"Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai
combinati dai malfattori, ma per l'inerzia dei giusti che se ne accorgono e
stanno lì a guardare." Albert Einstein
Scritto il 03/6/14
Le foto scorrono sullo schermo, in un piano alto del Fallujah General Hospital, il policlinico della città irachena rasa al suolo dalle bombe al fosforo bianco, armi di distruzione di massa impiegate dagliUsanel 2004. Di colpo, scrive Robert Fisk, l’ufficio amministrativo del direttore ospedaliero, Nadhem Shokr Al-Hadidi, si trasforma in una camera degli orrori: «Un neonato con una bocca terribilmente deformata. Un altro con una malformazione del midollo spinale, con materia midollare che fuoriesce dal corpicino. Un neonato con uno spaventoso, enorme occhio da ciclope. Un altro neonato, con solo mezza testa, nato morto come i precedenti, data di nascita 17 giugno 2009». Un’altra foto passa sullo schermo: il piccolo, nato il 6 luglio 2009, è nato con solo «un mozzicone del braccio destro, del tutto privo della gamba sinistra e senza genitali». Orrore quotidiano, fotografie che vanno al di là delle parole: «Come si può anche solo immaginare di descrivere un bambino nato morto, con una sola gamba e la testa che misura quattro volte la taglia del suo corpicino?».
«Ho chiesto di poter vedere queste fotografie per assicurarmi che ibambininati morti, con le loro deformità, fossero reali», premette il grande giornalista inglese, inviato dell’“Independent”, preoccupato che qualche lettore possa pensare a montature a scopo di propaganda anti-Usa. «Ma le fotografie rappresentano una schiacciante, orribile ricompensa a tali dubbi». Un neonato ha braccia deformi. Un altro, nato nel 2010, presenta «una massa grigia su un lato della testa». Un medico spiega che si tratta della “Tetralogia di Fallot”, un difetto del setto interventricolare. Un altro piccolo, nato il 3 maggio 2010, è «una creatura dall’aspetto di una rana». Per il medico, «è come se tutti gli organi addominali cercassero di uscire dal corpo». È troppo, aggiunge Fisk: le fotografie sono eccessivamente crude, incarnano un dolore e una angoscia che ne rende impossibile la visione, perlomeno ai poveri genitori. Immagini che, in poche parole, non possono essere pubblicate.
Quel che è veramente vergognoso, aggiunge Fisk, in un servizio ripreso da “Come Don Chisciotte”, è che queste deformità si ripetano senza alcun tipo di monitoraggio ocontrollo. «Un medico di Fallujah, una ostetrica formatasi inGran Bretagna, dove ha acquistato a sue spese uno scanner da 79.000 sterline per la rilevazione prenatale delle anomalie congenite destinato alla sua clinica privata – e che è rientrata a Fallujah solo cinque mesi fa – mi dice il suo nome e mi domanda perché il ministero dellasalutea Baghdad non promuova una approfondita indagine ufficiale suibambinideformi di Fallujah». E’ andata dal ministro, che le ha promesso che avrebbe creato un comitato. «Sono andata a incontrare il comitato: non hanno fatto nulla, non sono riuscita a ottenere alcun tipo di risposta».
I medici di Fallujah si mostrano estremamente onesti e prudenti, aggiunge Fisk: sanno che alcune malformazioni possono essere imputate a problemi genetici ereditari, dovuti a matrimoni tra parenti. Quello che è assolutamente anomalo, però, è la recente esplosione del fenomeno: decisamente allarmante, per la dottoressa Samira Allani, secondo cui la frequenza dei difetti congeniti ha raggiunto «cifre senza precedenti» a partire dal 2010. «Quando i medici cercano di ottenere dei finanziamenti per la ricerca, capita che a volte si rivolgano a organizzazioni che hanno un preciso orientamento politico», spiega Fisk. «Lo studio della dottoressa Allani, ad esempio, ha ricevuto finanziamenti dalla “Kuala Lumpur Foundation to Criminalise War”, fondazione malese per mettere al bando laguerra, un’entità che in maniera appena marginale si oppone all’uso di armi daguerrastatunitensi a Fallujah. Anche questo, temo, è parte della tragedia di Fallujah».
Per neutralizzare un’infezione fetale basta una semplice trasfusione di sangue, dicono i sanitari, ma questo non aiuta a rispondere alle principali domande: perché l’incremento degli aborti, deibambininati morti, delle nascite premature? Il dottor Chris Busby, proveniente dall’università dell’Ulster, ha esaminato circa 5.000 persone a Fallujah, molte delle quali colpite da tumori. «Alcune forti esposizioni ad agenti mutageni sono sicuramente avvenute nel 2004, quando avvennero i bombardamenti», ha dichiarato. Il suo report, redatto in collaborazione con Malak Hamdan ed Entesar Ariabi, afferma che la mortalità infantile a Falluja è pari ad 80 soggetti su ogni 1.000 nati, rispetto ai 19 in Egitto, 17 in Giordania e solo 9,7 in Kuwait. Un altro dei medici di Fallujah dice a Robert Fisk che l’unico contributo ricevuto dal Regno Unito proviene dal dottor Kypros Nicolaides, primario in medicina fetale presso il King’s College Hospital, che attraverso un ente di beneficenza come la Foetal Medicine Foundation ha formato uno dei medici di Fallujah.
«L’aspetto da incriminare maggiormente – dichiara a Fisk il medico britannico – è che, durante laguerra, né il governo inglese né quello americano son stati capaci di recarsi da Woolworths, il centro commerciale, ad acquistare dei computer con cui poter documentare le morti inIraq. Esiste una pubblicazione “Lancet” in cui si stima che il numero dei morti durante laguerrasi aggiri intorno ai 600.000. Eppure le potenze occupanti,UsaeGran Bretagna, non hanno avuto la decenza di dotarsi di un computer del valore di anche solo 500 sterline, in modo da dire “questo corpo è ci è stato portato oggi e questo era il suo nome”». Ora, aggiunge il dottore, «sapete che esiste un paese arabo che ha un numero di malformazioni o tumori maggiore di quello dell’Europaintera». Il medico si dice «sicuro» che queste deformazioni siano in relazione con l’uso di armi da parte dei soldati americani. Ma ora l’Iraqè senza un vero governo, proprio quando servirebbe un accurato studio epidemiologico. «Chiudere gli occhi è molto facile per chiunque – tranne che per qualche professore pazzoide e sensibile come me che, da Londra, cerca di fare qualcosa».
Le foto scorrono sullo schermo, in un piano alto del Fallujah General Hospital, il policlinico della città irachena rasa al suolo dalle bombe al fosforo bianco, armi di distruzione di massa impiegate dagli Usa nel 2004. Di colpo, scrive Robert Fisk, l’ufficio amministrativo del direttore ospedaliero, Nadhem Shokr Al-Hadidi, si trasforma in una camera degli orrori: «Un neonato con una bocca terribilmente deformata. Un altro con una malformazione del midollo spinale, con materia midollare che fuoriesce dal corpicino. Un neonato con uno spaventoso, enorme occhio da ciclope. Un altro neonato, con solo mezza testa, nato morto come i precedenti, data di nascita 17 giugno 2009». Un’altra foto passa sullo schermo: il piccolo, nato il 6 luglio 2009, è nato con solo «un mozzicone del braccio destro, del tutto privo della gamba sinistra e senza genitali». Orrore quotidiano, fotografie che vanno al di là delle parole: «Come si può anche solo immaginare di descrivere un bambino nato morto, con una sola gamba e la testa che misura quattro volte la taglia del suo corpicino?».
«Ho chiesto di poter vedere queste fotografie per assicurarmi che i bambini nati morti, con le loro deformità, fossero reali», premette il grande giornalista inglese, inviato dell’“Independent”, preoccupato che qualche lettore possa pensare a montature a scopo di propaganda anti-Usa. «Ma le fotografie rappresentano una schiacciante, orribile ricompensa a tali dubbi». Un neonato ha braccia deformi. Un altro, nato nel 2010, presenta «una massa grigia su un lato della testa». Un medico spiega che si tratta della “Tetralogia di Fallot”, un difetto del setto interventricolare. Un altro piccolo, nato il 3 maggio 2010, è «una creatura dall’aspetto di una rana». Per il medico, «è come se tutti gli organi addominali cercassero di uscire dal corpo». È troppo, aggiunge Fisk: le fotografie sono eccessivamente crude, incarnano un dolore e una angoscia che ne rende impossibile la visione, perlomeno ai poveri genitori. Immagini che, in poche parole, non possono essere pubblicate.
Quel che è veramente vergognoso, aggiunge Fisk, in un servizio ripreso da “Come Don Chisciotte”, è che queste deformità si ripetano senza alcun tipo di monitoraggio o controllo. «Un medico di Fallujah, una ostetrica formatasi in Gran Bretagna, dove ha acquistato a sue spese uno scanner da 79.000 sterline per la rilevazione prenatale delle anomalie congenite destinato alla sua clinica privata – e che è rientrata a Fallujah solo cinque mesi fa – mi dice il suo nome e mi domanda perché il ministero della salute a Baghdad non promuova una approfondita indagine ufficiale sui bambini deformi di Fallujah». E’ andata dal ministro, che le ha promesso che avrebbe creato un comitato. «Sono andata a incontrare il comitato: non hanno fatto nulla, non sono riuscita a ottenere alcun tipo di risposta».
I medici di Fallujah si mostrano estremamente onesti e prudenti, aggiunge Fisk: sanno che alcune malformazioni possono essere imputate a problemi genetici ereditari, dovuti a matrimoni tra parenti. Quello che è assolutamente anomalo, però, è la recente esplosione del fenomeno: decisamente allarmante, per la dottoressa Samira Allani, secondo cui la frequenza dei difetti congeniti ha raggiunto «cifre senza precedenti» a partire dal 2010. «Quando i medici cercano di ottenere dei finanziamenti per la ricerca, capita che a volte si rivolgano a organizzazioni che hanno un preciso orientamento politico», spiega Fisk. «Lo studio della dottoressa Allani, ad esempio, ha ricevuto finanziamenti dalla “Kuala Lumpur Foundation to Criminalise War”, fondazione malese per mettere al bando la guerra, un’entità che in maniera appena marginale si oppone all’uso di armi daguerra statunitensi a Fallujah. Anche questo, temo, è parte della tragedia di Fallujah».
Per neutralizzare un’infezione fetale basta una semplice trasfusione di sangue, dicono i sanitari, ma questo non aiuta a rispondere alle principali domande: perché l’incremento degli aborti, dei bambini nati morti, delle nascite premature? Il dottor Chris Busby, proveniente dall’università dell’Ulster, ha esaminato circa 5.000 persone a Fallujah, molte delle quali colpite da tumori. «Alcune forti esposizioni ad agenti mutageni sono sicuramente avvenute nel 2004, quando avvennero i bombardamenti», ha dichiarato. Il suo report, redatto in collaborazione con Malak Hamdan ed Entesar Ariabi, afferma che la mortalità infantile a Falluja è pari ad 80 soggetti su ogni 1.000 nati, rispetto ai 19 in Egitto, 17 in Giordania e solo 9,7 in Kuwait. Un altro dei medici di Fallujah dice a Robert Fisk che l’unico contributo ricevuto dal Regno Unito proviene dal dottor Kypros Nicolaides, primario in medicina fetale presso il King’s College Hospital, che attraverso un ente di beneficenza come la Foetal Medicine Foundation ha formato uno dei medici di Fallujah.
«L’aspetto da incriminare maggiormente – dichiara a Fisk il medico britannico – è che, durante la guerra, né il governo inglese né quello americano son stati capaci di recarsi da Woolworths, il centro commerciale, ad acquistare dei computer con cui poter documentare le morti in Iraq. Esiste una pubblicazione “Lancet” in cui si stima che il numero dei morti durante la guerra si aggiri intorno ai 600.000. Eppure le potenze occupanti, Usa e Gran Bretagna, non hanno avuto la decenza di dotarsi di un computer del valore di anche solo 500 sterline, in modo da dire “questo corpo è ci è stato portato oggi e questo era il suo nome”». Ora, aggiunge il dottore, «sapete che esiste un paese arabo che ha un numero di malformazioni o tumori maggiore di quello dell’Europa intera». Il medico si dice «sicuro» che queste deformazioni siano in relazione con l’uso di armi da parte dei soldati americani. Ma ora l’Iraq è senza un vero governo, proprio quando servirebbe un accurato studio epidemiologico. «Chiudere gli occhi è molto facile per chiunque – tranne che per qualche professore pazzoide e sensibile come me che, da Londra, cerca di fare qualcosa».
Scritto il 03/6/14
Le foto scorrono sullo schermo, in un piano alto del Fallujah General Hospital, il policlinico della città irachena rasa al suolo dalle bombe al fosforo bianco, armi di distruzione di massa impiegate dagliUsanel 2004. Di colpo, scrive Robert Fisk, l’ufficio amministrativo del direttore ospedaliero, Nadhem Shokr Al-Hadidi, si trasforma in una camera degli orrori: «Un neonato con una bocca terribilmente deformata. Un altro con una malformazione del midollo spinale, con materia midollare che fuoriesce dal corpicino. Un neonato con uno spaventoso, enorme occhio da ciclope. Un altro neonato, con solo mezza testa, nato morto come i precedenti, data di nascita 17 giugno 2009». Un’altra foto passa sullo schermo: il piccolo, nato il 6 luglio 2009, è nato con solo «un mozzicone del braccio destro, del tutto privo della gamba sinistra e senza genitali». Orrore quotidiano, fotografie che vanno al di là delle parole: «Come si può anche solo immaginare di descrivere un bambino nato morto, con una sola gamba e la testa che misura quattro volte la taglia del suo corpicino?».
«Ho chiesto di poter vedere queste fotografie per assicurarmi che ibambininati morti, con le loro deformità, fossero reali», premette il grande giornalista inglese, inviato dell’“Independent”, preoccupato che qualche lettore possa pensare a montature a scopo di propaganda anti-Usa. «Ma le fotografie rappresentano una schiacciante, orribile ricompensa a tali dubbi». Un neonato ha braccia deformi. Un altro, nato nel 2010, presenta «una massa grigia su un lato della testa». Un medico spiega che si tratta della “Tetralogia di Fallot”, un difetto del setto interventricolare. Un altro piccolo, nato il 3 maggio 2010, è «una creatura dall’aspetto di una rana». Per il medico, «è come se tutti gli organi addominali cercassero di uscire dal corpo». È troppo, aggiunge Fisk: le fotografie sono eccessivamente crude, incarnano un dolore e una angoscia che ne rende impossibile la visione, perlomeno ai poveri genitori. Immagini che, in poche parole, non possono essere pubblicate.
Quel che è veramente vergognoso, aggiunge Fisk, in un servizio ripreso da “Come Don Chisciotte”, è che queste deformità si ripetano senza alcun tipo di monitoraggio ocontrollo. «Un medico di Fallujah, una ostetrica formatasi inGran Bretagna, dove ha acquistato a sue spese uno scanner da 79.000 sterline per la rilevazione prenatale delle anomalie congenite destinato alla sua clinica privata – e che è rientrata a Fallujah solo cinque mesi fa – mi dice il suo nome e mi domanda perché il ministero dellasalutea Baghdad non promuova una approfondita indagine ufficiale suibambinideformi di Fallujah». E’ andata dal ministro, che le ha promesso che avrebbe creato un comitato. «Sono andata a incontrare il comitato: non hanno fatto nulla, non sono riuscita a ottenere alcun tipo di risposta».
I medici di Fallujah si mostrano estremamente onesti e prudenti, aggiunge Fisk: sanno che alcune malformazioni possono essere imputate a problemi genetici ereditari, dovuti a matrimoni tra parenti. Quello che è assolutamente anomalo, però, è la recente esplosione del fenomeno: decisamente allarmante, per la dottoressa Samira Allani, secondo cui la frequenza dei difetti congeniti ha raggiunto «cifre senza precedenti» a partire dal 2010. «Quando i medici cercano di ottenere dei finanziamenti per la ricerca, capita che a volte si rivolgano a organizzazioni che hanno un preciso orientamento politico», spiega Fisk. «Lo studio della dottoressa Allani, ad esempio, ha ricevuto finanziamenti dalla “Kuala Lumpur Foundation to Criminalise War”, fondazione malese per mettere al bando laguerra, un’entità che in maniera appena marginale si oppone all’uso di armi daguerrastatunitensi a Fallujah. Anche questo, temo, è parte della tragedia di Fallujah».
Per neutralizzare un’infezione fetale basta una semplice trasfusione di sangue, dicono i sanitari, ma questo non aiuta a rispondere alle principali domande: perché l’incremento degli aborti, deibambininati morti, delle nascite premature? Il dottor Chris Busby, proveniente dall’università dell’Ulster, ha esaminato circa 5.000 persone a Fallujah, molte delle quali colpite da tumori. «Alcune forti esposizioni ad agenti mutageni sono sicuramente avvenute nel 2004, quando avvennero i bombardamenti», ha dichiarato. Il suo report, redatto in collaborazione con Malak Hamdan ed Entesar Ariabi, afferma che la mortalità infantile a Falluja è pari ad 80 soggetti su ogni 1.000 nati, rispetto ai 19 in Egitto, 17 in Giordania e solo 9,7 in Kuwait. Un altro dei medici di Fallujah dice a Robert Fisk che l’unico contributo ricevuto dal Regno Unito proviene dal dottor Kypros Nicolaides, primario in medicina fetale presso il King’s College Hospital, che attraverso un ente di beneficenza come la Foetal Medicine Foundation ha formato uno dei medici di Fallujah.
«L’aspetto da incriminare maggiormente – dichiara a Fisk il medico britannico – è che, durante laguerra, né il governo inglese né quello americano son stati capaci di recarsi da Woolworths, il centro commerciale, ad acquistare dei computer con cui poter documentare le morti inIraq. Esiste una pubblicazione “Lancet” in cui si stima che il numero dei morti durante laguerrasi aggiri intorno ai 600.000. Eppure le potenze occupanti,UsaeGran Bretagna, non hanno avuto la decenza di dotarsi di un computer del valore di anche solo 500 sterline, in modo da dire “questo corpo è ci è stato portato oggi e questo era il suo nome”». Ora, aggiunge il dottore, «sapete che esiste un paese arabo che ha un numero di malformazioni o tumori maggiore di quello dell’Europaintera». Il medico si dice «sicuro» che queste deformazioni siano in relazione con l’uso di armi da parte dei soldati americani. Ma ora l’Iraqè senza un vero governo, proprio quando servirebbe un accurato studio epidemiologico. «Chiudere gli occhi è molto facile per chiunque – tranne che per qualche professore pazzoide e sensibile come me che, da Londra, cerca di fare qualcosa».
Le foto scorrono sullo schermo, in un piano alto del Fallujah General Hospital, il policlinico della città irachena rasa al suolo dalle bombe al fosforo bianco, armi di distruzione di massa impiegate dagli Usa nel 2004. Di colpo, scrive Robert Fisk, l’ufficio amministrativo del direttore ospedaliero, Nadhem Shokr Al-Hadidi, si trasforma in una camera degli orrori: «Un neonato con una bocca terribilmente deformata. Un altro con una malformazione del midollo spinale, con materia midollare che fuoriesce dal corpicino. Un neonato con uno spaventoso, enorme occhio da ciclope. Un altro neonato, con solo mezza testa, nato morto come i precedenti, data di nascita 17 giugno 2009». Un’altra foto passa sullo schermo: il piccolo, nato il 6 luglio 2009, è nato con solo «un mozzicone del braccio destro, del tutto privo della gamba sinistra e senza genitali». Orrore quotidiano, fotografie che vanno al di là delle parole: «Come si può anche solo immaginare di descrivere un bambino nato morto, con una sola gamba e la testa che misura quattro volte la taglia del suo corpicino?».
«Ho chiesto di poter vedere queste fotografie per assicurarmi che i bambini nati morti, con le loro deformità, fossero reali», premette il grande giornalista inglese, inviato dell’“Independent”, preoccupato che qualche lettore possa pensare a montature a scopo di propaganda anti-Usa. «Ma le fotografie rappresentano una schiacciante, orribile ricompensa a tali dubbi». Un neonato ha braccia deformi. Un altro, nato nel 2010, presenta «una massa grigia su un lato della testa». Un medico spiega che si tratta della “Tetralogia di Fallot”, un difetto del setto interventricolare. Un altro piccolo, nato il 3 maggio 2010, è «una creatura dall’aspetto di una rana». Per il medico, «è come se tutti gli organi addominali cercassero di uscire dal corpo». È troppo, aggiunge Fisk: le fotografie sono eccessivamente crude, incarnano un dolore e una angoscia che ne rende impossibile la visione, perlomeno ai poveri genitori. Immagini che, in poche parole, non possono essere pubblicate.
Quel che è veramente vergognoso, aggiunge Fisk, in un servizio ripreso da “Come Don Chisciotte”, è che queste deformità si ripetano senza alcun tipo di monitoraggio o controllo. «Un medico di Fallujah, una ostetrica formatasi in Gran Bretagna, dove ha acquistato a sue spese uno scanner da 79.000 sterline per la rilevazione prenatale delle anomalie congenite destinato alla sua clinica privata – e che è rientrata a Fallujah solo cinque mesi fa – mi dice il suo nome e mi domanda perché il ministero della salute a Baghdad non promuova una approfondita indagine ufficiale sui bambini deformi di Fallujah». E’ andata dal ministro, che le ha promesso che avrebbe creato un comitato. «Sono andata a incontrare il comitato: non hanno fatto nulla, non sono riuscita a ottenere alcun tipo di risposta».
I medici di Fallujah si mostrano estremamente onesti e prudenti, aggiunge Fisk: sanno che alcune malformazioni possono essere imputate a problemi genetici ereditari, dovuti a matrimoni tra parenti. Quello che è assolutamente anomalo, però, è la recente esplosione del fenomeno: decisamente allarmante, per la dottoressa Samira Allani, secondo cui la frequenza dei difetti congeniti ha raggiunto «cifre senza precedenti» a partire dal 2010. «Quando i medici cercano di ottenere dei finanziamenti per la ricerca, capita che a volte si rivolgano a organizzazioni che hanno un preciso orientamento politico», spiega Fisk. «Lo studio della dottoressa Allani, ad esempio, ha ricevuto finanziamenti dalla “Kuala Lumpur Foundation to Criminalise War”, fondazione malese per mettere al bando la guerra, un’entità che in maniera appena marginale si oppone all’uso di armi daguerra statunitensi a Fallujah. Anche questo, temo, è parte della tragedia di Fallujah».
Per neutralizzare un’infezione fetale basta una semplice trasfusione di sangue, dicono i sanitari, ma questo non aiuta a rispondere alle principali domande: perché l’incremento degli aborti, dei bambini nati morti, delle nascite premature? Il dottor Chris Busby, proveniente dall’università dell’Ulster, ha esaminato circa 5.000 persone a Fallujah, molte delle quali colpite da tumori. «Alcune forti esposizioni ad agenti mutageni sono sicuramente avvenute nel 2004, quando avvennero i bombardamenti», ha dichiarato. Il suo report, redatto in collaborazione con Malak Hamdan ed Entesar Ariabi, afferma che la mortalità infantile a Falluja è pari ad 80 soggetti su ogni 1.000 nati, rispetto ai 19 in Egitto, 17 in Giordania e solo 9,7 in Kuwait. Un altro dei medici di Fallujah dice a Robert Fisk che l’unico contributo ricevuto dal Regno Unito proviene dal dottor Kypros Nicolaides, primario in medicina fetale presso il King’s College Hospital, che attraverso un ente di beneficenza come la Foetal Medicine Foundation ha formato uno dei medici di Fallujah.
«L’aspetto da incriminare maggiormente – dichiara a Fisk il medico britannico – è che, durante la guerra, né il governo inglese né quello americano son stati capaci di recarsi da Woolworths, il centro commerciale, ad acquistare dei computer con cui poter documentare le morti in Iraq. Esiste una pubblicazione “Lancet” in cui si stima che il numero dei morti durante la guerra si aggiri intorno ai 600.000. Eppure le potenze occupanti, Usa e Gran Bretagna, non hanno avuto la decenza di dotarsi di un computer del valore di anche solo 500 sterline, in modo da dire “questo corpo è ci è stato portato oggi e questo era il suo nome”». Ora, aggiunge il dottore, «sapete che esiste un paese arabo che ha un numero di malformazioni o tumori maggiore di quello dell’Europa intera». Il medico si dice «sicuro» che queste deformazioni siano in relazione con l’uso di armi da parte dei soldati americani. Ma ora l’Iraq è senza un vero governo, proprio quando servirebbe un accurato studio epidemiologico. «Chiudere gli occhi è molto facile per chiunque – tranne che per qualche professore pazzoide e sensibile come me che, da Londra, cerca di fare qualcosa».
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Fonte: Libreidee
Testo originale dell'articolo di Robert Fisk
The pictures flash up on a screen on an upper floor of the Fallujah General Hospital. And all at once, Nadhem Shokr al-Hadidi's administration office becomes a little chamber of horrors. A baby with a hugely deformed mouth. A child with a defect of the spinal cord, material from the spine outside the body. A baby with a terrible, vast Cyclopean eye. Another baby with only half a head, stillborn like the rest, date of birth 17 June, 2009. Yet another picture flicks onto the screen: date of birth 6 July 2009, it shows a tiny child with half a right arm, no left leg, no genitalia.
"We see this all the time now," Al-Hadidi says, and a female doctor walks into the room and glances at the screen. She has delivered some of these still-born children. "I've never seen anything as bad as this in all my service," she says quietly. Al-Hadidi takes phone calls, greets visitors to his office, offers tea and biscuits to us while this ghastly picture show unfolds on the screen. I asked to see these photographs, to ensure that the stillborn children, the deformities, were real. There's always a reader or a viewer who will mutter the word "propaganda" under their breath.
But the photographs are a damning, ghastly reward for such doubts. January 7, 2010: a baby with faded, yellow skin and misshapen arms. April 26, 2010: a grey mass on the side of the baby's head. A doctor beside me speaks of "Tetralogy of Fallot", a transposition of the great blood vessels. May 3, 2010: a frog-like creature in which – the Fallujah doctor who came into the room says this – "all the abdominal organs are trying to get outside the body."
This is too much. These photographs are too awful, the pain and emotion of them – for the poor parents, at least – impossible to contemplate. They simply cannot be published.
There is a no-nonsense attitude from the doctors in Fallujah. They know that we know about this tragedy. Indeed, there is nothing undiscovered about the child deformities of Fallujah. Other correspondents – including my colleague Patrick Cockburn – have visited Fallujah to report on them. What is so shameful is that these deformities continue unmonitored. One Fallujah doctor, an obstetrician trained in Britain – she left only five months ago – who has purchased from her own sources for her private clinic a £79,000 scanning machine for prenatal detection of congenital abnormalities, gives me her name and asks why the Ministry of Health in Baghdad will not hold a full official investigation into the deformed babies of Fallujah.
"I have been to see the ministry," she says. "They said they would have a committee. I went to the committee. And they have done nothing. I just can't get them to respond." Then, 24 hours later, the same woman sends a message to a friend of mine, another Iraqi doctor, asking me not to use her name.
If the number of stillborn children of Fallujah is a disgrace, the medical staff at the Fallujah General Hospital prove their honesty by repeatedly warning of the danger of reaching conclusions too soon.
"I delivered that baby," the obstetrician says as one more picture flashes on the screen. "I don't think this has anything to do with American weapons. The parents were close relatives. Tribal marriages here involve a lot of families who are close by blood. But you have to remember, too, that if women have stillborn children with abnormalities at home, they will not report this to us, and the baby will be buried without any record reaching us."
The photographs continue on the screen. January 19, 2010: a baby with tiny limbs, stillborn. A baby born on 30 October, 2010, with a cleft lip and cleft palette, still alive, a hole in the heart, a defect in its face, in need of echocardiography treatment. "A cleft lip and palate are common congenital anomalies," Dr Samira Allani says quietly. "But it's the increased frequency that is alarming." Dr Allani has documented a research paper into "the increased prevalence of birth defects" in Fallujah, a study of four fathers "with two lineages of progeny". Congenital heart defects, the paper says, reached "unprecedented numbers" in 2010.
The numbers continue to rise. Even while we are speaking, a nurse brings a message to Dr Allani. We go at once to an incubator next to the hospital delivery room. In the incubator is a little baby just 24 days old. Zeid Mohamed is almost too young to smile but he lies sleeping, his mother watching through the glass. She has given her permission for me to see her baby. His father is a security guard, the couple married three years ago. There is no family record of birth defects. But Zeid has only four fingers on each of his little hands.
Dr Allani's computer files contain a hundred Zeids. She asks another doctor to call some parents. Will they talk to a journalist? "They want to know what happened to their children," she says. "They deserve an answer." She is right. But neither the Iraqi authorities, nor the Americans, nor the British – who were peripherally involved in the second battle of Fallujah and lost four men – nor any major NGO, appears willing or able to help.
When doctors can obtain funding for an investigation, they sometimes turn to organisations which clearly have their own political predetermination. Dr Allani's paper, for example, acknowledges funding from the "Kuala Lumpur Foundation to Criminalise War" – hardly a group seeking to exonerate the use of US weaponry in Fallujah. This, too, I fear, is part of the tragedy of Fallujah.
The obstetrician who asked to be anonymous talks bleakly of the lack of equipment and training. "Chromosome defects – like Down's Syndrome – cannot be corrected prenatally. But a foetal infection we can deal with, and we can sort out this problem by drawing a sample of blood from the baby and mother. But no laboratory here has this equipment. One blood transfer is all it needs to prevent such a condition. Of course, it will not answer our questions: why the increased miscarriages here, why the increased stillbirths, why the increased premature births?"
Dr Chris Busby, a visiting professor at the University of Ulster who has surveyed almost 5,000 people in Fallujah, agrees it is impossible to be specific about the cause of birth defects as well as cancers. "Some very major mutagenic exposure must have occurred in 2004 when the attacks happened," he wrote two years ago. Dr Busby's report, compiled with Malak Hamdan and Entesar Ariabi, says that infant mortality in Fallujah was found in 80 out of every 1,000 births, compared to 19 in Egypt, 17 in Jordan and only 9.7 in Kuwait.
Another of the Fallujah doctors tells me that the only UK assistance they have received comes from Dr Kypros Nicolaides, the head of Foetal Medicine at King's College Hospital. He runs a charity, the Foetal Medicine Foundation, which has already trained one doctor from Fallujah. I call him up. He is bursting with anger.
"To me, the criminal aspect of all this – during the war – was that the British and the American governments could not go to Woolworths and buy some computers to even document the deaths in Iraq. So we have a Lancet publication that estimates 600,000 deaths in the war. Yet the occupying power did not have the decency to have a computer worth only £500 that would enable them to say "this body was brought in today and this was its name".
Now you have an Arab country which has a higher number of deformities or cancers than Europe and you need a proper epidemiological study. I'm sure the Americans used weapons that caused these deformities. But now you have a goodness-knows-what government in Iraq and no study. It's very easy to avoid to doing anything – except for some sympathetic crazy professor like me in London to try and achieve something."
In al-Hadidi's office, there are now photographs which defy words. How can you even begin to describe a dead baby with just one leg and a head four times the size of its body?
Tomorrow: Sayef Ala'a, the five-year-old Fallujah child with no hearing in his left ear
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Fonte: Libreidee
Testo originale dell'articolo di Robert Fisk
The pictures flash up on a screen on an upper floor of the Fallujah General Hospital. And all at once, Nadhem Shokr al-Hadidi's administration office becomes a little chamber of horrors. A baby with a hugely deformed mouth. A child with a defect of the spinal cord, material from the spine outside the body. A baby with a terrible, vast Cyclopean eye. Another baby with only half a head, stillborn like the rest, date of birth 17 June, 2009. Yet another picture flicks onto the screen: date of birth 6 July 2009, it shows a tiny child with half a right arm, no left leg, no genitalia.
"We see this all the time now," Al-Hadidi says, and a female doctor walks into the room and glances at the screen. She has delivered some of these still-born children. "I've never seen anything as bad as this in all my service," she says quietly. Al-Hadidi takes phone calls, greets visitors to his office, offers tea and biscuits to us while this ghastly picture show unfolds on the screen. I asked to see these photographs, to ensure that the stillborn children, the deformities, were real. There's always a reader or a viewer who will mutter the word "propaganda" under their breath.
But the photographs are a damning, ghastly reward for such doubts. January 7, 2010: a baby with faded, yellow skin and misshapen arms. April 26, 2010: a grey mass on the side of the baby's head. A doctor beside me speaks of "Tetralogy of Fallot", a transposition of the great blood vessels. May 3, 2010: a frog-like creature in which – the Fallujah doctor who came into the room says this – "all the abdominal organs are trying to get outside the body."
This is too much. These photographs are too awful, the pain and emotion of them – for the poor parents, at least – impossible to contemplate. They simply cannot be published.
There is a no-nonsense attitude from the doctors in Fallujah. They know that we know about this tragedy. Indeed, there is nothing undiscovered about the child deformities of Fallujah. Other correspondents – including my colleague Patrick Cockburn – have visited Fallujah to report on them. What is so shameful is that these deformities continue unmonitored. One Fallujah doctor, an obstetrician trained in Britain – she left only five months ago – who has purchased from her own sources for her private clinic a £79,000 scanning machine for prenatal detection of congenital abnormalities, gives me her name and asks why the Ministry of Health in Baghdad will not hold a full official investigation into the deformed babies of Fallujah.
"I have been to see the ministry," she says. "They said they would have a committee. I went to the committee. And they have done nothing. I just can't get them to respond." Then, 24 hours later, the same woman sends a message to a friend of mine, another Iraqi doctor, asking me not to use her name.
If the number of stillborn children of Fallujah is a disgrace, the medical staff at the Fallujah General Hospital prove their honesty by repeatedly warning of the danger of reaching conclusions too soon.
"I delivered that baby," the obstetrician says as one more picture flashes on the screen. "I don't think this has anything to do with American weapons. The parents were close relatives. Tribal marriages here involve a lot of families who are close by blood. But you have to remember, too, that if women have stillborn children with abnormalities at home, they will not report this to us, and the baby will be buried without any record reaching us."
The photographs continue on the screen. January 19, 2010: a baby with tiny limbs, stillborn. A baby born on 30 October, 2010, with a cleft lip and cleft palette, still alive, a hole in the heart, a defect in its face, in need of echocardiography treatment. "A cleft lip and palate are common congenital anomalies," Dr Samira Allani says quietly. "But it's the increased frequency that is alarming." Dr Allani has documented a research paper into "the increased prevalence of birth defects" in Fallujah, a study of four fathers "with two lineages of progeny". Congenital heart defects, the paper says, reached "unprecedented numbers" in 2010.
The numbers continue to rise. Even while we are speaking, a nurse brings a message to Dr Allani. We go at once to an incubator next to the hospital delivery room. In the incubator is a little baby just 24 days old. Zeid Mohamed is almost too young to smile but he lies sleeping, his mother watching through the glass. She has given her permission for me to see her baby. His father is a security guard, the couple married three years ago. There is no family record of birth defects. But Zeid has only four fingers on each of his little hands.
Dr Allani's computer files contain a hundred Zeids. She asks another doctor to call some parents. Will they talk to a journalist? "They want to know what happened to their children," she says. "They deserve an answer." She is right. But neither the Iraqi authorities, nor the Americans, nor the British – who were peripherally involved in the second battle of Fallujah and lost four men – nor any major NGO, appears willing or able to help.
When doctors can obtain funding for an investigation, they sometimes turn to organisations which clearly have their own political predetermination. Dr Allani's paper, for example, acknowledges funding from the "Kuala Lumpur Foundation to Criminalise War" – hardly a group seeking to exonerate the use of US weaponry in Fallujah. This, too, I fear, is part of the tragedy of Fallujah.
The obstetrician who asked to be anonymous talks bleakly of the lack of equipment and training. "Chromosome defects – like Down's Syndrome – cannot be corrected prenatally. But a foetal infection we can deal with, and we can sort out this problem by drawing a sample of blood from the baby and mother. But no laboratory here has this equipment. One blood transfer is all it needs to prevent such a condition. Of course, it will not answer our questions: why the increased miscarriages here, why the increased stillbirths, why the increased premature births?"
Dr Chris Busby, a visiting professor at the University of Ulster who has surveyed almost 5,000 people in Fallujah, agrees it is impossible to be specific about the cause of birth defects as well as cancers. "Some very major mutagenic exposure must have occurred in 2004 when the attacks happened," he wrote two years ago. Dr Busby's report, compiled with Malak Hamdan and Entesar Ariabi, says that infant mortality in Fallujah was found in 80 out of every 1,000 births, compared to 19 in Egypt, 17 in Jordan and only 9.7 in Kuwait.
Another of the Fallujah doctors tells me that the only UK assistance they have received comes from Dr Kypros Nicolaides, the head of Foetal Medicine at King's College Hospital. He runs a charity, the Foetal Medicine Foundation, which has already trained one doctor from Fallujah. I call him up. He is bursting with anger.
"To me, the criminal aspect of all this – during the war – was that the British and the American governments could not go to Woolworths and buy some computers to even document the deaths in Iraq. So we have a Lancet publication that estimates 600,000 deaths in the war. Yet the occupying power did not have the decency to have a computer worth only £500 that would enable them to say "this body was brought in today and this was its name".
Now you have an Arab country which has a higher number of deformities or cancers than Europe and you need a proper epidemiological study. I'm sure the Americans used weapons that caused these deformities. But now you have a goodness-knows-what government in Iraq and no study. It's very easy to avoid to doing anything – except for some sympathetic crazy professor like me in London to try and achieve something."
In al-Hadidi's office, there are now photographs which defy words. How can you even begin to describe a dead baby with just one leg and a head four times the size of its body?
Tomorrow: Sayef Ala'a, the five-year-old Fallujah child with no hearing in his left ear
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