a cura di Enrico Vigna
Deir ez Zor, Siria. Un
nome che dovrebbe far vergognare tutto l’Occidente.
Una
catastrofe umanitaria nascosta, la complicità
14
marzo 2017
Padre Elias Janji, prete armeno cattolico siriano sui
mezzi di informazione occidentali: “I media europei ci hanno tradito, non
dicono la verità”.
Deir ez Zor o Deir
Ezzor, una città nel governatorato omonimo della Siria orientale, era la settima
più grande città del Paese; situata a circa 450 km da Damasco, situata sulle
rive del fiume Eufrate, aveva circa 215.000 residenti. La maggioranza dei suoi
abitanti è formata da arabi musulmani, oltre a una forte e radicata comunità
armena siriana; a Deir ez Zor convivevano tutti insieme sunniti, assiri
siriaci, arabi e kurdi e cristiani.
La
città era famosa sopratutto per un bellissimo antico ponte sull’Eufrate ora
distrutto, e per la “Chiesa Memoriale del Genocidio Armeno”, una chiesa che
ricordava il massacro di decine di migliaia di armeni, avvenuto proprio sulle
rive del fiume, i quali erano sopravvissuti al genocidio turco, che ogni anno
il 24 aprile ospitava migliaia di pellegrini armeni per commemorare il
genocidio.
Il
memoriale è stato distrutto dai terroristi di ISIS e di Al Nusra il 21
settembre 2014.
Anche
il Ministro degli Esteri armeno Nalbandian ha denunciato questa distruzione e
ha invitato la comunità internazionale a intervenire al fianco della Siria
contro il terrorismo.
Vi era anche
l’importante Museo dove erano custoditi migliaia di pezzi archeologici
risalenti al tempo della antica Mesopotamia, anch’esso attaccato e semi distrutto;
nel 2015 il governo aveva portato via molti pezzi. Oltre a due Università e un
Politecnico, tutto distrutto dai terroristi.
Una città dove oltre 100.000 persone sono intrappolate da tre
anni da un assedio dei terroristi dell’ISIS; oltre centomila bambini, donne,
anziani senza acqua, cibo, medicine, luce, riscaldamento se non quei pochi
approvvigionamenti che l’Esercito Arabo Siriano e le Forze di Difesa Nazionale
riescono, mediante via aerea, a far arrivare alla popolazione periodicamente.
Quanti, in questi anni nel nostro paese o in occidente, hanno
sentito levarsi voci, articoli, denunce, indignazioni, presidi per questa città martoriata da 5 anni! Una
catastrofe umanitaria occultata.
Forse per i cantori dei “diritti umani”, della democrazia, dei “diritti
civili”, della “pace” nostrani, queste donne, questi bambini, questi civili di
Deir ez Zor, non sono esseri umani?
Forse per i nostri
giornalisti “democratici” narrare e documentare la tragedia, non fa indici di
ascolto bene accolti? Forse perché in questi anni oltre alla popolazione civile
che ha subito orridi massacri di massa, ha avuto a sua difesa e scudo, perdendo
centinaia di eroici soldati, soltanto l’EAS, le Forze di Difesa Nazionale e le
milizie popolari dei villaggi.
O forse
perché dovrebbero raccontare che il 17 settembre 2016 gli USA hanno fatto dei
raid aerei su obiettivi ISIS, ma in realtà hanno colpito unità dell’Esercito
siriano, uccidendo 62 soldati, nonostante la Russia avesse avvisato i comandi
USA, che quello era un sito controllato del governo di Damasco e ferendone
altre decine. Subito dopo (che casualità),
l’ISIS ha attaccato l’area conquistandola e tagliando in due la città.
Forse bisognerebbe dire che la resistenza di questi centomila civili e
dei 4000 soldati dell’EAS che li difendono è in Siria considerata leggendaria.
Non si deve dire, non si deve sapere, potrebbe far pensare
troppi onesti occidentali.
Il primo massacro di massa
in questa città era avvenuto il 14 agosto 2014, dopo che le forze locali erano
riuscite a respingere e a scacciare dalla città le forze ribelli e l’ISIS.
Questo dopo una lunga
battaglia e grazie soprattutto alla Milizia sunnita Shaitat, espressione delle comunità e tribù sunnite locali, la
quale nonostante forti pressioni e allettamenti economici, si era schierata
senza indugi per la difesa della Siria araba e sovrana, pagando fino ad oggi un
altissimo tributo di sangue. Come reazione l’ISIS crocifisse e decapitò in tre
giorni circa 700 prigionieri in gran parte di Shaitat.
Oppure come il 17 gennaio
2016 quando l’ISIS ha riportato di aver ucciso oltre 400 civili in un tentativo
di spezzare la resistenza di un area orientale della città, difesa dalle
milizie locali di autodifesa dei cittadini e da un contingente di soldati.
La tragedia di
Deir ez Zor era cominciata fin dall’inizio dell’aggressione alla Siria, quando
nella città si verificarono scontri armati tra l’Esercito Arabo Siriano,
polizia e gruppi del cosiddetto Esercito Libero Siriano, dell’ISIL, di Al Nusra
con la presenza di mercenari stranieri.
Nel Maggio 2015
dopo una pesante offensiva con oltre 14.000 combattenti, l’ISIS prese il
controllo delle aree esterne della città, lasciando solamente a trasporti aerei
e di elicotteri la possibilità di rifornimenti alimentari e aiuti, oltre al
controllo dell’aereoporto militare a pochi chilometri dall’abitato e presidiato
da un contingente della 104° Brigata Aviotrasportata, un corpo di elite della
Guardia Repubblicana guidata dal Generale druso Issam Zahreddine, un comandante
leggendario dell’EAS.
La Russia, il
governo siriano e il WFP hanno fornito finora via aerea centinaia di tonnellate
di aiuti umanitari; nel 2016 il governo siriano è riuscito a far arrivare cibo
e medicine attraverso la Croce Rossa Siriana.
La città ha un
ruolo strategico, sia perché è la più ricca provincia petrolifera delal Siria
orientale, e perché se cadesse l’ISIS unificherebbe i suoi territori iracheni
con quelli siriani, e da un punto di vista militare avrebbe notevoli benefici
tattici.
Attualmente la situazione militare è in una fase di
intensificazione degli scontri, sia sul terreno che dal cielo. Dopo la
liberazione di Palmira nei primi di marzo 2017 da parte delle forze
governative, ora l’EAS insieme con le milizie popolari e le forze alleate sta
dirigendo massicce forze e armamenti verso Deir ez Zor, ponendo l’obiettivo
della sua liberazione come prossima tappa per la cacciata dei criminali e
terroristi dal paese. Già a metà gennaio altre unità delle forze di elite della
Guardia Repubblicana dell’EAS erano state trasportate con elicotteri alla
guarnigione dell’aereoporto militare vicino alla città, andando a rinforzare la
presenza militare governativa.
Nel
frattempo la popolazione siriana della provincia di Deir ez Zor si rivolta
contro i mercenari e terroristi e chiede la liberazione al Governo siriano e a
Assad.
Il 18 gennaio 2017
nelle cittadine di al-Mayadeen e al-Ashareh, nel sudest di Deir ez Zor, la
popolazione stremata dalla situazione e dall’occupazione dei terroristi e
mercenari dell’ISIS e Al Nusra è scesa in piazza attaccando le sedi dei
terroristi.
Innalzando bandiere
della Siria araba e sovrana, cartelli e foto di Assad hanno marciato per le
strade prima di essere dispersi.
A al-Mayadeen la
gente ha anche incendiato alcuni veicoli della cosiddetta polizia speciale
dell’ISIS.
Il 19 gennaio
anche ad Hatleh, un villaggio vicino alla città, un gruppo guerrigliero formato
da cittadini del posto, ha attaccato e ucciso 9 terroristi dopo che questi
avevano decapitato alcuni civili per una rappresaglia. Dato il terrore
instaurato nelle aree occupate, questi sono segnali che la situazione in
prospettiva sta cambiando.
Come
per Aleppo, Palmira, Maaloula e le altre aree liberate, si avvicina anche per
il popolo di Deir ez Ezor e della Siria la liberazione, nonostante il silenzio
vergognoso della “stampa libera” occidentale.
14 marzo 2017, a cura di Enrico Vigna – SOS
SIRIA/CIVG
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