Nella foto: Norman Finkelstein in riva al mare a Brooklyn
di Philip Weiss
11/1/2017
Nel corso del nuovo anno, ho
avuto due conversazioni telefoniche con Norman Finkelstein sulla storica
risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite 2334 del 23
dicembre, che ha etichettato le colonie israeliane una flagrante violazione del
diritto internazionale. La trascrizione è leggermente accorciata.
Domanda: Dimmi cosa pensi
della risoluzione
Prima di tutto, parlando
strettamente del testo della risoluzione e non ancora della sua risonanza
politica, bisogna dire con chiarezza che si tratta di una buona risoluzione. E
conterei questo testo come una vittoria. Per le ragioni seguenti.
Numero 1, il testo inizia
riaffermando esplicitamente il principio di "inammissibilità
dell'acquisizione di territori con la forza." Questo è un fatto importante
per il seguente motivo. Quando quella dichiarazione fu messa nel paragrafo di
preambolo della risoluzione 242 delle Nazioni Unite [nel novembre 1967],
Israele combatté aspramente contro l'inclusione di questo principio, perché
vietava una revisione territoriale, e dunque Israele doveva restituire ogni
centimetro del territorio acquisito con la forza. Israele ottenne una sorta di
compensazione con la rimozione dell'articolo determinativo davanti a territori
nel testo della risoluzione [nella frase, "ritiro delle forze armate
israeliane da i territori occupati nel recente conflitto"]. Per diversi
decenni, Israele è riuscito a spostare l'intero dibattito, concentrandosi
esclusivamente sulla soppressione dell'articolo determinativo. Sono stati gli
stati arabi ad insistire sempre sul fatto che si deve guardare anche al
paragrafo del preambolo: l'inammissibilità dell'acquisizione di territorio con
la forza.
L'argomento usato da Israele
era il fatto che il paragrafo del preambolo non era così significativo come il
paragrafo operativo [ "ritiro delle forze armate israeliane da territori
..."]. Ebbene, in questa ultima risoluzione, si legge in conformità al
diritto internazionale, "l'inammissibilità dell'acquisizione di territori
con la forza", e quindi è una forte riaffermazione di tale principio. E la
frase è all'inizio della risoluzione. È interessante notare che la frase non è
nemmeno compensata come nella 242. Quella risoluzione aveva due dichiarazioni
introduttive. Quello citato, e un altro sul diritto degli Stati a vivere in
pace con i loro vicini. Che era stato inserito in favore di Israele. Questa
volta non se ne parla. Hanno solo menzionato la clausola di inammissibilità.
La risoluzione è importante
per un altro motivo. [L' ambasciatore israeliano] Ron Dermer è andato in giro a
dire: sappiamo chi ha scritto questa risoluzione, è stata sicuramente scritta
da un occidentale - giusticando l'affermazione di Netanyahu, che si tratti di
un complotto statunitense. Chiaramente non è così. Gli Stati Uniti non partono
dalla clausola di inammissibilità. Come emerge dal discorso di John Kerry, gli
USA danno per scontato che tutto il territorio sul lato orientale del muro è di
Israele, contraddicendo chiaramente la clausola di inammissibilità. Quindi
questa non è stata una risoluzione occidentale. Ciò che è occidentale nella
risoluzione è la parte che riguarda il terrorismo, l'osso gettato agli Stati
Uniti per ottenere la sua astensione.
Il quarto comma è pure molto
forte perché non solo condanna
"tutte le misure volte ad alterare la composizione demografica, il
carattere e lo stato dei territori palestinesi occupati dal 1967, compresa
Gerusalemme Est," ma menziona esplicitamente
gli insediamenti [ "tra cui ... la costruzione e l'espansione degli
insediamenti, il trasferimento di coloni israeliani, la confisca delle terre,
la demolizione di case e lo sfollamento di civili palestinesi, in violazione
del diritto umanitario internazionale e delle risoluzioni pertinenti "].
Questo è molto importante perché quello era il pomo della discordia negli
accordi di Oslo. L'accordo di Oslo diceva che non si può alterare il carattere
demografico ma non menzionava esplicitamente la costruzione di nuovi
insediamenti.
Quindi, in termini di legge,
questo è sicuramente un miglioramento rispetto all'accordo di Oslo. Si potrebbe
ricordare che a quel tempo, gente come Haider Abdel Shafi si rifiutò di
sostenere Oslo perché non diceva nulla circa gli insediamenti. Qui non si
tratta solo di "alterare la composizione demografica, il carattere e lo
stato", ma è compresa la costruzione e l'espansione degli insediamenti.
Per questo penso che sia una vittoria significativa.
La terza ragione per cui è una
vittoria è che si dice: "Ribadendo la sua visione di una regione dove due
Stati democratici, Israele e Palestina, vivono fianco a fianco in pace entro
confini sicuri e riconosciuti". Questo è pure estremamente importante,
perché nel suo discorso Kerry ha parlato di uno stato ebraico e di uno stato
arabo. Che è tecnicamente corretto perché sono i termini della risoluzione 181
delle Nazioni Unite, la risoluzione della partizione originale del 1947. In
questo caso sono stati usati termini diversi: due stati democratici, Israele e
Palestina. C'è stata molta attenzione a non dare in alcun modo un timbro di
approvazione a uno stato ebraico, sebbene John Kerry lo abbia fatto. Anche
questa è una grande vittoria.
Queste sono tutte cose che
Kerry e Samantha Power si sono sforzati di ignorare. Kerry ha affermato che non
vi à nessuna contraddizione con la politica degli Stati Uniti. Beh, la
risoluzione è di sicuro in contraddizione con l'attuale politica degli Stati
Uniti. Kerry ha mentito anche su un altro punto: ha detto che da molto tempo
gli Stati Uniti sostengono Israele come stato ebraico. Questo è completamente
falso. Non è mai emerso finora. La dichiarazione di parte israeliana circolata
durante i negoziati di Annapolis era il piano Olmert, presentato in privato ad
Abbas. Se si guarda il testo, non si fa menzione di riconoscere uno stato
ebraico. Questa pretesa è recente, è venuta con Netanyahu. Dunque, quando Kerry
nel suo discorso cerca di giustificarsi chiamando Israele uno stato ebraico
sulla base della politica di lunga data degli Stati Uniti, dice il falso.
È anche completamente falsa
l'affermazione di Samantha Power che considerare gli insediamenti come illegali
è una politica di lunga data degli Stati Uniti. Lo è stato fino a quando è
arrivato Obama, poi gli insediamenti sono diventati
"controproducenti". Sostenere che fossero illegali è esattamente ciò
che la politica degli Stati Uniti ha negato negli ultimi 8 anni. Nelle
conferenze stampa è stato chiesto esplicitamente se sono illegali. Risposta: noi
li chiamiamo controproducenti. Quindi c'è qualcosa di nuovo.
Inoltre è interessante notare,
e mi ha molto sorpreso, quando il testo dice, "...ribadisce che
l'istituzione da parte di Israele di insediamenti nei territori palestinesi
occupati dal 1967, compresa Gerusalemme Est, non ha alcun valore legale e
costituisce una flagrante violazione ai sensi del diritto internazionale".
Utilizzando questo linguaggio,
stanno definendo la politica di insediamenti un crimine di guerra. Se avessero
solo detto "violazione del diritto internazionale", questo non
costituirebbe necessariamente un crimine di guerra. Un crimine di guerra deve
essere caratterizzato da grave o flagrante violazione del diritto
internazionale.
Anche questa è una novità, o
piuttosto ciò che c'è di nuovo è che gli Stati Uniti sono d'accordo, sebbene lo
stiano negando facendo finta che sia una politica di lunga data degli Stati
Uniti. Assolutamente non lo è. Non avrebbero nemmeno definito illegali gli
insediamenti sotto Obama.
Ed è vero, sorprendentemente,
che hanno usato il linguaggio standard internazionale e hanno continuato a
includere Gerusalemme nel territorio occupato. E' vero che questa è una
politica di lunga data, ma non era certamente parte della politica degli Stati
Uniti nel corso degli ultimi 8 anni.
Il cuore della risoluzione
sono gli insediamenti. A mio parere, non dovremmo dare molta importanza alla
parte sugli atti di terrorismo e incitamento nei punti sei e sette. Si tratta
di un contentino dato agli Stati Uniti come modo per salvare la faccia, in modo
che Kerry potesse giustificare l'astensione. La risoluzione del 2011 [su cui
gli Stati Uniti posero il veto] non aveva questi paragrafi.
Quindi, nel complesso,
testualmente- non sto parlando delle ramificazioni politiche - è stata una
buona risoluzione, ed è molto diversa da quello che Kerry ha affermato nel suo
discorso: Kerry ha parlato di stati arabi ed ebrei, di scambi di terra, e ha
continuato a fare la distinzione fra la terra a est e ovest di quella che
chiamano "barriera di separazione".
Si dovrebbe essere molto grati
che l'amministrazione Obama non abbia intenzione di sostenere una nuova
risoluzione delle Nazioni Unite con i parametri di Kerry. Non vogliamo questo.
E' molto meglio avere questa risoluzione.
Passando al discorso di
Samantha Power, lei dice: "Oggi, il Consiglio di Sicurezza ha ribadito il
consenso consolidato sul fatto che gli insediamenti non hanno validità
legale."
Beh, questo è esattamente ciò
che non dicevano negli ultimi otto anni. Dicevano che non aiutano. Hanno
rifiutato di usare un linguaggio con valore giuridico. Ecco perché non credo
che sia una risoluzione occidentale. Il linguaggio usato nella presente
risoluzione è stata la lingua coerente in sede ONU almeno dal 1967 e non è stato
cambiato. Non vi è alcuna possibilità, nel contesto delle Nazioni Unite, di
iniziare ad utilizzare un linguaggio come "controproducente". Questo
in realtà è un punto molto importante. Immaginate una maestra che dice:
"Johnny, quando butti palline di carta a Sally durante l'ora di pranzo,
fai una cosa controproducente. Sarebbe ora di smetterla!". Che tipo di
linguaggio è? E' così infantile.
La lingua che
l'amministrazione Obama ha sviluppato è antitetica a tutta la natura delle
Nazioni Unite e del diritto internazionale. E' estremamente importante capire
che cosa gli Stati Uniti hanno fatto. Gli Stati Uniti sanno che cos'è la legge
e la temono, così è stato inventato un linguaggio che sfugge a ciò che dice la
legge. Per questo dicono "controproducente".
Poi, se si legge attentamente
il discorso di Kerry, si continua a dire che una risoluzione deve essere basata
sui rispettivi "bisogni" di entrambe le parti. Se si immette in una
funzione di ricerca la parola "bisogno" nel discorso di Kerry, la si
trova moltissime volte. Una risoluzione dovrebbe essere basata sulla legge. Ma
sanno benissimo che se ci si basa sulla legge, Israele perde su tutto e i
palestinesi vincono su tutto. Gerusalemme, come la presente risoluzione
chiarisce, Gerusalemme Est appartiene ai palestinesi. Gli insediamenti sono un
crimine di guerra secondo il diritto internazionale. Confini: tutta la West
Bank e Gaza sono territorio palestinese. Rifugiati: la legge da il diritto al
ritorno o una compensazione, sulla base della Risoluzione 194. Lo sanno che
basandosi sulla legge Israele perderebbe su ogni punto.
Hanno cercato di spostare o
riformulare il linguaggio, introducendo l'idea di bisogno. Come può una
risoluzione essere basata sulle necessità? Se Israele dice: "abbiamo
bisogno di Gerusalemme est", e i palestinesi dicono lo stesso, come si fa
ad arbitrare sulla base del bisogno? È possibile arbitrare solo sulla base del
diritto. Possono pensare di averne bisogno, ma non basta per un diritto legale.
Quindi tutta questa rifusione
del conflitto in termini di necessità e di cose che aiutano o non aiutano è un
deliberato tentativo di eludere la legge. Si può ridere, ma l'infantilismo del
linguaggio è calcolato. Serve a eludere quello che dice la legge.
D.: Dunque Netanyahu ha
ragione nel dire che gli Stati Uniti gli si stanno rivoltando contro?
Credo che quello che dice
Netanyahu sia corretto, che la risoluzione non è coerente in nessun modo con la
recente politica degli Stati Uniti. Penso che sia corretto. Non è coerente con
la recente politica degli Stati Uniti, che ha minimizzao se non ignorato il
fatto che Gerusalemme Est è territorio occupato palestinese, punto e basta.
Questo è quello che afferma ogni risoluzione e questa è la legge.
Numero due, l'amministrazione
Obama ha certamente offuscato il fatto che gli insediamenti sono illegali per
non parlare di un crimine di guerra. Almeno negli ultimi otto anni.
E' anche vero che Kerry sta
mentendo quando dice che gli Stati Uniti hanno sempre sostenuto l'idea di uno
stato ebraico. Questa è una grande bugia. Non è mai stata una questione
all'ordine del giorno, fino a quando Netanyahu non l'ha sollevata, sapendo che
non avrebbe mai potuto ottenere questo riconoscimento dai palestinesi.
Personalmente ritengo che la
formulazione usata da Kerry nel suo discorso non sia stata un disastro. Ha
usato la formulazione, "due stati per due popoli, uno ebraico e uno arabo,
con il riconoscimento reciproco e la piena parità di diritti per tutti i loro
rispettivi cittadini." Si potrebbe obiettare che le due cose sono
inconsistenti: come può esserci uno stato ebraico in cui tutti i cittadini
arabi godono di pieni diritti? Questa è la formula usata da [l' ex
ambasciatore] Dan Kurtzer, ed è chiaro Kerry se ne è appropriato. A mio avviso,
si tratta di una formulazione piena di tensioni, contraddizioni e attriti, ma
se si include la seconda clausola di bilanciamento non è un disastro. Risale
ovviamente alla risoluzione [di partizione del 1947] ONU 181, che chiedeva uno
stato ebraico e uno stato arabo, ma poi aveva tutte queste disposizioni sulla
assoluta parità di diritti in entrambi gli stati. Kerry è stato molto attento
ad avere la clausola di bilanciamento: tutti gli arabi in Israele devono godere
di piena parità di diritti come cittadini. Ma bisogna riconoscere che la
formulazione di Kerry è distinta dalla risoluzione delle Nazioni Unite, in cui
si parla solo di due Stati democratici, Israele e uno stato palestinese [
"Ribadendo la sua visione di una regione dove due Stati democratici,
Israele e Palestina, vivano fianco a fianco in pace entro confini sicuri e
riconosciuti"]. Io preferisco la risoluzione delle Nazioni Unite, penso
che sia la legge. Ma d'altra parte penso che la formulazione du Kerry non sia
un disastro. Credo che abbia detto due volte: ci deve essere piena parità di
diritti per tutti i cittadini arabi di Israele. Questa affermazione da parte
dagli Stati Uniti è un grande concessione. Obama avrebbe detto uno stato
ebraico e uno stato arabo, ma non ha mai affrontato il carattere democratico
degli stati.
Kerry ha un movente che si
potrebbe chiamare razionale nel promuovere l'insediamento dei due stati, in
termini di interesse nazionale, ed è interessante notare che questo arriva alla
fine del suo discorso. Quando Kerry dice:
"Con la pace israelo-palestinese,
Israele, Stati Uniti, Giordania, Egitto - insieme ai paesi del CCG - sarebbero
pronti e disponibili a definire un nuovo partenariato per la sicurezza della
regione, che sarebbe assolutamente innovativo."
Poi dice un po' più avanti:
"Nel frattempo, le sfide della
sicurezza potrebbero essere affrontate da un
accordo di sicurezza completamente nuovo, in cui Israele collabora
apertamente con alcuni stati arabi chiave."
Così Kerry riconosce che,
anche se i sauditi già cooperano con Israele di nascosto, per rendere questo
accordo aperto e più efficace, si deve risolvere il conflitto israelo
palestinese: è un ostacolo alla collaborazione aperta tra Israele e i sauditi.
Così, quando fa questo discorso, si
rivolge anche ai sauditi, e deve includere qualcosa sull'uguaglianza dei
diritti degli arabi in Israele, perché non potrebbero davvero accettare uno
stato ebraico e basta.
E' interessante notare i
titoloni su Haaretz di oggi, sul fatto che gli stati arabi hanno approvato il
discorso di Kerry. Barak Ravid fa notare che hanno approvato la clausola sullo
stato ebraico. La mia ipotesi è che questo è ciò che Kerry voleva, e per farlo
ha dovuto mettere quel punto di
bilanciamento su diritti pieni ed eguali.
Ma per il resto non c'è alcun
interesse nazionale degli Stati Uniti nel tentativo di risolvere il conflitto.
Se si guarda al discorso di Kerry, ha continuato a parlare di un interesse
statunitense nella questione. Ma le motivazioni sono piuttosto deboli. Afferma
di aver lavorato in modo così intenso
per una semplice ragione: perché la soluzione dei due Stati è l'unico
modo per raggiungere una pace giusta e duratura tra israeliani e palestinesi.
Bene, ma questo non ha nulla a
che fare con gli Stati Uniti.
"È l'unico modo per garantire il futuro
di Israele come stato ebraico e democratico, che vive in pace e sicurezza con i
suoi vicini."
Anche questo non ha nulla a
che fare con gli Stati Uniti.
"E' l'unico modo per garantire un
futuro di libertà e di dignità per il popolo palestinese."
E quando mai gli Stati Uniti
hanno avuto a cuore questa cosa?
"Ed è un modo importante per
promuovere gli interessi degli Stati Uniti nella regione."
L'unico interesse discernibile
è quello che di fronte all'Iran abbiamo bisogno di avere un dialogo aperto e
palese di collaborazione tra Israele e i sauditi. Questo è quello che concludo.
Continuo a pensare che sia un interesse nazionale relativamente debole, ma è
ancora un interesse nazionale. Il discorso è stato in parte progettato per
ottenere il consenso degli arabi al suo piano di pace.
D.: qui solleverei un punto
convenzionale, espresso dal [ministro della Difesa designato] generale James
"Cane pazzo" Mattis: paghiamo un prezzo in tutto il Medio Oriente per
il nostro sostegno a Israele. Una parola inglese che ogni arabo conosce è
"giustizia", come scoprii arrivando in taxi a Damasco 10 anni fa, e
loro non considerano la nostra politica come giusta. Osama bin Laden si
riferiva ai palestinesi in modo prominente. Tutto ciò non è implicitamente un
interesse americano nel discorso di Kerry sulla pace in Medio Oriente?
Servirebbe una lunga
discussione per approfondire l'argomento. Si può avere quello che si potrebbe
chiamare un interesse nazionale teorico, astratto, generale. Poi c'è un
interesse nazionale che sta premendo su un'amministrazione, che nel caso degli
Stati Uniti è bombardato da crisi ogni giorno. Questo fa parte della natura di
essere una superpotenza. La domanda è: come si fa a fare un ordine del giorno?
Prendiamo il caso di Jimmy Carter, quando ha negoziato l'accordo di Camp David
nel 1978: lì c'era un interesse molto pressante. L'interesse era che Israele
occupava un territorio, Sadat era determinato a rivolere indietro la sua terra.
C'era una quantità enorme di insoddisfazione nel mondo arabo-musulmano in quel
momento, perché gli Stati Uniti stavano sostenendo Israele che occupava terra
araba, e l'Unione Sovietica stava capitalizzando il malcontento. E c'erano
regimi della regione che erano in sintonia con l'Unione Sovietica. C'erano
tutta una serie di fattori che premevano così forte sugli Stati Uniti che
Carter decise di farne il suo punto principale all'ordine del giorno quando
entrò in carica: risolvere il conflitto israelo palestinese. E devo dire che di
recente ho letto i due volumi FRUS dedicati a Camp David. Si tratta di circa
3000 pagine. Carter è stato incredibile. Era straordinariamente intelligente,
acuto, e impegnato. Tanto di cappello. Carter ha chiarito che questo non aveva
nulla a che fare con i diritti umani, era una questione di interesse nazionale.
E vi ha investito una grande quantità di tempo. Perché c'era un interesse
pressante: il petrolio e la regione in subbuglio a causa di questa occupazione.
Ora fai il paragone con gli
anni di Obama: il problema causato dal
conflitto israelo-palestinese è molto vago e di lunga data. Il fatto è che,
come penso sarai d'accordo, dall'11 settembre, e certamente negli ultimi 8
anni, a causa di quello che è successo con la primavera araba e la
disintegrazione di Iraq, Bahrain, Afghanistan, non c'è stato un problema
urgente legato alla Palestina. Quindi penso che Netanyahu abbia ragione nel
dire che tutta la questione palestinese è morta. Certamente è stata notevolmente
messa in secondo piano dagli eventi in Siria. Senza neanche scomodare la Libia,
lo Yemen e altri paesi; allora lui dice: perché diavolo lo stai facendo proprio
adesso, qual è il motivo?
D.: E tu come rispondi?
La mia risposta è semplice.
Obama lo sta facendo perché è un narcisista che vuole pareggiare i conti per
quello che Netanyahu ha fatto durante, e non solo, la guerra diplomatica
sull'Iran, quando il razzismo è venuto fuori esplicitamente. Obama non poteva
sopportare il modo razzista con cui è stato trattato da Netanyahu, sicuramente
ha avuto la pazienza di Giobbe, e stava aspettando una opportunità, che è
arrivata alla fine della sua presidenza. Credo che questo sia un fattore.
Questo è il fattore a pelle.
Il fattore narcisista è il
fatto che il bilancio di Obama su
Israele-Palestina è terribile. I peggiori massacri della storia del conflitto
dal 1982 e l'invasione del Libano ( quando ci furono i massacri peggiori e più
eclatanti) si sono verificati sotto i suoi occhi. L'operazione Piombo Fuso inizia
il 27 dicembre 2008. Non dice una parola anche se è già il presidente eletto.
L'operazione si conclude il 18 gennaio, perché Obama segnala a Israele di non
volere alcuna distrazione dal suo insediamento. Quindi è meglio terminare
l'operazione ora. Si conclude il 18. Lui viene insediato il 20. Operazione
Bordo protettivo, 2014: non sarebbe potuto accadere se non per Obama. E durante
tutta l'operazione, Obama continua a dire che Israele ha il diritto di
difendersi, Israele ha il diritto di autodifesa. Solo alla fine condanna
l'operazione dopo che anche Ban Ki-moon ha condannato i bombardamenti per la
settima volta, e viene colpita la scuola UNRWA convertita in rifugio. Ovvero
quando è abbandonato da tutto il mondo, compreso il suo fantoccio comatoso Ban
Ki-moon.
Il suo bilancio su Israele e
Palestina era un abominio. In realtà è stato divertente vedere come Samantha
Power e Kerry se ne vantavano. Hanno ripetuto più e più volte, che per la prima
volta in tutta la storia moderna del conflitto, non una risoluzione del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ostile a Israele o non gradita a
Israele era passata nel corso di una presidenza americana. Non una. E
continuavano a vantarsene per dimostrare quanto hanno sostenuto Israele. E'
stato un riflesso del modo servile e strisciante con cui hanno sostenuto
Israele. So che sembra una meschinità, ma la politica è anche meschinità. E
Obama voleva qualcosa per redimersi nelle sue memorie sul conflitto
israelo-palestinese, così ha accettato di astenersi sulla risoluzione.
D.: Che importa se lo fa per
le ragioni peggiori?
Come ho detto, penso che sia
stata una buona risoluzione. La domanda è: che cosa ci facciamo. Ci sono state
letteralmente decine di risoluzioni del Consiglio di sicurezza e dell'Assemblea
Generale e di pareri della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) che
condannano gli insediamenti come illegali. Se si guarda rigorosamente al testo,
è una buona risoluzione e sono contento che sia passata. In termini di
potenziale politico, che è un discorso a parte, non è molto, e Obama non lo ha
fatto per motivi politici, l'ha fatto per futili motivi narcisistici personali.
Per quanto riguarda il motivo
per cui Kerry ha pronunciato il suo discorso, questo per me è molto chiaro.
Perché Kerry ha investito nove mesi - abbiamo già dimenticato l'iniziativa di
Kerry - ma ha investito nove mesi in quei colloqui e se vi ricordate nella sua
prima conferenza stampa dopo che i colloqui sono falliti, ha detto - dopo che
Israele ha annunciato che stava per costruire nuovi insediamenti, ricordate -
ha detto: i colloqui sono finiti. Per questo è arrabbiato di aver sperperato
così tanto tempo ed energie su una iniziativa a cui aveva attaccato la sua
persona e la sua reputazione, e non se ne fece nulla a causa degli israeliani.
D.: Per un momento prendiamo
le persone in parola. Perché non farebbe parte della loro motivazione, a
prescindere da ego personale e lascito, la visione di una soluzione a due
Stati, che anche tu valorizzi? Come se sul letto di morte, abbiano voluto inviare
un allarme al mondo?
Non è così perché avrebbero potuto farlo mesi fa, quando
avrebbero potuto fare qualcosa di politicamente efficace per invertire quello
che stava succedendo. Non possono essere presi sul serio nel voler avere un
impatto politico nelle ultime due settimane e mezzo in carica. Cornel West ha
detto l'altra settimana, non ricordo in quale contesto: Obama è molto bravo nei
gesti simbolici. Questo è solo un atto simbolico. Non è politica.
D.: Ma come Cornel West ha
osservato la scorsa estate, Hillary Clinton non voleva che Obama facesse nulla
sul conflitto
Su questo sono assolutamente
d'accordo. Se Schumer fosse stato leader della maggioranza al Senato e Hillary
fosse stata eletta, avrebbero ucciso la risoluzione. Senza alcun dubbio.
Tutto questo è risibile. Sostengono che la risoluzione non
ha nulla a che fare con gli Stati Uniti. Veniva da altri, non vi era alcuna
iniziativa degli Stati Uniti. La questione non è mai stata da chi sia venuta
l'iniziativa, la questione era se gli Stati Uniti la avrebbero sabotata, se gli
Stati Uniti l'avrebbero fermata, e il fatto è che gli Stati Uniti non lo hanno
fatto. Hillary Clinton era molto orgogliosa di aver sabotato il rapporto
Goldstone. Quindi la domanda è perché questa volta non c'è stato sabotaggio.
Perché questa volta non hanno impedito quello che Samantha Power e Kerry hanno
orgogliosamente impedito negli ultimi 8 anni: una risoluzione del Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite. Si può pensare seriamente che non avrebbero
potuto impedire a Nuova Zelanda, Malesia, Venezuela e Senegal di mettere
insieme una risoluzione del Consiglio di Sicurezza? Barack Obama non avrebbe
potuto chiamare il primo ministro della Nuova Zelanda e dirgli di non farlo? Ma
dai! Hanno chiaramente voluto che accadesse. La domanda è perché.
Dire che volevano salvare
l'accordo dei due stati, trovo che non sia plausibile. Hanno avuto otto anni
per farlo. I coloni sono cresciuti di 100.000 unità sotto Obama. Mi stai
dicendo che se ne sono accorti ora? Lo hanno appena rilevato sui loro schermi
radar? Quando la presidenza Obama ha avuto inizio, c'erano 500.000 coloni, e
ora sono 600.000, sono aumentati del 20 per cento. Non se ne era accorto?
Sono assolutamente d'accordo
che volevano la risoluzione .... sono assolutamente d'accordo con Netanyahu che
gli Stati Uniti in qualche modo sono dietro alla risoluzione. Non in termini di
prendere l'iniziativa. Ma avranno segnalato agli inglesi: se lanciate la patata
bollente, noi non vetiamo. Poi i britannici hanno negoziato con la Nuova
Zelanda.
D.: Ma gli Stati Uniti hanno
approvato una risoluzione che secondo te fornisce un percorso chiaro di azione
contro gli insediamenti. Perché gli Stati Uniti non hanno annacquato il testo?
La mia risposta è che l'ONU
nel bene e nel male opera sulla base dei precedenti. Non è possibile modificare
radicalmente l'intero corpo di risoluzioni. La risoluzione inizia elencando 1,
2, 3, 4 ... 10, precedenti risoluzioni. Non puoi bruscamente premere il tasto
cancella. Semplicemente, non è questo il modo in cui funziona l'ONU. Non hanno
potuto aggirare l'ostacolo.
Tutto quello che dovete fare è
giustapporre il discorso di Kerry alla risoluzione per vedere quanto sia
diversa la politica degli Stati Uniti. Se lui ha aderito alla risoluzione, è
perché ha riconosciuto che non si poteva fare altrimenti. È per questo che ho
sempre sostenuto nelle presentazioni pubbliche e nei miei scritti, che questa è
la legge, ed è molto difficile cambiarla.
D.: C'è altro?
Non pretendo di essere
esaustivo, ma ci sono molte cose su cui riflettere e commentare. Ad esempio
Samantha Power ha rimproverato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
per non aver adottato alcuna azione quando il governo siriano prendeva di mira
gli ospedali, i civili. Beh, capisci il punto: lo stesso governo degli Stati
Uniti ha bloccato ogni azione quando Israele ha preso di mira gli ospedali e i
civili di Gaza.
D.: Ora raccontami le
conseguenze politiche
Ovviamente, questa è la
domanda più importante e tutto questo esercizio lascia appesa la questione.
Bene, come sappiamo, già nel 1980 è
stata approvata una risoluzione delle Nazioni Unite che condannava gli
insediamenti e chiedeva il loro
effettivo smantellamento. E molta acqua è passata sotto i ponti da
allora. Abbiamo avuto la sentenza della Corte internazionale di giustizia (CIG)
nel 2004, che ha ribadito l'illegittimità di tutti gli insediamenti. Il che
vale a dire che c'è già un grande archivio di risoluzioni e dichiarazioni in
Assemblea Generale, e anche dal corpo giuridico più rispettato al mondo, la
CIG, per non parlare del Comitato internazionale della Croce Rossa e tutti i
tipi di organizzazioni per i diritti umani , i quali hanno dichiarato gli
insediamenti illegali. Uno scettico direbbe, a cosa serve un'altra risoluzione?
Abbiamo già tanti documenti rispettati tra cui le risoluzioni del Consiglio di
Sicurezza che condannano gli insediamenti. Come può quest'ultima cambiare
qualcosa?
È comprensibile questo tipo di
scetticismo sulla presente risoluzione. Vorrei però fare il punto seguente.
Penso che ci sia un grande equivoco su quale sia lo scopo di queste
risoluzioni. E' abbastanza chiaro che non verrà eseguita, almeno nell'attuale
allineamento o configurazione di forze. Non la si sta rendendo esecutiva,
perché gli Stati Uniti bloccheranno ogni misura di attuazione. Ci sono state
speculazioni che questa risoluzione delle Nazioni Unite possa servire come
munizione per la Corte Penale Internazionale (CPI) per procedere con le indagini
sui crimini israeliani. Supponiamo che la CPI dichiari Israele colpevole di
aver commesso crimini di guerra, che è una possibilità molto remota a mio
parere, ma supponiamo che lo facciano. Il risultato è lo stesso, un documento
inapplicabile.
La questione chiave è la
questione politica. Come si ottiene che questi documenti siano attuati? La mia
opinione è che non si tratta solo di pensiero o di analisi sul significato di
questi documenti. Qui penso che le lezioni più importanti da cui imparare
provengono dal movimento sionista, dal modo in cui hanno preso documenti e
dichiarazioni, che fossero la Dichiarazione Balfour di 100 anni fa o la
risoluzione di spartizione del 1947, e hanno trasformato questi documenti per
molti versi marginali: Arthur Balfour era un ministro degli esteri anonimo, e
la risoluzione di spartizione non era nemmeno una risoluzione del Consiglio di
Sicurezza, si trattava di una risoluzione dell'Assemblea generale, una delle
migliaia di delibere della AG. Come ha
fatto il movimento sionista 100 anni dopo ad imprimere questa Dichiarazione
Balfour e la risoluzione di spartizione delle Nazioni Unite nella mente del
pubblico? Come Abba Eban ha poi commentato, l'Assemblea generale aveva dato a
Israele un certificato di nascita. Come si è arrivati al fatto che noi tutti
conosciamo questo certificato di nascita?
E qui la risposta è che il
movimento sionista aveva capito che i documenti, anche se non necessariamente
attuati, possono diventare una forza politica se si sa come mobilitare il
pubblico a loro supporto, e giustificare sia l'applicazione del documento per
conto proprio, come il movimento sionista fece nel 1947 con la legittimità
accordata dalla risoluzione di spartizione e dalla dichiarazione Balfour, sia
mobilitare abbastanza l'opinione pubblica in modo tale che la Gran Bretagna si
sentisse costretta a dare seguito alla dichiarazione. Ci sono stati molti
momenti in cui gli inglesi volevano annullare la Dichiarazione Balfour perché
sembrava in conflitto con i propri interessi. E alla fine in effetti lo fecero,
nel 1939. Ma il movimento sionista sapeva come utilizzare questi documenti di
legittimità. Invece l'OLP continuava a dire dopo il 1970, in particolare Arafat
e i suoi luogotenenti, che alla loro causa non era stata accordata legittimità
internazionale. In realtà la sua legittimità era stata sancita in varie
risoluzioni, in questo caso risoluzioni dell'Assemblea generale, quando Arafat
stava parlando.
Questo è ciò che le
risoluzioni, le sentenze dell'Alta Corte o della CIG, o anche una sentenza
della CPI, possono fare. In tale contesto, ritengo che la risoluzione sia una
vittoria. Si dispone di un nuovo documento che utilizza un linguaggio diretto e
inequivocabile, dicendo che Israele sta commettendo crimini di guerra nei
territori occupati, i suoi insediamenti sono un crimine di guerra. E cosa ci
facciamo? Come si fa a ripetere ciò che il movimento sionista è riuscito a
fare? Perché il movimento sionista ha capito - e sottolineo, sottolineo e metto
in grassetto - ha capito il valore della pubblica opinione. Hanno capito che se
si vuole vincere questa causa, si deve avere l'opinione pubblica dalla propria
parte.
Andiamo nel dettaglio. Se i
palestinesi avessero una vera e propria guida, cosa che non hanno in questo
momento, dal giorno successivo all'approvazione della risoluzione avrebbero
organizzato una strategia e mobilitato la popolazione in Cisgiordania per
marciare in qualche modo sugli insediamenti, fare blocchi stradali, rendendo la
vita molto infelice per quegli insediamenti e dire: stiamo semplicemente
attuando il diritto internazionale. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite ha detto che questi insediamenti sono un crimine di guerra, e stiamo
cercando in modo non violento di annullare il crimine di guerra o di sanzionare
Israele per questo crimine di guerra. Una volta che avete la legittimità di
tale risoluzione, e in questo caso davvero mozzafiato, l'astensione USA, che
significa che gli USA non negano la legittimità della rivendicazione
palestinese, e non nega che Israele sta commettendo crimini di guerra, c'è una
reale possibilità. E tutti sappiamo quanto l'opinione pubblica degli Stati
Uniti e l'opinione pubblica ebraica negli Stati Uniti sia ostile a questi
insediamenti.
E ora si dispone di un
documento. Si dispone di un certificato di illegittimità, un certificato di
illegalità e un certificato di criminalità, e i palestinesi possono appoggiarsi
a questi documenti in proprio, e anche in modo coordinato con il movimento di
solidarietà internazionale, per tentare di far rispettare tale risoluzione.
Questa purtroppo è la realtà,
dobbiamo tenerlo a mente, degli ultimi 30-40 anni. Questo è il dramma del
conflitto. Si prenda il caso della sentenza della Corte Internazionale di
Giustizia del 2004, sulla illegalità del muro. Proprio in quel momento, si deve
ricordare che Israele era in preda al panico già quando il procedimento era
ancora nella sua fase infantile, prima che passasse dal giudizio della corte.
Stavano discutendo se assentarsi o meno,
ignorare la sentenza o presentare un ricorso, erano molto spaventati da
quella sentenza. E la cosa tragica di tutta la faccenda, è che in realtà era
stata brillantemente orchestrata da Nassar al-Qudwe, che era al momento il
rappresentante dell'Olp alle Nazioni Unite. A detta di tutti, fece un lavoro
molto brillante, reclutando i migliori avvocati internazionali in tutto il
mondo per articolare e sostenere il caso palestinese, ed è stata una splendida
vittoria.
Ma cosa è successo? Niente.
Perché non c'è una leadership palestinese che capisce ciò che bisogna fare con
queste vittorie.
Il lato negativo è che se non
si fa nulla, i documenti sono inutili, pronti ad essere archiviati in un
cassetto. Chi ricorda la sentenza della CIG? Israele aveva perso su tutta la
linea e i palestinesi avevano vinto. Hanno dichiarato Gerusalemme Est parte dei
territori palestinesi occupati, hanno dichiarato gli insediamenti illegali,
l'inammissibilità di acquisizione di territori con la guerra. La sentenza
affermava: Numero uno, che il muro era illegale. Numero due, Israele doveva
smantellare il muro. Numero tre, Israele doveva pagare un risarcimento per i
danni causati dal muro. E numero quattro, se Israele non avesse smantellato il
muro, la comunità internazionale aveva l'obbligo di fare qualcosa. Era una
grande opportunità di organizzare una marcia sul muro, come la marcia del sale
di Gandhi, tenendo la sentenza della CIG in una mano e un martello nell'altra,
e dire: stiamo abbattendo il muro come ordinato dalla CIG. Non è successo
niente. Questo è il problema.
La lunga sequenza di
precedenti risoluzioni può dare adito a cinismo. Ma non possiamo essere così
cinici da non constatare che si tratta di una risoluzione forte, che semplicemente
uccide legalmente l'occupazione israeliana, e così cinici da non riconoscere il
fatto che l'astensione degli Stati Uniti sia una grande vittoria.
D'altra parte sono esasperato
nel sentire tutti questi avvocati parlare dell'importanza di un procedimento
della CPI. Ci sono già le vittorie sulla carta. Il problema non è ottenere
questi documenti, il problema è come servirsene.
D.: Quando si parla del
successo dei sionisti, è difficile parlare della Dichiarazione Balfour o della
partizione senza parlare del problema ebraico in Europa. Questo è diventato una
questione tragicamente urgente. Hai parlato della risoluzione ONU 181 come
avente forza di legge
La 181 non aveva forza di
legge. Tuttavia, il movimento sionista l'ha così ampiamente pubblicizzata e si
è appoggiato su di essa fino a trasformarla in un documento che faceva
giurisprudenza.
D.: La legge è una forma di
opinione, e ci sono state occasioni in cui hai detto che c'è questo edificio di
opinione sulla necessità di uno stato ebraico - un consenso con cui coloro che
sono anti-sionisti e non vogliono la partizione devono fare i conti
L'affermazione "uno stato
ebraico" è molto ambigua e può essere riempita con molti contenuti
differenti. Certamente la risoluzione 1947 della partizione è piena di
ambiguità e si potrebbe dire attrito se non contraddizione, in quanto prevede
due stati, uno ebraico, uno arabo. Ma enfatizza anche che in entrambi gli stati
ci deve essere completa, esauriente, totale parità di diritti per entrambi i
popoli.
D.: Tu hai affermato che
questo consenso è consolidato. Ma se si guarda a un recente articolo apparso
sul Los Angeles Times, i palestinesi chiedono: beh, cosa ne dite di uno stato
con uguali diritti? O anche Buzzfeed solleva la possibilità di uno stato unico.
Questa risoluzione in qualche modo scalfisce il consenso storico sul fatto che
ci dovrebbe essere uno stato ebraico?
Penso piuttosto il contrario.
Forse siamo su lunghezze d'onda diverse. Tutta la risoluzione è ancorata e
incorporata al concetto di due stati. Perché questo è ciò che rende gli
insediamenti illegali. Non si parla di Tel Aviv o Haifa o di qualsiasi punto
all'interno della Linea Verde come di insediamenti illegali. Ciò che rende un
insediamento illegale è che sia in territorio occupato, e la Convenzione di
Ginevra afferma che per una potenza
occupante è illegale trasferire la
popolazione. La risoluzione è chiaramente ancorata come si dice più volte, fino
alla nausea, alla creazione di due Stati democratici, Israele e Palestina, e
cita tutti i documenti a riguardo, compresa la "Roadmap" e Oslo.
L'interezza del testo, il suo quadro così come lo spirito e la lettera del
testo, sono precisamente ancorati ai due stati.
D.: Alcuni hanno interpretato
il discorso di Kerry come un discorso funubre per la soluzione dei due Stati.
Yousef Munayyer ha sottolineato che Kerry aveva stabilito una data limite alla
soluzione dei due stati, che è ormai scaduta. Kerry in pratica si riferiva a
uno stato. Gli interventi al Consiglio di sicurezza riflettono la disperazione
di non aver mai creato uno stato palestinese, nonostante 70 anni di promesse. E
sì, io vivo in un covo di anti-sionisti; ma questa sensazione sulla possibile
morte della soluzione a due stati sta emergendo anche in alcuni media
mainstream
Capisco quello che stai
cercando di dire. Ma stasera per me è troppo tardi per aggiungere punti al
dibattito. Sto parlando ora come una persona che è interessata non solo a
teorie, non solo in esegesi testuale, ma soprattutto alla politica. E il motore
della nostra conversazione di questa sera è stato: cosa si può fare con la
risoluzione. La mia convinta opinione è che quello che si può fare, se ci fosse
un movimento, è che sarebbe possibile utilizzare la risoluzione per prendere di
mira gli insediamenti. Si può utilizzare la risoluzione per prendere di mira la
linea verde? No. Si può utilizzare la risoluzione per cercare di implementare
una giusta soluzione della questione dei profughi? La risposta è no.
La ragione per cui mi hai
chiamato e il motivo per cui abbiamo avviato tutta questa conversazione è
questa risoluzione, e credo che in tale risoluzione come nella decisione della
CIG, ci siano reali possibilità di azione politica. Non vi è nulla nella
risoluzione che rafforzi la possibilità di una soluzione di stato unico. E'
proprio il contrario. L'ironia è che le persone che sostengono uno stato sono
le stesse persone che rendono vacua quest'ultima risoluzione. Cosa voglio dire?
Se guardo il libro di Ali Abunimah su uno stato [Uno stato: Un'audace proposta
per porre fine al conflitto israelo-palestinese, Impasse 2007], dice che non si
oppone agli insediamenti. Lui afferma che gli insediamenti possono rimanere in
uno stato unico. Ed è la stessa cosa che dice Virginia Tilley nel suo libro [La
soluzione a Uno Stato, 2010]. Quindi, dal punto di vista dei sostenitori di un
solo stato, viene meno la particolare attenzione per gli insediamenti. Si dice
che gli insediamenti vanno bene, che non sono un ostacolo alla soluzione del
conflitto. L'ironia è che i fautori di un stato distruggono il significato di
risoluzioni come quella che è stato appena approvata. Gli insediamenti creano
solo un problema, come ha detto Kerry nella solo parte del suo discorso che
aveva sostanza- quando ha detto che gli insediamenti stanno distruggendo lo
stato palestinese. Se avete intenzione di discutere su uno stato unico, allora
una risoluzione che dichiara gli
insediamenti illegali è del tutto irrilevante. Non si può avere entrambe le
cose. Non è possibile dichiarare una vittoria il fatto che l'ONU abbia
dichiarato gli insediamenti illegali e un crimine di guerra, e poi d'altra
parte dire che si sostiene uno stato. Almeno Ali Abunimah e Virginia Tilley
sono coerenti.
D.: Trump
Sono d'accordo con il
Professor Chomsky, che dice che una cosa prevedibile su Donald Trump è che sarà
imprevedibile. Non si può davvero dire dove si sta per andare con lui. La mia
ipotesi è che il conflitto israelo palestinese - a meno che non ci sia una recrudescenza
di resistenza popolare di massa che non sarebbe evidentemente stimolata o
orchestrata dalla dirigenza, ma potrebbe essere spontanea - in assenza di ciò,
il conflitto sarà quiescente, e Trump sarà concentrato sull'economia e sul fare
alcune cose selvagge a livello internazionale, ma Israele/Palestina non sarà
sul suo radar.
D.: Sposterà l'ambasciata a
Gerusalemme?
Non ne ho idea. Ma ne dubito,
non vorrà essere distratto. E non ci guadagna nulla. Gli può causare solo guai.
D.: Stiamo assistendo a un
conflitto gestito?
Sì. Ora sono pessimista. Non
lo dico forte perché non voglio versare acqua fredda sugli sforzi della gente.
Ma parlando sul piano rigorosamente personale, ho appena completato un grande
libro su Gaza, circa 450 pagine. Dico fondamentalmente che sto scrivendo per la
storia. Non sto scrivendo per la politica, perché non la vedo: Gli Stati Uniti
in combutta con le potenze europee che lavorano insieme con la leadership
palestinese hanno trovato un modo per stabilizzare il conflitto. E il popolo
palestinese ne è uscito, almeno per ora e non voglio fare previsioni,
sconfitto. Ma non credo, come ho detto 1000 volte, che non ci siano opzioni.
Penso che sia molto difficile ora. Perché tra le altre cose, il conflitto è
stato oscurato da altre catastrofi regionali. E gran parte del mondo arabo è
molto vicino ad allinearsi apertamente con Israele, e questo non ha precedenti.
Bisogna ricordare, nel caso del Sudafrica, che sarebbe stato inconcepibile che
la lotta di resistenza al regime sudafricano andasse molto lontano se non fosse
stato per il sostegno regionale. L'intera Africa considerava l'apartheid un
tale affronto a tutte le popolazioni africane che tutta l'Africa è stato unita
nella lotta per abbattere l'apartheid. E per un lungo periodo di tempo,
l'analogia col mondo arabo funzionava. La lotta palestinese aveva una profonda
risonanza nel mondo arabo/musulmano. I regimi arabi per quanto corrotti
dovevano pagare un qualche tipo di servizio alla causa palestinese. Ma ora è
finita. Hanno perso quella base regionale per la lotta. E' una grande battuta
d'arresto.
D'altra parte, il movimento di
solidarietà non è morto. E penso che ci sia motivo di sperare. Il movimento di
solidarietà adesso è in contrazione. Ma ci sono certamente le possibilità e le
potenzialità per risvegliare tutta la forza del movimento di solidarietà
tramite nuovi alleati nella comunità ebraica, in particolare giovani ebrei. Ci
sono reali possibilità, ma è molto più difficile ora a causa del crollo del
sostegno regionale.
Se la si guarda storicamente,
è molto significativo notare che durante, per esempio, gli anni di Carter,
anche quando Carter eseguiva il ritiro israeliano dal Sinai egiziano, era molto
preoccupato del fatto che se non avesse potuto ottenere qualcosa per i palestinesi,
poiché la causa palestinese aveva così tanta risonanza nel mondo arabo, [il
presidente egiziano Anwar el-] Sadat sarebbe rimasto molto isolato e gli Stati
Uniti lo sarebbero stati di conseguenza, isolati nella regione. Non aveva
nessuna particolare preoccupazione umanitaria, ma aveva capito la potenza e la
risonanza della causa palestinese nel mondo arabo. A meno di non ottenere
qualcosa per loro, gli Stati Uniti sarebbero rimasti molto isolati nella
regione, per aver trascinato l'Egitto fuori dal fronte arabo senza dare nulla
ai palestinesi. Fino letteralmente all'ultimo giorno del suo mandato, ha
combattuto con le unghie e con i denti con [il primo ministro israeliano
dell'epoca Menachem] Begin per concedere
qualcosa, qualsiasi cosa, al regime di autonomia palestinese, per salvare la
faccia a Sadat. In realtà, la verità della questione è, ed è una cosa dura da
dire, che Carter è stato personalmente responsabile per l'assassinio di Sadat.
Perché non è riuscito a ottenere qualcosa con Sadat, o non era disposto a
esercitare una forza politica muscolare per ottenere qualcosa da Israele
sull'autonomia.
Dico questo per sottolineare
come sono cambiati i tempi. Nessuno ora sente che il prestigio o il potere degli Stati Uniti in Medio
Oriente dipendono dall'ottenere qualcosa per i palestinesi, perché la causa
palestinese lì è morta. I regimi arabi, l'Arabia Saudita, l'Egitto, si sono
apertamente allineati con Israele durante l'operazione Bordo Protettivo. La
Lega araba si è riunita una sola volta durante l'operazione militare e ha
sostenuto Israele. Il gioco politico è cambiato molto. Non c'è più speranza? A
mio parere ce n'è ancora. Hanno ottenuto una buona risoluzione, hanno
legittimità internazionale dalla loro parte, esiste un movimento di solidarietà,
esiste una coscienza tra segmenti significativi di ebrei che quello che Israele
sta facendo è sbagliato. Esiste una reale possibilità di costruire un vero e
proprio movimento. Io non sono senza speranza. Ma il problema è che la
leadership è in fallimento e le persone hanno rinunciato, questo è il grande
ostacolo.
D. Cosa pensi dell'opposizione
al sionismo nella diaspora ebraica, energizzata da Trump. Quanto è importante
questo cambiamento?
E' indicativa della crescente
alienazione tra gli ebrei americani, che sono prevalentemente sul lato liberale
dello spettro, con Israele, che è decisamente
sulla destra. Sono immagini speculari. Guardate lo spettro di Israele:
circa il 20 per cento si definiscono progressisti o sono dei tipi liberali di
Tel Aviv, poi c'è un'area di centro relativamente grande e una fortissima ala
destra, circa il 40 per cento. Guardate lo spettro ebreo americano: è ancora
circa per il 20 per cento repubblicano, circa il 50 per cento moderato e per il
30 per cento liberale. Sono l'immagine speculare uno dell'altro. E queste
differenze sono sempre più acute, perché il centro è in contrazione sia negli
Stati Uniti che in Israele. Non credo che molti ebrei abbiano votato per Trump,
mentre Netanyahu considera Trump una manna dal cielo. Questa è alienazione.
Netanyahu è solo un personaggio rivoltante, è un odioso fanfarone razzista
sostenitore della supremazia ebraica. È semplicemente l'opposto di quello che
agli ebrei piacerebbe vedere nel comportamento di un ebreo.
E' davvero imbarazzante.
E davvero, a meno che le cose
non cambino radicalmente, e non vedo cambiamenti all'orizzonte, penso che
abbiamo passato il punto di non ritorno. Gli ebrei americani, soprattutto col
passare del tempo, non avranno più quel tipo di sentimento di legame con Israele
ancora per molto; si tratta invece di un imbarazzo.
D.: Il tuo libro?
Il libro dovrebbe uscire nel
mese di ottobre presso la University of California Press. Gaza: Un'inchiesta
sul suo martirio. Il manoscritto è completo. Si tratta di una analisi politica,
legale e storica di ciò che è accaduto a Gaza negli ultimi 10 anni. Sono
contento che uscirà, perché sento che la verità dovrebbe essere nota. Sono
pessimista circa la possibilità di trasformare la verità in un'arma politica,
ma la verità comunque dovrebbe essere conosciuta.
Traduzione di Giacomo Graziani
per l'Associazione di Amicizia Italo-Palestinese Onlus, Firenze
le soluzioni delle nazione unite,ci sono tutte per risolvere la questione palestinese ,il problema è questi leggi sono sulla carta ,anzi,come scrivere sull'acqua ,di valore zero ,e lo sanno bene gli israeliani,i palestinesi sono divisi come non è mai accaduto nella storia e sembra come fosse il 1948 si è ripetuto oggi ,palestinesi senza guida vera e i paesi arabi confinanti distratti da guerre interni e di liberazione e la popolazione palestinese paga sulla sua pelle per se e per gli altri .
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