconda Intifada, esplosa a Gerusalemme il 28 settembre del 2000. Il loro obiettivo immediato è quello di “rompere il silenzio”, facendo conoscere alla società israeliana la realtà dei Territori Occupati che conoscono bene, avendo contributo al controllo quotidiano di una popolazione costretta a vivere sotto occupazione. L’obiettivo finale è infatti quello di porre termine a questa occupazione. Per tutti questi motivi, Breaking the Silence era stata insignita del Premio Berelson per il dialogo arabo-israeliano, prima che la Rettrice dell'Università Ben Gurion nel Negev a giugno ne bloccasse 3 l’assegnazione. Per gli stessi motivi, atri accademici e intellettuali hanno ideato un premio alternativo, intitolato “Al di fuori del consenso” per ricordare la motivazione scelta invece dalla Rettrice Rivka Carmi per negare il riconoscimento alla ONG sostenendo che operi “al di fuori del consenso nazionale”. Nel riceverlo il 7 novembre, il Direttore Esecutivo di Bts, Yuli Novak, ha puntato il dito contro quanti “consentono all’occupazione di prosperare” e quanti “pur non sostenendola, restano silenti”, non facendo nulla per contrastarla. Contro quanti sanno che essa “mette in pericolo il futuro di Israele, ma non insorgono”; contro coloro i quali riconoscono che “l’occupazione contraddice e mina la democrazia, ma preferiscono rimanere, appunto, all’interno del consenso”. L’onorificenza “alternativa” assegnata dagli accademici “al di fuori del consenso” è stata consegnata dallo scrittore Amos Oz, che ha tenuto un discorso ufficiale “Sul tradimento e la lealtà”: “Alle volte - ha spiegato l’intellettuale israeliano - la storia insegna che quanti vengono bollati come traditori, nel tempo si dimostrano dei precursori”. Nall’esaltare il coraggio del gruppo attivista, Oz ha denunciato al contempo le manifestazioni di “ira, odio e ostilità” contro “organizzazioni come Breaking the Silence, B'Tselem e Peace Now”. Attacchi - ha detto - che non provengono solo “da membri della destra estrema, ma anche da persone che si dichiarano moderate”. Il punto, ha concluso Oz, è che realtà come Bts “disturbano” i benpensanti e quanti non vogliono che l’immagine di Israele risulti incrinata. Per questo negli ultimi mesi gli attivisti di Breaking the Silence sono stati oggetto di un’ondata di attacchi senza precedenti. Una campagna di discredito prolungata nel tempo e di elevata intensità, che ha visto “infiltrazioni” all’interno della ONG e il coinvolgimento di alte sfere politiche fra cui lo stesso Primo Ministro Benjamin Netanyahu. Il quale, nel frattempo, sta facendo del suo meglio per comminare pene esemplari ai refusnik, quei giovani israeliani e quelle giovani israeliane che rifiutano di arruolarsi nell’esercito di occupazione, per non dover poi raccontare i crimini che hanno commesso a cose fatte, come nel caso dei veterani di Breaking the Silence. 

L’ONU per l’autodeterminazione della Palestina contro l’occupazione




Nel suo Primo Rapporto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 28 ottobre, il Relatore Speciale sulla Palestina al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU (UNHRC), Michael Lynk, ha denunciato che il diritto allo sviluppo della Palestina è negato da Israele, responsabile di aver causato un ambiente afflitto da povertà, disoccupazione “epica” e stagnazione economica. Per questo Lynk ha chiesto a Israele di porre termine ai quasi 50 anni di occupazione dei Territori Palestinesi, descrivendo un’economia “che non ha paralleli nel mondo moderno” e un’atmosfera di “disperazione” tra i cittadini palestinesi. Di fatto, ha detto Lynk, Israele “sta ostacolando gravemente la capacità della Palestina di raggiungere gli standard minimi previsti dagli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile (SDGs)”. In questo contesto, “l’insicurezza alimentare sta divenendo più acuta”, mentre “la deliberata fragmentazione da parte di Israele dei Territori Occupati Palestinesi e la mancanza di sviluppo hanno un impatto molto negativo sui diritti umani”. In particolare, Gaza ha uno dei tassi di disoccupazione più alti del mondo – il 42% tra la popolazione in età da lavoro e il 58% tra i giovani - mentre il tasso di disoccupazione in tutta la Palestina è cresciuto di 12 punti dal 1999, raggiungendo nel 2016 il 27%. Una denuncia analoga è venuta da un altro Rapporto ONU, presentato il 24 novembre, che riguarda l’Analisi sul Paese Comune (CCA) e che si sofferma sulle categorie più svantaggiate, identificando 20 gruppi in Palestina che rischiano di “restare indietro” a causa dell’occupazione israeliana. Tra questi, i bambini, i rifugiati e i beduini. Robert Piper, Coordinatore dell’ONU per le Attività di Aiuto Umanitario e Sviluppo, ha parlato della mancanza di autonomia e di diritti del popolo palestinese. Sulla base della CCA, il Quadro di Assistenza allo Sviluppo in Palestina dell’ONU (UNDAF) costruirà un piano per i prossimi 5 anni, in stretto coordinamento con il governo palestinese e coerentemente con le priorità di quest’ultimo. Ma per risolvere i problemi derivanti dall’occupazione israeliana è necessario innanzi tutto porre fine all’occupazione, attraverso un’azione politica internazionale. Perché stando così le cose, “se oggi spingessimo per accordi bilaterali diretti, saremmo per alcuni dei sognatori, per altri degli ingenui, certamente non saremmo realistici”: parola di Nickolay Mladenov, Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite per il Processo di Pace in Medio Oriente.