martedì 13 dicembre 2016

LO STATO DI PALESTINA: L'ULTIMO GENEROSO TENTATIVO DI JIMMY CARTER


di Jimmy Carter

Articolo pubblicato sul New York Times 
del 28/11/2016

ATLANTA - Noi non conosciamo ancora la politica della prossima amministrazione nei confronti di Israele e Palestina, ma conosciamo la politica di questa amministrazione. Sostenere una fine negoziata del conflitto basata su due Stati, che vivano fianco a fianco in pace, è stato l’obiettivo del Presidente Obama.

Tale prospettiva è ora in grave dubbio. Sono convinto che gli Stati Uniti possono ancora plasmare il futuro del conflitto israelo-palestinese prima dell’avvicendamento dei presidenti, ma il tempo è molto breve. Il passo semplice ma vitale che  questa amministrazione deve prendere prima della scadenza del suo mandato,  il 20 gennaio prossimo,  è quello di concedere il riconoscimento diplomatico americano per lo Stato di Palestina, come 137 paesi hanno già fatto, e aiutarlo a diventare un membro a pieno titolo delle Nazioni Unite.

Nel 1978, durante la mia amministrazione, il Primo Ministro israeliano, Menachem Begin, e il presidente egiziano, Anwar Sadat, firmarono gli accordi di Camp David. Tale accordo era basato sulla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 242, che fu approvata in seguito alla guerra del 1967. Le parole chiave di questa risoluzione erano "l'inammissibilità dell'acquisizione di territori con la guerra e la necessità di lavorare per una pace giusta e duratura in Medio Oriente, in cui ogni stato nella zona può vivere in sicurezza", e il "ritiro delle forze armate di Israele dai territori occupati nel recente conflitto ".


L'accordo fu ratificato con un voto schiacciante dai Parlamenti di Egitto e Israele. E quei due concetti fondamentali furono la base per la politica del governo degli Stati Uniti e della comunità internazionale fin da allora.

Questo è stato il motivo per cui, nel 2009, all'inizio della sua prima amministrazione, Obama ribadì gli elementi cruciali dell'accordo di Camp David e la risoluzione n. 242 chiedendo un congelamento completo degli insediamenti, costruiti illegalmente da Israele in territorio palestinese. Più tardi, nel 2011, il presidente chiarì che "i confini di Israele e Palestina dovrebbero essere basati sulle linee del 1967," e aggiunse, "i negoziati dovrebbero portare a due Stati, con confini palestinesi permanenti con Israele, Giordania ed Egitto, e confini israeliani permanenti con la Palestina ".

Oggi, invece, 38 anni dopo Camp David, l'impegno per la pace è in pericolo di essere sbrogato. Israele sta costruendo sempre più insediamenti, spostando i palestinesi e radicando la sua occupazione delle terre palestinesi. Più di 4.5 milioni di palestinesi vivono in questi territori occupati, ma non sono cittadini di Israele. La maggior parte vive prevalentemente sotto il governo militare israeliano, e non vota alle elezioni nazionali israeliane.

Nel frattempo, circa 600.000 coloni israeliani in Palestina godono dei benefici della cittadinanza e delle leggi di Israele. Questo processo si orienta rapidamente verso una realtà di un solo stato in grado di distruggere la democrazia israeliana e si tradurrà in una intensificazione della condanna internazionale di Israele.

Il Carter Center ha continuato a sostenere una soluzione a due Stati ospitando discussioni in questo mese con i rappresentanti israeliani e palestinesi, alla ricerca di una via verso la pace. Sulla base del risultato positivo di quei colloqui, sono certo che il ​​riconoscimento da parte degli Stati Uniti di uno stato palestinese renderebbe più facile per gli altri paesi che non hanno riconosciuto la Palestina a farlo, e sarebbe la strada per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza sul futuro del conflitto israelo-palestinese.

Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe approvare una risoluzione che stabilisce i parametri per risolvere il conflitto. Esso dovrebbe ribadire l'illegalità di tutti gli insediamenti israeliani al di là dei confini del 1967, pur lasciando aperta la possibilità che le parti potrebbero negoziare modifiche. Le garanzie di sicurezza sia per Israele che per la Palestina sono di importanza fondamentale, e la risoluzione deve riconoscere il diritto di entrambi gli stati di Israele e Palestina di vivere in pace e sicurezza. Ulteriori misure dovrebbero includere la smilitarizzazione dello Stato palestinese, e una possibile forza di pace sotto l'egida delle Nazioni Unite.

Una forte risoluzione del Consiglio di Sicurezza dovrebbe sottolineare che le Convenzioni di Ginevra e le altre protezioni per i diritti umani si applicano a tutte le parti in ogni momento. Sarebbe anche da sostenere un accordo tra le parti in materia di rifugiati palestinesi.

La pressione combinata del riconoscimento degli Stati Uniti, l'adesione alle Nazioni Unite e una risoluzione del Consiglio di Sicurezza solidamente fondata sul diritto internazionale, getterebbe le basi per la futura diplomazia. Questi passaggi dovrebbero rafforzare la dirigenza palestinese moderata, mentre si invia una garanzia chiara al pubblico israeliano del riconoscimento a livello mondiale di Israele e della sua sicurezza.

Questa è la migliore – per ora, forse, l'unica - strada per contrastare la realtà di un solo stato che Israele sta imponendo a se stesso e al popolo palestinese. Il riconoscimento della Palestina e una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza non sono misure radicali nuove, ma una conseguenza naturale del sostegno degli Stati Uniti per una soluzione a due stati.
L'obiettivo primario della politica estera della mia vita è stato quello di contribuire a portare la pace a Israele e i suoi vicini. Quel settembre del 1978, fui orgoglioso di dire a una sessione congiunta del Congresso, "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio." Come il signor Begin e il signor Sadat  seduto alla tribuna sopra di noi, i membri del Congresso, in piedi, applaudirono i due eroici operatori di pace.

Ho paura per lo spirito di Camp David. Non dobbiamo sprecare questa occasione.


(Traduzione di Diego Siragusa)


ENGLISH VERSION



ATLANTA — We do not yet know the policy of the next administration toward Israel and Palestine, but we do know the policy of this administration. It has been President Obama’s aim to support a negotiated end to the conflict based on two states, living side by side in peace.

That prospect is now in grave doubt. I am convinced that the United States can still shape the future of the Israeli-Palestinian conflict before a change in presidents, but time is very short. The simple but vital step this administration must take before its term expires on Jan. 20 is to grant American diplomatic recognition to the state of Palestine, as 137 countries have already done, and help it achieve full United Nations membership.

Back in 1978, during my administration, Israel’s prime minister, Menachem Begin, and Egypt’s president, Anwar Sadat, signed the Camp David Accords. That agreement was based on the United Nations Security Council Resolution 242, which was passed in the aftermath of the 1967 war. The key words of that resolution were “the inadmissibility of the acquisition of territory by war and the need to work for a just and lasting peace in the Middle East in which every state in the area can live in security,” and the “withdrawal of Israel armed forces from territories occupied in the recent conflict.”

The agreement was ratified overwhelmingly by the Parliaments of Egypt and Israel. And those two foundational concepts have been the basis for the policy of the United States government and the international community ever since.

This was why, in 2009, at the beginning of his first administration, Mr. Obama reaffirmed the crucial elements of the Camp David agreement and Resolution 242 by calling for a complete freeze on the building of settlements, constructed illegally by Israel on Palestinian territory. Later, in 2011, the president made clear that “the borders of Israel and Palestine should be based on the 1967 lines,” and added, “negotiations should result in two states, with permanent Palestinian borders with Israel, Jordan and Egypt, and permanent Israeli borders with Palestine.”

Today, however, 38 years after Camp David, the commitment to peace is in danger of abrogation. Israel is building more and more settlements, displacing Palestinians and entrenching its occupation of Palestinian lands. Over 4.5 million Palestinians live in these occupied territories, but are not citizens of Israel. Most live largely under Israeli military rule, and do not vote in Israel’s national elections.

Meanwhile, about 600,000 Israeli settlers in Palestine enjoy the benefits of Israeli citizenship and laws. This process is hastening a one-state reality that could destroy Israeli democracy and will result in intensifying international condemnation of Israel.
               
The Carter Center has continued to support a two-state solution by hosting discussions this month with Israeli and Palestinian representatives, searching for an avenue toward peace. Based on the positive feedback from those talks, I am certain that United States recognition of a Palestinian state would make it easier for other countries that have not recognized Palestine to do so, and would clear the way for a Security Council resolution on the future of the Israeli-Palestinian conflict.

The Security Council should pass a resolution laying out the parameters for resolving the conflict. It should reaffirm the illegality of all Israeli settlements beyond the 1967 borders, while leaving open the possibility that the parties could negotiate modifications. Security guarantees for both Israel and Palestine are imperative, and the resolution must acknowledge the right of both the states of Israel and Palestine to live in peace and security. Further measures should include the demilitarization of the Palestinian state, and a possible peacekeeping force under the auspices of the United Nations.

A strong Security Council resolution would underscore that the Geneva Conventions and other human rights protections apply to all parties at all times. It would also support any agreement reached by the parties regarding Palestinian refugees.
                         
The combined weight of United States recognition, United Nations membership and a Security Council resolution solidly grounded in international law would lay the foundation for future diplomacy. These steps would bolster moderate Palestinian leadership, while sending a clear assurance to the Israeli public of the worldwide recognition of Israel and its security.


This is the best — now, perhaps, the only — means of countering the one-state reality that Israel is imposing on itself and the Palestinian people. Recognition of Palestine and a new Security Council resolution are not radical new measures, but a natural outgrowth of America’s support for a two-state solution.

The primary foreign policy goal of my life has been to help bring peace to Israel and its neighbors. That September in 1978, I was proud to say to a joint session of Congress, “Blessed are the peacemakers, for they shall be called the children of God.” As Mr. Begin and Mr. Sadat sat in the balcony above us, the members of Congress stood and applauded the two heroic peacemakers.

I fear for the spirit of Camp David. We must not squander this chance.

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