di ROBERT FISK
(pubblicato in THE INDEPENDENT)
Domenica 29 Settembre 2013
Una soluzione siriana della guerra civile? L'esercito Libero Siriano (Free Syrian Army) sta avendo colloqui con funzionari di Assad. L’approccio segreto col presidente potrebbe rimodellare tutta la guerra.
Sei settimane fa, una delegazione di due uomini è arrivata in segreto
a Damasco: civili di Aleppo che rappresentavano gli elementi dell'Esercito siriano libero, il
gruppo ribelle in gran parte composto da combattenti che hanno disertato
l'esercito del regime nel primo anno di guerra. Sono arrivati con un garanzia
di sicurezza, e hanno incontrato, così
mi è stato detto, un alto funzionario dello staff del presidente Bashar
al-Assad . Ed essi portavano con sé una iniziativa straordinaria - che ci
potrebbero essere colloqui tra il governo e gli ufficiali del FSA che "credono
in una soluzione siriana" per la guerra.
La delegazione ha presentato quattro punti: che ci deve essere un
"dialogo interno siriano", che le proprietà private e pubbliche
devono essere mantenute, che ci deve essere fine - e la condanna – dei conflitti civili,
settari, etnici, e che tutti devono lavorare per una democratica Siria , dove
la supremazia della legge dovrebbe essere dominante. Non c'era alcuna richiesta
- almeno in questa fase - per la partenza di Assad.
La risposta a quanto pare è arrivata puntuale. Ci dovrebbe essere
davvero "un dialogo all'interno della patria siriana"; non
precondizioni per il dialogo, e una garanzia di sicurezza presidenziale per
eventuali uomini del FSA che vi
partecipano. E ora, sembra, un altro notevole sviluppo è in corso: in sette
aree controllate dai ribelli di Aleppo, la maggior parte dei quali sotto il
controllo del FSA, i dipendenti civili possono tornare a lavorare nei loro
uffici, e le istituzioni governative e le scuole possono riaprire. Gli studenti
che sono diventati miliziani nel corso degli ultimi due anni saranno disarmati
e potranno tornare alle loro aule.
Alcuni membri del FSA hanno formato quello che chiamano l’ "Unione
nazionale per la salvezza della Siria", anche se i membri dell'opposizione
politica in aree esterne al controllo del governo hanno interrotto gli incontri
condannando l'esercito governativo e, secondo quelli coinvolti nella
"Unione", facendo commenti settarie e condannando gli sciiti e
l'Iran. La scorsa settimana ci sono state diverse defezioni di unità del FSA
verso al-Qaeda legata al Fronte al-Nusra, che ha complicato le cose ancora di
più. Se il FSA è disposto a parlare con il regime, perché molti sono ora si
rifiutano di patrtecipare a futuri accordi tra le due parti?
Da mesi, i funzionari pro-regime hanno esplorato come potrebbero portare
i disertori dell'esercito di nuovo al loro fianco - e la crescita di al-Nusra e
altri gruppi islamisti ha certamente deluso molte migliaia di uomini del FSA che sentono che la loro rivoluzione
contro il governo è stata loro rubata. E
nelle zone della provincia di Homs, è un dato di fatto che la lotta tra il FSA
e l'esercito è praticamente cessato. In alcuni villaggi e città controllate dal
governo quelli del FSA sono già presenti, senza essere molestati.
E i vantaggi per Assad sono chiari. Se gli uomini del FSA potessero essere persuasi a ritornare
nei ranghi dell'esercito del regime in tutta sicurezza, ampie zone di
territorio in mano ai ribelli ritornerebbero sotto il controllo del governo, senza colpo ferire.
Un esercito rafforzato dalle unità che una volta avevano disertato, potrebbe poi
essere rivolto contro al-Nusra ed i suoi affiliati di al-Qaeda in nome
dell'unità nazionale.
I combattenti islamici nell’opposizione siriana sono certamente una
fonte di profonda preoccupazione per tutti i soggetti coinvolti nella guerra -
non ultimo, ovviamente, gli americani, che continuano a tentennare se devono
dare armi ai ribelli. L'amministrazione americana aveva seguito il consiglio di
John McCain, per esempio, che alcune delle armi che potrebbero essere state
date al FSA sarebbe già nelle mani di al-Nusra ora che tre unità del FSA sono
passate agli Islamisti. I combattenti islamisti in Siria nel frattempo si stanno
trasformando in una seria minaccia per l'esistenza stessa dei cristiani del
Paese. Vescovi e patriarchi di tutta la regione si sono incontrati a Beirut lo
scorso venerdì a lamentare l'esodo dei cristiani del Medio Oriente; il cardinale
cattolico maronita Bechara Rai del Libano ha descritto come per i cristiani,
"la 'primavera araba' si sia trasformata in inverno, di ferro e fuoco
".
I presuli sono stati particolarmente turbati davanti ai danni enormi
alle chiese a Raqqa - ora sotto il controllo del gruppo di al-Nusra - e per
l'attacco di al-Nusra a Maaloula. Ho visto coi miei occhi la settimana scorsa quanto
perverso sia stato questo assalto alla gran parte cristiana della città siriana
a nord di Damasco . Nelle case cristiane, i crocifissi erano stati fracassato,
ma gli invasori di al-Nusra sembravano provare un piacere perverso nel
distruggere le case. In un appartamento seminterrato avevano svuotato il frigo
di cibo e riempito di scarpe.
Ora i fatti hanno preso una piega diversa!
(traduzione di Diego Siragusa)
(traduzione di Diego Siragusa)
---------------------------------------------------------------------------
Original text
The Independent
ROBERT FISK
Sunday 29 September
2013
A Syrian solution to
civil conflict? The Free Syrian Army is holding talks with Assad's senior staff. Secret approach to the
President could reshape the whole war
Six weeks ago, a
two-man delegation arrived in secret in Damascus: civilians from Aleppo who
represented elements of the Free Syrian Army, the rebel group largely composed
of fighters who deserted the regime’s army in the first year of the war. They
came under a guarantee of safety, and met, so I am told, a senior official on
the staff of President Bashar al-Assad. And they carried with them an
extraordinary initiative – that there might be talks between the government and
FSA officers who “believed in a Syrian solution” to the war.
The delegation made
four points: that there must be an “internal Syrian dialogue”; that private and
public properties must be maintained; that there must be an end to – and
condemnation of – civil, sectarian, ethnic strife; and that all must work for a
democratic Syria where the supremacy of law would be dominant. There was no
demand – at least at this stage – for Assad’s departure.
The reply apparently
came promptly. There should indeed be “a dialogue within the Syrian homeland”;
no preconditions for the dialogue; and a presidential guarantee of safety for
any FSA men participating. And now, it seems, another remarkable development is
under way: in seven rebel-held areas of Aleppo, most of them under the control
of the FSA, civil employees can return to work in their offices, and government
institutions and schools can reopen. Students who have become militiamen over
the past two years will be disarmed and return to their classrooms.
Some members of the
FSA have formed what they call the “National Union for Saving Syria”, although
members of the political opposition in areas outside government control
disrupted meetings by condemning the government army and, according to those
involved in the “Union”, making sectarian comments and condemning Shiites and
Iran. Last week there were several defections of FSA units to the
al-Qa’ida-linked al-Nusra Front, which has complicated matters still further.
If the FSA is prepared to talk to the regime, how many are now left to take
part in future agreements between the two sides?
For months now,
pro-regime officials have explored how they might win the army defectors back
to their side – and the growth of al-Nusra and other Islamist groups has
certainly disillusioned many thousands of FSA men who feel that their own
revolution against the government has been stolen from them. And in areas of
Homs province, it is a fact that fighting between the FSA and the army has
virtually ceased. In some government-held villages and towns the FSA are
already present without being molested.
And the advantages to
Assad are clear. If FSA men could be persuaded to return to the ranks of the
regime’s army in complete safety, large areas of rebel-held territory would
return to government control without a shot being fired. An army reinforced by
its one-time deserters could then be turned against al-Nusra and its al-Qa’ida
affiliates in the name of national unity.
The Islamist fighters
in the Syrian opposition are certainly a source of deep concern to everyone
involved in the war – not least, of course, the Americans, who continue to
dither over whether they should give weapons to the rebels. Had the US
administration followed John McCain’s advice, for example, some of the arms
that might have been given to the FSA would already be in the hands of al-Nusra
now that three units within the FSA have gone across to the Islamists.The
Islamist fighters in Syria are meanwhile turning into a serious threat to the
very existence of the country’s Christians. Bishops and patriarchs from across
the region met in Beirut last Friday to lament the exodus of the Christians of
the Middle East; Catholic Maronite Cardinal Bechara Rai of Lebanon described
how for Christians, “the ‘Arab Spring’ had turned to winter, to iron and fire”.
The prelates were
particularly upset at the massive damage to churches in Raqqa – now under the
control of the al-Nusra group – and at the al-Nusra attack on Maaloula. I saw
myself last week how perverse was this assault on the largely Christian Syrian
town north of Damascus. In Christian homes, crucifixes had been smashed, but
the al-Nusra invaders seemed to take a perverse pleasure in wrecking their
homes. In one basement flat they had
emptied the fridge of food and stuffed it full of shoes.
Now that’s something to bend your mind!
Nessun commento:
Posta un commento