di Piotr
23/3/2016
Vi ricordate Beppe Braida e le sue notizie a Zelig sui contrattempi di Berlusconi, che esposti in un crescendo di esagerazioni dai vari TG finivano col TG5 che decretava immancabilmente: "Attentato! Trattasi di attentato!"?
Il mainstream sta facendo un percorso inverso e partendo da veri, orrendi attentati dove persone reali, come me e come voi, hanno perso tragicamente la vita, in un retro-crescendo di panzane finisce per sminuire, volutamente, l’origine e il significato degli attentati di Bruxelles.
Attentati di questo tipo sono la quintessenza del caos sistemico che stiamo vivendo da decenni e sta avvicinandosi al suo showdown. In essi si intrecciano motivazioni diverse, soggetti diversi, obiettivi diversi. Ma motivazioni, obiettivi e soggetti non hanno tutti la stessa forza.
Lascia esterrefatti che l’Italia delle stragi non arrivi a questa elementare considerazione. Prendiamo la bomba di piazza Fontana a Milano del 12 dicembre 1969.
Il mainstream di allora, senza ritegno, senza nemmeno un debole accenno di dignità e indipendenza, partì in quarta immediatamente dopo la strage indicando negli anarchici i colpevoli. Ovviamente non si inventò da solo la falsa pista, ma era il megafono di qualcun altro.
Grazie alle controinchieste della sinistra militante (quella che allora si chiamava “sinistra di classe”), in particolar modo il Movimento Studentesco milanese e gli avvocati, i magistrati e i giornalisti democratici che il Movimento “egemonizzava” in senso gramsciano, il castello ufficiale di accuse crollò miseramente ed emersero le responsabilità di alcuni ambienti fascisti e dei cosiddetti “servizi deviati”, quelli che anni dopo si scoprì essere “embedded” alla Gladio, cioè la Spectre internazionale organizzata dalla Nato e dalla CIA.
Non è complottismo, sono atti giudiziari depositati e migliaia di pagine di documentate inchieste parlamentari.
Ora, anche negli anni Settanta c’erano studi seri che cercavano di capire perché esistessero antropologicamente e socialmente, prima ancora che politicamente, i neofascisti. Con ciò si poteva sostenere che le due stragi di Milano (piazza Fontana e Questura), di Brescia, o dell’Italicum (quella di Bologna è ancora poco chiara) fossero spiegabili con le turbe sociali e ideali dei neofascisti? No. Respingere questa spiegazione vuol dire negare che quelle turbe non ci fossero? No. Vuol dire fare un passo più su e cercare di capire la strategia dei “servizi deviati” e dei loro manovratori. Manovratori che non erano fascisti. Stando all’ex presidente Francesco Cossiga che in un periodo fu il sovrintendente di Gladio, in quell’organizzazione segreta i fascisti non erano ammessi, e i suoi padri fondatori in Italia erano ex partigiani, azionisti, socialisti e lamalfiani (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 8 luglio 2008).
Nessuno più nega che Arabia Saudita, Qatar e Turchia siano i principali sponsor e finanziatori dell’Isis. Il presidente Obama ha fatto dimettere il generale John Allen perché invece di combattere l’Isis lo aiutava. Il generale Petraeus, ex direttore della Cia, anch’egli rimosso da Obama, ha dichiarato spudoratamente al Senato che al-Qaida è un alleato naturale degli Usa. Dalla crisi in Afghanistan dell’epoca Brzezinski in poi gli Stati Uniti hanno rispolverato dalla soffitta della Storia il fondamentalismo islamico come problema internazionale. La Casa Saud, oltre che finanziatrice anche ispiratrice ideologica del peggior fondamentalismo islamico, vanta da sempre non solo un’alleanza strategica con Washington ma anche un’amicizia intima con pezzi grossi dell’establishment statunitense, a partire dalla famiglia Bush.
Sono dati di fatto. Di fronte ad essi è una questione di logica elementare fare il secondo passo in più e cercare di capire gli obiettivi dei padrini, ben più importanti delle motivazioni soggettive dei picciotti, importanti per altri versi, per altri ragionamenti (ad esempio quelli sull’integrazione) e in altri contesti, ma che non riescono a spiegare perché un candidato alle rivolte giovanili delle banlieue si ritrovi in Siria, Iraq e Libia con tra le mani un missile anticarro di ultima generazione, un carro armato, un visore notturno da combattimento o si ritrovi in Europa dotato di esplosivo ad alto potenziale, controllatissimo dai Servizi ma guarda caso, come al solito, non nel momento fatale.
Persino Lucia Annunziata sull’Huffington Post è costretta a scrivere apertis verbis: “Qualcuno paga l’Isis in Iraq e Siria così come qualcuno paga la sua rete terroristica in Europa”. Ma evita di dire chi.
Questo passaggio logico-metodologico è obbligatorio e a noi Italiani dovrebbe venire naturale, data la storia di stragi e di misteri che abbiamo sulle spalle. Ma i tempi dei movimenti della “sinistra di classe” sono finiti e assieme si è dissolto quell’ambiente democratico e indipendente di giornalismo e di inchiesta. Si va a spron battuto verso il cervello embedded. Erdoğan che distrugge la stampa non allineata e contemporaneamente le città curde, i Saud che hanno decretato che qualsiasi critica alla famiglia è considerata atto di terrorismo mentre sponsorizzano le maggiori organizzazioni terroristiche di sempre, non fanno altro che battere la traccia.
La civiltà occidentale sta perdendo, non perché vinta da nemici esterni, ma perché le sue élite le hanno stretto attorno una cintura esplosiva e la spingono al suicidio. Ciò che rimarrà della civiltà dell’Occidente forse sopravviverà in Oriente, in Russia, in India, in Cina. Un affascinante paradosso per i futuri storici e i futuri archeologi.
Purtroppo appena facciamo il famoso passo per vederci più chiaro ci imbattiamo nel caos sistemico che caratterizza anche i centri decisionali più importanti del pianeta. Per ora possiamo quindi farci solo due domande sensate.
a) Come mai mentre l’Europa sta discutendo se e come intervenire in Libia "contro l'Isis", il suo centro nevralgico viene provocato con un sanguinoso attentato? Per impaurirci? Per dirci di non provarci? O, al contrario, cosa che io ritengo più plausibile, per spingerci a lasciar perdere la prudenza e intervenire?
Cui prodest? chiederanno in molti. Domanda obbligata, ma ad oggi troppe risposte sono possibili.
b) Come mai i fratelli Bakraoui, oggi indicati come i responsabili dell’attentato all’aeroporto di Bruxelles, erano noti ai servizi segreti ma sono lo stesso riusciti a entrare in zone sorvegliatissime senza nemmeno tentare di camuffarsi? Anzi, stando ad alcuni servizi giornalistici, che considerare scritti da imbecilli rende poco, l’evidenza che siano proprio loro gli attentatori è dovuta proprio al fatto che sarebbero andati a farsi esplodere vestiti di nero e con la barba islamica “come i combattenti Isis” (sic!). Insomma, per questi “giornalisti” velinari sostenuti da una quantità insufficiente di neuroni, mancava poco che gli attentatori non entrassero nell’aeroporto con tutta calma sventolando il drappo nero del Califfato.
Finisco con un accenno agli sciacalli.
Salvini, evvabbè. Meloni, evvabbè. Le loro raffinate analisi non sono né più né meno che supporti collaterali alla versione ufficiale.
Poi abbiamo il simpaticissimo capo dell’Intelligence ucraina, Vasyl Hrytsak, che ha insinuato che la responsabile degli attentati in Belgio è … la Russia! Opinione che nemmeno i nostri russofobi hanno osato riportare (ma nemmeno hanno riportato i pestaggi del Gay Pride in Ucraina ad opera di nazionalisti e polizia. Infatti la presenza di omofobia in Europa deve essere registrata esclusivamente in Russia, toh, toh e toh).
Infine c’è lo sciacallaggio dell’epoca dei social network, dove subito sono girate le immagini dell’attentato all’aeroporto di Bruxelles. Peccato che fossero quelle dell’attentato all’aeroporto di Mosca del 2011. D’altra parte, certi media occidentali spacciano i successi russi contro l’Isis per successi americani.
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