martedì 7 marzo 2017

COME I SIONISTI MINACCIANO LA LIBERTA' DI ESPRESSIONE - COMUNICATO STAMPA



COMUNICATO STAMPA


L'ANPI Valle Elvo e Serra in collaborazione con l'associazione "Biellesi per la Palestina libera" sono stati informati che il Presidente della Provincia di Biella, Emanuele Ramella Pralungo, esponente del P.D., ha revocato la concessione di un'aula dell'Istituto Istruzione Superiore "Quintino Sella" , anteriormente concessa, per la proiezione del documentario di Samantha Comizzoli "ISRAELE IL CANCRO!
La lettera di revoca è la probabile conseguenza  della pressione intimidatoria di un'organizzazione sionista denominata "Unione delle associazioni pro Israele", come risulta da un articolo apparso su "Biella Cronaca". 
La lettera del presidente Ramella tenta di giustificare l'atto di revoca adducendo pretestuosamente che si "presume" una rappresentazione "dei fatti assolutamente di parte e non oggettiva". Il presidente usa il verbo "presumere" dimostrando di non conoscere l'argomento del documentario e di non averlo neanche visto. Egli aggiunge una affermazione che si commenta da sola: "Rilevato che gli Istituti Scolastici non sono il luogo deputato ad ospitare eventi che possono rappresentare un pensiero di parte su argomento di rilievo politico internazionale, si suggerisce l'utilizzo di altre sedi..." Il presidente Ramella finge di non sapere che l'evento è previsto per il giorno 10 marzo alle ore 21, è indirizzato alla cittadinanza in un orario in cui non vi è alcuna attività didattica. Egli dimentica, altresì, che due anni fa l'Istituto ha ospitato un incontro tra gli studenti e l'ambasciatrice palestinese Mai Al Kaila, accolta in Aula Magna. Nella stessa sede sono stati presentati i libri sul sionismo di Diego Siragusa, il libro "La maledizione dell'Achille Lauro" di Rim Al Nimer e il libro "Gaza, l'industria israeliana della violenza" scritto da vari autori tra i quali i docenti universitari Alfredo Tradardi e Diana Carminati. Come si può vedere l'argomento che si vuole censurare è stato trattato in questo Istituto in più occasioni. 
Appare, dunque, evidente che il presidente Ramella, come altri esponenti politici in varie parti d'Italia, si è adeguato ai voleri censorii delle varie comunità sioniste che agiscono come sedi estere dell'estrema destra israeliana.
Rammentiamo che, recentemente, Papa Francesco ha riconosciuto lo stato di Palestina e ne ha inaugurato la sede diplomatica in Vaticano. 
Ciò premesso, osserviamo che non si può continuare a confondere ad arte l'antisionismo con l'antisemitismo. Molti ebrei, e tra essi molti rabbini, sono antisionisti, condannano le politiche repressive israeliane e combattono per il riconoscimento dei diritti dei palestinesi. Il documentario che abbiamo deciso di proiettare mostra episodi di violenza inaudita contro i palestinesi come in tanti altri cortometraggi.
L'evento è l'occasione per un dibattito aperto a cui chiunque può partecipare ed, eventualmente, dissentire. Sorprende questo provvedimento dopo che due anni fa, presso il Museo del Territorio Biellese, sono stati proiettati alcuni documentari sulle politiche repressive di Israele contro i palestinesi.
L'ANPI Valle Elvo e Serra ritiene che documentare l'oppressione del popolo palestinese, e ricordare il suo diritto all'autodeterminazione, non sia "un pensiero di parte" o antisemitismo, ma doverosa necessità che risponde alle 79 Risoluzioni dell'ONU che condannano la condotta dello stato di Israele e che tuttora risultano inapplicate.

Con questa lettera di revoca il presidente Ramella tradisce il principio di imparzialità della Pubblica Amministrazione che deve solo disciplinare le condizioni di accesso alle proprie strutture senza sindacare sui contenuti degli eventi che devono esprimersi all'interno del dettato costituzionale. 

IL DOCUMENTARIO SARA' PROIETTATO IL GIORNO 10 MARZO 2017, ALLE ORE 21,  PRESSO LA SEDE DELL'ARCI - STRADA ALLA FORNACE, 8 - BIELLA

La sezione dell'ANPI Valle Elvo e Serra
L'associazione BIELLESI PER LAPALESTINA LIBERA

lunedì 6 marzo 2017

Armamenti: La Germania regala 570 milioni a Israele





28 Febbraio 2017


Il governo tedesco vuole sovvenzionare una fornitura di sottomarini a Israele con circa 570 milioni di euro nonostante ombre di corruzione in Israele sull’affare.
L'accordo tra Israele e Thyssen-Krupp per i tre sottomarini che possono essere dotate di missili nucleari non è stato ancora completato, ha detto una portavoce del Ministero della Difesa il 28 febbraio 2017. Per il 2017 sono stati stimati 30 milioni di euro di sovvenzioni; per il periodo 2018-2027 è stato previsto un importo massimo di 540 milioni di euro. (Il contribuente tedesco sarà contento, ndr).
Allo stesso tempo il procuratore generale di Israele ha esteso le sue indagini su presunta corruzione. Si tratta di diversi sospetti,ha dichiarato il Ministero della Giustizia di Gerusalemme Martedì scorso. Il primo ministro Benjamin Netanyahu finora non fa parte dell’indagine.
Inoltre, Israele ha stipulato nel 2015 un contratto per l'acquisto di quattro corvette. Secondo il Ministero della Giustizia israeliana le indagini riguardano ambedue fornimenti. La figura chiave è il consulente legale personale di Netanyahu, David Schimron che rappresenta anche l'uomo d'affari Miki Ganor, che é partner israeliana della ThyssenKrupp Marine Systems.                                                 
Se si conclude l’affare ci si può aspettare una commissione a milioni di euro.
Il gruppo ThyssenKrupp se ne lava le mani. Non si é trovata nessuna irregolarità nelle indagini interne: "Sulla base delle azioni di inchiesta già intraprese non è emersa nessuna prova di corruzione – né nei progetti dei sottomarini né in relazione all'acquisto di corvette", ha detto un portavoce.

Traduzione: Leonhard Schaefer

domenica 5 marzo 2017

Mostra “Caesar”: cosa ci tocca vedere a Milano. Il sindaco Sala ha nulla da dire?





5/3/2017

Comunicato del Comitato Contro La Guerra Milano sulla mostra “Nome in codice Caesar”

Da venerdì 3 marzo giunge anche a Milano la mostra “Nome in codice Caesar: detenuti siriani vittime di tortura”, con il Patrocinio del Comune di Milano.
La stessa mostra era stata proposta, la scorsa primavera, alla Camera e al Senato della Repubblica, ma non accettata, poiché serve solo a “scatenare reazioni emotive facilmente strumentalizzabili”, aggiungiamo noi, finalizzate ad accusare il legittimo Governo della Repubblica Araba di Siria di “crimini contro l’umanità”.
I promotori di queste campagne, sono gli stessi che hanno giustificato e fiancheggiato i bombardamenti all’Iraq e alla Libia, motivati con “i falsi”, ampiamente dimostrati, dei bimbi Kuwaitiani uccisi nelle incubatrici da Saddam Hussein, o delle fosse comuni di Gheddafi e altre falsità, ormai conosciute in tutto il mondo, fino ad arrivare alle “famose” provette di antrace mostrate all’ONU dall’allora Segretario di Stato USA, Generale Colin Powell, di cui, persino lo stesso ex Primo Ministro britannico, Tony Blair, dovette scusarsi di fronte al mondo.
Tra i principali finanziatori di “Caesar” compare lo stesso Qatar, paese che, con Arabia Saudita e Turchia, è tra i principali sponsor delle bande armate islamiste della cosiddetta “opposizione siriana”, ISIS inclusa (a cui l’appoggio di questi paesi è ora conclamato), che dal 2011 hanno messo a ferro e fuoco la Siria e il vicino Iraq, provocando centinaia di migliaia di morti e milioni di profughi in esodo verso l’Europa.
Per approfondimenti sulla mostra “Caesar” si legga il report di SibiaLiria e L’Antidiplomatico (Report sull’attendibilità delle “Foto di Caesar” e sulla relativa mostra – goo.gl/A0YDg8).
Questi approfondimenti legittimano il sospetto che molte di esse non raffigurino “ribelli uccisi da Assad”, ma “poliziotti e soldati uccisi dai ribelli”.
E’ preoccupante il sostegno che la mostra ha ricevuto dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana, è inoltre oltraggioso e dannoso il Patrocinio del Comune di Milano, città simbolo della lotta per la Liberazione dal nazifascismo.
Chiediamo, quindi, spiegazioni all’Amministrazione del Comune di Milano, segnatamente nelle figure del Sindaco Sala e dell’Assessore Majorino, delle ragioni per cui hanno deciso di patrocinare questa mostra, vista la scarsa credibilità della stessa ed anche visto che all’interno della mostra si sono tenuti dibattiti dove hanno avuto modo di pontificare soggetti ripresi in trasmissioni televisive e più volte fotografati in manifestazioni di piazza a fianco di elementi jihadisti, come ad esempio Haisam Sakhanh (https://youtu.be/8VXykI1OGjQ), appena condannato all’ergastolo dalla procura di Stoccolma, poiché colpevole di una esecuzione sommaria, nel corso della quale venivano  assassinati 7 prigionieri, soldati di leva dell’esercito regolare siriano; la condanna all’ergastolo è stata inflitta poiché è stata dimostrata l’aggravante della particolare ferocia e crudeltà del crimine, che pone questo episodio fuori dal diritto internazionale. Si consideri che Sakhanh appare in molte fotografie con armi di ogni tipo. Infine riteniamo opportuno che, dopo questa offesa alla città, l’Amministrazione del Comune di Milano porga le sue scuse, prendendo atto della leggerezza con cui ha agito in questa occasione, laddove le scuse non arrivassero, sarebbe lecito pensare che, come gli amici di Sakhanh, anche l’Amministrazione Comunale sia fortemente condizionata dai rapporti che il Qatar intrattiene con settori economico-finanziari della città di Milano.
001-2011-10-31-haisam-sakhanh-negli-studi-de-linfedele002-2011-10-31-haisam-sakhanh-negli-studi-de-linfedele003-2012-08-15-haisam-sakhanh-in-siria004-haisam-sakhanh-durante-lesecuzione-sommaria005-haisam-sakhanh

venerdì 3 marzo 2017

ISRAELE AMA LE GUERRE. NE HA BISOGNO



di GIDEON LEVY

2/3/2017

Haaretz

Israele ama le guerre. Ne ha bisogno. Non fa nulla per impedirle, e qualche volta le istiga. Non c'è altro modo di leggere la relazione del controllore di stato sulla guerra di Gaza del 2014, e non vi è alcuna importante conclusione da trarre.

Tutto il resto - i tunnel, il Consiglio di Sicurezza Nazionale, il gabinetto dei ministri e i servizi segreti - sono bazzecole, niente di più che sforzi per distrarci dalla cosa principale. La cosa principale è che Israele vuole la guerra. Ha respinto tutte le alternative, senza discuterle, senza mostrare interesse, pur soddisfare il proprio desiderio.

Israele voleva le guerre pure nel passato. Fin dalla guerra del 1948, tutte le sue guerre avrebbero potuto essere evitate. Erano chiaramente guerre preferite, anche se la maggior parte non servivano a nulla e alcune causarono danni irreparabili. Israele di solito le iniziava, a volte le guerre gli furono imposte, ma anche allora avrebbero potuto essere evitate, come nel 1973. Alcune guerre misero fine alla carriera di coloro che le avevano iniziate, e tuttavia, di volta in volta Israele sceglie la guerra come la prima opzione e quella preferita. È dubbio che una spiegazione razionale possa essere trovata per questo fenomeno, ma il fatto è che ogni volta che Israele va in guerra riceve il sostegno ampio, automatico e cieco dell'opinione pubblica e dei media. Così non solo il governo e l’esercito amano la guerra, tutto Israele ama la guerra.

Questo è dimostrato dal fatto che i comitati di indagine pubblicano rapporti quasi identici dopo ogni guerra - la relazione sulla guerra di Gaza è quasi copiata dal rapporto della Commissione Winograd dopo la seconda guerra del Libano del 2006. ( "La guerra fu intrapresa in fretta e in modo irresponsabile.") Quando non si impara nulla e tutto si dimentica, è chiaro che qualcosa di forte sta trascinando Israele alla guerra.

Accadde così durante l’estate dell’Operazione Margine Protettivo, quando non c'era nessuna ragione per la guerra. E così sarà nella prossima guerra che incombe davanti a noi. Che peccato che l’ "allarme rosso" scattato martedì nel sud fosse un falso allarme. Era l'opportunità giusta per sferrare un colpo sproporzionato contro Gaza, il modo preferito dal ministro della Difesa Avigdor Lieberman e da Israele, da quelli che trascinano Israele verso la prossima guerra.

E’ già scritto sul muro, i suoi appassionati sostenitori non perdono alcuna possibilità di istigarla e la sua storia è come la storia delle guerre nascoste dalla relazione del controllore di stato. Anche la prossima guerra avrà una relazione. Voi, io, la prossima guerra e la prossima relazione.

E' ragionevole supporre che la prossima guerra scoppierà a Gaza. L'alibi è già pronto. L'orrore a causa dei tunnel, che è stato soffiato nelle proporzioni grottesche di una guerra mondiale nucleare, è stato creato per questo scopo. Strumenti di combattimento primitivi sono sufficienti per creare l'alibi perfetto per la guerra. E come alla vigilia dell’Operazione Margine Protettivo, nessuno si ferma a chiedere: Che facciamo di Gaza che fra altri tre anni non sarà adatta per la vita umana? Come intendiamo rispondere alla luce del pericolo esistenziale dei suoi abitanti? Che fretta c'è? C'è tempo. Nel frattempo può essere distrutta un'altra volta o due.

Gaza coccola Israele con le guerre di lusso. Non c'è niente che gli israeliani amino più di una guerra contro un non-esercito, contro coloro che non hanno la copertura aerea, senza armatura e senza artiglieria, solo un esercito di piedi nudi e tunnel, che consente alle storie di Israele di vantare grande eroismo e lutti. I bombardamenti israeliani degli indifesi, per qualche ragione chiamata guerra, con vittime israeliane minime e massime vittime palestinesi - questo è il nostro modo preferito di fare le guerre.

Il controllore di stato ha stabilito che il gabinetto dei ministri non ha discusso alternative alla guerra. Questo avrebbe dovuto essere un grido riecheggiante da un capo all'altro del paese, ma è stato inghiottito nell’assurdità delle gallerie. Ogni bambino in Gaza sa che c'è una tale alternativa, che se Gaza s’apre al mondo, sarà diverso. Ma per questo, sono necessari capi israeliani coraggiosi, e di questi non ce ne sono. Masse di israeliani sono necessarie per dire un "no" inequivocabile alle guerre - e non ci sono neanche quelle. Perché? Perché Israele ama le guerre.


Il Consiglio degli Studenti dell’Università di Torino appoggia il boicottaggio accademico di Israele




02.03.2017 - BDSItalia

Il Consiglio degli Studenti dell’Università di Torino appoggia il boicottaggio accademico di Israele


In data 1° marzo 2017 il Consiglio degli Studenti dell’Università degli Studi di Torino si è detto favorevole in netta maggioranza a una mozione (di seguito il testo) che sostiene il boicottaggio accademico d’Israele, chiedendo la revoca degli accordi tra UniTo e il Technion di Haifa.

Per la prima volta un organo accademico italiano appoggia a maggioranza, in una delle più grandi università italiane, il movimento BDS e il boicottaggio come mezzo di lotta non violento per porre fine alle costanti violazioni del diritto internazionale da parte dello Stato di Israele.

La decisione del Consiglio degli Studenti rientra in una campagna studentesca lanciata a livello nazionale nel 2016 da diverse università italiane in risposta all’appello di docenti e ricercatori/trici. Ad oggi, oltre 350 firmatarie e firmatari chiedono la fine delle collaborazioni tra le università italiane e il Technion, istituto ritenuto coinvolto nel complesso militare-industriale israeliano. Si tratta di una netta presa di posizione a un livello accademico importante, che chiede la fine delle collaborazioni con le istituzioni israeliane che contribuiscono o che traggono benefici dalle violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e dai loro rapporti e dalle loro complicità con le forze armate israeliane.

Studenti contro il Technion

Testo della mozione

Torino, 1 marzo 2017.

A seguito dell’audizione di un rappresentante dell’organizzazione studentesca Progetto Palestina in data 20 gennaio 2017, intervenuto presso questa assemblea, il Consiglio degli Studenti dell’Università degli Studi di Torino

PRENDE ATTO E RENDE NOTO AGLI STUDENTI E 
ALL’INTERA COMUNITÀ ACCADEMICA

Che Progetto Palestina è un’organizzazione di studenti dell’Università degli Studi di Torino attiva da diversi anni nel campo della sensibilizzazione dei propri compagni di studi, dei docenti e di tutti i membri della comunità accademica e dell’azione in relazione alla campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS), e che dalla sua nascita ha più volte visti i propri spazi di azione all’interno delle sedi di UniTo limitati da parte dell’amministrazione a diversi livelli, nonostante il carattere democratico e aperto al confronto politico;

Che dal 2005 oltre 170 organizzazioni rappresentanti la società civile palestinese hanno indetto una campagna per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS) contro lo Stato di Israele come mezzo di lotta non violenta per porre fine alle costanti violazioni del diritto internazionale da parte dello Stato di Israele stesso;

Che Amnesty International ha accusato lo Stato di Israele di avere deliberatamente colpito obiettivi civili (intesi come persone e infrastrutture) e di essersi reso responsabile di crimini di guerra durante l’attacco condotto nell’estate 2014 contro Gaza, che ha portato all’uccisione di oltre 2000 civili tra i quali almeno 500 bambini;

Che lo Stato di Israele continua ad imporre un blocco totale, navale, terrestre e aereo sulla Striscia di Gaza, e che attua una sistematica riduzione del diritto alla mobilità e all’accesso a beni primari dei palestinesi. Un rapporto delle Nazioni Unite sostiene che Gaza potrebbe diventare “inabitabile” dal 2020 se l’embargo persisterà;

Che nel 2004 la Corte di Giustizia Internazionale ha giudicato la costruzione da parte di Israele di un muro di separazione e le colonie nella Cisgiordania occupata come illegali;

Che un rapporto del 2009 stilato dal Consiglio di Ricerca per le scienze umane del Sudafrica ha descritto le politiche di sistematica discriminazione e deportazione a danno dei palestinesi come pratiche di apartheid, colonialismo e pulizia etnica, con riferimento alla legislazione internazionale;

Che nel 2014 Richard Falk, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi, ha dichiarato come le politiche di Israele rispondano a “inaccettabili logiche di colonialismo, apartheid e pulizia etnica”;

Che nel dicembre 2016, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la risoluzione 2334 ha riaffermato che la costruzione di colonie da parte di Israele nei territori occupati della Cisgiordania e a Gerusalemme Est non hanno alcuna validità legale e costituiscono una flagrante violazione del diritto internazionale;

Che più di 50 leggi attualmente in vigore in Israele hanno il solo scopo di discriminare il 20% della sua popolazione, composta da oltre un milione e mezzo di cittadini di origine palestinese. Lo stesso Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America ha criticato l’istituzionalizzazione da parte di Israele di pratiche discriminatorie [1];

Che a più di 6 milioni di rifugiati palestinesi viene negato il diritto di ritornare alle proprie abitazioni nonostante la risoluzione 194 delle Nazioni Unite lo prescriva;

Che il sistema di occupazione, colonialismo e apartheid compromette gravemente il diritto degli studenti palestinesi ad accedere al sistema educativo;

Che le organizzazioni palestinesi riconoscono come determinante per il mantenimento da parte di Israele di questa condizione di occupazione, colonialismo e apartheid l’attivo supporto dei governi e la complicità dei gruppi d’affari e di numerose istituzioni a livello globale;

Che le Università israeliane sono impegnate nel giustificare praticamente l’apparato coinvolto nella colonizzazione della Palestina [2], nel normalizzare la pulizia etnica [3] della popolazione palestinese e nel fornire una giustificazione morale per le uccisioni extra-giudiziarie[4]. (originale: Israeli universities engage in justifying the ongoing colonization of Palestinian land, rationalizing gradual ethnic cleansing of indigenous Palestinians, providing moral justification for extra-judicial killings);

Che le università israeliane sono coinvolte nello sviluppo di sistemi d’arma e dottrine militari [5] utilizzate da Israele in operazioni belliche ai danni della popolazione di Gaza e del Libano, giudicate da una commissione dell’Onu come “crimini di guerra e contro l’umanità”[6];

Che le università israeliane discriminano sistematicamente gli studenti “non ebrei”, e commettono numerose altre violazioni implicite ed esplicite dei diritti umani e del diritto internazionale;

Che il Technion, Israel Institute of Technology è un’università pubblica di Haifa, che vanta “legami eccezionalmente stretti” con il Ministero della Difesa israeliano e con militari, nonché produce le migliori armi del paese [7];

Che il Technion ha una partnership con la Elbit Systems, uno dei maggiori produttori di armi private di Israele. Elbit ha prodotto i droni che Israele ha usato nei suoi crimini contro i civili in Libano nel 2006 e a Gaza nel 2008-09. Questa partnership ha svolto un ruolo di primo piano non solo nella costruzione e nella sorveglianza del muro dell’apartheid in Palestina, ma anche lungo il confine Stati Uniti-Messico, attraverso la sua controllata Kollsman;

Che il Technion forma i suoi studenti di ingegneria abituandoli a lavorare con aziende che si occupano “direttamente dello sviluppo di armi complesse nel processo di ricerca delle loro tesi di laurea”.8 (Yacobi Keller 2009);

Che il Technion ha sviluppato una funzione di controllo remoto sul bulldozer della Caterpillar ‘D9’ utilizzato dall’esercito israeliano per demolire illegalmente le case palestinesi;

Che il Technion ha profonde relazioni con la Rafael Advanced Systems Defense (RADS), uno dei maggiori produttori di armi sponsorizzato dal governo di Israele. La RADS è famosa per il suo “sistema avanzato ibrido di protezione dell’armatura” utilizzato dai carri armati israeliani Merkava. L’istituto ha sviluppato un “programma MBA su misura per i manager Rafael”, che rafforza ulteriormente il suo rapporto tra il mondo accademico e il complesso militare-industriale di Israele. (Structures of Oppression: Why McGill and Concordia Universities Must Sever their Links with the Technion-Israel Institute of Technology,”; http://www.tadamon.ca/wp-content/uploads/Technion-English.pdf );

Che il Technion premia i suoi studenti che svolgono il servizio militare obbligatorio e che ha concesso ai riservisti dell’esercito israeliano che hanno partecipato al massacro di Gaza nel 2008- 2009 “benefici accademici in aggiunta ai consueti vantaggi per riservisti”. (Uri Yacobi Keller, 2009);

Che attraverso programmi di cooperazione di ricerca con aziende di armi israeliane, come la Elbit e la Rafael, il Technion partecipa alla creazione e allo sviluppo di programmi e tecnologie finanziate dall’esercito israeliano e da produttori di armi;

Che nel 2016 più di 340 accademici italiani hanno aderito alla “campagna italiana per la revoca degli accordi con il Technion e a sostegno della campagna palestinese per il boicottaggio accademico delle istituzioni israeliane”

Che l’Università di Torino coopera con il Technion di Haifa;

A tal proposito il Consiglio degli Studenti afferma

Che ai palestinesi debbono essere riconosciuti i loro diritti fondamentali, e che alle continue violazioni da parte di Israele della legislazione internazionale e dei diritti umani è di conseguenza doveroso opporsi, come il movimento per il BDS ha fatto e continua a fare a tutt’oggi;

Il Consiglio degli Studenti riconosce inoltre

Che il movimento per il BDS si sta dimostrando, nonostante le intimidazioni e le minacce da parte di esponenti di spicco dell’amministrazione israeliana, capace di convincere le università e altri gruppi privati a non rendersi ulteriormente complici con i crimini perpetrati dallo Stato di Israele;

Che in quest’ottica l’Università degli Studi di Torino dovrebbe impegnarsi a recedere dagli accordi attualmente in vigore con il Technion di Haifa e a non impegnarsi più in futuro a stringere accordi con alcuna istituzione che contribuisca o tragga beneficio, dalle violazioni della legislazione internazionale da parte israeliana e dai suoi legami con le forze armate.

Tutto ciò visto e considerato, il Consiglio degli Studenti delibera

1) Di far suo il testo della mozione elaborata dalla Students’ Union dell’Università di Manchester, alla quale questa mozione direttamente si ispira nelle premesse;

2) Di sostenere la campagna per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS) e di rendere nota tale decisione agli studenti attraverso una e-mail da inviarsi per tramite della Direzione Didattica e Servizi agli Studenti, e da pubblicare sul portale d’Ateneo;

3) Di chiedere a tutte le organizzazioni studentesche, di rappresentanza e non, di supportare pubblicamente la campagna per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni (BDS);

4) Di chiedere all’Università degli Studi di Torino di prendere pubblicamente posizione contro le violazioni per parte israeliana della legislazione internazionale e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani;

5) Di appoggiare la campagna Studenti Contro il Technion e di chiedere a tutti gli studenti iscritti all’Università di Torino di sostenere suddetta campagna firmando l’appello per la revoca degli accordi;

6) Di chiedere all’Università di Torino di interrompere ogni legame con il Technion e impegnarsi a non firmare nuovi accordi con le università israeliane, a causa del loro ruolo nel supporto e mantenimento del regime israeliano di occupazione, apartheid e colonialismo, fino a quando Israele cesserà le violazioni dei diritti dei palestinesi e rispetterà il diritto internazionale;

7) Di chiedere all’Università degli Studi di Torino, nella persona del Magnifico Rettore Professor Gianmaria Ajani, di recedere dagli accordi attualmente in vigore con il Technion di Haifa entro i tempi stabiliti dall’accordo (entro e non oltre il Senato Accademico dell’11 aprile 2017);

8) Di trasmettere il testo di questa mozione agli organi di governo e agli uffici di supporto affinché l’argomento sia dibattuto entro tempi celeri e rispettosi delle tempistiche necessarie alla rescissione degli accordi con il Technion di Haifa;

9) In aggiunta a questo, considerando l’argomento di interesse dell’intera comunità accademica, il Consiglio degli Studenti nota come ad oggi lo Statuto dell’Università degli Studi di Torino preveda, pur non normandola, la possibilità di convocazione di appositi referendum aperti all’intera comunità accademica. A tal proposito il Consiglio degli Studenti auspica che si proceda quanto prima a normare quello che il Consiglio nota essere un importante strumento di democrazia diretta e di partecipazione alle scelte e alla vita dell’Università degli Studi di Torino.

Note:

1 http://adalah.org/eng/Israeli- Discriminatory-Law-Database

2 https://electronicintifada.net/content/aut-boycott-freedom-vs-academic-freedom/5609

3 http://www.haaretz.com/unacceptable-norms-1.135723

4 https://electronicintifada.net/blogs/rania-khalek/killing-40-civilians-one-go-reasonable-says-israel-army-ethicist

5 http://pacbi.org/pics/file/SOAS-Palestine-Society-Paper-TAU-Military-Complicity-Feb-2009.pdf

6 http://www.ohchr.org/EN/HRBodies/HRC/SpecialSessions/Session9/Pages/FactFindingMission.aspx

7 http://www.technion.ac.il/wp-content/uploads/2014/07/INDUSTRY-GUIDE-TO-TECHNION_L.pdf

8 https://usacbi.files.wordpress.com/2009/11/economy_of_the_occupation_23-24.pdf

AMNESTY INTERNATIONAL COSTOLA DELL'IMPERIALISMO SION-AMERICANO


(Il miliardario sionista americano Gyorgy Soros)


Ecco il testo di una lettera aperta inviata ad Amnesty International sez. italiana. Di seguito il testo del comunicato di Amnesty cui si fa riferimento. 
Invito i lettori a leggere attentamente il comunicato di Amnesty: lo stile, il livore, l'isteria sono tipici elementi di un documento del Dipartimento di Stato, del Pentagono o della CIA. Ormai è chiaro a tutti che Amnesty è in mano al miliardario americano-sionista Soros, finanziatore delle cosiddette "guerre umanitarie" che sono il belletto con cui gli USA, Israele e i loro alleati sovvertono il Medioriente e il Mondo per la loro egemonia globale. 


Ad Amnesty International Italia

Con il vostro Comunicato CS 028 – 2017 diffuso il 1° marzo, dopo aver genericamente parlato di inchieste sull’uso di armi chimiche riguardanti “tutti gli attori coinvolti nel conflitto in Siria”, rivelato, dalle parole della stessa Tadros,  il vero scopo del comunicato: attaccare il governo siriano impegnato da 6 anni in un durissima battaglia contro orde di terroristi e mercenari etero diretti dall’esterno che hanno il compito di distruggere e smembrare quello sfortunato paese; e attaccare nel contempo Russia e Cina colpevoli di volerlo salvare. Grazie ai loro veti infatti si è evitata la legittimazione di una ennesima aggressione “umanitaria”  da parte della Nato contro un Paese sovrano, come successo nel marzo del 2011 contro la Libia,  le cui conseguenze devastanti sono oggi sotto gli occhi di tutti!

Anche allora avete fornito al “mondo” utili coperture propagandistiche per giustificare bombardamenti e attacchi militari, accusando Gheddafi di orribili stragi di civili e stupri di massa ottenuti distribuendo fiumi di Viagra ai soldati governativi, salvo poi riconoscere, a distruzione del paese avvenuta, che si trattava di fatti non provati o falsità evidenti.

Riguardo alla Siria, avete sponsorizzato una mostra fatta di foto di cadaveri torturati anonimi, di cui  non era possibile accertare identità e circostanze della morte. Foto attribuite a un fantomatico agente siriano “Caesar” di cui non siete stati in grado di fornire né il nome né altre indicazioni, alimentando il generale sospetto che si tratti di pura invenzione.

In altra circostanza avete pubblicato dossier attribuibili all’opposizione armata terrorista e jihadista siriana, in cui si parla senza prove del fantomatico numero di 13.000 impiccati- tutti rigorosamente anonimi – nelle carceri siriane.

Siate certi che queste “informazioni”, prive di riscontri e caratterizzate da una evidente faziosità, sono accolte da un numero crescente di cittadini con sempre maggiore scetticismo, e sempre un maggior numero di persone apprezza il comportamento di Russia, Cina e altri Paesi.

Grazie a loro la Siria, malgrado gli attacchi e la devastazione da parte di migliaia di mercenari armati, addestrati e finanziati dalle petromonarchie e dall’impero Usa, è riuscita a difendere e mantenere la sua integrità e sovranità.

Ripensateci ed agite con maggiore responsabilità e dignità.

Cordiali saluti

Vincenzo Brandi, Stefania Russo della Rete No War Roma.


giovedì 2 marzo 2017

ARAB IDOL - VINCE DI NUOVO UN CANTANTE PALESTINESE. FESTA A BETLEMME






27 febbraio 2017

**Ancora una volta la Palestina si conferma vincente al contest musicale Arab Idol. Sabato sera, infatti, a trionfare al noto talent show giunto alla sua quarta edizione è stato Yaqoub Shahin di Betlemme che ha avuto la meglio alla
fine sul palestinese cittadino d'Israele Amir Dandan (di Majd Krum) e sullo yemenita Ammar Mohammed. La notizia della vittoria di Shahin è stata accolta con gioia nei Territori Occupati dove migliaia di persone hanno seguito a piazza della Mangiatoia a Betlemme le due ultime puntate del programma trasmesso da Beirut. Felice per il suo successo personale, il giovane palestinese ha voluto rendere omaggio ai suoi sfidanti: “Per me questo titolo è solo un nome perché i miei idoli sono il mio compatriota Amir e ‘Ammar.
Ammar, hai alzato il nome del tuo Paese, lo Yemen, molto in alto e sono sicuro che saranno orgogliosi di te”.**




Non appena è stata comunicata la sua vittoria, Betlemme è esplosa di gioia: balli, danze, migliaia di persone hanno affollato le principali strade della città paralizzando la circolazione veicolare. Una vittoria che, come accade sempre in queste occasioni, è stata molto sentita (e pubblicizzata) sia dalla popolazione palestinese che dalle autorità locali che considerano anche questi momenti di svago e di entertainment occasioni importanti per ribadire la centralità della questione palestinese e l'orgoglio del suo popolo. Il sostegno del comune di Betlemme verso il suo concittadino si è spinto oltre la pura retorica: gli amministratori, infatti, sono riusciti a raggiungere un accordo con la compagnia telefonica locale Jawwal per ridurre i prezzi sui voti per Sms nel tentativo così di incoraggiare le persone a votare a favore del loro connazionale. In campo è sceso anche il mondo politico: una delegazione che includeva Yasser Abbas (il figlio del presidente palestinese), il direttore generale della Tv palestinese Ahmad Assad e la sindaca di Betlemme Vera Baboun si sono recati di persona nella capitale libanese per seguire le fasi finali della competizione canora.

A Beirut era presente anche Muhammad Assaf, il gazawi che nel 2013, incantando tutti per la sua voce, fu il primo palestinese a vincere l'ambito premio musicale. Assaf, che riscosse un notevole successo mediatico in Occidente anche
per la kefya indossata al collo mentre cantava, annunciò pubblicamente il suo progetto di creare nella martoriata Striscia di Gaza un centro per le arti per “coltivare il talento di giovani scrittori, attori e musicisti”.

IL SIGNOR FASSINA DEVE FARE APPROFONDIMENTI!!!!! ..... ED E' SPROFONDATO!!!!




di Nino Lisi 
della Rete Romana di Solidarietà 
con il Popolo Palestinese 


Ann Wright, già colonnella delle forze armate statunitensi, già diplomatica inviata in giro per il mondo dal suo governo, ora attivista che si spende per la giustizia e la libertà dei popoli, non deve parlare, non deve parlare di Gaza e dell’assedio che la trasforma in una prigione a cielo aperto. Soprattutto non deve parlare in Campidoglio. Lo ha stabilito l’on. Fassina, cedendo alle pressioni dei soliti e ben noti ambienti. Dopo aver prenotato nella sua veste di consigliere comunale la Sala Piccola della Protomoteca Capitolina, a poco più di ventiquattrore dalla annunciata conferenza, l’on. Fassina ha comunicato personalmente a chi ha organizzato l’evento di aver sospeso la disponibilità della sala per svolgere gli opportuni approfondimenti, resisi necessari a seguito delle pressioni esercitate su di lui da esponenti della comunità ebraica romana, suoi amici. Siamo alle solite. 

                                    

Non è la prima volta che viene ritirata la disponibilità di luoghi istituzionali che avrebbero dovuto ospitare dibattiti su quel che accade in Palestina ad opera della “potenza occupante”. E’ accaduto con la Giunta Marino che spostò una iniziativa dell’Ambasciata Palestinese in Italia dal Campidoglio al Caffè Letterario di Via Ostiense; è capitato per Facoltà di Ingegneria e per la sede di piazza Capranica dell’Università Roma 3. Per limitarsi agli episodi più eclatanti. E’ accaduto anche questa volta. Lo si temeva. E’ singolare però la motivazione addotta dall’on. Fassina: necessità di approfondimenti. Approfondimenti su che? Chi sia Ann Vright è più che noto. Qual è il tema del suo intervento pure: “Gaza: rompiamo l’assedio”. Non meno noto e bene identificato il soggetto promotore: la Sezione Romana della Campagna Internazionale BDS. Anche il contesto in cui l’iniziativa si colloca è chiarissimo: l’avvio della 13.ma Settimana Internazionale contro l’apartheid israeliana. Cosa c’è dunque da approfondire? E’ tutto più che chiaro. Ed è proprio questo il problema: è chiaro che si tratta di una iniziativa per criticare e condannare la politica del governo israeliano, e cioè l’illegale assedio di Gaza, l’illegale occupazione dei territori palestinesi che si protrae da 50 anni, nonché gli insediamenti dei coloni, tanto illegali da poter essere rubricati ai sensi dell’art. 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale quali crimini di guerra. E’ di tutto ciò che non si deve parlare. Se ciò che compie il governo israeliano ai danni del Popolo Palestinese e quindi le sistematiche violazioni del Diritto Internazionale da parte di Israele divenissero di dominio pubblico, come si potrebbe impedire una reazione appropriata dell’opinione pubblica? E come allora potrebbe continuare la inerte complicità dei governi occidentali? Una coltre di silenzio copra dunque la tragedia del Popolo Palestinese!!! Lei, on Fassina, di questa ennesima operazione volta a nascondere la verità sulla questione palestinese si è fatto complice. E non tenti di farci credere che le ingiuriose quanto stupidissime accuse che vengono rivolte a chiunque si schieri a sostegno della causa palestinese di essere filo terroristi ed antisemiti l’abbiano colpita. Farebbe torto alla sua intelligenza. Questo ignobile gioco di chi non ha altri argomenti per difendere le proprie indifendibili posizioni non può far presa su di un politico esperto come lei. Sarà interessante perciò conoscere da lei di quali approfondimenti sente la necessità.