Nel suo Primo Rapporto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 28 ottobre, il Relatore
Speciale sulla Palestina al Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU (UNHRC), Michael Lynk, ha
denunciato che il diritto allo sviluppo della Palestina è negato da Israele, responsabile di aver
causato un ambiente afflitto da povertà, disoccupazione “epica” e stagnazione economica. Per
questo Lynk ha chiesto a Israele di porre termine ai quasi 50 anni di occupazione dei Territori
Palestinesi, descrivendo un’economia “che non ha
paralleli nel mondo moderno” e un’atmosfera di
“disperazione” tra i cittadini palestinesi. Di fatto, ha
detto Lynk, Israele “sta ostacolando gravemente la
capacità della Palestina di raggiungere gli standard
minimi previsti dagli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile
(SDGs)”. In questo contesto, “l’insicurezza alimentare
sta divenendo più acuta”, mentre “la deliberata
fragmentazione da parte di Israele dei Territori Occupati
Palestinesi e la mancanza di sviluppo hanno un impatto
molto negativo sui diritti umani”. In particolare, Gaza ha uno dei tassi di disoccupazione più alti del
mondo – il 42% tra la popolazione in età da lavoro e il 58% tra i giovani - mentre il tasso di
disoccupazione in tutta la Palestina è cresciuto di 12 punti dal 1999, raggiungendo nel 2016 il 27%.
Una denuncia analoga è venuta da un altro Rapporto ONU, presentato il 24 novembre, che riguarda
l’Analisi sul Paese Comune (CCA) e che si sofferma sulle categorie più svantaggiate, identificando 20
gruppi in Palestina che rischiano di “restare indietro” a causa dell’occupazione israeliana. Tra questi,
i bambini, i rifugiati e i beduini. Robert Piper, Coordinatore dell’ONU per le Attività di Aiuto
Umanitario e Sviluppo, ha parlato della mancanza di autonomia e di diritti del popolo palestinese.
Sulla base della CCA, il Quadro di Assistenza allo Sviluppo in Palestina dell’ONU (UNDAF) costruirà
un piano per i prossimi 5 anni, in stretto coordinamento con il governo palestinese e coerentemente
con le priorità di quest’ultimo. Ma per risolvere i problemi derivanti dall’occupazione israeliana è
necessario innanzi tutto porre fine all’occupazione, attraverso un’azione politica internazionale.
Perché stando così le cose, “se oggi spingessimo per accordi bilaterali diretti, saremmo per alcuni
dei sognatori, per altri degli ingenui, certamente non saremmo realistici”: parola di Nickolay
Mladenov, Coordinatore Speciale delle Nazioni Unite per il Processo di Pace in Medio Oriente.
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