martedì 7 febbraio 2017

Residenti di Donetsk contro l’OSCE: “lucrate sulla nostra sofferenza”




Cos'è l'O.S.C.E. ? L'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE - Organization for Security and Co-operation in Europe nella terminologia inglese) è un'organizzazione regionale per la promozione della pace, del dialogo politico, della giustizia e della cooperazione in Europa che conta, attualmente, 57 paesi membri ed è, pertanto, la più vasta organizzazione regionale per la sicurezza.

In realtà non fa nulla, come dimostra il caso della guerra dell'Ucraina governata dai nazisti, finanziati e armati dalla NATO,  contro le repubbliche russofone del Dombass e del Donetsk. In questo video, le gente intervistata dimostra la propria avversione contro questi funzionari dell'OSCE che si limitano a descrivere gli avvenimenti edulcorando la realtà e mantenendo una equidistanza colpevole tra aggrediti e aggressori. 

Due minuti e mezzo alla Mezzanotte



di Manlio Dinucci


da ilmanifesto.it
07 Febbraio 2017 


Finalmente il telefono ha squillato e Gentiloni, dopo una lunga e nervosa attesa, ha potuto ascoltare la voce del nuovo presidente degli Stati uniti, Donald Trump. Al centro della telefonata – informa Palazzo Chigi – la «storica amicizia e collaborazione tra Italia e Usa», nel quadro della «importanza fondamentale della Nato». Nel comunicato italiano si omette però un particolare reso noto dalla Casa Bianca: nella telefonata a Gentiloni, Trump ha non solo «ribadito l’impegno Usa nella Nato», ma ha «sottolineato l’importanza che tutti gli alleati Nato condividano il carico monetario della spesa per la difesa», ossia la portino ad almeno il 2% del pil, il che significa per l’Italia passare dagli attuali 55 milioni di euro al giorno (questi secondo la Nato, in realtà di più) a 100 milioni di euro al giorno. Gentiloni e Trump si sono dati appuntamento a maggio per il G7 a presidenza italiana che si svolgerà a Taormina, a poco più di 50 km dalla base Usa/Nato di Sigonella e di 100 km dal Muos di Niscemi. Capisaldi di quella che, nella telefonata, viene definita «collaborazione tra Europa e Stati Uniti per la pace e la stabilità».

Quale sia il risultato lo confermano gli Scienziati atomici statunitensi: la lancetta dell’«Orologio dell’apocalisse», il segnatempo simbolico che sul loro bollettino indica a quanti minuti siamo dalla mezzanotte della guerra nucleare, è stata spostata in avanti: da 3 a mezzanotte nel 2015 a 2,5 minuti a mezzanotte nel 2017. Un livello di allarme più alto di quello della metà degli anni Ottanta, al culmine della tensione tra Usa e Urss. Questo in realtà è il risultato della strategia dell’amministrazione Obama la quale, con il putsch di Piazza Maidan, ha avviato la reazione a catena che ha provocato il confronto, anche nucleare, con la Russia, trasformando l’Europa in prima linea di una nuova guerra fredda per certi versi più pericolosa della precedente.

Che farà Trump? Nella sua telefonata al presidente ucraino Poroshenko – comunica la Casa Bianca – ha detto che «lavoreremo con Ucraina, Russia e altre parti interessate per aiutarle e ristabilire la pace lungo le frontiere». Non chiarisce però se entro le frontiere dell’Ucraina sia compresa o no la Crimea, ormai distaccatasi per rientrare a far parte della Russia.

L’ambasciatore Usa all’Onu, Haley, ha dichiarato che le sanzioni Usa alla Russia restano in vigore e ha condannato le «azioni aggressive russe» nell’Ucraina orientale. Dove in realtà è ripresa l’offensiva delle forze di Kiev, comprendenti i battaglioni neonazisti, addestrate e armate da Usa e Nato. Contemporaneamente il presidente Poroshenko ha annunciato di voler indire un referendum per l’adesione dell’Ucraina alla Nato.

Anche se di fatto essa ne fa già parte, l’ingresso ufficiale dell’Ucraina nella Alleanza avrebbe un effetto esplosivo verso la Russia. Intanto si muove la Gran Bretagna: mentre intensifica la cooperazione delle sue forze aeronavali con quelle Usa, invia nel Mar Nero a ridosso della Russia, per la prima volta dalla fine della guerra fredda, una delle sue più avanzate unità navali, il cacciatorpediniere Diamond (costo oltre 1 miliardo di sterline), a capo di una task force Nato e a sostegno di 650 soldati britannici impegnati in una non meglio precisata «esercitazione» in Ucraina. Allo stesso tempo la Gran Bretagna invia in Polonia ed Estonia 1000 uomini di unità d’assalto e in Romania cacciabombardieri Typhoon a duplice capacità convenzionale e nucleare.

Così, mentre Gentiloni parla con Trump di collaborazione tra Europa e Stati Uniti per la pace e la stabilità, la lancetta dell’Orologio si avvicina alla mezzanotte nucleare.

lunedì 6 febbraio 2017

UN CRIMINE DI EUGENETICA CONTRO I SEFARDITI DI CUI ISRAELE NON VUOLE PARLARE




   (L'ARTICOLO RISALE AD ALCUNI ANNI FA, MA POCHI CONOSCONO QUESTA PAGINA INFAME DEL SIONISMO)




Nel 1951 il dottor Chaim Sheba, direttore generale del ministero della Sanità, fece un viaggio in America. Ne tornò con sette macchine a raggi X fornite dall’esercito USA. Queste macchine furono usate per irradiare un enorme numero di bambini ebrei sefarditi – si dice fino a centomila – quasi tutti provenienti dal Marocco, le cui famiglie erano state convinte a fare «il ritorno» in Israele. A ciascuno di questi bambini fu somministrata 35 mila volte la dose massima consentita di radiazioni, concentrate sulla testa.
Per questo test di massa, il governo americano – che aveva bandito dal ’51 gli esperimenti atomici su esseri umani e aveva bisogno di cavie – pagò al governo israeliano 300 mila lire israeliane l’anno, non si sa per quanti anni. Si pensi che  l’intero bilancio del Ministero della Sanità israeliano ammontava allora a 60 mila di quelle lire.
Israele ottenne anche elementi tecnici del know-how necessario per avviare il proprio programma militare nucleare. L’iniziatore di tale programma era stato Shimon Peres, attuale presidente, laborista, e uomo di pace per tutti i media. Allora, Peres era direttore generale del ministero israeliano della Difesa.


Per ingannare i genitori, fu detto loro che le irradiazioni servivano per curare un parassita cutaneo, la tricofizia dello scalpo. I bambini furono caricati su pullman per «gite scolastiche». Almeno 6 mila di quei bambini morirono subito dopo le somministrazioni; molti altri sono morti nel corso degli anni per tumori. Alcuni sono ancora vivi, ormai anziani, e sofferenti di gravi disturbi, dall’Alzheimer alla cefalea cronica, dall’epilessia alla psicosi.
L’episodio non è la fantasia di un «antisemita». E’ stato l’oggetto di un documentario, «100000 Radiations»,  prodotto nel 2003 dalla Dimona Productions Ltd. (Dimona è il luogo delle installazioni atomiche giudaiche), registi Asher Khamias e David Balrosen, produttore Dudi Bergman. Il 14 agosto 2006 l’ha persino trasmesso la tv israeliana Canale 10.
Il documentario intervistava diversi superstiti. Una vecchietta marocchina che ricorda di quel che sofferse da piccola: «Urlavo: mal di testa vai via, mal di testa vai via, vai via… Non andava mai via». Un sessantenne che ne dimostra venti in più, piegato in due mentre cammina esitante per la strada: «Devo zoppicare per non cadere in avanti. Mi hanno tolto la giovinezza, con quei raggi». Una donna con la faccia tutta storta: «Tutti e tre i miei figli hanno la mia stessa forma di cancro. E’ una coincidenza?». Ovviamente le radiazioni hanno alterato il codice genetico delle vittime, portando a malformazioni dei figli.


Le ebree marocchine di oggi, in età avanzata, soffrono di una forma orribile di alopecia, con cicatrici sul cuoio capelluto, che cercano di nascondere con l’hennè e con copricapi. Il pubblico israeliano ritiene si tratti di un carattere «razziale» della comunità marocchina.
Nel documentario, un’anziana con pochi pietosi ciuffi di capelli sparsi sul capo  mostra una sua foto giovanile: è una tredicenne con una folta chioma nerissima. «Ero io prima della cura», dice.
Una infermiera che aveva partecipato all’operazione: «Ce li portavano (i bambini) in file e file. Anzitutto, gli rasavano la testa e la ungevano con un gel che bruciava. Poi gli mettevano una palla fra le gambe e gli dicevano di non lasciarla cadere, così non si potevano muovere. Io indossavo il grembiule al piombo, ma per loro non c’erano indumenti protettivi. Mi era stato detto che era un trattamento per la tricofizia. Avessi saputo il pericolo che quei bambini affrontavano, mai avrei cooperato, mai!».
Parla anche un ebreo di nome Davi Deri, che si ricorda di quando era bambino: «Ero in classe e vennero delle persone per portarci in un giro scolastico. Fecero l’appello, ci chiesero i nostri nomi. Ai bambini askhenazi dissero di tornare al loro banco. Solo i bambini di pelle scura furono portati nel bus».
I sefarditi sono praticamente indistinguibili dagli arabi nordafricani; in Israele costituiscono una sottoclasse oppressa, ridotta a vivere di espedienti e reati. I dominatori askhenazi (non una goccia di sangue di Abramo nelle loro vene) hanno diffuso l’idea che i sefarditi sono sotto-sviluppati mentali. Ma i sefarditi marocchini che hanno avuto la fortuna di emigrare in Francia anzichè in Israele, costituiscono una comunità rispettata e di successo. Certo, aver ricevuto in testa 35 mila volte più radiazioni di quelle ammesse, non deve aver aiutato il fiorire delle intelligenze.
Nel documentario, si chiarisce oltre ogni dubbio che l’esperimento genocida fu cosciente e deliberato. Vi si mostra il documento medico che indicava, nel 1952, le precauzioni da prendere per i raggi X. La dose massima da somministrare a un bambino vi era indicata in 0,5 rad. Il pericolo delle radiazioni era noto da 40 anni. Si fanno anche i nomi dei due responsabili, che avevano espresso idee razziste contro i sefarditi.
Sono due personaggi mitici del sionismo: Nahum Goldmann e Levi Eshkol.
Goldman passò il periodo bellico prima in Svizzera, poi a New York, dove fu nominato capo del Congresso Ebraico Mondiale, diretto da Samuel Bronfman, della famiglia ebreo-canadese proprietaria dellla Seagram Wiskhy e del colosso chimico DuPont. Secondo lo storico ebreo-canadese Mordechai Richler, in quegli anni Brunfman si era adoperato per impedire che gli ebrei europei, fuggendo dal Reich, ricevessero asilo in Canada. Bronfman strinse un accordo su questo con l’allora premier canadese Mackenzie King. Decenni dopo, un suo erede, Edgard Bronfman, strinse un simile accordo con Gorbaciov: se lasciava emigrare i due-tre milioni di ebrei russi, l’URSS avrebbe ottenuto lo status di «nazione più favorita» con gli USA. Ma ad una condizione: gli ebrei russi dovevano essere fatti emigrare solo in Israele, non altrove. Nahum Goldman, negli anni della guerra, cooperò a quell’esodo selezionato, e sorvegliò che gli ebrei salvati andassero «solo» in Israele.
Quanto a Levi Eshkol, il suo ruolo nell’olocausto fu anche più ambiguo. Come si legge nella biografia ufficiale sul sito web del governo israeliano, «nel 1937 Levi Eskol ebbe una parte essenziale nel creare la compagnia idrica (israeliana) Mekorot. Come dirigente di tale ditta, ebbe modo di convincere il regime germanico a lasciar emigrare gli ebrei tedeschi in Palestina con i loro beni, per lo più in forma di attrezzature e macchinari Made in Germany». Insomma un bell’accordo commerciale con i nazisti, con cui a quell’epoca Eskol era in ottimi rapporti.
Seguace aperto di Sabbatai Zevi lo pseudo-messia, Levi Eshkol divenne nel 1951 ministro dell’agricoltura, poi dal 1952 al 1963 ministro delle finanze.
«Un decennio», si legge nella sua biografia ufficiale, «caratterizzato da eccezionale crescita economica, nonostante il peso del finanziamento dell’immigrazione e del suo assorbimento e la guerra del Sinai del 1956.  Tra il 1949 e il 1963, Eshkol fu anche il capo della divisione insediamenti dell’agenzia Ebraica, responsabile di ottenere i fondi per l’assorbimento delle massicce ondate di emigranti, nonché per le forniture militari all’esercito».
Tra le massicce ondate di immigranti, ce n’erano evidentemente alcune di troppo, sgradite per il colore della pelle e perché non parlavano yiddish come gli askhenazi; ma del porco non si butta via niente. Come cavie sperimentali, le bocche inutili diventavano una fonte di profitto.
Tuttavia, sul genocidio dei bambini sefarditi compiuto dal santo regno di Sion mancano tutti i documenti per risalire con precisione ai responsabili. A Canale Dieci, nel dibattito che è seguito al documentario, il portavoce del ministero della Sanità Boaz Lev ha ammesso: «Quasi tutti i documenti (sulla vicenda) sono stati bruciati».
La cosa fu ripetuta, a quanto pare, su 4500 bambini, per lo più figli di immigrati ebrei dallo Yemen. Anni dopo fu perfino creato un movimento per quei bambini yemeniti, fondato dal rabbino Uzi Meshulam. Costui asseriva che i 4500 bambini, rapiti alle famiglie, erano stati mandati in America dove erano morti in esperimenti. Rabbi Meshulam fu messo in prigione; ne è uscito in stato vegetativo, da cui non si è più ripreso.
Anni dopo, un altro rabbi David Sevilla confermò la versione, apparentemente pazzesca. Esisterebbero persino foto delle orribili cicatrici da radiazioni sui corpi di quei bambini, e delle gabbie con cui furono trasportati in USA.
Effettivamente, gli USA avevano segretamente adoperato detenuti e deboli mentali come cavie umane per constatare gli effetti delle esplosioni atomiche; negli anni ’40 la cosa trapelò, e il Pentagono dovette smettere tali esperimenti. Aveva però bisogno di altre cavie umane.
E’ possibile che gli askhenazi israeliani le abbiano fornite, liberandosi così di ebrei purissimi ma culturalmente «orientali», dunque «inferiori» e indesiderati?
Il governo di allora aveva come primo ministro David Ben Gurion, mitico padre della patria sionista. Ministro degli esteri era Levi Eskol, Golda Meir ministra del lavoro, Eliezer Kaplan ministro degli insediamenti, Moshe Sharrett ministro della Sanità; Shimon Peres, come detto, direttore generale della Difesa.
Il Gotha luminoso del sionismo, avvolto nella eroica leggenda di Sion.
Costoro erano sicuramente al corrente dell’esperimento delle centomila radiazioni.
Eliezer Kaplan, come ministro delle finanze, deve aver gestito i notevoli profitti dell’operazione: oggi un famoso ospedale israeliano è dedicato al suo nome immortale. Come anche Chaim Sheba, il sionista che diresse in quegli anni la «Ringoworm Incorporated», la ditta creata ufficialmente per combattere la tricofizia del cuoio capelluto (una piaga dell’epoca, dovuta alla scarsa igiene degli ebrei sefarditi). Yosef  Burg, ministro della Sanità, ebbe certamente un ruolo in questa operazione di «igiene preventiva»; del resto, rabbi Meshulam, prima di perdere la ragione nelle galere ebraiche, accusava Burg di essere il mandante del rapimento e della scomparsa dei 4500 bambini yemeniti. Curiosamente suo figlio, Avraham Burg, già presidente della Knesset, ha preso pubblicamente le distanze dal razzismo talmudico sionista anti-palestinese.
Levi Eskol, con le sue varie cariche e la responsabilità di far soldi per il bene di Sion, potrebbe essere stato l’ideatore e l’esecutore del grosso affare con gli americani.
A Canale 10, come s’è detto, il documentario è stato seguito da un dibattito. L’anchorman della tv, Dan Margalit, ha spiegato l’olocausto segreto è da ricordare così: Lo Stato era povero. Era una questione di sopravvivenza quotidiana. Come dire: l’esistenza stessa di Israele è in pericolo, Israele ha diritto di difendersi.

FONTE: http://www.altrainformazione.it/wp/le-dodici-regole-infallibili-per-raccontare-il-vicino-oriente-sui-media/la-coperta-corta-della-finta-democrazia/israele-e-le-balle-mediatiche/ebrei-uniti-contro-il-sionismo/esperimenti-genetici-sionisti/

domenica 5 febbraio 2017

CHE SORPRESA!!! CHI HA NOMINATO TRUMP AMBASCIATORE IN ITALIA? LEWIS EISENBERG, EBREO SIONISTA, FINANZIERE E UOMO DELLA GOLDMAN SACHS.




5/2/2017


Lewis Eisenberg, ebreo sionista, 75 anni, finanziere e amico personale del presidente americano, Trump, è il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti a Roma. Eisenberg, nato in Illinois nel 1942 da una famiglia ebraica, dopo gli studi di economia alla Cornell University si trasferisce a New York, dove dal 1966 al 1989 lavora alla Goldman Sachs. Un peso massimo del Partito repubblicano del quale è tesoriere, Eisenberg è stato anche il patron delle Torri gemelle che amministrava in qualità di capo della Port Authority di New York - IN QUESTO RUOLO privatizzò le Twin Towers, concedendole in affitto a Silverstein e Lowy il 24 Luglio del 2001 (meno di due mesi prima degli attentati dell'11 Settembre). Lewis Eisenberg è stato membro dell'United Jewish Appeal Federation ed ex vicepresidente dell'AIPAC.
Silverstein, Lowy ed Eisenberg, tre nomi che compaiono spesso nella pubblicistica relativa alla pianificazione degli attentati contro le Torri Gemelle.


Bisogna proprio essere fortunati per fare 4 miliardi di dollari con un bel colpo su un investimento di 6 mesi da 124 milioni di dollari.
Larry Silverstein è il magnate immobiliare newyorkese che acquistò l’intero complesso del World Trade Center proprio 6 mesi prima degli attacchi dell’11 settembre. Quella fu la prima volta che nei 33 anni di storia del complesso vi fu un cambio di proprietà.

(Larry Silverstein)

Il primo ordine del giorno dell'ebreo sionista Mr. Silverstein, in qualità di nuovo proprietario, fu di sostituire la compagnia responsabile della sicurezza del complesso. La nuova compagnia che venne ingaggiata fu la Securacom (ora Stratasec). Il fratello di George W. Bush, Marvin Bush, era nel consiglio d’amministrazione, e il cugino di Marvin, Wirt Walzer III, ne era il direttore generale. Secondo documentazioni pubbliche, la Securacom, non solo forniva sicurezza elettronica al World Trade Center, ma forniva copertura al Dulles International Airport e alla United Airlines, due protagonisti chiave negli attacchi dell’11/09.
La compagnia era appoggiata da una società d’investimenti, la Kuwait-American Corp., anch’essa legata per anni alla famiglia Bush.
La KuwAm fu legata finanziariamente alla famiglia Bush fin dalla Guerra del Golfo. Uno dei direttori e membro della famiglia reale del Kuwait, Mishal Yousef Saud al Sabah, fece parte del consiglio della Stratasec.
Facciamo ora una considerazione: i membri di una esigua cricca possedevano il WTC, ne controllavano la sicurezza dei sistemi elettronici, e anche la sicurezza non solo di una delle linee aeree i cui velivoli vennero dirottati l’11/09, ma dell’aeroporto dal quale provenivano.
Un’altra piccola “coincidenza” – Mr. Silverstein, che diede un acconto di 124 milioni di dollari su questo complesso da 3,2 miliardi di dollari, lo assicurò prontamente per la cifra di 7 miliardi di dollari. Non solo, assicurò il complesso contro “attacchi terroristici”.

Fonte: http://xoomer.virgilio.it/911_subito/giorno_piu_fortunato.htm


sabato 4 febbraio 2017

MISSIONI MILITARI NEL 2017 PER L'ITALIA IMPEGNI E COSTI IN AUMENTO. GLI STANZIAMENTI SALGONO DA 1,19 A 1, 28 MILIARDI





di Francesco Cecchini


Mentre in questo mese di gennaio 2017, l’Italia, innanzitutto al centro e al sud, sta perdendo battaglie contro terremoti, nevi e piogge, dal 31 dicembre 2016 la Legge quadro che regola le missioni militari all’estero è diventata operativa.

Anche se già pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale fin dal 1 agosto, la Legge quadro sulle missioni militari all’estero è entrata in vigore ufficialmente dallo scorso 31 dicembre.

Nella Costituzione tutte le operazioni fuori dai confini nazionali sono vietate, tranne che per lo Stato di Guerra. Con questo nuovo regolamento sulle missioni militari fuori dai confini nazionali, vengono così a cadere tutte quelle problematiche di incostituzionalità sull’invio di forze armate per interventi in operazioni internazionali.

Ecco i principali punti della legge.

Tutte le missioni militari italiane all’estero, sia quelle di peace-keeping che quelle di peace-enforcement, sono da considerarsi non solo quelle con il mandato delle Nazioni Unite, ma anche tutte quelle istituite nell’ambito dell’Unione Europea e delle organizzazioni internazionali di cui l’Italia è facente parte.
Il regolamento avrà come oggetto tutte quelle missioni militari decise per partecipare a coalizioni riguardanti una crisi specifica, in base alle decisioni dei paesi aderenti. Lo stesso criterio è ugualmente valido anche per le missioni “finalizzate ad eccezionali interventi umanitari”.
La nuova Legge quadro autorizza l’invio di nostri militari fuori dal territorio nazionale in ottemperanza di obblighi di alleanze, di accordi internazionali o intergovernativi e per eccezionali interventi umanitari. Il tutto però deve avvenire sempre nel rispetto della legalità internazionale e delle disposizioni e finalità costituzionali.
 Nel 2017 in Iraq il contingente italiano di militari sarà secondo solo a quello statunitense. Lo ha deciso il Consiglio dei Ministri, stabilendo di inviare fino a 1.497 militari , nell’ambito della Coalizione dei ‘willing’ per la lotta contro il Daesh. I militari avranno anche compiti di ‘force protection’ nell’area di Mosul, in particolare per quanto riguarda la diga, i cui lavori sono in corso eseguiti dalla societa’ Trevi. Lo stanziamento per il 2017 e’ di 300,7 milioni. Complessivamente nel 2017 l’Italia spenderà per le missioni all’estero 1,13 miliardi piu’ 295 milioni per la cooperazione. Gli uomini impiegati saranno 7.459 militari e 167 agenti delle forze di polizia. Novità anche per la Libia. Nell’ambito dell’operazione ‘Ippocrate’, continuerà a funzionare l’ospedale da campo di Misurata. Oltre al personale sanitario, ci saranno unità con compiti di ‘Force protection’. In tutto saranno impiegati fino a 300 uomini e lo stanziamento per il 2017 e’ di 43,6 milioni. Per fronteggiare l’immigrazione clandestina e assistere la Guardia costiera libica, lo stanziamento e’ di ulteriori 3,6 milioni. Per proteggere il traffico mercantile e le piattaforme petrolifere antistanti la costa libica (operazione Mare sicuro), lo stanziamento e’ di 84 milioni con 700 uomini. Per l’operazione Sophia-Eunavformed contro gli scafisti nel Mediterraneo lo stanziamento è di 43,1 milioni per 585 uomini.

Nel 2018 poi anche 140 militari partiranno per la Lettonia, si andrà a rafforzare anche la presenza in operazioni in Europa, con quella più numerosa che al momento vede impegnati 550 nostri soldati in Kosovo.

Di fronte a questa situazione deve crescere in Italia un movimento contro le missioni di guerra mascherate come missioni di pace, contro le spese militari, per l’uscita dalla NATO e costringere le opposizioni in parlamento , SEL/FI, M5s e sinistra PD, al governo Renzi, prima,  e, ora, al governo Gentiloni a prendere un’energica posizione.





venerdì 3 febbraio 2017

LETTERA DI AISHA GHEDDAFI AI FRANCESI


di Aisha Gheddafi


(La lettera risale al 2011, ma rimane intatta la sua attualità e le intenzioni di 
Aisha di non accettare il fatto compiuto)

 2011/05/05 


Volevano ingannare l’opinione pubblica internazionale, facendovi credere che gli eventi che hanno colpito tragicamente il mio paese avessero messo in opposizione dei buoni democratici con il regime che detiene il potere dal 1968. È da questa falsa premessa che siamo arrivati a delle conclusioni sbagliate e alle menzogne più palesi.
Quello che sta succedendo nel nostro paese dallo scorso mese di febbraio non è per niente comparabile a ciò che è successo in Tunisia, in Egitto o adesso nel Bahrein. In questi paesi, dei giovani che aspiravano alla libertà sono scesi nelle strade per manifestare in maniera pacifica la legittimità alla democrazia.
In Libia, sin dall’inizio, nelle città dell’est, si trattava di un’insurrezione armata; provocata da dei mercenari che avevano stabilito un’alleanza tecnica e strategica con le forze del male e dell’oscurantismo: i terroristi di Al Qaida che già da alcuni anni attraversano il deserto e l’Africa.
E’ l’alleanza tra i nostalgici della monarchia e gli attivisti islamici internazionali, che rappresentano e che agiscono in modo esattamente opposto a ciò che l’Islam raccomanda. Moustapha Abdeljalil, che si è rivolto poco tempo fa all’opposizione francese, parla di combattimenti eroici da parte della resistenza contro dei “mercenari e pretoriani” pagati dal colonnello Gheddafi. Questo ex Ministro della Giustizia che era stato implicato nel processo delle infermiere bulgare e che aveva anche firmato la loro condanna a morte prima che mio padre le liberasse su specifica richiesta del Presidente Sarkozy e di sua moglie, sa perfettamente da quale parte si trovi la resistenza e da quale stanno i mercenari che hanno messo a fuoco e sangue il mio paese.
Sa benissimo che la guerra che infuoca in Libia è tra un esercito nazionale e una banda di mercenari pagati da Bin Laden, mezzo di comunicazione e di propaganda: la TV di stato del Qatar. Chi è il mercenario, colui che difende l’integrità territoriale del suo paese o chi chiama dei stati stranieri ad intervenire per installarsi al potere al prezzo del disonore di una nazione e del sacrificio di centinaia di vite di libici?
La domanda che si pone il popolo libico e che si deve porre il buon popolo della Francia è la seguente: che cosa è successo tra la Libia e la Francia che abbia indotto i dirigenti di quest’ultima ad attaccare il mio paese, di uccidere dei militari e collateralmente dei civili, di distruggere le infrastrutture e gli armamenti che abbiamo recentemente acquistato proprio dalla Francia ed offrire una copertura aerea per i ribelli armati e Al Qaida?
Perché la Francia si è precipitata in quella che sarà per lei un pantano come l’Afganistan per gli Stati Uniti, nonostante avesse con la Libia ottimi rapporti, interessi economici e strategici incredibili, compreso il nucleare civile?
Forese solo perché la televisione di stato del Qatar si era impegnata a pagare la fattura della prossima campagna presidenziale del Signor Sarkozy? Forse nell’interesse della Francia, e di colui che vuole restare il presidente, è di legare il suo onore a un’oligarchia petrolifera che cerca da diversi anni di seminare la discordia nel mondo arabo e mantenere lo scontro di civiltà tra Oriente e Occidente?
Se l’oligarchia del Qatar è talmente attaccata alla libertà del popolo e alla democrazia, per quale motivo non diminuisce lei stessa la sua politica di “schiavitù moderna” che utilizza migliaia di impiegati stranieri, non si trasforma in una monarchia costituzionale? L’opinione pubblica francese sa o non sa che in tutte le crisi mondiali di questi ultimi anni Al Jazeera ha giocato un ruolo importante. Il velo in Francia, la rivolta delle periferie di Parigi, il discorso del Papa a Ratisbonne, la rottura tra OLP e Hamas, l’attacco di Israele contro Gaza.
In ogni crisi il Qatar, attraverso gli interventi del suo Ministro degli Affari Esteri, Al Jazeera, non ha occupato una posizione di pacere ma ha soffiato sul fuoco. Prima o poi i francesi si accorgeranno che i 6 milioni di mussulmani che vivono in Francia sono completamente “drogati” dai discorsi di questa rete finanziaria gestita dall’oligarchia del Qatar, alimentata dall’ideologia dei Fratelli Mussulmani. Presto o tardi, la Francia si renderà conto che la sinistra Qardaoui, che ha lanciato una fatwa per uccidere mio padre è il loro primo nemico.
Tutto il mondo è al corrente, oggi, che tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza sulla crisi in Libia sono moralmente illegittime e giuridicamente illegali, non solo in ragione della loro incompatibilità con la Carta delle Nazioni Unite ma perchè il ruolo del Consiglio di Sicurezza è quello di occuparsi dei conflitti che insorgono tra stati e non l’ingerenza in affari interni ad un paese.
D’altra parte, per quale motivo il Consiglio di Sicurezza non interviene per fermare le operazioni della NATO in Libia e proporre una soluzione politica e pacifica che potrebbe risparmiare molte vite umane? In questi giorni nessun osservatore ha fornito delle prove che confermino i bombardamenti dell’aviazione libica dei quartieri civili, come Fachloum Souk el Jouma e Tajoura a Tripoli, come evince dalla propaganda della televisione di stato del Qatar, ribattuta da alcune agenzie di stampa arabe e internazionali.
A Benghazi, i mercenari pagati dai terroristi e da Moustapha Abdeljalil hanno liberato dei detenuti della priogione Alkouaifya, li hanno armati per disturbare le forze dell’ordine e terrorizzare la popolazione. Se la mia dichiarazione è fallace, per quale motivo impediscono a certe Istituzioni Internazionali di indagare su quello che succede in Libia? Il mio paese ha chiesto concretamente alla Lega Araba, L’Organizzazione delle Nazioni Unite e altre Organizzazioni Internazionali e Regionali di inviare delle commissioni d’inchiesta per conoscere la realtà sul terreno.
Perché queste richieste sono rimaste lettera morta? Ancora più grave per quale motivo hanno esercitato delle pressioni sul Comitato Supremo per la Verità in Libia che è stato formato dall’Unione Africana, per ritardare la visita dei loro osservatori in Libia? Chi ha paura della verità sulle atrocità commesse contro il popolo libico? I giovani libici aspirano anche loro alla libertà, il popolo libico desidera ardentemente la democrazia ma non a costo della perdita della loro sovranità sul loro paese, ancora meno alla rinuncia della loro ricchezza legata al petrolio.
Il destino della Libia non sarà mai quello dell’Irak e il neocolonialismo non tornerà mai piu’ nel paese di Omar El-Mokhtar e di Gheddafi. Non è la figlia del colonnello che lo dice ma una giovane madre pronta a combattere come tutti i libici, per l’integrità del territorio di una Libia sovrana, libera e democratica.

Tunisie Numerique

Traduzione a cura di Marta Vuch – 5 maggio 2011


LIBIA, AISHA GHEDDAFI, IL NUOVO LEADER DELLA RESISTENZA CONTRO LA NATO E L'ISIS



di Maja Orlic



"Siamo pronti per una battaglia mortale, in cui i terroristi si troveranno ad affrontare una nazione"

“Lei è tornata! La figlia di Muammar Gheddafi torna a guidare la resistenza contro la NATO 
e gli altri terroristi libici”.



Aisha si sarebbe quindi messa alla guida della resistenza e sarebbe in procinto di creare un nuovo governo segreto.
In un momento cruciale per il Paese e alla vigilia del nuovo intervento della NATO che in Italia i nostri “alleati” hanno deciso oggi a Roma, Aisha Gheddafi ha garantito, prosegue Orlic, che nei prossimi mesi si formerà un "governo segreto" di "libici famosi", fedeli al colonnello Gheddafi e che fungerà da mediatore nel paese e all'estero. 
Analizzando la situazione attuale, Aisha ha criticato l'ex esercito per "un mix pazzesco di anarchici" che hanno deciso di fare la guerra sul principio di chi pagava di più.
Li ha accusati di usare una bandiera verde di Jamahiriya e reclutare sostenitori, oltre a rafforzare i governi tribali, sotto la cui ombra si sono uniti gli islamisti dei Tuareg e Toubou, che cospirano contro il governo di Tobruk.
Aisha Gheddafi ha invitato poi i soldati delle forze armate libiche a dare il loro giuramento al Comandante Supremo, al fine di ripristinare lo stato. "Il mio nome mi dà un dovere e il diritto di essere in prima linea in questa battaglia.", ha detto colei che durante la guerra ha perso il marito e due figli. 
Oggi è pronta a diventare un "simbolo della nazione", e accanto ad un ritratto di Gheddafi a diventare un "simbolo della missione per ripristinare l'unità nazionale". E' una lotta per i suoi figli, dichiara. "Siamo pronti per una battaglia mortale, in cui i terroristi si troveranno ad affrontare una nazione". Non è chiaro se per terroristi intendesse i fondamentalisti dell'Isis, chi oggi a Roma ha pianificato nuove bombe (NATO), o, semplicemente, entrambi.
Aisha Gheddafi si schiera a capo della resistenza contro la NATO e contro i terroristi che infestano il suo paese.
Ritorna sul campo della Libia la figlia di Gheddafi, l’ex leader libico fatto assassinare dalla NATO e dai sicari inviati da  Nicolas Sarkozy.
Con un proclama diretto al popolo libico, Aisha Gheddafi ha annunciato di volersi mettere alla  testa di un movimento di
resistenza contro la NATO e contro i terroristi che scorazzano nel paese. Nel proclama la Alisha si è diretta al suo popolo ed ha manifestato l’intenzione di creare un Governo clandestino che dirigera’ la lotta con cui intende vendicare il padre, il marito, i suoi fratelli (tutti fatti assassinare) ed il popolo libico.
Aisha Gheddafi si trasforma nel nuovo leader, in un momento cruciale per il paese e per la resistenza, in vista di un nuovo intervento della NATO.

Come tenente generale dell’Esercito, Aisha aveva giurato fedeltà’ agli ordini del suo leggendario padre e, nel suo proclama,  ha incitato i libici a svegliarsi ed a combattere con il fine di vincere ed avere successo per dare un nuovo Governo libero alla Libia.

Aisha Gheddafi garantisce che nei prossimi mesi si andrà a formare un governo clandestino formato dai leaders libici che continuano ad essere leali nei confronti dei Gheddafi e che opererà come mediatore in Libia ed all’Estero.   Analizzando la situazione attuale ha criticato il vecchio esercito libico affermando che è un miscuglio di gruppi anarchici che hanno deciso di fare la guerra in base al principio “combatto con chi mi paga di più”.

La figlia di Gheddafi ha accusato di utilizzare la bandiera verde della Libia e di corrompere i suoi seguaci così come il rafforzamento dei governi tribali sotto la cui ombra  si sono unite le tribù dei Tuareg ed i gruppi islamici integralisti. Aishia ha accusato queste tribù Tuareg di aver attuato  per creare separatismo e cospirazione con  il governo a Tobruk.

Aisha Gheddafi ha richiesto ai soldati dell’Esercito libico di prestargli giuramento, riconoscendola come comandante supremo con il fine di restaurare lo Stato.

“Il mio nome mi dà il dovere ed il diritto di essere all’avanguardia di questa guerra”, ha dichiarato questa donna valorosa che durante questa guerra ha perso suo marito ed i due figli.  Attualmente Aisha si trova pronta per diventare il simbolo della nazione ed insieme al ritratto di Gheddafi trasformarsi nel simbolo della missione di ripristinare l’unità nazionale”.

Aisha ha parlato anche dei terorristi di Al Qaeda che rovesciarono suo padre nel 2011, ed ha assicurato che la loro azione criminale è stata un vento di follia che si disintegrerà e scomparirà. ” Siamo pronti per combattere fino alla morte ed in questa battaglia i terroristi dovranno affrontare tutta la nazione”, ha concluso Aisha Gheddafi.

Secondo voci di popolo,  la versione di questo manifesto è stata distribuita in tutta la Libia e condivisa nelle pricipali città come Tripoli e Tobruk. Secondo le informazioni, si aspetta che da un momento all’altro la Aisha Gheddafi possa effettuare un discorso alla TV tramite un canale privato.

 (traduzione di Mario Andrijasevic) su Southfront 

giovedì 2 febbraio 2017

DAVID HUME: LA CRITICA AL PRINCIPIO DI CAUSALITA’



di Vincenzo Brandi

2/2/2017


Il filosofo e saggista scozzese David Hume è stato certamente una delle menti più sottili e delle personalità più notevoli ed influenti del ‘700 (eguagliato forse solo da Kant) ed uno dei pensatori più significativi dell’età moderna.

Nato nel 1711 ad Edinburgo da una famiglia di magistrati, e frequentata di malavoglia la facoltà di giurisprudenza della locale università, trasferitosi poi temporaneamente in Francia (dal 1734 al 1737) a La Fleche, sede del famoso collegio dei Gesuiti, qui ancor giovanissimo Hume scrisse e poi pubblicò il suo capolavoro: “Trattato sulla Natura Umana”.

Il trattato fu sostanzialmente ignorato dai contemporanei, ma maggiore successo ebbero alcune opere successive, come i “Saggi morali e politici” del 1742 e soprattutto i “Saggi filosofici sull’Intelletto Umano” del 1748 , scritto dopo un nuovo viaggio in Francia, a Vienna e Torino, in cui il filosofo riprendeva le tematiche del precedente Trattato in forma più divulgativa.

Divenuto bibliotecario dell’Università (anche se il suo dichiarato ateismo e le sue idee eterodosse gli impedirono di ottenere una cattedra), Hume continuò a scrivere saggi storici, sulla morale e sulla religione divenendo ricco e famoso. Ma i suoi “Dialoghi sulla Religione Naturale” (opera ispirata ad un ateismo radicale ed ad una critica dell’intolleranza delle religioni monoteiste) furono prudentemente pubblicati solo dopo la sua morte avvenuta nel 1776, anche su consiglio dell’amico economista Adam Smith, altra eccelsa gloria della Scozia.

Dal 1663 al 1666 Hume era stato anche di stanza a Parigi come segretario d’ambasciata, avendo la possibilità di conoscere illuministi e scienziati, come D’Alambert, Diderot, Helvetius, Buffon e l’ateo radicale D’Holbach. Conobbe ed ospitò ad Edinburgo anche Russeau, ma in seguito si verificò tra i due una completa rottura a causa delle manie di persecuzione di quest’ultimo.

La filosofia di Hume parte dall’esigenza di basarsi sempre sull’esperienza fenomenica,  rifuggendo da elucubrazioni metafisiche e ricerca di principi ultimi su cui non possiamo dire nulla. Il metodo è quello indicato dalla filosofia sperimentale di Newton, che rifugge da ipotesi metafisiche (“hypotheses non fingo”), ed ispirato alla filosofia empirista di Locke e Berkeley. Il filosofo scozzese distingue tra le percezioni immediate che ci danno delle “impressioni” ed i ricordi delle stesse percezioni che costituiscono le idee (se tocco un oggetto caldo ho l’impressione del calore; se me ne ricordo e ci rifletto sviluppo l’idea di calore). Le idee possono essere semplici e composte (l’ippogrifo nasce dalla combinazione delle idee di aquila e cavallo). Le idee complesse nascono dalla nostra capacità di associazione tra idee basata su somiglianza, contiguità nello spazio e nel tempo (se penso a S. Denis vi associo Parigi), e causalità (se un fenomeno è seguito sempre da un altro diciamo che il primo è causa del secondo).



Le idee universali sono solo sintesi di idee particolari (l’idea di linea è associata al ricordo di linee particolari che semplicemente “rappresentano” un “universale”). La “sostanza” di un ente (ad es. l’Uomo) non è altro che una sommatoria di qualità particolari indicate dall’esperienza. Anche il nostro “io” è solo un fascio di singole sensazioni ed attitudini individuali (fatto che liquida il “cogito, ergo sum” di Cartesio) e sparisce alla morte del corpo (per cui l’anima non può essere immortale).

Il punto più caratteristico della filosofia di Hume è quello secondo cui alla base della nostra capacità di connettere le idee ed i fenomeni è in ultima analisi sempre il principio di causalità, unito al postulato sul comportamento uniforme e ripetitivo della natura. Se vedo, quando una palla da biliardo ne colpisce un’altra, che la seconda si mette in moto, dico che il movimento della prima è stato “causa” di quello della seconda; e se vedo solo partire la prima palla, prevedo che inevitabilmente la seconda si sposterà dopo l’urto (anche se ancora non l’ho visto), così come sono sicuro che domani sorgerà il sole perché è sempre stato così. In questo aver fede che il fenomeno avverrà e che è stato causato da un fenomeno precedente Hume non vede nessun principio razionale dimostrabile, o metafisico, ma solo un abito mentale (cioè un principio soggettivo) derivato dall’esperienza, e che quindi non ha un valore assoluto né un grado di certezza assoluta.

Hanno invece valore di verità assoluta i teoremi matematici in quanto basati su postulati certi fissati da noi stessi. La conoscenza matematica è nettamente distinguibile dalle “materie di fatto”, cioè quelle che si riferiscono ai fenomeni reali, basate solo sull’esperienza. Seguendo le orme di Berkeley, Hume nega la differenza tra qualità “primarie” oggettive (come l’estensione) e “secondarie” soggettive (come il colore) sostenuta da Locke e da Cartesio, ritenendole tutte soggettive, cioè legate alle percezioni del soggetto percepente. Quindi anche l’esistenza degli oggetti è messa in discussione. Essa è basata solo sul fatto che li abbiamo percepiti più volte e che riteniamo che esistano anche se non li percepiamo in quel momento, o se hanno subito dei cambiamenti (il Monte Bianco è pieno di neve in inverno, ma può essere parzialmente verde in estate).

Tuttavia, a differenza di Berkeley, che negava l’esistenza del mondo materiale, Hume ritiene utile e necessario al processo di conoscenza postulare l’esistenza del mondo esterno ed usare anche il principio di causalità, anche se ritiene che esso abbia più un fondamento empirico che razionale e dimostrabile. Si è discusso a lungo se Hume sia giunto a posizioni scettiche integrali, o se piuttosto il suo intento sia quello di distruggere ogni residuo metafisico nella ricerca scientifica, basandola su una filosofia “naturale”. Geymonat, Nella sua “Storia del Pensiero filosofico e scientifico” e Bertrand Russell nella sua “storia della Filosofia occidentale” sembrano propendere più per la seconda ipotesi. Lo stesso Hume si definisce uno scettico, non alla maniera di Pirrone (che chiedeva “la sospensione del giudizio”), ma “accademico”, con chiaro riferimento all’antica Media Accademia ateniese ed alla sua filosofia “probabilistica”. Il suo messaggio alla successiva ricerca scientifica è lo stesso di quello di Newton: non perdere mai un robusto legame con l’esperienza, anche se le “materie di fatto” possono avere solo certezze con vari gradi di probabilità. Hume è un illuminista che ci mette in guardia sui limiti della ragione. La sua stessa critica al principio di causalità, inteso come principio razionale-metafisico, anticipa analoghe critiche della scuola quantistica di Copenhagen che in pieno ‘900 ha cercato di impostare il problema della connessione tra i fenomeni naturali su basi diverse dal principio di causa-effetto.

mercoledì 1 febbraio 2017

LISTA DEI POLITICI CON LA DOPPIA CITTADINANZA: AMERICANA E ISRAELIANA. A CHI SONO FEDELI?





by Dan Eden


Someone wrote and asked me, "Why are there Israeli- but not Mexican-American Dual Nationals?"

Well, here's my take on this. I'd also like your views and opinions.

Unless we are Native American Indians, all Americans have their origins in some other country. Both of my parents were from England. They were proud to be "British" but they were most proud of achieving their American citizenship. Sure, we had pictures of the Queen and nick-nacks with the Union Jack on them. My mother even celebrated the traditional 4 o'clock tea time and was good at making Yorkshire Pudding. In the late 60's my older brother served in the US Army and did his tour in Viet Nam. When it came down to "allegiance," we were all patriotic Americans. Period.

The word "allegiance" means that we promise loyalty. It also carries with it the expectation that this loyalty will be exclusive and unrestrained. In the case of a declared war or real threat or conflict, for example, our allegiance to America should preclude any other interest, be it another country or political ideology.

When they took their oath to become American citizens, my parents had to pledge their "allegiance" exclusively to America and renounce their allegiance to "any and all foreign governments." That included Great Britain, one of our strongest allies.

Before Viewzone asked me to research the meaning of "dual citizenship," I had never heard of the term. How could someone be a citizen of two countries at the same time? But I was just ignorant. Dual nationalities and citizenships are quite common.

From my internet research, I learned that in 1997, a French Canadian with a U.S. passport ran for mayor of Plattsburgh, N.Y. He argued that the incumbent spoke French too poorly to be running a city so close to Quebec. He lost. Also in 1997, a retired top American official for the U.S. EPA (Environmental Protection Agency) ran for president of Lithuania. He was inaugurated in February to a burst of fireworks!

In 1996, Dominicans from New York not only could vote in the Dominican Republic's presidential elections for the first time, they could vote for a fellow New Yorker. Multiple nationalities have become so commonplace that some analysts fear the trend is undermining the notion of nationhood, particularly in the place with the most diverse citizenry on Earth: the United States.

Debate over the issue intensified in the late 1990s, when Mexico joined the growing list of poor nations that say it's OK for their nationals to be citizens of the countries to which they have migrated. Under the law that took effect in 1998 Mexicans abroad -- most of them in the United States -- will be able to retain Mexican citizenship even if they seek U.S. citizenship. And naturalized Americans of Mexican descent will be able to reclaim their original citizenship. The Mexican government stopped short, for now, of giving expatriates the right to vote.

Security Issues

Since citizenship carries with it a responsibility to be exclusively loyal to one country, the whole concept of dual citizenship and nationality raises questions about which of the dual citizenships have priority. This is extremely important when the two countries have opposing interests. It can be a deadly problem when a dual citizen is in a high position within our American government.

Can one imagine a Japanese citizen serving in the Pentagon during WWII? Or how about a citizen of the Soviet Union holding a cabinet position in the White House during the Cold War?

Today's conflicts are centered in the Middle East. America needs to balance foreign policies towards oil producing Arab nations with our goal being peace and stability in the region. This places a burdon on our government to be even-handed in our dealings with the Arab world and Israel. While the Iraq War was waged on lies about Weapons of Mass Destruction and revenge for 911, the real reason has emerged as a well designed global plan to improve the power and leverage of Israel. Added to this policy is yet another potential blow to American interests and security -- the impending War with Iran. This war will be waged for the security of Israel and will be paid for by the blood of American soldiers and the hard-earned money of American citizens whose quality of life is inversely tied to the cost of petrolium.

Recently, in their much lauded paper, The Israel Lobby and U.S. Foreign Policy, Harvard professor, Stephen Walt, and University of Chicago professor, John Mearsheimer, focused attention on the strong Israeli lobby which has a powerful influence over American foreign policies (see BBC article). They detail the influence that this lobby has exerted, forming a series of international policies which can be viewed as in direct opposition to the interests and security of the American people. These acts and policies are more often than not carried out by US government appointees who hold powerful positions and who are dual American-Israeli citizens. Since the policies they support are often exclusively beneficial to Israel, often to the detriment of America, it has been argued that their loyalties are misdirected.

A few classic examples can be cited here.

Jonathan Jay Pollard was an American-Israeli citizen who worked for the US government. He is well known because he stole more secrets from the U.S. than has any other spy in American history. During his interrogation Pollard said he felt compelled to put the "interests of my state" ahead of his own. Although as a U.S. Navy counter-intelligence specialist he had a top-secret security clearance, by "my state" he meant the state of Israel.

Literally tens of thousands of Americans holding U.S. passports admit they feel a primary allegiance to the state of Israel. In many instances, these Americans vote in Israeli elections, wear Israeli uniforms and fight in Israeli wars. Many are actively engaged both in the confiscation of Palestinian lands and in the Israeli political system. Three examples come to mind:

One is Rabbi Meir Kahane, who founded the militant Jewish Defense League in the U.S. in the 1960s, then emigrated to Israel where, eventually, he was elected to the Knesset. Until he was shot and killed at one of his U.S. fund-raising rallies in 1990, the Brooklyn-born rabbi shuttled between Tel Aviv and New York, where he recruited militant American Jews for his activities in Israel against Palestinians. He claimed to be a "dual citizen" of America and Israel.

Another Jewish American, James Mahon from Alexandria, Virginia, reportedly was on a secret mission to kill PLO Chairman Yasser Arafat when he was shot in 1980 by an unknown assailant. When he was shot, Mahon held an American M-16 in his hand and a U.S. passport in his pocket.

Then there was Alan Harry Goodman, an American Jew who left his home in Baltimore, Maryland, flew to Israel and served in the Israeli army. Then, on April 11, 1982, armed with an Uzi submachine gun, he walked, alone, to Al-Aqsa, Jerusalem's most holy Islamic shrine, where he opened fire, killing two Palestinians and wounding others. Both the U.S. and Israeli governments played down the incident, as did the media.

Most recently, US Navy Petty Officer, Ariel J. Weinmann, while serving at or near Bahrain, Mexico, and Austria, "with intent or reason to believe it would be used to the injury of the United States or to the advantage of a foreign nation (Israel), [attempted] to communicate, deliver or transmit classified CONFIDENTIAL and SECRET information relating to the national defense, to a representative, officer, agent or employee of a foreign government." Weinmann was apprehended on March 26 after being listed as "a deserter by his command," according to the US Navy. The information he gathered was supplied to Israel.

The examples of Kahane, Mahonm, Goodman and Weinmann raise the question of when a U.S. citizen ceases to be, or should cease to be, a U.S. citizen. U.S. Law at one time clearly stated that an American citizen owed first allegiance to the United States. A U.S. citizen should not fight in a foreign army or hold high office in a foreign country without risking expatriation. What the heck happened?

The 1940 Nationality Act

Section 401 (e) of the 1940 Nationality Act provides that a U.S. citizen, whether by birth or naturalization, "shall lose his [U.S.] nationality by...voting in a political election in a foreign state."

This law was tested many times. In 1958, for instance, an American citizen named Perez voted in a Mexican election. The case went to the Supreme Court, where the majority opinion held that Perez must lose his American nationality. The court said Congress could provide for expatriation as a reasonable way of preventing embarrassment to the United States in its foreign relations.

But then something very odd happened.

In 1967 an American Jew, Beys Afroyim received an exemption that set a precedent exclusively for American Jews. Afroyim, born in Poland in 1895, emigrated to America in 1912, and became a naturalized U.S. citizen in 1926. In 1950, aged 55, he emigrated to Israel and became an Israeli citizen. In 1951 Afroyim voted in an Israeli Knesset election and in five political elections that followed. So, by all standards he lost his American citizenship -- right? Wrong.

After living in Israel for a decade, Afroyim wished to return to New York. In 1960, he asked the U.S. Consulate in Haifa for an American passport. The Department of State refused the application, invoking section 401 (e) of the Nationality Act -- the same ruling that had stripped the American citizen named Perez of his U.S. citizenship.

Attorneys acting for Afroyim took his case to a Washington, DC District Court, which upheld the law. Then his attorneys appealed to the Court of Appeals. This court also upheld the law. The attorneys for Afroyim then moved the case on to the Supreme Court. Here, with Supreme Court Justice Abe Fortas, Lyndon Johnson's former attorney and one of the most powerful Jewish Americans, casting the swing vote, the court voted five to four in favor of Afroyim. The court held that the U.S. government had no right to "rob" Afroyim of his American citizenship!

The court, reversing its previous judgment as regards the Mexican American, ruled that Afroyim had not shown "intent" to lose citizenship by voting in Israeli elections. Huh?

While Washington claims it has a "good neighbor" policy with Mexico, the U.S. does not permit Mexicans to hold dual nationality. The US makes them become either U.S. or Mexican -- you can't be both. But the U.S., in its special relationship with Israel, has become very sympathetic to allowing Israeli-Americans to retain two nationalities and allowing U.S. citizens not only to hold public office in Israel, but to hold US government positions as well! No other country holds this special exception to our laws of citizenship.

So, you might ask, are there any other dual Israel-American citizens who hold US government positions that could compromise American security? Yes. Consider the following list that I obtained on the web:


Michael Mukasey
Recently appointed as US Attorney General. Mukasey also was the judge in the litigation between developer Larry Silverstein and several insurance companies arising from the destruction of the World Trade Center.

Michael Chertoff
Former Assistant Attorney General for the Criminal Division, at the Justice Department; now head of Homeland Security.

Richard Perle
One of Bush's foreign policy advisors, he is the chairman of the Pentagon's Defense Policy Board. A very likely Israeli government agent, Perle was expelled from Senator Henry Jackson's office in the 1970's after the National Security Agency (NSA) caught him passing Highly-Classified (National Security) documents to the Israeli Embassy. He later worked for the Israeli weapons firm, Soltam. Perle came from one the above mentioned pro-Israel thinktanks, the AEI. Perle is one of the leading pro-Israeli fanatics leading this Iraq war mongering within the administration and now in the media.

Paul Wolfowitz
Former Deputy Defense Secretary, and member of Perle's Defense Policy Board, in the Pentagon. Wolfowitz is a close associate of Perle, and reportedly has close ties to the Israeli military. His sister lives in Israel. Wolfowitz came from the above mentioned Jewish thinktank, JINSA. Wolfowitz was the number two leader within the administration behind this Iraq war mongering. He later was appointed head of the World Bank but resigned under pressure from World Bank members over a scandal involving his misuse of power.


Douglas Feith
Under Secretary of Defense and Policy Advisor at the Pentagon. He is a close associate of Perle and served as his Special Counsel. Like Perle and the others, Feith is a pro-Israel extremist, who has advocated anti-Arab policies in the past. He is closely associated with the extremist group, the Zionist Organization of America, which even attacks Jews that don't agree with its extremist views. Feith frequently speaks at ZOA conferences. Feith runs a small law firm, Feith and Zell, which only has one International office, in Israel. The majority of their legal work is representing Israeli interests. His firm's own website stated, prior to his appointment, that Feith "represents Israeli Armaments Manufacturer." Feith basically represents the Israeli War Machine. Feith also came from the Jewish thinktank JINSA. Feith, like Perle and Wolfowitz, are campaigning hard for this Israeli proxy war against Iraq.

Lawrence (Larry) Franklin
The former Defense Intelligence Agency analyst with expertise in Iranian policy issues who worked in the office of Undersecretary of Defense for Policy Douglas Feith and reported directly to Feith's deputy, William Luti, was sentenced January 20, 2006, "to more than 12 years in prison for giving classified information to an Israeli diplomat" and members of the pro-Israel lobbying group American Israel Public Affairs Committee (AIPAC).

Franklin will "remain free while the government continues with the wider case" and his "prison time could be sharply reduced in return for his help in prosecuting" former AIPAC members Steven J. Rosen and Keith Weissman, [who] are scheduled to go on trial in April [2006]. Franklin admitted that he met periodically with Rosen and Weissman between 2002 and 2004 and discussed classified information, including information about potential attacks on U.S. troops in Iraq. Rosen and Weissman would later share what they learned with reporters and Israeli officials." (source: sourcewatch.com).

Edward Luttwak
Member of the National Security Study Group of the Department of Defence at the Pentagon. Luttwak is reportedly an Israeli citizen and has taught in Israel. He frequently writes for Israeli and pro-Israeli newspapers and journals. Luttwak is an Israeli extremist whose main theme in many of his articles is the necessity of the U.S. waging war against Iraq and Iran.

Henry Kissinger
One of many Pentagon Advisors, Kissinger sits on the Pentagon's Defense Policy Board under Perle. For detailed information about Kissinger's evil past, read Seymour Hersch's book (Price of Power: Kissinger in the Nixon White House). Kissinger likely had a part in the Watergate crimes, Southeast Asia mass murders (Vietnam, Cambodia, Laos), Installing Chilean mass murdering dictator Pinochet, Operation Condor's mass killings in South America, and more recently served as Serbia's Ex-Dictator Slobodan Milosevic's Advisor. He consistently advocated going to war against Iraq. Kissinger is the Ariel Sharon of the U.S. Unfortunately, President Bush nominated Kissinger as chairman of the September 11 investigating commission. It's like picking a bank robber to investigate a fraud scandal. He later declined this job under enormous protests.

Dov Zakheim
Dov Zakheim is an ordained rabbi and reportedly holds Israeli citizenship. Zakheim attended Jew's College in London and became an ordained Orthodox Jewish Rabbi in 1973. He was adjunct professor at New York's Jewish Yeshiva University. Zakheim is close to the Israeli lobby.

Dov Zakheim is also a member of the Council on Foreign Relations and in 2000 a co-author of the Project for the New American Century's position paper, Rebuilding America's Defenses, advocating the necessity for a Pearl-Harbor-like incident to mobilize the country into war with its enemies, mostly Middle Eastern Muslim nations.

He was appointed by Bush as Pentagon Comptroller from May 4, 2001 to March 10, 2004. At that time he was unable to explain the disappearance of $1 trillion dollars. Actually, nearly three years earlier, Donald Rumsfeld announced on September 10, 2001 that an audit discovered $2.3 trillion was also missing from the Pentagon books. That story, as mentioned, was buried under 9-11's rubble. The two sums disappeared on Zakheim's watch. We can only guess where that cash went.

Despite these suspicions, on May 6, 2004, Zakheim took a lucrative position at Booz Allen Hamilton, one of the most prestigious strategy consulting firms in the world. One of its clients then was Blessed Relief, a charity said to be a front for Osama bin Laden. Booz, Allen & Hamilton then also worked closely with DARPA, the Defense Advanced Research Projects Agency, which is the research arm of the Department of Defense.

Judicial Inc's bio of Dov tells us Zakheim is a dual Israeli/American citizen and has been tracking the halls of US government for 25 years, casting defense policy and influence on Presidents Reagan, Clinton, Bush Sr. and Bush Jr. Judicial Inc points out that most of Israel's armaments were gotten thanks to him. Squads of US F-16 and F-15 were classified military surplus and sold to Israel at a fraction of their value.


Kenneth Adelman
One of many Pentagon Advisors, Adelman also sits on the Pentagon's Defense Policy Board under Perle, and is another extremist pro-Israel advisor, who supported going to war against Iraq. Adelman frequently is a guest on Fox News, and often expresses extremist and often ridiculus anti-Arab and anti-Muslim views. Through his racism or ignorance, he actually called Arabs "anti-Semitic" on Fox News (11/28/2001), when he could have looked it up in the dictionary to find out that Arabs by definition are Semites.

I. Lewis "Scooter" Libby
Vice President Dick Cheney's ex-Chief of Staff. As chief pro-Israel Jewish advisor to Cheney, it helps explains why Cheney is so gun-ho to invade Iran. Libby is longtime associate of Wolfowitz. Libby was also a lawyer for convicted felon and Israeli spy Marc Rich, whom Clinton pardoned, in his last days as president. Libby was recently found guilty of lying to Federal investigators in the Valerie Plame affair, in which Plame, a covert CIA agent, was exposed for political revenge by the Bush administration following her husband's revelations about the lies leading to the Iraq War.

Robert Satloff
U.S. National Security Council Advisor, Satloff was the executive director of the Israeli lobby's "think tank," Washington Institute for Near East Policy. Many of the Israeli lobby's "experts" come from this front group, like Martin Indyk.

Elliott Abrams
National Security Council Advisor. He previously worked at Washington-based "Think Tank" Ethics and Public Policy Center. During the Reagan Adminstration, Abrams was the Assistant Secretary of State, handling, for the most part, Latin American affairs. He played an important role in the Iran-Contra Scandal, which involved illegally selling U.S. weapons to Iran to fight Iraq, and illegally funding the contra rebels fighting to overthrow Nicaragua's Sandinista government. He also actively deceived three congressional committees about his involvement and thereby faced felony charges based on his testimony. Abrams pled guilty in 1991 to two misdemeanors and was sentenced to a year's probation and 100 hours of community service. A year later, former President Bush (Senior) granted Abrams a full pardon. He was one of the more hawkish pro-Israel Jews in the Reagan Administration's State Department.

Marc Grossman
Under Secretary of State for Political Affairs. He was Director General of the Foreign Service and Director of Human Resources at the Department of State. Grossman is one of many of the pro-Israel Jewish officials from the Clinton Administration that Bush has promoted to higher posts.

Richard Haass
Director of Policy Planning at the State Department and Ambassador at large. He is also Director of National Security Programs and Senior Fellow at the Council on Foreign Relations (CFR). He was one of the more hawkish pro-Israel Jews in the first Bush (Sr) Administration who sat on the National Security Council, and who consistently advocated going to war against Iraq. Haass is also a member of the Defense Department's National Security Study Group, at the Pentagon.

Robert Zoellick
U.S. Trade Representative, a cabinet-level position. He is also one of the more hawkish pro-Israel Jews in the Bush (Jr) Administration who advocated invading Iraq and occupying a portion of the country in order to set up a Vichy-style puppet government. He consistently advocates going to war against Iran.

Ari Fleischer
Ex- White House Spokesman for the Bush (Jr) Administration. Prominent in the Jewish community, some reports state that he holds Israeli citizenship. Fleischer is closely connected to the extremist Jewish group called the Chabad Lubavitch Hasidics, who follow the Qabala, and hold very extremist and insulting views of non-Jews. Fleischer was the co-president of Chabad's Capitol Jewish Forum. He received the Young Leadership Award from the American Friends of Lubavitch in October, 2001.

James Schlesinger
One of many Pentagon Advisors, Schlesinger also sits on the Pentagon's Defense Policy Board under Perle and is another extremist pro-Israel advisor, who supported going to war against Iraq. Schlesinger is also a commissioner of the Defense Department's National Security Study Group, at the Pentagon.

David Frum
White House speechwriter behind the "Axis of Evil" label. He lumped together all the lies and accusations against Iraq for Bush to justify the war.

Joshua Bolten
White House Deputy Chief of Staff, Bolten was previously a banker, former legislative aide, and prominent in the Jewish community.

John Bolton
Former UN Representative and Under-Secretary of State for Arms Control and International Security. Bolton is also a Senior Advisor to President Bush. Prior to this position, Bolton was Senior Vice President of the above mentioned pro-Israel thinktank, AEI. He recently (October 2002) accused Syria of having a nuclear program, so that they can attack Syria after Iraq. He must have forgotten that Israel has 400 nuclear warheads, some of which are thermonuclear weapons (according to a recent U.S. Air Force report).

David Wurmser
Special Assistant to John Bolton (above), the under-secretary for arms control and international security. Wurmser also worked at the AEI with Perle and Bolton. His wife, Meyrav Wurmser, along with Colonel Yigal Carmon, formerly of Israeli military intelligence, co-founded the Middle East Media Research Institute (Memri),a Washington-based Israeli outfit which distributes articles translated from Arabic newspapers portraying Arabs in a bad light.

Eliot Cohen
Member of the Pentagon's Defense Policy Board under Perle and is another extremist pro-Israel advisor. Like Adelman, he often expresses extremist and often ridiculus anti-Arab and anti-Muslim views. More recently, he wrote an opinion article in the Wall Street Journal openly admitting his rascist hatred of Islam claiming that Islam should be the enemy, not terrorism.

Mel Sembler
President of the Export-Import Bank of the United States. A Prominent Jewish Republican and Former National Finance Chairman of the Republican National Committee. The Export-Import Bank facilitates trade relationships between U.S. businesses and foreign countries, specifically those with financial problems.

Steve Goldsmith
Senior Advisor to the President, and Bush's Jewish domestic policy advisor. He also served as liaison in the White House Office of Faith-Based and Community Initiatives (White House OFBCI) within the Executive Office of the President. He was the former mayor of Indianapolis. He is also friends with Israeli Jerusalem Mayor Ehud Olmert and often visits Israel to coach mayors on privatization initiatives.

Adam Goldman
White House's Special Liaison to the Jewish Community.

Joseph Gildenhorn
Bush Campaign's Special Liaison to the Jewish Community. He was the DC finance chairman for the Bush campaign, as well as campaign coordinator, and former ambassador to Switzerland.

Christopher Gersten
Principal Deputy Assistant Secretary, Administration for Children and Families at HHS. Gersten was the former Executive Director of the Republican Jewish Coalition, Husband of Labor Secretary.

Mark Weinberger
Assistant Secretary of Housing and Urban Development for Public Affairs.

Samuel Bodman
Deputy Secretary of Commerce. He was the Chairman and CEO of Cabot Corporation in Boston, Massachusetts.

Bonnie Cohen
Under Secretary of State for Management.

Ruth Davis
Director of Foreign Service Institute, who reports to the Office of Under Secretary for Management. This Office is responsible for training all Department of State staff (including ambassadors).

Daniel Kurtzer
Ambassador to Israel.

Cliff Sobel
Ambassador to the Netherlands.

Stuart Bernstein
Ambassador to Denmark.

Nancy Brinker
Ambassador to Hungary

Frank Lavin
Ambassador to Singapore.

Ron Weiser
Ambassador to Slovakia.

Mel Sembler
Ambassador to Italy.

Martin Silverstein
Ambassador to Uruguay.

Lincoln Bloomfield
Assistant Secretary of State for Political Military Affairs.

Jay Lefkowitz
Deputy Assistant to the President and Director of the Domestic Policy Council.

Ken Melman
White House Political Director.

Brad Blakeman
White House Director of Scheduling.

I don't know about you, but dual citizenship is fine with me for an ordinary citizen. But if you hold an official position that demands that you put American interests above all else -- if you should look transparent and fair to the rest of the world regarding your formation of Middle East foreign policies, then this is a dangerous trend. Even if there were no pro-Israeli agenda, the fact that decision makers have a bias or an allegiance to one of the parties involved in the current conflict should have raised red flags long before now.

If you think we're being unfair here, ask yourself: How you would react to the Head of Homeland Security if he or she were a dual national with citizenship in Iran, Lebanon or Saudi Arabia? Ask yourself why you don't feel the same about Israeli dual citizenship. Then you will understand how powerful the Israeli lobby has been in "adjusting" your acceptance of their special status.

Hey, I could be way off on this. Let's hear from you.

UPDATE: December 4, 2007

Newsweek's Michael Isikoff reports that Iraq war architect Paul Wolfowitz has been rewarded with a new position in the Bush administration which will allow him to oversee classified intelligence and inform policies on WMD issues.

Secretary of State Condoleezza Rice has offered Wolfowitz, a prime architect of the Iraq War, a position as chairman of the International Security Advisory Board, a prestigious State Department panel, according to two department sources who declined to be identified discussing personnel matters. The 18-member panel, which has access to highly classified intelligence, advises Rice on disarmament, nuclear proliferation, WMD issues and other matters. "We think he is well suited and will do an excellent job," said one senior official.