martedì 16 agosto 2016

IL CLIMAX DI MENZOGNE SULLA SIRIA QUASI SEMPRE TARGATE "PD" "




Di  Mauro Gemma

Le televisioni di regime, ormai da giorni, continuano a insistere sullo stesso tasto. E in questo periodo ferragostano le menzogne diffuse, sugli sviluppi della situazione in Siria, non solo non hanno registrato una pausa, ma hanno raggiunto un livello parossistico.

In particolare per le reti legate al governo e al PD, da quelle parti, a battersi contro l'ISIS sarebbero solo i curdi, le bande turcomanne (le stesse che massacrarono il pilota dell'aereo russo abbattuto da un F16 turco, mentre era impegnato proprio in un'azione contro l'ISIS) e i ribelli anti-Assad sedicenti "moderati" (anch'essi caratterizzati dalla presenza di componenti integraliste sunnite, come la Fratellanza Musulmana e gruppi fanatici sostenuti dall'Arabia Saudita che sono responsabili di tante atrocità, denunciate spesso anche dalla Chiesa siriana). Una coalizione che gode di benedizione e sostegno logistico dell'amministrazione USA e dei suoi alleati europei e del Golfo, che su questi alleati contano, non tanto per sconfiggere lo "Stato Islamico", quanto soprattutto per creare rapporti di forza tali da determinare le condizioni del rovesciamento del governo a guida Baath.

Non per caso e con questo obiettivo, le stesse emittenti intensificano paurosamente la demonizzazione del legittimo governo siriano e della Russia (a cui vengono attribuiti i più inverosimili crimini contro le popolazioni civili), ripetendo lo stesso copione che abbiamo già visto quando negli anni scorsi, a più riprese, l'imperialismo statunitense (con il solito codazzo di ONG compiacenti, spesso le stesse che hanno un ruolo attivo nelle "rivoluzioni colorate" in altre parti del pianeta) era alla ricerca di ogni pretesto per potere regolare definitivamente i conti con il governo legittimo della Repubblica Araba di Siria che ormai da anni, insieme ai suoi alleati Russia e Hezbollah, sta difendendo l'intera civiltà dall'assalto di quelle componenti estremiste islamiche che per decenni hanno potuto godere della simpatia, del finanziamento e del supporto logistico di tutto l'Occidente.

In tal modo, ancora una volta l'apparato mediatico dominante si rivela la più formidabile arma di cui dispone l'offensiva aggressiva dell'imperialismo in ogni parte del mondo, per continuare ad esercitare il suo dominio messo in discussione dalla resistenza dei popoli e dal manifestarsi di poderose spinte alla creazione di un mondo multipolare.

Quando l'opinione pubblica democratica e progressista prenderà finalmente consapevolezza che in Siria (come in Ucraina, nel resto del Medio Oriente, nella regione Asia-Pacifico, in America Latina e in altre aree del mondo) l'imperialismo (insieme ai suoi alleati della NATO, tra cui il governo PD del nostro paese) è alla continua ricerca di pretesti per innescare una conflagrazione dalle conseguenze imprevedibili e tragiche per tutta l'umanità, forse sarà troppo tardi. E con la prevedibile elezione alla presidenza USA di "Killary" Clinton, c'è davvero da stare poco allegri.

giovedì 11 agosto 2016

LA NATO E LO STRANO "GOLPE" IN TURCHIA


Di Manlio  Dinucci
il manifesto, 19 luglio 2016

Erdogan in fuga che vola sull’Europa alla ricerca di un governo che gli conceda l’asilo politico, i golpisti ormai al potere perché occupano la televisione e i ponti sul Bosforo, Washington e le capitali europee, perfino la Nato, colte di sorpresa dal golpe: queste le prime «notizie» dalla Turchia. Una più falsa dell’altra. Emerge anzitutto il fatto che, pur nella sua tragicità (centinaia di morti e migliaia di arresti), quella in Turchia si presenta come la messinscena di un colpo di stato. I golpisti non cercano di catturare Erdogan, ufficialmente in vacanza sul Mar Egeo, ma gli lasciano tutto il tempo per spostarsi. Occupano simbolicamente la televisione di stato, ma non oscurano le emittenti private filogovernative e Internet, permettendo a Erdogan di usarle per il suo «appello al popolo». Bombardano simbolicamente il parlamento di Ankara, quando è vuoto. Occupano i ponti sul Bosforo non in piena notte, ma in modo plateale la sera quando la città è affollata, mettendosi così in trappola. Non occupano invece le principali arterie, lasciando campo libero alle forze governative. L’azione, pur destinata al fallimento, ha richiesto la preparazione e mobilitazione di migliaia di uomini, mezzi corazzati e aerei.

Impossibile che la Nato fosse all’oscuro di ciò che si stava preparando. In Turchia c’è una rete di importanti basi Nato sotto comando Usa, ciascuna dotata di un proprio apparato di intelligence. Nella gigantesca base di Incirlik, da cui opera l’aviazione statunitense e alleata, sono depositate almeno 50 bombe nucleari Usa B-61, destinate ad essere sostituite dalle nuove B61-12.
A Izmir c’è il Comando terrestre alleato (Landcom), ossia il comando addetto alla preparazione e al coordinamento di tutte le forze terrestri della Nato, agli ordini del generale Usa Darryl Williams, già comandante dello U.S. Army Africa a Vicenza. Il quartiere generale di Izmir è stato visitato alla fine di giugno dal nuovo Comandante supremo alleato in Europa, il generale Usa Curtis Scaparrotti. Oltre ai comandi e alle basi ufficiali, Usa e Nato hanno in Turchia una rete coperta di comandi e basi costituita per la guerra alla Siria e altre operazioni.

Come ha documentato anche un’inchiesta del New York Times, nel quadro di una rete internazionale organizzata dalla Cia, dal 2012 è arrivato nella base aerea turca di Esenboga un flusso incessante di armi, acquistate con miliardi di dollari forniti dall’Arabia Saudita e altre monarchie del Golfo, che sono state fornite attraverso il confine turco ai «ribelli» in Siria e anche all’Isis/Daesh,. Forniti di passaporti falsi (specialità Cia), migliaia di combattenti islamici sono affluiti nelle province turche di Adana e Hatai, confinante con la Siria, dove la Cia ha aperto centri di formazione militare. È quindi del tutto falsa la «notizia», diffusa in questi giorni, che Washington non gradisce un alleato come Erdogan perché questi sostiene sottobanco l’Isis/Daesh.

Ancora non ci sono elementi fondati per capire se c’è, e in quale misura, una incrinatura nei rapporti tra Ankara e Washington e soprattutto quali nei siano i motivi reali. Accusando Fethullah Gulen, residente negli Usa dal 1999 e alleato di Erdogan fino al 2013, di aver ispirato il golpe, e richiedendone l’estradizione, Erdogan gioca al rialzo, per ottenere dagli Usa e dagli alleati europei maggiori contropartite per il «prezioso ruolo» (come l’ha definito Stoltenberg il 16 luglio) della Turchia nella Nato. Intanto Erdogan fa piazza pulita degli oppositori, mentre la Mogherini avverte che, se usa la pena di morte, la Turchia non può entrare nella Ue, poiché ha firmato la Convenzione sui diritti umani.