di Manlio Di Stefano
Da tre anni rappresento il M5S in giro per il mondo e mi
rapporto costantemente con quelle realtà che hanno creato i cataclismi che
stiamo vivendo: il caos che ha aperto innumerevoli fronti di instabilità,
dall'Afghanistan, all'Iraq, dalla Libia alla Siria, dallo Yemen all'Ucraina.
Quelle stesse persone si propongono come la soluzione.
La guerra imperversa ormai dall’Ucraina alla Somalia,
dall’Iraq al Sud Sudan, dal Califfato islamico (Isis), al Califfato del Nord
della Nigeria (Boko Haram), dalla Siria al Centrafrica, dalla Libia al Mali,
dall’Afghanistan al Sudan, fino all’interminabile conflitto Israele-Palestina.
Chi ha creato tutte queste guerre si propone come la soluzione per la pace.
Nella prima legislatura della nostra breve storia, i
deputati del Movimento Cinque Stelle (M5S) hanno gettato le basi per una
politica estera che segue direttive e coordinate precise: la ricerca del
multilateralismo, della cooperazione e del dialogo tra le popolazioni, il
rispetto dell'autodeterminazione, della sovranità e della non ingerenza negli
affari interni dei singoli Paesi. Si tratta di concetti oggi rivoluzionari, se
applicheremo in modo ortodosso la Carta delle Nazioni Uniti e non daremo più
spazio a chi ha gettato il mondo ad un passo dall'Apocalisse e ancora oggi ci
dice che è la soluzione.
Il Movimento si basa su alcuni concetti rivoluzionari, la
democrazia diretta, la cittadinanza al servizio della politica e non il
contrario, la convinzione del superamento delle vecchie ideologie. Senza lobby,
senza la pressione di corporazioni finanziarie alle spalle. Avere le mani
libere per poter difendere gli interessi strategici nazionali e indirizzare
l’azione verso le scelte migliori per il popolo italiano.
Ricordo spesso, all'inizio di ogni mio intervento, la storia
del M5S perché deve essere chiaro che si tratta di un progetto di sovranità in
tutti i suoi aspetti, monetaria, militare, alimentare e politica ed è pronto a
dialogare con qualunque paese che, come la Cina, fonda la sua politica estera
su concetti chiave come quelli di indipendenza (nessun legame con le altre
potenze) e sui Cinque principi della coesistenza pacifica, insistendo
particolarmente sulla non ingerenza negli affari interni di altri Paesi.
Sta a noi salvaguardare i nostri interessi, crediamo sia
giunto il momento di muoverci anche in Europa nella direzione intrapresa dalla
Cina e dai Brics per la costruzione di un sistema internazionale che rispetti,
al contrario del sistema di “sicurezza occidentale” dagli anni '90 in poi, i
principi fondanti il diritto internazionale: il rispetto della sovranità
territoriale e popolare, l'autodeterminazione dei popoli, la non ingerenza
negli affari interni degli altri Stati, il multilateralismo economico
Nel mio intervento vorrei dapprima fare una premessa sui
fallimenti intercorsi nel processo di integrazione economica (Ue, zona euro) e
militare (Nato) del cosiddetto “sistema occidentale”, palesata da ultimo in
modo emblematico e drammatico sul caso Ucraina; vorrei poi soffermarmi sul
modello alternativo che la Cina e i paesi Brics stanno iniziando ad offrire al
sistema internazionale.
Per comprendere a fondo il primo punto, lo stato attuale del
“sistema occidentale”, non si può non partire dalla strategia che gli Stati
Uniti hanno già deciso per il futuro dell'Europa. Strategia sintetizzabile con
quattro famigerate lettere: TTIP, acronimo di Transatlantic Trade and
Investment Partnership, vale a dire l'immensa area di libero scambio che i due
blocchi stanno negoziando nel segreto e riserbo quasi assoluto. A pretendere la
“Nato economica” sono le multinazionali
e le grandi corporations americane, come per esempio la Monsanto, per annullare
le garanzie nazionali in tema di ambiente e sanità, oltre ad aver gli strumenti
per citare in giudizio i singoli stati dell’Unione Europea se si rifiuteranno
di importare, ad esempio, i prodotti OGM. Per farlo, la Monsanto e le altre
multinazionali potranno sfruttare il meccanismo investor-state dispute
settlement (ISDS) - non si chiamerà così ma in un altro modo, come abbiamo
appreso recentemente, ma il senso non cambierà - una serie di regole standard
per i trattati commerciali che verrebbero inglobate anche nel TTIP.
Per far firmare all'Europa il TTIP e per poter vendere il
gas di scisto ai paesi europei al posto di quello russo, gli Stati Uniti
avevano bisogno del “grande movente”, l'urgenza della situazione
internazionale, il “non ci sono alternative”. E il grande movente è stato il
colpo di stato in Ucraina nel febbraio del 2014, finanziato dall'Ue e dagli Usa
che diviene, per magia della “libera” informazione, una grande battaglia di
libertà e di democrazia. Un tale trionfo di libertà e democrazia che al governo
a Kiev abbiamo oggi un mostro istituzionale senza precedenti, composto da
convinti neo-nazisti e la peggior tecnocrazia finanziaria internazionale, che
in poco tempo ha portato il paese al default (e quindi al commissariamento del
FMI) e che si è macchiato di gravissimi crimini contro l'umanità nelle regioni
secessioniste.
Nel voler forzare l'ingresso dell'Ucraina nella Nato, gli
Stati Uniti stanno giocando con scenari di terza guerra mondiale possibile, con
un approccio irresponsabile fatto di militarizzazione dell'est europeo e di
sanzioni economiche che hanno già messo in ginocchio il settore agro-alimentare
europeo (l'Italia avrà perdite complessive per un miliardo di euro).
Quello che però ci/vi nascondono è che a livello
internazionale si sta creando un'alternativa, un polo nuovo che può offrire un
argine, una possibilità di stabilità futura. L'enorme potenziale dei paesi
BRICS permette loro di agire come poli sovrani di multipolarità nell'economia
mondiale e nel sistema internazionale in generale. L'unipolarismo americano che
ha prodotto solo guerre, distruzione e caos può essere arginato? Oggi forse si
con la cooperazione tra i paesi BRICS che è una forma di relazione basata sulla
parità, sulla possibilità di attuare una strategia unitaria che tenga conto del
rispetto delle singole sovranità e delle priorità nazionali.
Ad oggi, il M5S è l’unica forza politica italiana che ha
portato alla Camera un’alternativa all’architettura politico-finanziaria e di
sicurezza rappresentata dal Washington Consensus e dalla Nato. In due convegni
organizzati alla Camera, Un Nuovo Mondo con i BRICS e Se non fosse NATO,
abbiamo cercato di dimostrare che esiste un’alternativa alla lenta eutanasia di
intere popolazioni sulla base di fondamenti economici falliti e fallimentari,
sul salvataggio delle banche a spese dei cittadini, sulla privatizzazione
(svendita) selvaggia di asset nazionali strategici, sulla precarizzazione di
massa e sulla continua perdita dei diritti sociali, una volta pietra miliare
della cultura europea. Ad un sistema di sicurezza che ha prodotto solo guerre
dalla caduta del Muro di Berlino ad oggi; che ci condanna all’inevitabilità
dello scontro, che ora pretende che la spesa militare venga portata al 2% del
nostro Pil e parliamo di 100 milioni di euro al giorno, soldi sottratti a
scuola, sanità. Questa è pura follia per un paese come questo in piena crisi
economica.
Secolo eurasiatico. Il trasferimento del centro geopolitico
di gravità verso l'Eurasia è qualcosa a cui l'Occidente dovrà abituarsi. Un
secolo eurasiatico è inevitabile e inarrestabile. Costruito sul principio di
cooperazione piuttosto che di dominio, offre un’alternativa al modello
fallimentare statunitense e a quello, ormai in bancarotta, dell'Unione europea,
per costruire una vera prosperità non basata sul saccheggio e sulla schiavitù
del debito .
Per secolo eurasiatico mi riferisco all’ascesa economica dei
paesi contigui alla Cina in tutta l'Asia centrale, la Russia, la Bielorussia,
l'Iran e, potenzialmente, la Turchia e l’Europa Meridionale. Questi paesi
vengono integralmente collegati attraverso i più grandi progetti di
infrastrutture pubbliche della storia moderna, i più ambiziosi che mai, in gran
parte concentrati nell’ iniziativa,”Una Cintura, Una Via”, teorizzata nel 2013
dal presidente cinese Xi Jinping per migliorare i rapporti economici e politici
con l’Asia Centrale, il Medio Oriente e l’Europa sulla scorta delle vecchie
rotte commerciali che anticamente collegavano l’Impero del Centro al Vecchio
Continente. Un progetto che, come ci ha spiegato il Consigliere politico
dell'Ambasciata Cinese in Italia, Youjing Tang, durante il suo intervento al
convegno sui Brics, mira a liberare l'enorme potenziale economico dei paesi attraversati
dalla “Via”. "Un paese da solo non può fare nulla; Ci deve essere una
nuova fase di cooperazione. Così l'attenzione dei BRICS alle infrastrutture è
lodevole ed essenziale per creare un nuovo mondo multipolare ".
Una conferenza internazionale si è tenuta recentemente a
Xi'an, dove è nata la grande via della seta.
Affascinante, in particolare, è la cura della Cina nello
sviluppare il progetto in un modo diverso. I
principi alla base del progetto internazionale “una cintura, una via”:
aderisce ai principi della Carta delle Nazioni Unite; è completamente aperto
per nuove nazioni partecipanti a cooperare; seguirà le regole del mercato e
cercherà il reciproco vantaggio dei paesi partecipanti.
Per l'Europa del sud che deve trovare il modo di rompere le
sue catene (euro ed Unione Europea) e riacquistare la sua sovranità si tratta
un vero e proprio “ponte” e di un
importante terminal geografico per la rete infrastrutturale che alimenta il
progetto della Via della Seta. E proprio la parola “infrastrutture” è stata al
centro di un vertice simbolicamente ospitato su un treno ad alta velocità: sono
stati firmati accordi con la Serbia e l’Ungheria per la costruzione di una
linea ferroviaria ad alta velocità tra le capitali Belgrado e Budapest, che
dovrà essere completata entro il 2017, parte di un più ampio progetto di «passaggio
espresso terra-mare» il cui punto di partenza è il porto del Pireo in Grecia e
che attraversa anche la Macedonia. A disposizione c’è una linea di credito di
10 miliardi di dollari con la prospettiva di creare un fondo specifico di 3
miliardi, e di istituirne uno in renminbi.
Inoltre il premier Li Keqiang ha annunciato un impegno ad
ampio raggio che prevede il finanziamento e la costruzione di porti e parchi
industriali dalle aree costiere del Mediterraneo fino a quelle del Baltico.
Per l'Europa del sud che deve trovare il modo di rompere le
sue catene (euro ed Unione Europea) e riacquistare la sua sovranità si tratta
di un'opportunità storica.
L’Europa, concentrata sui propri problemi, purtroppo sta
sottovalutando le recenti importanti decisioni assunte dalla Cina e dai paesi
BRICS.
Questi sono passi importanti nella definizione di quello che
potrebbe essere il mondo del XXI secolo ed è per questo motivo è estremamente
importante che gli italiani sappiano che l’alternativa è possibile, che i
partner per realizzarla esistono e che le condizioni per iniziare questo nuovo
corso dipendono unicamente da noi.
L’Italia ha interesse a riconoscere e a far riconoscere che
le questioni, le proposte, i progetti dei BRICS siano un valore ed una
opportunità positiva per l’intera comunità internazionale, un contributo
importante per consentire a tutti di affrontare nel miglior modo possibile le
nuove sfide globali. E questo è vero in particolari aree di interesse: la
crescita economica dell’area mediterranea; la partecipazione ai grandi progetti
di sviluppo, soprattutto i progetti infrastrutturali; la collaborazione nelle
nuove strategie commerciali; il confronto e la collaborazione in materia di
cyber security. Tutte questioni, a nostro avviso, decisive e strategiche. Tutte
questioni che il Movimento 5 Stelle ha fatto sue con diverse risoluzioni e atti
parlamentari.
L’Europa ha bisogno di nuovi partner finanziari interessati
a promuovere l’alternativa per un nuovo tipo di sviluppo e per la
programmazione di una nuova crescita, che, oggettivamente potrà introdurre
nelle relazioni internazionale un maggiore rispetto per la sovranità nazionale
e una concreta solidarietà tra i popoli.
In un editoriale del 2013 il «Quotidiano del Popolo» scrive
della necessità di avviare una politica di “riglobalizzazione” come unica
strada per superare la teoria della “minaccia cinese”. Nell’articolo – che
rifette una posizione ufficiale del governo cinese – si legge che l’attuale
globalizzazione è in realtà quella dei «sistemi e della cultura occidentali»,
il frutto dell’egemonia dei valori occidentali in base alla quale i «Paesi
sviluppati hanno rivendicato per se stessi la definizione di paesi civili e il
ruolo di giudici autorevoli su cosa sia buono». Si tratta di valutazioni e
prese di posizione che possono essere riscontrate anche in documenti ufficiali
della Repubblica popolare cinese. Nel famoso, e spesso citato, Libro bianco
sullo sviluppo pacifico del 2011, il governo cinese ha respinto l’esistenza di
un modello politico ed economico universale e valido per tutti i Paesi: in un
mondo in continua evoluzione «tutte le dottrine, i sistemi, modelli e percorsi
sono soggetti alla prova del tempo e alla pratica. Poiché le condizioni
nazionali variano da paese a paese, non esiste una via prestabilita di sviluppo
che si possa ritenere efficace e applicabile a tutti. Un percorso di sviluppo è
praticabile solo quando si adatta alle condizioni nazionali di un Paese».
Il tempo dell'unilateralismo dell'Apocalisse è finito. Iraq
(1), Somalia, ex Jugoslavia, Afghanistan, Iraq (2), Libia, Ucraina, Siria. Il
tempo dell'unilateralismo occidentale che ha portato il mondo ad un passo
dell'Apocalisse deve finire. Il Movimento Cinque Stelle guarda con molta
attenzione allo sforzo che la Cina, in alleanza e condivisione con altri grandi
Paesi del mondo, sta compiendo nella costruzione di un nuovo mondo multipolare,
per un modello di globalizzazione giusto e bilanciato che sappia superare le
drammatiche distorsioni, militari ed economiche, del Washington Consensus. Quei principi sono
i pilastri di riferimento del Movimento 5 Stelle e, presto, molto presto, lo
saranno anche per il governo del nostro paese.
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