domenica 30 settembre 2018

PER ISRAELE FUCILARE I BAMBINI PALESTINESI NON E' REATO!



di Patrizia Cecconi 

Milano 29 settembre 2018  

Li uccidono così, fucilandoli a freddo. Adulti e bambini senza distinzione, tanto sono palestinesi!
Sanno che per i loro continui crimini, anche se a volte configurabili come crimini di guerra, altre come crimini contro l'umanità non pagheranno alcun prezzo.
Chi sono questi serial killer finora impuniti? sono i soldati di Tsahal, le forze armate israeliane.
Ieri ne hanno uccisi sette di palestinesi inermi. Il più giovane non aveva ancora 12 anni, praticamente un cucciolo, il più vecchio ne aveva 26. Ma nessuna sanzione arriverà a fermare il grilletto dei killer, cecchini cui Israele ha dato mandato di colpire i palestinesi che manifestano lungo la linea dell'assedio.
Manifestano per rivendicare ciò che NON dovrebbe neanche essere chiesto, se l'ONU avesse un senso, perché è già loro dovuto.


Chiedono, anzi giustamente pretendono, il rispetto di due diritti essenziali e ritenuti tali da più Risoluzioni della Nazioni Unite, il diritto alla libertà e il diritto al ritorno nelle terre che furono costretti ad abbandonare.
Solo ieri i criminali israeliani ne hanno feriti circa 500 portando a oltre 20.000 il numero dei feriti complessivi della Grande marcia per il ritorno, e uccisi altri sette portando la strage di inermi, solo lungo il border, a quasi 200 martiri.
Numeri da guerra e non da due ore di manifestazione. Una vergogna insopportabile per uno Stato democratico, ma Israele non prova vergogna, perché Israele è uno Stato etnocratico e NON democratico. Sarebbe ora di dirlo a voce alta e di pretendere, dati alla mano, che le nostre istituzioni facciano altrettanto. La vergogna non appartiene a Israele se uccide o ferisce centinaia di "goym", cioè di non ebrei, alias di non appartenenti al popolo eletto, a maggior ragione se questi sono "solo" dei palestinesi, ma appartiene a chi si riconosce nei valori democratici e per questo prova indignazione oltre che umano dolore.


Ma, al di là dell'indignazione che, in quanto democratici sinceri, proviamo davanti a tale efferata e non sanzionata violenza, cerchiamo di capire a cosa mira Israele. Non è sufficiente fermarsi all'osservazione sociologica di un dato incontestabile, e cioè ia sua sempre più evidente deriva verso una pratica a dir poco nazistoide, per dare una spiegazione convincente circa la strategia che determina tanta criminale violenza.
Netanyahu, all'assemblea dell'Onu di tre giorni fa, ha liquidato con disprezzo la questione palestinese, considerandola ormai risolta e si è tuffato sull'Iran e su Hezbollah. Ma Israele lo sa che sta rischiando e facendo rischiare molto grosso a tutto il Medio Oriente, e non solo?
Vorrà forse utilizzare una delle sue 137 o più bombe nucleari? Risulta difficile crederci. Allora cosa vuole Israele? e cosa vuol fare dei palestinesi, per restare nel tema che stiamo affrontando?


La violenza di cui stiamo parlando riguarda i palestinesi di Gaza, ma la Cisgiordania non è davvero risparmiata dagli abusi israeliani, al punto che perfino l'Alto rappresentante UE per gli Affari Esteri, F.  Mogherini ha preso, almeno verbalmente, posizione (v. la minacciata demolizione della scuola di gomme e del villaggio di Khan al Ahmar). Forse, rispetto a Gaza, il suo è semplicemente un gioco criminale per testare Hamas e vedere se dopo tante provocazioni risponderà, fornendogli la possibilità di dire che è stato "costretto" ad attaccare massicciamente ancora una volta la Striscia e poterla usare, come ritenuto da alcuni analisti, come laboratorio per sperimentare nuove armi.
Non abbiamo la possibilità di verificarlo e quindi lo lasciamo nella sfera del dubbio. Ma una cosa sappiamo ed è di pubblico dominio: Israele ha già più volte usato fosforo bianco e cluster bombs contro i gazawi e non ha avuto per questo alcuna sanzione.
Perché l'ONU teme Israele? forse perché le voci di lobbies ebraiche che dagli USA governano il mondo non sono semplici fantasie?

Ma anche questo non basta a capire. C'è qualcosa che va indagato più a fondo, pena il rischio di liquidare tutto in una formula che chiama la religione ebraica a sostegno dell'agire israeliano al di fuori, al di sopra e contro ogni legalità, riducendo il Diritto e le Istituzioni internazionali in cenere.
Il problema vero non sarebbe comunque nel liquidare tutto a problema religioso, quanto le sue conseguenze circa il Diritto internazionale. Un danno che va ben oltre le violenze contro i palestinesi e lo sprezzo per i loro diritti. Un danno che per una specie di legge fisica tracima dalla Palestina e coinvolge il mondo.
Questo consentire a Israele di agire impunito in una sorta di riconoscimento del suo essere "über alles" tollerando, o fingendo di ignorare o addirittura acclamando le sue illegalità è un problema enorme eppure i media mainstream seguitano a fornire copertura mediatica a questo Stato fuorilegge derubricando perfino le fucilazioni di bambini a "risultati degli scontri". Scontri impossibili per definizione data la struttura del border.
Mentre trascrivo i nomi degli ultimi sette martiri per non lasciarli solo come numeri dell'eccidio, mi viene in mente il sermone del pastore protestante Niemoeller, poi ripreso nei versi di Brecht, "vennero a prendere i comunisti ma io non dissi niente, non ero comuniista. Poi vennero a prendere gli ebrei ma io non dissi niente, non ero ebreo. Vennero..... ...poi vennero a prendere me, ma non c'era più nessuno che potesse parlare".
Che ci pensino i nostri colleghi dei media mainstream, almeno quelli che si definiscono democratici, ci pensino. E non solo per sostenere la causa palestinese che noi riteniamo assolutamente giusta, ma per non lasciar decomporre quel che che resta dei valori democratici di cui troppo spesso a vuoto riempiono le loro pagine.

Oggi sono stati sepolti   Mohammed Nayef ,14 anni,  Iyad Khalil  20 anni,  Mohammed Walid Haniya, di 24 anni come  Mohammed Bassam Shaksa, il piccolo Nasser Azmi Musabeh di soli 12 anni, Mohammed Ali Anshasi, 18 anni e  Mohammed Ashraf Al-Awawdeh di 26 anni. Tutti fucilati ti senza processo da uno Stato che compiendo abitualmente questi crimini non può che essere definito CANAGLIA.

giovedì 20 settembre 2018

Il Mossad recluta agenti sui social: "il caso Siragusa"



di Stefano Zecchinelli 

20 settembre 2018

Fonte: L'interferenza

Il governo israeliano, mesi fa, raggiunse un accordo con Facebook per bloccare e cancellare tutti i contenuti antisionisti. La notizia ci arriva da The Indipendent il quale: ‘’ha riferito che il più recente incontro tra funzionari israeliani e dirigenti di Facebook ha avuto luogo la scorsa settimana e comprendeva anche il ministro degli affari legali del regime israeliano, Ayelet Shaked, noto per le sue controverse posizioni e gli appelli per commettere un genocidio contro i palestinesi’’ 1. Da quel momento molti attivisti favorevoli al diritto di autodeterminazione del popolo palestinese si sono visti rimuovere il profilo personale dalle autorità di Facebook come è accaduto recentemente allo storico Diego Siragusa, impegnato da diversi anni nella denuncia dei crimini israeliani. Leggiamo una sua recente dichiarazione:

‘’Nell’articolo di THE INDEPENDENT c’è una foto che ritrae la famigerata ministra della Giustizia israeliana Ayelet Shaked assieme ai responsabili di Facebook, ovvero di uno strumento creato dal miliardario ebreo sionista Zuckerberg. Nel mio caso è stata la condivisione di una frase criminale di questa giovane e spietata ministra sionista, che ha fatto il giro del mondo, la causa del mio primo blocco di 30 giorni, durato dal 25 luglio al 26 agosto del corrente anno. Pochi giorni dopo, rispondendo ad un attacco di una estremistra ebrea sionista, che aveva commentato in termini offensivi una mia pubblicazione sul 11 Settembre 2001, citai una frase dei rabbini di NETUREI KARTA: “Non sono malvagi perché sono sionisti, sono sionisti perché sono malvagi”. Questo commento è stato oscurato ed è iniziato il blocco della mia pagina per altri 30 giorni, ovvero due settimane dopo il mio primo blocco. Ho invitato i miei contatti a iscriversi alla piattaforma russa “VK”, ma, purtroppo, nonostante gli attestati di stima, molti si attardano a stare con Facebook perpetuando il dominio dei sionisti. Questo accade mentre non è ancora finita la campagna infame e denigratoria contro il capo del Partito Laburista inglese, Geremy Corbin, accusato di essere antisemita perché difende la causa palestinese. Alcuni amici americani mi segnalano, inoltre, articoli che denunciano le minacce e le vessazioni in molte scuole degli USA contro coloro che criticano Israele. SIAMO IN PIENO MACCARTISMO SIONISTA A LIVELLO PLANETARIO, CON LA BENEVOLENZA E LA CODARDIA DI PEZZI DELLA COSIDDETTA SINISTRA E, PER QUANTO RIGUARDA L’ITALIA , CON LA COMPIACENZA DEI GRUPPI DIRIGENTI DELL’ANPI E DI QUASI TUTTO IL P.D. O DI QUELLO CHE RESTA DI UN PARTITO VOTATO AL SUICIDIO’’.  

Siamo in presenza di politiche repressive e liberticide di estrema destra, che spesso marciano sulle gambe di organizzazione di “sinistra” mutuandone anche il linguaggio. Gravissima, ad esempio, è stata la la censura che l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani ha imposto alla presentazione della ricerca storica di Alan Hart, grande giornalista inglese da poco scomparso. Il monumentale lavoro di Hart è stato titolato, ‘’Il sionismo, il vero nemico degli ebrei’’, tutta la verità racchiusa in sole sette parole.

Il MOSSAD alla conquista di facebook

La notizia silenziata è questa: il MOSSAD pubblica offerte di lavoro su facebook. La sinistra zombie e post-marxista, prevalentemente i gruppi ‘’trotskisti’’, coprono la loro sudditanza nei confronti di  Israele accusando di adesione alla teoria dei complotti quei giornalisti che mettono in dubbio le versioni ufficiali dei governi dei paesi NATO. Cito una fonte sionista:

‘’Il sistema di informazione per la sicurezza esterna di Israele ha infatti creato una pagina Facebook dedicata solo alle proposte di assunzione. Dal 18 dicembre è online la pagina ufficiale “Istituto per l’Intelligence e servizi speciali – Careers”  che consente al Mossad di raggiungere un maggior numero di utenti e di potenziali candidati.

L’agenzia sta aumentando il proprio ambito di reclutamento adeguandosi all’era digitale con un linguaggio coinvolgente in varie lingue e una grafica moderna.

Il Mossad è stato un antesignano nella comunicazione verso l’esterno con la messa online del portale ufficiale www.mossad.gov.il e con la pubblicazione della sezione “Lavora con noi”. Qualche anno fa ha anche pubblicato annunci di reclutamento su giornali israeliani, a fine 2015 ha diffuso un video che pubblicizzava l’apertura del reclutamento di nuovi agenti in tutto il mondo e lo scorso luglio ha lanciato Libertad, un fondo di investimento per start-up che sviluppano tecnologie “innovative”.

Adesso sulla pagina Facebook ufficiale – al momento solo in ebraico – si trovano gli avvisi di assunzione, cliccando sui quali si viene rimandati al sito del Mossad dove è possibile candidarsi per la posizione ricercata e pubblicizzata’’

Fonte: https://www.progettodreyfus.com/mossad-facebook/

Di che cosa si tratta? Abbiamo ulteriori informazioni: “La nuova pagina consentirà un processo di assunzione più efficiente, raggiungendo un pubblico più ampio e garantendo così l’assunzione di candidati più qualificati”. Il cyber-imperialismo israeliano vuole distruggere l’informazione indipendente potenziando la sua macchina burocratica repressiva. Il campo della rete vede l’incontro fra diversi interessi: (1) il MOSSAD (quindi lo Stato profondo sionista); (2) l’estrema destra israeliana vicina ai neofascisti europei; (3) i laburisti, solitamente alleati della CIA e dell’imperialismo USA. L’imperialismo americano-sionista sta di fatto imponendo una sorta di neofascismo del ventunesimo secolo.

La pagina facebook di reclutamento del MOSSAD è operativa da diverso tempo (rigorosamente in lingua ebraica); chissà quanti attivisti palestinesi saranno ancora stati arrestati o uccisi? Il sionismo, così facendo, ha creato una grande banca dati dove la libertà di ognuno di noi è in pericolo. Sembra proprio che lo stato israeliano abbia materializzato l’incubo totalitario descritto da Orwell, trasformando la ‘’sinistra’’ in una appendice della lobby israeliana. La sinistra zombie serve, sotto banco, Netanyahu in nome della verità manipolata.

https://www.facebook.com/167813393967451/photos/a.201168553965268/224379831644140/?type=3&theater

https://www.facebook.com/167813393967451/photos/a.201168553965268/220111725404284/?type=3&theater

Diventare informatori del MOSSAD è facile: bisogna conoscere alla perfezione la lingua inglese, credere nella geopolitica israeliana e naturalmente non mettere in discussione il dogma religioso sul ‘’popolo eletto da Dio’’. La democrazia è in pericolo; le politiche israeliano collidono oggettivamente con le Costituzioni democratiche, bisogna prenderne atto.

L’analista Ernesto Carmona scrisse anni fa un eccellente articolo in cui rilevò: ‘’Dopo il dicembre 2006, la CIA ha utilizzato Facebook per reclutare nuovi agenti’’ 2. Sembra che l’Alt Right sia riuscita a rimpiazzare la CIA col MOSSAD; un salto di qualità per l’imperialismo israeliano.

http://diegosiragusa.blogspot.com/2018/09/facebook-e-israele-si-accordano-per.html

http://www.webalice.it/mario.gangarossa/sottolebandieredelmarxismo_dossier/2009_06_ernesto-carmona_facebook-appartiene-alla-cia.htm

mercoledì 19 settembre 2018

L’YPG si schiera dalla parte della Francia e di Israele


di Stefano Zecchinelli 

18 settembre 2018

L’aggressione franco-israeliana contro la Siria rappresenta l’ennesimo tentativo del complesso militar-industriale USA, quello che è stato definito recentemente Stato permanente, di portare il presidente Trump in guerra contro il blocco egemonico euroasiatico che sostiene il nazionalismo progressista panarabo.

Abbiamo già spiegato che mentre Bush, Clinton ed Obama sono rappresentanti della fazione finanziaria del capitalismo mondiale, Trump rappresenta la fazione nazionalista e comunque imperialista. Il suo piano (indubbiamente reazionario) prevede la guerra economica ai nemici degli USA ed un cessate il fuoco, momentaneo, con la Federazione russa. Tutto questo non piace ai guerrafondai neoconservatori, ai sionisti di Londra ed alla fazione ‘’laburista’’ dell’imperialismo israeliano; il nemico principale. Lo scontro è duplice: (1) c’è una lotta interimperialista tra la fazione “speculativa” della borghesia mondiale e quella nazionalista; (2) l’imperialismo occidentale vuole distruggere Siria, Iran e Cina mentre si divide nei confronti di Turchia e Russia. Bisogna studiare molto attentamente le divisioni all’interno dell’oligarchia cosmopolita che minaccia la pace nel mondo.

L’imperialismo franco-israeliano manovra il separatismo ‘’colonialista’’ curdo

Putin ed Erdogan hanno bloccato l’offensiva wahabita ed imperialista ad Idlib. Come? Leggiamo: ‘’Il presidente russo Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyp Erdogan hanno stabilito nel loro incontro di ieri una “zona demilitarizzata” di 15-20 chilometri da realizzarsi entro il 15 ottobre nella regione di Idlib entro la quale non vi potranno essere miliziani di Hayat Tahrir al-Sham (HTS), sigla che raccoglie in particolare i qaedisti ex Jabat al-Nusra e vari gruppi salafiti. La fascia interdetta alle ostilità servirà per garantire uno spazio di sicurezza ai civili e sarà pattugliata “dalle forze armate turche e dalla polizia militare russa” 1. Non si tratta di un accordo fra ‘’imperi’’ (russo, ottomano e persiano) come ha recentemente scritto Alberto Negri ma, al contrario, Putin è riuscito a far cambiare (almeno in parte) orientamento geopolitico ad Erdogan scatenando l’ira dei neoconservatori USA. Arrivati a questo punto Israele, Francia e la fazione liberale dell’imperialismo nord-americano utilizzeranno i separatisti curdi (PKK, YPG e le milizie curdo-irakene) un po’ come i repubblicani manovrarono il fondamentalismo sunnita; un’arma da guerra dell’occidente imperialista. Diamo uno sguardo alle documentazioni.

Secondo il giornalista Thierry Meyssan: ‘’Nel solco dell’ideologia coloniale di alcuni padri fondatori, Israele persegue una politica di divisione dei suoi grandi vicini in piccoli Paesi, etnicamente o religiosamente omogenei. Per tale ragione ha sostenuto, invano, la divisione del Libano in due Stati, uno mussulmano, l’altro cristiano, nonché la creazione di un Kurdistan in Iraq e, successivamente, in Siria. Non disponiamo di documenti sulla strategia di Israele, ma, retrospettivamente, possiamo ritenere la linea di Tel Aviv rispondente al «piano Yion» del 1982 [9] o a quella dell’Institute for Advanced Strategic and Political Studies del 1995’’ 2. L’obiettivo dell’imperialismo israeliano è quello di sbudellare gli Stati arabi e musulmani in modo da rendere innocue le forze antimperialiste, patriottiche oppure critiche verso il sionismo. Nessuno – seguendo il discorso di Tel Aviv – deve essere abbastanza forte da contrastare l’egemonia dello Stato ‘’per soli ebrei’’. Si tratta di un ragionamento politico anti-storico che proietta anacronisticamente le pagine più barbare del colonialismo predatorio nel ventunesimo secolo. La storia condannerà il sionismo, almeno per quello che riguarda la fazione nazionalista con venature religiose.

Durante la ‘’guerra fredda’’, Israele si alleò coi separatisti curdi irakeni (conservatori) contro il regime autoritario, ma indipendente, di Saddam; nel 2017, ha appoggiato i separatisti curdi turco-siriani (“anarchici”) per la medesima ragione. Siria e Turchia hanno una politica indipendente (semi-indipendente la Turchia), quindi debbono pagare la sovranità acquisita. Certamente, Erdogan non è assimilabile ai patrioti siriani; sempre pronto a cambiare alleanze, il Sultano ottomano si è macchiato di numerosi crimini compresa la repressione selvaggia delle forze socialiste. L’analisi di James Petras ci aiuta ad orientarci: ‘’A prescindere dai dubbi diffusi nei confronti del loro governo, la stragrande maggioranza del popolo turco, iraniano, venezuelano e siriano si oppone chiaramente all’intervento dell’imperialismo occidentale e a tutti i commenti sui “valori democratici”’’ 3. L’opposizione alla borghesia ‘’ottomana’’, non preclude la difesa della sovranità nazionale turca contro le mire dell’imperialismo USA. Infatti, riprendendo l’articolo di Petras: ‘’Il presidente Trump ha decretato sanzioni economiche contro la Turchia al fine di approfondire la crisi economica e costringere Ankara a rinunciare alla politica indipendente verso Iran e Russia. I movimenti antimperialisti turchi sostengono il regime di Erdogan contro gli Stati Uniti, anche se mantengono l’indipendenza opponendosi alle sue politiche autoritarie’’. Una lezione per tutti gli intellettuali spocchiosi della ‘’sinistra’’ europea.

La Rete Voltaire ci dà notizie imprescindibili ai fini di questa stessa analisi: ‘’Nel 2017 Israele è stato l’unico Paese a riconoscere il referendum per l’indipendenza del Kurdistan iracheno. Benjamin Netanyahu si era impegnato con Massud Barzani a trasferirvi 200.000 israeliani e a installarvi batterie di missili puntati su Iran e Siria’’ 4, ma leggiamo cosa inchioda con le spalle al muro i separatisti curdi:

“L’arcivescovo cattolico siriaco di Hassaké-Nisibi, monsignor Jacques Benhan Hindo, afferma che le autorità del «Rojava», che controllano il nord-est della Siria con il sostegno degli Stati Uniti, gli hanno illustrato un piano per sradicare i cristiani dalla regione.

Il «Rojava» è un’entità kurda che si richiama al «municipalismo libertario» dell’anarchico statunitense Murray Bookchin. Di fatto è però un territorio amministrato dall’esercito d’occupazione statunitense, di cui le milizie kurde sono gli ausiliari.

Queste milizie, che auspicano l’istituzione di un Kurdistan in territorio arabo, si sono impossessate da tre anni di oltre un centinaio di scuole, imponendovi lezioni in kurdo, nonché loro programmi. Ci sono stati scontri armati tra kurdi sunniti e arabi cristiani.

I cristiani di Siria supportano, per principio, gli Stati indipendenti con istituzioni laiche. Il Pentagono è invece favorevole alla creazione di Stati etnici o teocratici posti sotto il loro controllo ’’ 5

I video che ci arrivano dal ‘’Rojava occupato’’ ci mostrano scene raccapriccianti; anziani arabi picchiati brutalmente soltanto perché vicini politicamente al regime baathista siriano. L’YPG sta facendo propria, giorno dopo giorno, l’ideologia dei coloni israeliani sulla via di quella che Khomeini chiamava, con legittima ostilità, il ‘’secondo Israele’’. Per questa ragione hanno perso il rispetto della sinistra internazionale, a partire dagli antimperialisti palestinesi che hanno espresso posizioni durissime nei loro confronti.

L’YPG è per l’imperialismo franco-israeliano tutto ciò che l’ISIS era per McCain; un esercito privato. Il declino e in alcuni casi la degenerazione della dirigenza politica curda rappresenta la maggiore catastrofe per questo popolo, che meriterebbe ben altra sorte.

https://www.notiziegeopolitiche.net/siria-erdogan-e-putin-bloccano-loffensiva-su-idlib-stabilita-una-fascia-di-sicurezza-per-i-civili/

http://www.voltairenet.org/article202872.html

http://aurorasito.altervista.org/?p=2233

http://www.voltairenet.org/article201260.html

http://www.voltairenet.org/article202779.html

Facebook e Israele si accordano per eliminare le pubblicazioni anti israeliane


Fonte: The Independent
Notizia del: 15/09/2016

Il regime israeliano ha raggiunto un accordo con il social network Facebook per bloccare e cancellare tutti i contenuti ritenuti anti israeliani.
Secondo quanto pubblicato, ieri, dal quotidiano britannico, The Independent, che cita fonti israeliane, i dirigenti di Facebook e delle autorità israeliane stanno elaborando una legge che costringe ad eliminare da questo social tutti i tipi di contenuti considerati anti-israeliani.

Il quotidiano britannico ha riferito che il più recente incontro tra funzionari israeliani e dirigenti di Facebook ha avuto luogo la scorsa settimana e comprendeva anche il ministro degli affari legali del regime israeliano, Ayelet Shaked, noto per le sue controverse posizioni e gli appelli per a commettere un genocidio contro i palestinesi.

Fonti palestinesi riferiscono che già prima di tale normativa entri in vigore, sono state segnalati casi dove Facebook ha rimosso contenuto critico al regime di Tel Aviv.

Finora non si sa quando le nuove norme entreranno in vigore, ma gli attivisti palestinesi avvertono che questa misura limita fortemente la libertà di espressione del popolo palestinese.

Inoltre, ritengono anche che questa normativa miri a censurare tutti i tipi di critica al regime israeliano e non lasci che gli attivisti e cittadini di utilizzare la piattaforma di Facebook per mostrare al mondo le pratiche brutali e la repressione che il regime di Tel Aviv attua contro i palestinesi.

Non è la prima volta che il regime israeliano sta cercando di forzare i social network per limitare la libertà di parola: Lo scorso dicembre si è saputo che i rappresentanti di YouTube e Google si sono incontrati ed hanno accettato di censurare il materiale critico contro il regime di Tel Aviv.


LA CORTE SUPREMA ISRAELIANA ORDINA LA DISTRUZIONE DEL VILLAGGIO DI KHAN AL AHMAR




Appello della Società Civile per la Palestina in Italia
Al Parlamento Italiano,
Al Governo,
Al Parlamento Europeo
All’Alto Rappresentante per la politica estera 
dell’Unione Europea

Dopo 9 anni di iter processuale il 5 settembre 2018 la Corte suprema israeliana ha emesso il proprio verdetto definitivo: La Scuola di gomme deve essere demolita assieme al villaggio di Khan al Ahmar entro la prossima settimana e la popolazione deportata nei pressi della discarica di rifiuti di Al Jabal.
La Scuola di Gomme fu costruita con fondi della Cooperazione italiana dalla Ong italiana Vento di Terra con un progetto originale che si riuscì a realizzare grazie all’impegno della locale comunità beduina Jahalin, all’economicità dei materiali utilizzati ed ai tempi rapidi di costruzione. La Cooperazione italiana rispondeva in tal modo alla pressante richiesta dei beduini Jahalin di poter contare su di una scuola per i propri figli.


La comunità Jahalin ha subito un trasferimento forzato negli anni ‘50 dal deserto del Negev ove viveva prima della Guerra del 1948, alle pendici aride delle colline fra Gerusalemme e Gerico per motivi definiti di “sicurezza” dalle autorità militari israeliane.
Alle comunità beduine va risparmiata la condizione di divenire vittima di un’ulteriore pulizia etnica, d’essere sgomberati per far posto ad un’ulteriore espansione delle colonie israeliane, dichiarate illegali da decine di risoluzioni dell’ONU. È importante ribadire che tali colonie siano state insediate su territori occupati nel 1967 dall’esercito israeliano in violazione della legislazione internazionale e dagli Accordi di Oslo, sottoscritti nel 1993.



Le comunità beduine hanno gli stessi inalienabili diritti di ogni essere umano, diritti proclamati 70 anni fa dall’Assemblea delle Nazioni Unite: diritto alla vita, al lavoro, all’acqua, al movimento ed in particolare, nel caso della Scuola di gomme, all’istruzione e ai servizi di base.
Ribadendo che la scuola è stata realizzata nel rispetto della Legislazione internazionale, si richiama il fatto che, a fronte dell’insediamento illegale di 40 mila coloni nell’area, ai palestinesi residenti nell’area dal ’67 non è stato riconosciuto dall’Autorità militare permesso alcuno per la costruzione di edifici pubblici. Si fa appello al Governo Italiano e alla Comunità europea, alle Nazioni Unite, alla comunità internazionale, affinché vengano posti in atto tutti gli strumenti diplomatici possibili per scongiurare un’azione da parte dello Stato israeliano che avverrebbe in violazione delle legislazioni internazionali e della Quarta Convenzione di Ginevra. Alla luce dell’impegno profuso in questi anni, alla partecipazione diretta del Ministero degli esteri al progetto per tramite della Cooperazione allo sviluppo, si sollecita il Governo italiano a intervenire presso le Autorità israeliane richiedendo la sospensione delle demolizioni e la tutela dei diritti delle comunità locali.


Si fa appello affinché l’Unione Europea con il tramite dell’Alto rappresentante Federica Mogherini attivi gli strumenti diplomatici atti a proteggere la popolazione residente e tutelarne i diritti.
Si fa appello inoltre alla società civile affinché si sviluppino le opportune iniziative di solidarietà e si acceleri la raccolta firme in favore della scuola, pubblicata sulla piattaforma Change.

SOCIETà CIVILE PER LA PALESTINA
Pax Christi, Saalam Ragazzi dell’Ulivo Milano, La tenda di Amal, Assopace Palestina, COSPE Cooperazione
per lo Sviluppo dei Paesi Emergenti, Vento di Terra Ong, Associazione amicizia Italo palestinese, BDS
Italia, Rete Ebrei Contro l’Occupazione, Comunità Piagge, L’Ulivo e il Libro, Associazione Oltre il mare,
Istituto di Ricerca per la Pace (Italy) – Rete Corpi Civili di Pace - IPRI rete CCP, Donne in Nero di Torino,
Salaam Ragazzi dell’Ulivo Padova, Invicta Palestina, Comunità Palestinese Toscana, Comunità Palestinese
di Lombardia, VIS - Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, Centro Sereno Regis

8 settembre 2018
Società Civile per la Palestina
www.facebook.com/societacivileperlapalestina

domenica 16 settembre 2018

ARGENTINA - MACRI TEMPOREGGIA IL DOLLARO AVANZA

Mauricio Macri

di Livio Zanotti
(Corrispondente della RAI dal Sud America)


L’annuncio è mancato e il dollaro ha ripreso ieri a mordere il peso argentino quando Mauricio Macri non aveva ancora concluso il suo discorso. I mercati non fanno sconti a nessuno. La genericità non gli piace. E il Presidente che vi deposita la sua fede dichiarata non se ne sarà certo sorpreso. Se nell’intervento radio-televisivo più atteso dopo il nuovo capitombolo della moneta nazionale ha deciso di evitare notizie, per un discorso in cui non ha precisato neppure i perché, né i come ha deciso di ridurre da 22 a 11 i ministeri del suo governo, la scelta è politica. Mirata alla sua prima e maggiore preoccupazione: le elezioni dell’anno prossimo, al cui esito affida per intero il proprio futuro politico. Per arrivarvi non risparmia espedienti tattici.

Dalla stessa coalizione che lo sostiene -Cambiemos, formata dal suo partito Pro e da radicali di varia estrazione-, erano state anticipate misure concrete. Rivolte a contenere il deficit di bilancio con la riduzione delle spese e l’incremento delle entrate. Necessarie peraltro a convincere i creditori della volontà e della capacità argentina di fare fronte al crescente indebitamento. In primis iI Fondo Monetario Internazionale (FMI), al quale nell’intento di fermare la speculazione finanziaria il ministro del Tesoro, Nicolas Dujovne, chiede di anticipare in fretta almeno 3 miliardi di dollari del prestito stand-by di 50 concesso nel giugno scorso e da cui l’Argentina ne ha già prelevati 15. Ma non facili da far passare senza forti contrasti politici in Parlamento e nelle piazze.
  

Province Argentine - Mappa 

Si tratta di una manovra estremamente difficile. Ritardare quanto più possibile le devoluzioni dovute alle Provincie (equivalenti alle nostre regioni, ma con maggiore autonomia fiscale) e l’integrazione dei salari falcidiati dall’inflazione, prima che la protesta si estenda a livello nazionale (studenti, docenti e presidi sono già in agitazione). Ristabilire i prelievi fiscali sulle esportazioni agricole a cominciare dalla più corposa, quella della soia, che determinarono un accesissimo conflitto tra i produttori e i precedenti governi di Nestor e Christina Kirchner. Per marcare la differenza, Macri li tagliò appena entrato alla Casa Rosada, 3 anni fa. Adesso la sua svolta apparirebbe quasi un’abiura.

Però un’aliquota impositiva su tutto l’export tra il 5 e il 6 per cento (soprattutto sull’energia e sull’estrazione mineraria che negli ultimi anni hanno realizzato profitti straordinari, oltre che sui prodotti agricoli) potrebbe assicurare entrate tali da permettere il recupero fino a due terzi del deficit, calcolato all’1,3/1,5 del PIL. Dunque –necessitas virtude– nel governo prevarrebbe l’idea di varare i provvedimenti necessari. In tal senso premono gli alleati del partito radicale. Il presidente Macri vorrebbe nondimeno diluirli nel prossimo documento finanziario annuale, per poterli meglio bilanciare e possibilmente trarvi anche le risorse necessarie per non compromettere del tutto il piano di sviluppo delle infrastrutture (strade, sottovia, canalizzazioni idriche, ammodernamento di linee ferroviarie, a cui lavorano anche imprese italiane e che la svalutazione minaccia di lasciare senza finanziamenti).

sabato 15 settembre 2018

SABRA E CHATILA, IL DOVERE DI NON DIMENTICARE: 36 ANNI DOPO


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di Enrico Vigna

Settembre 1982-Settembre 2018… 

- Maggio 2003…: Jenin, Palestina…
“…il paesaggio sfida qualsiasi descrizione. Un'incarnazione dell’orrore, una visione dopo un uragano. Case distrutte, in tutto o in parte, rottami di cemento e di ferro, grovigli di fili elettrici. Auto polverizzate dai carri armati o dai missili, aggiungono una dimensione di barbarie a questo spettacolo spaventoso. Un puzzo acre di cadaveri aleggia sulle macerie…”
( A.Kapeliouk- LeMondeDiplomatique, Maggio 2003)
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“ Nostra dimora è il silenzio…nella mente nomi pietrificati….
nostra gente, nostri cari, nostre case mi sentite ? Vi batto nel buio, tenui vi sento, invisibili spettri…” ( Abu Manu )

-Settembre 1982 …giorni che già sono stati :
Campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila, Beirut, Libano… 

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“…la scena che si apriva davanti agli occhi degli osservatori stranieri che entravano all’interno del campo di Chatila era un incubo. Donne che urlavano sui corpi dei loro cari, corpi che cominciavano a gonfiarsi sotto il calore del sole.
Le case erano state distrutte dai bulldozer, spesso con gli abitanti dentro. Gruppi di corpi addosso ai muri, dove sembravano vittime di esecuzioni di massa. Altri erano sparsi tra le strade, freddati mentre cercavano vie di scampo. Ogni piccolo e lurido vicolo tra le abitazioni deserte dove i palestinesi erano vissuti da quando erano scappati dalla Palestina, quando fu creato lo stato di Israele, poteva raccontare una propria orrenda storia…”
( L. Jenkins - Washington Post, 23 settembre 1982 )

“…l’assedio è attesa…soli siamo a bere l’amaro calice…Una donna ha detto alla nuvola : copri il mio amato, perché ho le vesti grondanti del suo sangue. Se non sei pioggia amore mio, sii albero…colmo di fertilità…” ( M. Darwish )

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Trentasei anni e cinicamente si ripete la stessa scena di un massacro: basterebbe scambiare le date e la sostanza non cambierebbe di una virgola…puzza acre di guerra, donne, bambini, vecchi morti, feriti, mutilati. Fuoco, devastazioni, distruzioni, macerie. E le parti di questo scenario sono immutate, da un lato il tallone di ferro di uno stato occupante, feroce, spietato, sordo ad aneliti di giustizia e pace; dall’altra un popolo di esiliati, profughi, fuggitivi, che tenacemente, eroicamente (senza timori in questo caso di cadere in neniosa retorica…), continua a rivendicare il diritto ad esistere, a vivere a casa propria, nella propria terra e che…non si è ancora piegato…dal 1948 ad oggi… 2017 !

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Ed in questi 60 anni, di arroganza e barbaria ne è stata elargita, giorno dopo giorno, anno dopo anno senza tregua, metodicamente e cinicamente…ormai sono decine di migliaia i morti e centinaia di migliaia i feriti e mutilati, e milioni gli esuli e profughi. Eppure l’occupante, ancora non si è fermato, come scrisse Monsignor H. Cappucci (vescovo di Gerusalemme) : “…Sabra e Chatila, Balata, Nurel Shams, Khaa Younis, Gaza, Jenin ora. Allora le donne e i bambini palestinesi venivano sgozzati. Oggi le donne ed i bambini dello stesso popolo assistono al massacro dei padri, dei fratelli, dei nonni, muoiono nelle loro case demolite dai bulldozer, saltano in aria nei campi minati a tradimento, vengono inceneriti dai missili mentre transitano per strada o sono alla finestra delle loro case, oppure trovano la morte mentre attendono ai posti di blocco per poter raggiungere un ospedale. Migliaia di innocenti vennero massacrati allora. Migliaia sono stati sterminati adesso.

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Palestinesi cacciati dalle loro terre, senza una patria, senza una speranza, erano le vittime ieri.
Palestinesi esasperati dall’occupazione, dalle umiliazioni, senza un futuro, sono le vittime oggi…Se non sarà un Tribunale sarà la Storia a giudicare le nefandezze commesse ai danni dei palestinesi. E non sarà facile per i padri di Israele spiegare ai figli ed ai nipoti come hanno potuto, dopo aver sofferto l’olocausto, portare tanto discredito e tanta vergogna all’ebraismo…”.

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“ Facciamo giuramento che la notte passerà, per quanto lunga sia, occupante. Ed il lampo sarà montagna di fuoco, fuoco rovente e nugolo d’aquile.” (M. El Kurd)

Sabra e Chatila, giovedì 16/9/1982, secondo la testimonianza di alcuni soldati israeliani, dalle ore 17 i massacratori penetrano nei campi da due direttrici, da sud e da sud-ovest; alla testa della spedizione : Elias Hobeika comandante delle milizie falangiste libanesi alleate di Israele.

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Dalla testimonianza di Selma sfuggita al massacro: “…eravamo in cinque, mio padre, mia madre, mio fratello, la nonna ed io. Rimango soltanto io.. Eravamo nascosti da ore in un rifugio e siamo usciti perché non potevamo più respirare. I falangisti scendevano dalle dune…la mia gente è corsa loro incontro agitando fazzoletti bianchi e gridando di non sparare. Loro hanno cominciato a far fuoco sugli uomini. Poi sulle donne ed i bambini. Mi sono nascosta in un gabinetto e da lì ho visto ammazzare la mia famiglia e quasi tutti i miei vicini. Il quartiere veniva rastrellato casa per casa.
Gli uomini venivano uccisi subito, le donne ed i bambini venivano portati in uno spiazzo…mio cugino di nove mesi piangeva. Un falangista ha gridato “ Perché piange ? Mi ha stufato “ e gli ha sparato in una spalla…poi lo ha afferrato per una gamba e con la baionetta lo ha ucciso… Al mattino sono arrivati camion e furgoni per portare via i cadaveri…ci hanno condotti allo stadio fino a sabato 18 settembre, nella mattinata i falangisti se ne sono andati, allora sono scappata…alla domenica sera sono tornata al campo per cercare qualcuno dalla mia famiglia…ho trovato mio zio Feisal che avevo lasciato come unico sopravvissuto…ma prima di andarsene avevano ammazzato anche lui…”

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La carneficina dura sino alle 10 del mattino di sabato 19 settembre, con uccisioni, bulldozer che demoliscono case, preparano le fosse comuni da riempire per tutta la mattinata, gruppi di uomini e giovani vengono portati via e scompaiono su grossi camion e di loro nessuno saprà mai più nulla.
Alle 10 il silenzio della morte cala sui campi Sabra e Chatila, tutto è immobile, come pietrificato, l’unico segno reale sono colonne di fumo che s’alzano verso il cielo e lo svolazzare di nugoli di mosche sopra il fetore soffocante dei cadaveri e del sangue. Poi i primi carri armati israeliani che da tre giorni circondavano esternamente i campi, si muovono verso le entrate : è il segnale che è tutto finito…dalle macerie fumanti i sopravvissuti riemergono come da un girone infernale dantesco.

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 G. Zohar giornalista israeliano : “…commissione d’inchiesta o no, ciò non toglie che noi sapevamo che c’era un massacro, che potevamo impedirlo e che non lo abbiamo fatto…”.
 A. Grossman riservista : “…i mucchi di cadaveri dei campi di Beirut mi hanno fatto vergognare di appartenere all’esercito israeliano…”.
Il tenente colonnello B. Barbash ufficiale della riserva ha scritto : “…alla guida del nostro esercito c’è un uomo al quale ho personalmente sentito dire a più riprese che un buon arabo è un arabo morto…”.
 Lo scrittore I. Orpaz ha dichiarato : “…non vi perdonerò mai di aver sconvolto un paese che amavo, con un orgia mostruosa di stupidità e morte. Nei campi di Sabra e Chatila, mio padre e mia madre, che ho perduto nell’olocausto, sono stati assassinati una seconda volta…”.

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“…Palestina, terra sofferta nella carne del pianeta, cimitero di tutti i dio spenti nei tuoi figli Saturno ti pesa il segno dell’orrore, che ci umilia, che vi umilia…” ( Abu Manu)

Il numero della vittime non è mai stato accertato esattamente. La Croce Rossa Internazionale ha accertato una cifra di 2750 morti, a cui vanno aggiunti i corpi nelle fosse comuni, quelli restati sotto le macerie e i deportati mai più tornati. E’ opinione comune degli esperti internazionali che le
vittime siano state tra le 3000 e le 3500, il tutto in sole 40 ore tra il 16 e il 18 settembre.

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Dopo vent’anni si rompe il muro del silenzio ed un tribunale belga avvia un procedimento giudiziario contro Ariel Sharon, l’uomo che ha la responsabilità politica e militare di un operazione classificata come “genocidio” dall’assemblea dell’ONU nel dicembre 1982. Il Belgio, perché in quel paese vige una legge che accorda ai Tribunali di quel paese la competenza universale in materia di crimini di guerra, genocidi e crimini contro l’umanità, indipendentemente dai luoghi in cui questi sono stati perpetrati e delle nazionalità di vittime e carnefici. Una sede evidentemente non supina a Stati Uniti, Israele e Nato, finora immuni dal rispondere dei loro crimini contro i popoli e che per sottomettere la Jugoslavia renitente hanno dovuto inventarsi e fabbricarsi un
Tribunale illegittimo ed illegale, personalizzato, come strumento dei loro interessi, quale è quello dell’Aja.

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Il procedimento belga si basava soprattutto intorno alla figura di Elias Hobeika, capo delle milizie “ Forza libanese“ che entrarono nei campi e diretto responsabile della strage…Hobeika aveva infatti manifestato la volontà di testimoniare in un eventuale processo contro A. Sharon e la cui testimonianza, in quanto diretto testimone ed esecutore di tutta la vicenda, sarebbe stata devastante contro il granitico muro di silenzio costruito da Israele su Sabra e Chatila per ben 20 anni… Pochi giorni prima però che la corte di Bruxelles decidesse se aprire o meno il processo contro
Sharon….il 24 gennaio 2002, una autobomba fa saltare in aria l’ex signore della guerra falangista…e Sabra e Chatila, sono nuovamente circondati dal granitico muro di letale silenzio. Ma qualcosa comincia ad incepparsi, tramite testimonianze di sopravvissuti che cominciano ad emergere qua e là e a vincere il terrore e la paura .
Nel frattempo un altro potenziale testimone scomodo, ex braccio destro di Hobeikas, M. Massar viene ucciso in Brasile, a colpi di pistola. Così come anche J. Ghanem, altro uomo di Hobeika, vittima di uno strano incidente stradale e poi morto dopo pochi giorni in ospedale…per un malore improvviso…
 “…Il responsabile dell'orrendo massacro è ancora al governo in Israele. E quasi va baldanzoso del massacro compiuto. E' un responsabile che dovrebbe essere bandito dalla società." Così si esprimeva l’allora presidente della Repubblica italiana, Sandro Pertini, nei confronti di uno dei mandanti ed esecutori del massacro di Sabra e Chatila, l'ex ministro della Difesa israeliano Ariel Sharon". (Info Pal)

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“…Non esistono tiranni che possono soffocare tutte le anime umane. Possono controllare la stampa, impedire di parlare, distruggere…Possono mettere a morte, calpestare…Ma nessuna forza può governare la vita di ogni uomo…e anche ci fosse, ci sarebbero sempre uomini nel fango capaci di non rassegnarsi, cuori nelle masse che si rivolterebbero…Anche se oggi viviamo come schiavi e stiamo morendo lentamente…” ( Ihab, 28 anni, Cisgiordania )

 Questo articolo nasce dalla volontà di riaffermare e ricordare: non solo per Sabra e Chatila. Per solidarizzare anche moralmente con l’eroica storia di lotte e resistenza del popolo palestinese che, oggi come ieri dal quel lontano 1948, continua a pagare ogni giorno con sacrifici spaventosi in vite umane, un prezzo che sembra non avere più un limite sopportabile da nessun popolo nella storia. Questo modesta riflessione va nella direzione di riaffermare un NO instancabile contro coloro che opprimono, umiliano, calpestano per perseguire lo scopo della loro esistenza : profitti e dominio. Io credo che anche assistere in silenzio, defilarsi, mimetizzarsi nell’impotenza dei tempi (seppur effettiva), sia una responsabilità di complicità con chi opprime, e riguarda e coinvolge tutti. Perché anche il silenzio può essere un crimine, così come connivente l’indifferenza. Una sorta di congrega del silenzio di chi si sente incolpevole o innocente. Io penso che la memoria storica per un uomo, per un popolo, non sia solo un diritto, ma soprattutto un dovere e innanzitutto verso le nuove generazioni. La memoria come luogo inalienabile della verità storica e sociale, luogo in cui
riconoscersi e far riconoscere giovani e non; patrimonio per poter agire in un mondo da trasformare, da cambiare per quanto è diventato inaccettabile anche solo eticamente e socialmente.

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I pezzi di storia come, in questo caso Sabra e Chatila, non gridano “castigo” solo per ciò che alcuni hanno fatto, o per come lo hanno fatto, o per come hanno ottenuto le loro vittorie. Ma anche perché lo hanno fatto e lo continuano a fare in nostra presenza, confidando nella loro immunità grazie anche al nostro silenzio, alla nostra “ disattenzione” o alla nostra smemoratezza…tipiche ormai del nostro “Occidente”.
 Ecco perché alle “resistenze” e lotte quotidiane, va affiancata una battaglia culturale e documentata della Memoria storica, se vogliamo operare per il futuro, per la verità e la giustizia.
Perché contrastare crimini e menzogne significa anche contribuire a rafforzare chiunque non accetta la propria condizione di sottomesso nel nostro paese in particolar modo se giovane, facendogli comprendere che non è solo e che ci sono radici e patrimoni che vengono da lontano e che vanno lontano; e che possono essere strumenti anche e soprattutto per l’oggi e per il futuro.  
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“…Ogni tanto capita a qualche comunità di scoprirsi braccata e condannata, ma quando se ne accorge è ormai troppo tardi per tentare una salvezza. Altre volte, senza accorgersene, gli capita di venire scaraventata o risucchiata nell’occhio del ciclone ed altre volte ancora vede la morte impietosa avvicinarsi e allora decide di aggrapparsi, evidentemente in modo infantile ma cosciente al tempo stesso, ad una speranza che non c’è. Penso che quest’ultimo sia il caso di Sabra e Chatila : sapevano ma non volevano credere, come l’annegato che si aggrappa ad una pagliuzza. Erano lì, braccati nei loro miseri campi distrutti…erano lì a marcire nell’umiliazione e nel fango di un mondo che ha mostrato loro solo crudeltà, ormai ridotti ad un peso di cui liberarsi, sia per gli amici che per i nemici. Erano ormai lontani i giorni in cui anche loro, come tutti, avevano la propria terra, la propria casa ed il proprio Paese che ora non c’è più o è abitato da altri…

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"Abbi pazienza sorella…ti hanno levato il dolce peso, prima di partire abbraccia il tuo feto, lui non lo sa e non se n’è accorto, abbraccialo un istante prima di spegnerti nel bianco crudele e accecante che precede l’eterno buio. Lui non lo sa… soffio d’anima in cammino, morte di spiga…Pioggia di lacrime ha disegnato il suo volto…vai dove sei venuto o altrove, ma non qui dove c’è soltanto morte e tutti noi smarriti nel buio in fondo della nostra strada…” ( Ali Rashid )
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“…vivere o morire per noi è la stessa cosa, perché questa non si può chiamare vita. E’ come se fossimo già morti. Diciamo che siamo in vita perché camminiamo. Ci uccidono cento volte al giorno…Cos’è questa vita. Negli scontri c’è solo qualche metro tra i palestinesi ed i soldati, vuol dire che non abbiamo paura. La vita e la morte sono la medesima cosa per noi. Ma ci rimane la speranza, non dimentichiamo mai la speranza, forse per questo continuiamo a vivere…” 
(Na’el 25anni)

“…Camminano per le strade di città che gridano al peso dei loro stivali; circolano nei veicoli corazzati in un paese che non è loro; hanno i loro parabrezza protetti e accelerano la velocità guardando i margini delle strade con paura, pronti a sparare ed uccidere. Ma non avranno mai abbastanza pallottole perché questa terra è piena di pietre e
piena di mani pronte a lanciarle…” ( F. Longer )
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“…Non esiste qualcosa come un popolo palestinese. Non è che siamo venuti, li abbiamo buttati fuori e abbiamo preso il loro paese. Essi non esistevano…”. (Golda Meir, Primo Ministro di Irsaele, Sunday Times, 15/6/1969)

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"Dobbiamo espellere gli arabi e prendere il loro posto".
(David Ben Gurion, 1937, “Ben Gurion and the Palestinian Arabs”, Oxford University Press)

“…I palestinesi saranno schiacciati come cavallette…le teste spaccate contro le rocce e i muri…”. (Yitzahak Shamir, Primo Ministro, “New York Times”, 1/4/1988)

“…Non c’è sionismo, colonizzazione o Stato ebraico senza l’espulsione degli arabi e la confisca delle loro terre…”.
(Ariel Sharon, ministro degli esteri, “Agence France Press”, 15/11/1998)

(Estratto da MONDO CANE di F: Grimaldi)

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“Ho chiesto un po’ di sole e il poliziotto ha risposto: Signore, mettiti in coda! Ho chiesto inchiostro per scrivere il mio nome. E mi è stato detto : L’inchiostro scarseggia devi attendere in coda il tuo turno. Ho chiesto un libro da leggere e una divisa kaki ha strepitato: Chi vuole il sapere deve leggere le pubblicazioni del partito e gli articoli della costituzione. Ho chiesto il permesso di incontrare la mia donna e mi è stato risposto: E’ cosa ardua incontrare le donne e l’innamorato deve sopportare una lunga coda. Ho chiesto l’autorizzazione a mettere al mondo un figlio, ma un ispettore, scoppiando a ridere, mi ha detto: La prole è molto importante ma aspetta in coda ancora un anno. Ho chiesto di vedere il volto di Dio ma un rappresentante di Dio ha urlato: Perché? Ho risposto: Perchè sono un uomo sconfitto. Allora mi ha segnato a dito ed ho compreso che anche gli sconfitti stanno in coda. Mio Signore: desidero incontrarti, ma non lasciarmi in coda come un cane randagio...  Da quando sono nato sono in coda, immobile. Mi si sono ghiacciati i piedi simile alla carta straccia è la mia anima.
Spiagge calde e … uccelli. Non so come recitare i miei versi perché ovunque mi incalza la mannaia. I fogli sono presi al laccio le penne al laccio al laccio i seni. Il letto d’amore vuole un permesso di transito. Mio Signore: l’orizzonte è sempre più sottile e questo paese è rannicchiato tra le acque triste come una spada spezzata. Se rifiutiamo la canfora ancora più canfora ci porterebbero. Mio Signore: l’orizzonte è grigio ed
io mi struggo per un raggio di luce. Se solo volessi aiutarmi mio Signore … mi muteresti in un passerotto. 
“(Nizar Gabbani)

Ho voluto intramezzare le righe e le cronache di orrori e massacri con immagini (…senza parole), pezzi di scrittori, poeti o solamente uomini di Palestina, che con le loro intense, profonde, malinconiche righe, ci dicono quanto ricca e millenaria sia la loro cultura, in modo che ciascuno possa comprendere meglio ed arricchirsi, grazie al profondo messaggio che trasmettono. E poi perché come diceva il Leopardi, se ben usata la poesia possa anche essere strumento di resistenza e di lotta…: 

“ ….e cagioni nell’animo dè lettori una tempesta, un impeto…di passioni…e in cui principalmente consiste il diletto che si riceve dalla poesia, la quale ci dee sommamente muovere e agitare e non lasciar l’animo nostro in riposo e calma…” (G.Leopardi - Lo zibaldone)