sabato 8 novembre 2025

RUSSOFOBIA - IL COMUNICATO DEL PROF. ANGELO D'ORSI


COMUNICATO DI ANGELO D’ORSI


La mia conferenza Russofobia, russofilia, verità, prevista l’11 novembre a Torino nei locali del Polo del ‘900 è stata inopinatamente annullata. L’accusa che “spiega” l’annullamento è la stessa che ha impedito al direttore d’orchestra russo Gergiev, al baritono Abdrazaov, per citare solo gli ultimi episodi di cronaca, ossia di fare “propaganda”. E quindi senza neppure aspettare che io tenga la mia conferenza vengo poco democraticamente silenziato in nome della democrazia, di cui l’Occidente sarebbe il faro, mentre la Russia di Putin affoga nella “autocrazia”.
Chi sono io? Sono un “terrone” (salernitano) e vivo a Torino dal 1957, e vi ho compiuto tutti gli studi dalle Medie all’Università dove mi sono laureato con Norberto Bobbio. Sono stato professore ordinario di Storia del pensiero politico nell’ateneo cittadino, e ho insegnato nelle Facoltà di Scienze politiche e di Lettere e Filosofia, diverse altre discipline. Ho collaborato alla creazione dell’Archivio storico dell’ateneo e ho inventato e diretto per un quindicennio i “Quaderni di Storia dell’Università di Torino. E tra i miei libri ve n’è uno, molto corposo, specificamente dedicato alla nostra università (Allievi e maestri. L’università di Torino tra 800 e 900).
Ho 43 anni di docenza alle spalle, senza contare gli ultimi tre anni nei quali sono stato docente a contratto al Politecnico. Ho presieduto per anni il più importante corso di laurea della mia Facoltà, quello in Scienze politiche. 
Di Torino ho studiato la storia culturale pubblicando opere rimaste come pietre miliari, a cominciare da La cultura a Torino tra le due guerre (2000) il libro più discusso in quell’anno, vincitore di premi importanti. Ho scritto la biografia dei tre iconici intellettuali del 900 che hanno operato sotto la Mole: Antonio Gramsci, Leone Ginzburg e ultimo Piero Gobetti, che uscirà in libreria tra qualche mese. 
Ho fondato e diretto le riviste “Historia Magistra” e “Gramsciana” che escono tuttora e sono considerate testate autorevoli a livello internazionale. 
Sul piano della milizia civile, dopo essere stato redattore capo del glorioso foglio di GL “Resistenza” ho fondato e diretto “Nuova Sinistra” e, anni dopo, “Nuvole”, che poi ho abbandonato. Giornalista pubblicista del 1971 (ho ricevuto la targa per i decani dei giornalisti piemontesi”), ho collaborato intensamente per un ventennio al quotidiano “La Stampa” e ad altri quotidiani (“Corriere della Sera” “Il Sole 24 ore”, “Il Manifesto”…). 
Ho pubblicato oltre 50 volumi, e miei scritti sono usciti in inglese francese spagnolo portoghese tedesco serbocroato: è appena stata pubblicata la traduzione spagnolo della mia biografia di Gramsci, per citare solo l’ultimo esempio.
Ho preso parte, sempre, alla vita culturale e al dibattito civile e politico, da indipendente, in città e sul piano nazionale Sono stato anche, sempre come indipendente, candidato sindaco di una coalizione di sinistra. Le mie posizioni di sinistra sono note a tutti, e non tocca a me sottolineare il mio peso di studioso e di intellettuale, ma credo sia universalmente riconosciuto.
Ebbene, non avrei mai (e dico mai) potuto immaginare che venisse annullata una mia conferenza nella mia città. Era previsto anche un collegamento dal Donbass con un giornalista italiano, Vincenzo Lorusso, in quanto autore di un recente volumetto intitolato De “russophobia”, quindi persona informata e qualificata per parlare. Ma questo era un “di più”: il cuore dell’incontro annullato era precisamente la mia conferenza.
Dopo un comunicato di una ignota associazione ucraina e di una sigla legata al Partito radicale (che, ricordo, ha sempre sostenuto le forze di estrema destra nei Balcani e ora in Ucraina, contribuendo a far scarcerare il responsabile dell’omicidio del nostro fotoreporter Andrea Rocchelli, nel Donbass), è scesa in campo la ben nota Pina Picierno (che ricopre la carica di vicepresidente del Parlamento UE), la quale e ha chiesto anzi ingiunto al sindaco di Torino di far annullare l’evento. Così è avvenuto. E io l’ho saputo da un post gongolante della stessa signora, prima che gli organizzatori me lo comunicassero.


Ora mi aspetto che la ministra dell’Università venga al mio fianco e mi faccia tenere la conferenza come ha fatto con rulli di tamburi e squilli di trombe con Emanuele Fiano (al quale nessuno aveva vietato di tenere conferenza, ma era stato contestato dagli studenti, cosa ben diversa e che dopo l’episodio sta girando la Penisola per godere dei frutti di quell’episodio). Mi aspetto che il sindaco di Torino dichiari di non essere intervenuto per bloccare la conferenza. Mi aspetto che l’ANPPIA nazionale che a quanto leggo su agenzie di stampa avrebbe sconfessato la sezione locale, ente organizzatore della conferenza, mi chieda scusa. E aspetto le scuse anche della presidenza e della direzione del Polo del ‘900. Mi aspetto che la segretaria del PD sconfessi la Picierno. Mi aspetto un gesto di solidarietà dal mondo accademico e intellettuale, almeno cittadino.
Temo che nessuno di questi atti avverrà. Perciò chiedo alle testate giornalistiche con le quali ho collaborato in passato o collaboro nel presente, e ai programmi televisivi delle diverse reti di quali sono stato e sono frequentemente ospite di pubblicare questa mia o di darmi spazio per esporre pubblicamente le mie ragioni nel primo momento utile. Che ad uno storico di professione, un accademico “togato”, frequentemente invitato a tenere lezioni in Europa e fuori (le prossime saranno a Parigi, Saragozza, Barcellona, Teheran), venga impedito di tenere una pubblica conferenza è un fatto inaccettabile, di cui sarebbe vergognoso tacere o sarebbe colpevole sottovalutare.

Angelo d’Orsi
Torino, 8 novembre 202

sabato 1 novembre 2025

LA RIVISTA "ITALICUM" A COLLOQUIO CON DIEGO SIRAGUSA: IL GENOCIDIO DI GAZA E LA FINE DI ISRAELE


Intervista a Diego Siragusa sul tema

Il genocidio di Gaza e la fine di Israele

a cura di Luigi Tedeschi

1) Il sionismo laico ha presieduto alla fondazione di Israele. Tuttavia in Israele il sionismo ha assunto sempre più una dimensione religiosa, con una sacralizzazione etnico – identitaria dello Stato, atta a legittimare la pratica dell’apartheid nei confronti della popolazione araba e la violazione sistematica del diritto internazionale. La deriva teologica non ha contribuito però a creare valori unitari tra la stessa popolazione ebraica, dato che la società israeliana è oggi dilaniata da contrapposizioni irriducibili tra le varie componenti etnico – religiose. Non è quindi la guerra a rappresentare attualmente l’unico fattore unificante che possa scongiurare l’implosione dello stato ebraico?  Israele può sussistere solo in uno stato di guerra infinito?

Risposta:  Tra gli intellettuali sionisti vi fu un uomo coraggioso che, solitario e inascoltato, più volte analizzò e previde i pericoli insiti nel programma politico sionista. Quest’uomo si chiamava Ahad Ha’am, che in lingua ebraica significa “uno del popolo”, pseudonimo di Asher Hirsch Ginsberg. Nato a Kiev da una ricca famiglia ucraina, fu un letterato, pensatore e saggista dotato di altissima sensibilità morale. Profondamente legato alla cultura ebraica, si allontanò dalla religione e tentò di fondere il giudaismo con la filosofia europea moderna e, in particolare, col positivismo. Partecipò attivamente al gruppo Hovevei Zion. Criticò severamente il progetto politico sionista della colonizzazione, come era stato impostato da Herzl al Congresso di Basilea, e si espresse, invece, per un progetto di rinascita della cultura ebraica in Palestina come centro propulsore per la sua rigenerazione e di rafforzamento degli ebrei della diaspora. Per Ahad Ha’am, gli insediamenti illimitati di comunità ebraiche in Palestina con lo scopo di fondare uno stato nazionale erano prematuri. Occorreva rinsaldare, egli diceva, “l’ideale dell’unità della nostra nazione, la sua rinascita, e il suo libero sviluppo attraverso l’espressione di valori umani universali nei termini del proprio spirito distintivo.” Nel 1891 fece un viaggio in Palestina e si convinse che il progetto di Herzl e dei sionisti più intransigenti sarebbe fallito. La Palestina non era vuota, da colonizzare, come diceva la propaganda di Herzl e dei suoi seguaci. “All’estero – egli scriveva – di solito si crede che EretzYisrael sia quasi del tutto desolata, un deserto non seminato….. Ma per la verità non è questo il caso. In tutto il paese è difficile trovare campi che non siano seminati. Solo le dune di sabbia e le montagne rocciose non sono coltivate …. .”

Ahad Ha’Am era un umanista, un raffinato uomo di cultura, correttamente egli aveva impostato il problema ebraico nel suo rapporto con un luogo che fosse il retaggio della sua cultura e della sua identità millenaria. Si tenne ai margini del movimento sionista, ormai influenzato da Herzl e da Jabotinskij, convinto che lo stato ebraico sarebbe stato il risultato finale di una rinascita culturale e spirituale della cultura ebraica, ma non certo il suo inizio. Egli osservò e denunciò quello che tuttora lo stato d’Israele non vuole vedere e non vuole riconoscere: la condotta razzista e disumana dei sionisti verso gli arabi di Palestina:

“[I coloni] trattano gli Arabi con ostilità e crudeltà, usurpano ingiustamente, li picchiano vergognosamente senza una sufficiente ragione e sono anche orgogliosi di comportarsi così. Gli Ebrei erano schiavi nella terra del loro esilio e all’improvviso essi si trovano con una libertà illimitata, libertà selvaggia che esiste SOLO in un paese come la Turchia. Questa mutazione improvvisa ha prodotto nei loro cuori un’inclinazione verso la tirannia repressiva, come succede sempre quando uno schiavo domina.” E prosegue con straordinaria preveggenza: “Di solito pensiamo che gli Arabi siano come uomini primitivi del deserto, come una nazione di scimmie che non vede né capisce cosa accade attorno a sé. Ma questo è un GRANDE ERRORE. L’arabo, come tutti i figli di Sem, ha una mente acuta e astuta… Se un giorno la vita della nostra gente in Palestina si estenderà fino a uno spazio più piccolo o più grande dei nativi, essi non si metteranno facilmente da parte.”


La testimonianza di Ahad Ha’Am è di capitale importanza perché indica con precisione “il peccato originario” del sionismo da un pulpito insospettabile. La vulgata israeliana recita da sempre, con una ostinazione pari al livello incontrollabile del suo fanatismo, il refrain degli arabi malvagi e invidiosi che perseguitano ed uccidono i poveri ebrei. Senza questa fondamentale verità non sono storicamente spiegabili i casi di autodifesa o di aggressione ritorsiva araba alle comunità ebraiche insediatesi in Palestina dall’inizio del ‘900 in avanti. Infatti, questa parte del pensiero di Ahad Ha’am è avversata in Israele e in alcuni siti internet si dice in modo chiaro che egli era in errore, che non capiva l’importanza per la sopravvivenza degli insediamenti ebraici di conquistare l’indipendenza politica dagli arabi e dagli inglesi, che egli non seppe prevedere la Prima Guerra Mondiale, il Mandato Britannico né l’Olocausto. Naturalmente le citazioni sopra riportate non compaiono nella letteratura sionista ed affiorano annacquate ed incomprensibili anche nei siti internet filoisraeliani.


Recentemente un poeta israeliano, Amnon Shmosh, ha scritto un bell’articolo sulla “tragedia dell’arroganza” che connota gli ebrei convinti di essere il popolo eletto protetto da dio, di essere più intelligenti, più saggi degli arabi e dei gentili. In questo modo l’arroganza biblica si trasforma in acceso nazionalismo e disprezzo per tutti coloro che avversano gli ebrei o si differenziano da loro. La malvagità e la concezione che gli arabi e i gentili siano “esseri inferiori” da schiacciare, sono l’inevitabile approdo di questa supremazia etnica sempre più simile all’arianesimo nazista.

Il pensiero e l’umanesimo di Ahad Ha’am influenzarono alcuni sionisti come Chaim Weizmann che, in dissenso col progetto fascista e razzista di Jabotinskij, tentò di testimoniare le idealità del suo maestro schierandosi per una convivenza pacifica coi palestinesi ma dovette soccombere ed essere trascinato nell’inarrestabile corrente dell’estremismo sionista che annullò ogni principio di umanesimo giudaico.

Nelle successive immigrazioni arrivarono in Palestina ebrei askenaziti, sefarditi, falascià e mitzrahim ovvero ebrei arabi; queste differenze si sono connotate anche come differenze di classe e sono state spesso la causa di scontri e dissidi. Allo stesso modo le varie sette in seno al giudaismo hanno acuito le divisioni, soprattutto tra rabbini sionisti e antisionisti. Si pensi ai rabbini ortodossi di NETUREI KARTA, fermamente contrari allo stato di Israele descritto come una blasfemia contro la sacra Torah. Man mano che l’estremismo religioso e messianico ha conquistato settori maggioritari della società israeliana in senso suprematista e razzista, difficile e perdente è diventata la lotta dei settori laici e democratici ridotti al ruolo di coscienza critica del sionismo. L’ossessione permanente del NEMICO giustifica lo stato di emergenza e la necessità di una guerra infinita su tutti i fronti.

2) Secondo la retorica del mainstream, sembra essersi risvegliata la coscienza dell’Europa con il riconoscimento dello Stato palestinese, sulla base dello slogan “due popoli due stati”. La soluzione dei due stati, già rivelatasi inattuabile per il rifiuto di dare attuazione agli accordi di Oslo sia da parte di Israele che dei Palestinesi, è oggi resa impossibile dalla proliferazione degli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Con il riconoscimento di uno stato palestinese del tutto virtuale, l’Europa, che è uno dei principali partner commerciali e militari di Israele, non vuole ipocritamente autoassolversi dalle proprie responsabilità sul genocidio di Gaza? Inoltre, questo tardivo riconoscimento europeo dello stato palestinese, non si configura come un’arma mediatica di distrazione di massa, messa in atto allo scopo di occultare le responsabilità delle élites della UE sulla decomposizione politica ed economica europea in atto e dalle incipienti misure di austerity contestuali al riarmo europeo che presto incomberanno sui popoli?

Risposta: Il 4 dicembre 1992 a Londra, si svolse un incontro fra Yair Hirschfeld, docente all’università di Haifa, e Suleiman Ahmed Qurai (Abu Ala), dirigente dell’Olp, addetto alla struttura finanziaria dell’organizzazione. L’incontro fu patrocinato dal norvegese Terje Rod Larsen e da Mona Juul, rispettivamente direttore dell’Istituto norvegese di scienze sociali applicate e alto funzionario del ministero degli Esteri.

Il 20 gennaio del 1993, ad Oslo, si svolse un secondo incontro fra Yair Hirschfeld, accompagnato questa volta dallo storico RonPundak, e Suleiman Ahmed Qurai che si accordarono su tre punti: “il ritiro israeliano da Gaza, il graduale trasferimento del potere economico ai palestinesi…e l’assistenza economica internazionale alla nascente entità palestinese a Gaza”. Il 9 settembre Yasser Arafat riconosce, in una lettera ufficiale, “il diritto dello Stato di Israele ad esistere in pace e sicurezza”. Il giorno dopo, a Tel Aviv, il primo ministro israeliano Rabin riconosce, a sua volta, l’Olp “quale rappresentante del popolo palestinese”. Per la prima volta i due nemici riconoscono il diritto reciproco all’esistenza.

Il 4 maggio del 1994, al Cairo, il primo ministro Rabin e Arafat firmano l’ “Accordo sulla striscia di Gaza e l’area di Gerico”, alla presenza di rappresentanti americani, russi ed egiziani in veste di testimoni. Israele aveva ottenuto ciò che voleva: il monopolio dei controlli alle frontiere e addirittura sui passaggi fra Gaza e Gerico, la facoltà dell’esercito di vigilare intorno alle colonie ebraiche e sulle strade di collegamento fra i Territori ed Israele, inclusa la possibilità di ricercare ed arrestare coloro che a propria discrezione considera potenziali aggressori. Abdel Rezaq, dirigente di Al Fatah, afferma: “A cinque mesi dagli accordi di Washington, la gente sente che nulla è cambiato”.


Il 1° febbraio 1995, la Commissione dell’Onu per i diritti umani riunita a Ginevra afferma in un documento la “insostenibilità” della situazione per i palestinesi nei Territori occupati, per l’allargamento degli insediamenti coloniali decisi dal governo Rabin e la violazione dei diritti umani. Il documento aggiunge che la comunità internazionale “deve cessare di credere che l’occupazione di un territorio da parte di un esercito straniero possa essere compatibile con il rispetto dei diritti degli individui”.

In breve, gli accordi chiedevano un ritiro delle forze israeliane da parti della Striscia di Gaza e della Cisgiordania, e affermavano il diritto palestinese all’autogoverno in tali aree, attraverso la creazione dell’Autorità Nazionale Palestinese. Il governo palestinese ad interim sarebbe durato per un periodo di cinque anni, durante i quali sarebbe stato negoziato un accordo permanente (a partire al più tardi dal maggio 1996). Questioni annose come Gerusalemme, rifugiati palestinesi, insediamenti israeliani nell’area, sicurezza e confini, vennero deliberatamente esclusi dagli accordi e lasciati in sospeso. L’autogoverno ad interim sarebbe stato garantito per fasi.

Gli accordi sollevarono nei due popoli, israeliano e palestinese, un’ondata di speranza per la fine delle violenze, ma non tutti presero parte a questa speranza.

In Israele, ebbe luogo un forte dibattito sugli accordi; la sinistra li sosteneva, mentre la destra si opponeva ad essi. Dopo una discussione di due giorni alla Knesset sul proclama del governo circa la questione dell’accordo e lo scambio di lettere, il 23 settembre 1993 si tenne un voto di fiducia nel quale 61 parlamentari della Knesset votarono a favore della decisione, 50 votarono contro e 8 si astennero.

Nemmeno le reazioni palestinesi agli accordi furono omogenee. Al-Fath accettò gli accordi, ma Hamas, la Jihad Islamica palestinese e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che erano note come “organizzazioni del rifiuto”, obiettarono agli accordi dato che rifiutavano completamente il diritto di Israele a esistere.

Dopo la firma degli accordi l’espansione degli insediamenti israeliani accelerò di cinque volte rispetto alla normale crescita, ingenerando frustrazione tra i palestinesi e una generale sfiducia sugli accordi e sulle intenzioni israeliane. La fiducia israeliana negli accordi venne minata dal fatto che, dopo la firma, gli attacchi terroristici contro Israele non cessarono, e anzi si intensificarono: questo può essere spiegato come un tentativo delle organizzazioni terroristiche di compromettere il processo di pace. Altri credevano che l’Autorità Palestinese non avesse interesse a far cessare questi attacchi e che invece li avallasse. Centinaia di civili israeliani morirono in attacchi compiuti da attentatori suicidi e da organizzazioni palestinesi durante il periodo degli accordi di Oslo. Parti importanti dell’opinione pubblica israeliana si opposero al processo; in particolare, i coloni ebraici temevano che avrebbe portato alla perdita delle loro abitazioni. Questo processo alla fine portò all’assassinio del Primo ministro israeliano Yitzhak Rabin da parte dell’attivista di estrema destra Yigal Amir.


3) Con il genocidio di Gaza e le aggressioni terroristiche di Israele nei confronti degli stati mediorientali, è venuta meno la legittimazione morale scaturita dalla Shoah, che ha presieduto alla nascita dello Stato ebraico. Quell’ideologia secondo cui l’occupazione israeliana della Palestina fosse giustificabile quale risarcimento per l’Olocausto subito dal popolo ebraico sembra oggi misconosciuta, dato che Israele non può più essere considerato nel consesso internazionale come vittima. Non stiamo dunque assistendo al tramonto di quella “religione olocaustica” che ha generato strumentali sensi di colpa irredimibili nei popoli europei e che ha condannato l’Europa alla subalternità atlantica e alla irrilevanza nel contesto della geopolitica mondiale?

Risposta: Troppo spesso l’Olocausto è stato usato dagli israeliani per giustificare la loro politica di genocidio della popolazione araba e per allargare le schiere di simpatizzanti ed alleati. Tutto questo finora è stato possibile grazie a tre elementi: l’appoggio incondizionato degli Stati Uniti, i cui presidenti non possono inimicarsi la potente lobby ebraica americana senza rischiare di perdere le elezioni; la disunione dei paesi arabi oscillanti tra estremismo islamico-nazionalistico ed opportunismo politico-economico per colpa della loro commistione di interessi con gli Stati Uniti; l’influenza finanziaria delle lobby ebraiche europee e, soprattutto, nordamericana.

In un pianeta ormai unipolare è evidente che il paese più potente del mondo e il suo fedele alleato, che in Medioriente da un secolo tiene in scacco la nazione araba e vive in uno stato di guerra permanente, siano additati come la causa del disordine internazionale e i possibili fautori di un nuovo ordine mondiale foriero di nuovo disordine fino alla conflagrazione bellica mondiale. Durissima l’invettiva sincera, fuori da ogni paludamento politico, dell’ex ministro francese Jaques Lang:

“Il grande colpevole di questa situazione è Bush. Perdonate la violenza, ma Bush è un cretino e un fanatico insieme, un imbecille e un guerrafondaio, che da quattro anni trascina il mondo, e in particolare il Medio Oriente, nel caos. Ha distrutto l’Iraq e rischia di distruggere il Libano. Il suo progetto è pericolosissimo. Fa bene la Francia a opporre un’altra visione e a difendere il suo piano per il Libano all’ONU.”

Oggi la reputazione di Israele è tra i rifiuti della storia e più forti diventano coloro che invocano lo smantellamento dello stato sionista, come avevano dichiarato i rabbini antisionisti a Durban nel 2001:

“Discorso tenuto alla Conferenza Mondiale contro il Razzismo, a Durban, trasmesso 29 agosto 2001-09-08

“Ebrei uniti contro lo sionismo”:” L’alternativa seria al sionismo è la fede del giudaismo. “(…)

“Ai palestinesi ed agli altri popoli qui presenti: Voi non avete alcun contenzioso con il popolo ebraico. Noi non siamo i Vostri nemici. Il nostro messaggio è semplice. Cerchiamo di vivere in pace ed in mutuo rispetto. Ai nostri fratelli ebrei: chiediamo che Voi tutti abbracciate la fede dei nostri antenati come essa fu rivelata sul Monte Sinai; che Voi trattiate con giustizia e gentilezza ogni uomo e che noi tutti ci impegniamo per il giorno della fratellanza definitiva e della redenzione dell’umanità.  La nostra preghiera a Dio è che lo stato di Israele possa essere rapidamente e pacificamente smantellato senza ulteriore versamento di sangue ebraico o palestinese e che possiamo essere degni di vedere la rivelazione piena della gloria di Dio nel mondo. Amen.”

“Porteremo a termine un grande olocausto contro i palestinesi.” 

(Matan Vilnai, Ministro israeliano della Difesa Interna, 1° marzo 2006)

4) Le guerre e le aggressioni terroristiche di Israele sono del tutto coerenti con la strategia americana di destabilizzazione del Medio Oriente, finalizzata alla frammentazione degli stati dell’area in tante piccole entità etnico – religiose tra loro conflittuali. Il disegno americano condurrebbe quindi alla balcanizzazione dell’area mediorientale, con una egemonia regionale israeliana, atta a salvaguardare il dominio strategico ed economico degli USA in Medio Oriente. Sia il genocidio di Gaza che la probabile annessione della Cisgiordania non sono avallati dagli USA in quanto la presenza palestinese in quelle regioni rappresenterebbe un ostacolo alla realizzazione di grandi progetti politici ed economici americani, quali il Patto di Abramo e la Via del Cotone? La situazione appare però attualmente mutata. Le aggressioni perpetrate da Israele nei confronti dei paesi mediorientali non finiranno per distruggere i rapporti degli USA con i suoi alleati nell’area? Israele, da potenza alleata degli USA, non si è trasformato in un elemento distonico per le strategie egemoniche americane in Medio Oriente?

Risposta: Fidel Castro disse una verità: “Gli Stati Uniti sono governati dal partito sionista che si divide in due correnti: i repubblicani e i democratici”. Israele prende le decisioni e gli USA eseguono. I recenti 21 punti di Trump per negoziare la cessazione del genocidio a Gaza erano accettabili e furono accettati da Hamas. Poi è arrivato Netanyahu, ha tirato le orecchie a Trump e i 21 punti sono diventati 20 con rimaneggiamenti totalmente inaccettabili. Ogni persona dotata di comprendonio deve convincersi che Israele non è interessata alla pace. Dopo aver rivelato che vuole occupare tutta la Palestina storica, oggi non nasconde di voler realizzare in tempi rapidi IL GRANDE ISRAELE, dal Nilo fino all’Eufrate. Tutto il libano, la Giordania, la penisola del Sinai, Canale di Suez, parti della Siria, dell’Iraq e dell’Arabia Saudita devono diventare IL GRANDE ISRAELE secondo un demenziale progetto di origine biblica. Anche per questa ragione è arrivato il momento di demistificare la Bibbia e le sue insopportabili menzogne usate dall’estrema destra sionista.

Il complotto dell’11 Settembre 2001, ovvero l’attacco alle Torri gemelle, fu organizzato dal Mossad, Cia e FBI per iniziare una serie di guerre in Medioriente con lo scopo di agevolare la realizzazione del GRANDE ISRAELE. Ormai esistono le prove che Iraq, Siria e Libia sono stati distrutti per volere di Israele. I tagliagole dell’ISIS non hanno mai sparato una pallottola contro Israele. Oggi sappiamo come è stato rovesciato il presidente siriano Hassad e come il terrorista Al Jolani è diventato presidente senza essere stato eletto da nessuno. Oggi in Siria il sangue scorre a fiume ma Al Jolani, vestito con giacca e cravatta va all’ONU, abbraccia Zelenski, firma riconoscimenti diplomatici ed è riconosciuto e riverito da tutti i regimi occidentali atlantisti. Gli altri regimi arabi sono governati da gente corrotta e collusa con gli USA: Giordania, Marocco, Egitto, Arabia Saudita, Emirati arabi. Trump ha costretto Netanyahu a chiedere scusa al Primo Ministro del Qatar per aver bombardato Doha pur di uccidere i capi di Hamas ospiti del governo qatariota. Perché? Perché il Qatar ospita una grande base americana e, sicuramente, i dirigenti qatarioti avranno preteso un impegno da parte di Trump ad ammonire il suo amico sionista, pena la chiusura della base. Questa è la prima volta che un dirigente sionista chiede scusa dopo aver compiuto un atto terroristico.


La strategia russa di un mondo multipolare e la missione dei paesi del BRICS di dedollarizzare l’economia mondiale impongono agli USA di tenere al guinzaglio la sua creatura sionista ormai del tutto impazzita. Il genocidio contro i palestinesi ha generato un paradosso: oggi tutto il mondo è palestinese e la vittoria della Palestina sul colonialismo anglosionista è il paradigma della lotta del sud del mondo contro l’imperialismo e il neocolonialismo. ln altre parole: la lotta anticapitalista finalmente ritorna d’attualità davanti ai crimini manifesti del liberal-fascismo.

5) E’ da ritenersi del tutto probabile il verificarsi di un nuovo attacco di Israele all’Iran. Israele sarebbe infatti determinato ad attaccare l’Iran in tempi brevi. Prima cioè che l’Iran possa dotarsi delle necessaria deterrenza nucleare e possa adeguare la sua difesa strategicacon il sostegno di Russia e Cina a far fronte alle possibili aggressioni israeliane. La recente “guerra dei 12 giorni” ha dimostrato l’inadeguatezza di Israele a sostenere un conflitto di lunga durata contro l’Iran. Pertanto, è evidente l’intento di Israele di coinvolgere gli USA direttamente in un conflitto, che altrimenti avrebbe effetti devastanti tali da mettere in pericolo la stessa esistenza dello Stato ebraico. Questa prospettiva, non induce a nutrire seri timori per la deflagrazione di un conflitto dalle dimensioni globali per le sue implicazioni geopolitiche, che potrebbe tramutarsi anche in una guerra nucleare?

Risposta: Oggi solo gli imbecilli, gli apologeti e i sacrestani del sionismo potrebbero negare che Israele è IL MALE ASSOLUTO. Come potenza nucleare ricatta tutti i suoi vicini mediorientali e anche i paesi occidentali che volessero schierarsi militarmente contro Israele. L’Armageddon è nei progetti possibili di Israele nel caso di minaccia alla sua sopravvivenza. Oltre alla resistenza palestinese, oggi sul campo di battaglia sono rimasti: l’Iran, Hetzbollah e gli Houti dello Yemen. Trump si è dimostrato finora il cagnolino più fedele alle avventure di Netanyahu e non lo abbandonerà mai. Perché? Perché ha in casa il genero, Jared Kushner, ipersupersionista e immobiliarista senza scrupoli che vuole trasformare Gaza in un protettorato alle dipendenze degli USA speculando sulla ricostruzione. In questo momento l’Iran è sotto la protezione della Russia e riceve armi di nuova generazione per reagire a imminenti attacchi. In cambio l’Iran fornisce migliaia di droni con tecnologia avanzata. Dopo “la guerra dei 12 giorni”, le autorità iraniane vigilano sulle infiltrazioni del Mossad che ebbe un ruolo vitale nell’uccisione degli scienziati iraniani a Teheran. Alcune spie iraniane del Mossad sono state scoperte e rapidamente impiccate.

Non ho letto il libro di Anna Foa IL SUICIDIO DI ISRAELE, suicidio previsto e annunciato da parecchi ebrei antisionisti anche in anni meno recenti. Condivido integralmente l’appello dei rabbini radunatisi a Durban, ma manca in quel documento il COME SMANTELLARE LO STATO DI ISRAELE. Osservo un fenomeno: Israele è un regime pericoloso per chi ci vuole vivere. Dall’inizio dei massacri a Gaza sono circa 800.000 gli israeliani che sono fuggiti nei paesi da cui provenivano. Ci sono le prove delle lunghe file di partenti all’aeroporto di Tel Aviv. A Cipro sono arrivati 12.000 israeliani, molti sono andati in Grecia e altri in Italia, nel Salento e circa 400 sono arrivati in Valsesia, a pochi km. dalla mia città. Questa è una delle soluzioni: QUESTI CRIMINALOIDI IRREDIMIBILI SE NE DEVONO ANDARE. QUELLA TERRA SI CHIAMA PALESTINA. Dobbiamo avere chiara la convinzione che Israele minaccia il pianeta. Il sionismo deve essere dichiarato fuorilegge. Difficile trovare nella storia un criminale come il ministro Smotrich che dichiara vantandosi che tutti i palestinesi di Gaza devono essere uccisi e che lui si offre come boia, sostenuto in questo dall’altro criminale ministro, Itamar Ben Gvir e da ampi settori della società israeliana. Israele è pieno di psicopatici come questi due ministri che non avrebbero alcuna esitazione a usare le loro bombe atomiche.

6) Israele ha innescato 8 conflitti nell’area mediorientale. Non è però riuscito a concluderne nessuno, non conseguendo quella agognata vittoria che garantirebbe la sopravvivenza politica di Netanyahu. Evidentemente Israele non è più quel “cane pazzo troppo pericoloso per essere disturbato” comedefinito da Moshe Dayan, ma agisce come se ancora lo fosse. Le strategie di ristrutturazione del Medio Oriente che prefiguravano l’assurgere di Israele a potenza incontrastata nell’area previste dal piano Yinon sono fallite. E’ ormai impossibile una riproposizione dello status quo antecedente il 7 ottobre. Israele non concepisce possibili equilibri politico – strategici per il dopo – guerra. La guerra di Israele non ha finalità strategiche definite, la sua è una guerra santa. Non legittima quindi i suoi nemici a combatterne una altrettanto santa nei suoi confronti? L’unico obiettivo di Israele è quindi la vittoria totale profetizzata dal fanatismo religioso con il mito del Grande Israele dal Nilo all’Eufrate? Quale orizzonte alternativo può prefigurarsi, qualora questa improbabile profezia messianica non si realizzasse?

Risposta: Abbiamo visto le scene ripugnanti di Trump davanti al Knesset. Ha glorificato Netanyahu e ha pregato il presidente Herzog di graziarlo per i suoi misfatti. Si è vantato di aver fornito armi efficaci a Israele che i militari “hanno usato bene”, cioè hanno fatto un buon massacro di palestinesi. Complimenti per la sincerità! Gli Stati Uniti in Vietnam persero la battaglia morale prima di essere sconfitti sul campo; Israele ha perso la battaglia morale ma non si arrende. Sta investendo milioni di dollari nei social network e nella propaganda con una campagna di mistificazione senza pari. Il recente convegno dell’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) ha registrato la presenza di giornalisti e intellettuali di infimo conio che hanno tentato comicamente di negare i massacri di Gaza. Si sono distinti: Galli della Loggia, Pierluigi Battista e Incoronata Boccia, capufficio stampa della RAI, che ha negato che vi sia “una sola prova che a Gaza Israele abbia sparato sui civili”. Quindi i palestinesi si sono suicidati o, come dicono alcuni, hanno costruito un grande set cinematografico. Dopo la sconfitta morale, Israele dovrà essere distrutto dall’interno della sua società e sul campo di battaglia subendo perdite insopportabili per il regime sionista la cui economia, dopo due anni di genocidio, è a pezzi. Un Israele invivibile è la soluzione migliore per dissanguarlo demograficamente. Non dobbiamo dimenticare che circa 350 soldati e ufficiali si sono rifiutati di essere mandati a uccidere civili innocenti e molti si sono suicidati per i crimini orrendi che sono stati costretti a eseguire. Questo è Israele: IL MALE ASSOLUTO in compagnia di USA e Gran Bretagna.

 

giovedì 16 ottobre 2025

IL SOGNO DI ISRAELE E' FINITO

 

4 settembre 2025

Haaretz


Il sogno di Israele è finito! Queste sono le parole dell'editoriale del quotidiano israeliano Haaretz, intitolato "I palestinesi sono il popolo migliore sulla terra nel difendere la propria patria". È possibile credere che il quotidiano più importante di Israele oggi riconosca la verità sui palestinesi, descrivendoli come uno dei popoli più nobili della terra, che si è ribellato per difendere i propri diritti dopo settantacinque anni, come se fossero un corpo unico? Ecco la traduzione dell'editoriale:

Una delle cose più meravigliose che pulsano in una coscienza viva, la cosa più bella con cui sboccia la libertà intellettuale e il frutto più puro dell'emancipazione. Leggi cosa ha scritto l'autore: Durante la guerra a Gaza e gli attacchi missilistici della resistenza contro di noi, le nostre perdite hanno superato i 912 milioni di dollari ogni tre giorni, in costi per aerei da guerra, missili Patriot e veicoli di rifornimento, oltre al consumo di munizioni e missili di ogni tipo. Questo non include la cessazione degli scambi commerciali, il crollo del mercato azionario, la paralisi delle istituzioni e dell'edilizia, la distruzione dell'agricoltura e dell'industria, la morte di pollame in allevamenti dal valore di milioni di dollari, la chiusura di alcuni aeroporti e treni e i costi per dare rifugio a chi fugge nei rifugi, per non parlare della distruzione causata dai razzi della resistenza contro case, negozi, automobili e fabbriche.


Siamo noi ad aver innescato questa guerra e ad averne alimentato le fiamme, ma non siamo noi a controllarla, e certamente non siamo noi a porvi fine. Il suo esito non è a nostro favore, soprattutto dopo che le città arabe all'interno di Israele ci hanno sorpreso con la loro rivolta contro di noi, nonostante credessimo che avessero perso la loro identità palestinese. Questo è un segnale inquietante per uno Stato i cui politici hanno scoperto che i loro calcoli erano sbagliati e che le loro strategie non sono in grado di guardare oltre ciò che avevano pianificato. Quanto ai palestinesi, sono loro i veri proprietari di questa terra. Chi altro la difenderebbe con la propria anima, il proprio denaro e i propri figli con tanta forza, orgoglio e sfida? Come ebreo, sfido tutto Israele a dimostrare un così profondo senso di appartenenza e di legame con la terra.

Se il nostro popolo fosse veramente attaccato alla terra di Palestina, non avremmo visto questo enorme numero di ebrei correre agli aeroporti per emigrare dall'inizio della guerra. Abbiamo sottoposto i palestinesi all'amarezza dell'omicidio, della prigionia, dell'assedio e della separazione. Li abbiamo immersi nella droga e abbiamo cercato di indottrinare le loro menti con idee devianti che li allontanano dalla loro religione, come la liberazione, l'ateismo, il dubbio, la corruzione e la perversione. Eppure, è sorprendente trovare tra loro un tossicodipendente che si ribella per difendere la sua terra e la Moschea di Al-Aqsa, gridando "Allahu Akbar" come se fosse un venerabile studioso.

In effetti, pur sapendo l'umiliazione e l'arresto che li attendevano, non hanno mai esitato ad andare alla moschea di Al-Aqsa per pregare. Ironicamente, gli eserciti al completo di altri paesi non hanno osato fare ciò che la resistenza palestinese ha fatto in pochi giorni. Il mito dell'invincibile soldato israeliano è stato infranto, e ora viene ucciso e rapito. Da quando i razzi della resistenza hanno raggiunto Tel Aviv, è meglio abbandonare il sogno illusorio del Grande Israele. I palestinesi devono avere uno stato vicino con cui vivere in pace reciproca. Questo da solo potrebbe prolungare la nostra esistenza su questa terra di qualche altro anno.

Credo che anche se persistessimo per mille anni – e cioè, se riuscissimo a sopravvivere per altri dieci anni come stato ebraico – arriverà un giorno in cui pagheremo il prezzo di tutto. Il palestinese tornerà ancora, ancora e ancora, e questa volta verrà a cavallo, diretto verso Tel Aviv.

Condividete ampiamente questo articolo prima che venga cancellato. Questo è un articolo eccezionale e prezioso.

martedì 7 ottobre 2025

Breve storia della complicità delle Nazioni Unite nella propaganda israeliana sugli stupri di massa dal 7 ottobre

 

Breve storia della complicità delle Nazioni Unite nella propaganda israeliana sugli stupri di massa dal 7 ottobre 


Il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres stringe la mano al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu il 20 settembre 2023, durante l'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York City (Fonte: Ufficio stampa del governo israeliano)

Perché la recente decisione del Segretario generale delle Nazioni Unite di inserire Hamas, e non Israele, nella lista nera degli autori di violenza sessuale è in contrasto con le prove fornite dalle stesse Nazioni Unite.
A cura di Feminist Solidarity Network for Palestine  6 ottobre 2025  
Il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres stringe la mano al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu il 20 settembre 2023, durante l'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York City (Fonte: Ufficio stampa del governo israeliano)
Il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres stringe la mano al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu il 20 settembre 2023, durante l'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York City (Fonte: Ufficio stampa del governo israeliano)
Il 15 luglio 2025, il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha pubblicato il suo rapporto annuale sulla violenza sessuale correlata ai conflitti, aggiungendo Hamas alla "lista delle parti sospettate in modo credibile di aver commesso o di essere responsabili di modelli di stupro o altre forme di violenza sessuale in situazioni di conflitto armato" delle Nazioni Unite. 1 La decisione di farlo è stata presa nonostante nessuno dei due precedenti rapporti delle Nazioni Unite su cui il Segretario generale ha basato le sue conclusioni avesse attribuito ad Hamas un singolo atto di violenza sessuale correlata al conflitto il 7 ottobre, né avesse trovato prove di un piano o di ordini per commettere violenza sessuale.

La prova più forte presentata nel rapporto del Segretario generale a sostegno dell'affermazione che Hamas fosse responsabile della violenza sessuale del 7 ottobre è stata la presunta presenza di diversi corpi svestiti dalla vita in giù con le mani legate (un'affermazione che analizzeremo più avanti) – prova che il rapporto afferma "potrebbe essere indicativa di alcune forme di violenza sessuale" (da parte di chi non viene preso in considerazione) ma che ammette essere indiziaria (paragrafo 35). Al contrario, il rapporto riporta non meno di "12 episodi di violenza sessuale legata al conflitto perpetrati dalle forze armate e di sicurezza israeliane... nelle carceri di Naqab/Ketziot e Ofer e nel centro di detenzione di Etzion contro sette uomini palestinesi, tra cui uno stupro; un tentato stupro; tre episodi di schiacciamento o trazione dei genitali dei detenuti; e sette episodi di calci o percosse ai genitali", oltre ad "almeno due casi di stupro e quattro episodi di violenza ai genitali da parte delle forze armate e di sicurezza israeliane contro detenuti maschi palestinesi nelle carceri di Naqab/Ketziot e Megiddo e nella base militare di Sde Teiman", tutti verificati dalle Nazioni Unite (paragrafo 36). Questi recenti episodi si aggiungono a una vasta letteratura che documenta la violenza sessuale contro uomini, donne e bambini palestinesi da parte delle forze israeliane per decenni: violenza che le stesse Nazioni Unite hanno concluso essere "sistematica" e "istituzionalizzata" (vedere paragrafi 153, 193 di questo rapporto ).

Eppure è stata presa la decisione di inserire Hamas nella lista nera, e non Israele, per violenza sessuale legata al conflitto. Perché? 
Pramila Patten, Rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti (al centro), in visita al kibutz Be'eri con il famigerato gruppo di volontari ZAKA, 7 febbraio 2024. Alla destra di Patten (secondo da sinistra) c'è Yossi Landau, un volontario di ZAKA che è stato smascherato per aver falsificato testimonianze sulle atrocità del 7 ottobre, tra cui il mito di "decine di bambini decapitati". (Fonte: Account X del Ministero degli Affari Esteri israeliano)

La palese parzialità evidente in questa decisione del Segretario Generale è purtroppo solo l'ultimo episodio di una lunga storia di complicità delle Nazioni Unite nella propaganda israeliana sugli stupri di massa (rigorosamente smentita da pubblicazioni come The Intercept, Yes Magazine, Mondoweiss, Grayzone, Middle East Monitor, Electronic Intifada e il London Times ) . 2 In questo articolo , ripercorriamo i momenti chiave di questa storia attraverso un'analisi dei due principali rapporti delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati (TPO). Esaminiamo anche il rapporto più approfondito, ma meno noto, delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale sistematica da parte delle forze israeliane. Basandoci sulle prove di violenza sessuale fornite dalle Nazioni Unite stesse, spieghiamo che la decisione di inserire Hamas nella lista nera e non Israele per la violenza sessuale legata al conflitto è in linea con una più lunga traiettoria di parzialità, indaghiamo sulle radici di questa parzialità e richiamiamo l'attenzione sulla realtà ben documentata della violenza sessuale sistematica da parte di Israele contro i palestinesi. 

Concludiamo che la decisione del Segretario generale delle Nazioni Unite di inserire Hamas nella lista nera, assecondando la propaganda israeliana e ignorando le prove fornite dalle Nazioni Unite stesse sull'uso sistematico della violenza sessuale da parte di Israele, passerà alla storia come un esempio lampante della complicità delle Nazioni Unite nel genocidio israeliano a Gaza. 
La rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti, Pramila Patten (al centro), incontra la First Lady Michal Herzog (a sinistra) e il Presidente Isaac Herzog a Gerusalemme il 29 gennaio 2024. (Fonte: Amos Ben-Gershom / GPO)

1. Il rapporto Patten: di parte fin dall'inizio 
Pramila Patten, Rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti (al centro), in visita al kibutz Be'eri con il famigerato gruppo di volontari ZAKA, 7 febbraio 2024. Alla destra di Patten (secondo da sinistra) c'è Yossi Landau, un volontario di ZAKA che è stato smascherato per aver falsificato testimonianze sulle atrocità del 7 ottobre, tra cui il mito di "decine di bambini decapitati". (Fonte: Account X del Ministero degli Affari Esteri israeliano)
Pramila Patten, Rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti (al centro), in visita al kibutz Be'eri con il famigerato gruppo di volontari ZAKA, 7 febbraio 2024. Alla destra di Patten (secondo da sinistra) c'è Yossi Landau, un volontario di ZAKA che è stato smascherato per aver falsificato testimonianze sulle atrocità del 7 ottobre, tra cui il mito di "decine di bambini decapitati". (Fonte: Account X del Ministero degli Affari Esteri israeliano)
Il 20 gennaio 2024, mentre Israele intensificava il suo genocidio a Gaza, il Ministero degli Affari Esteri israeliano invitò Pramila Patten, Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite presso il Segretario Generale sulla Violenza Sessuale nei Conflitti, a recarsi in Israele per " testimoniare personalmente l'entità delle atrocità (sessuali) e portare i crimini di Hamas all'attenzione delle autorità internazionali ". All'epoca, la narrazione israeliana sugli stupri di massa – un pilastro della sua giustificazione del genocidio – stava iniziando a sgretolarsi, con rapporti investigativi che rivelavano testimoni bugiardi, affermazioni inaffidabili e una palese mancanza di prove e sopravvissuti. Patten, tuttavia, non fu convincente. Dopo una proiezione privata del famigerato documentario di propaganda israeliano di 43 minuti , dichiarò : "Solo dopo aver visto il video ho capito cose che prima non capivo in termini di portata del disastro accaduto". 
Shari Mendes, una riservista dell'esercito, testimonia sulla violenza sessuale il 7 ottobre durante una sessione delle Nazioni Unite il 4 dicembre 2023. (Fonte: Jewish Women's Archive)

La rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti, Pramila Patten (al centro), incontra la First Lady Michal Herzog (a sinistra) e il Presidente Isaac Herzog a Gerusalemme il 29 gennaio 2024. (Fonte: Amos Ben-Gershom / GPO)
La rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti, Pramila Patten (al centro), incontra la First Lady Michal Herzog (a sinistra) e il Presidente Isaac Herzog a Gerusalemme il 29 gennaio 2024. (Fonte: Amos Ben-Gershom / GPO)
La parzialità a favore della narrazione israeliana era evidente nella missione di Patten fin dall'inizio. Lo scopo dichiarato della missione, la cui complicità ed errori abbiamo ampiamente documentato in un articolo precedente , era quello di verificare le accuse di violenza sessuale legate al conflitto commesse durante i "brutali attacchi terroristici guidati da Hamas del 7 ottobre 2023 ", con la stessa Patten che dichiarava che la " preoccupazione principale " della missione era "fare tutto il possibile per i rimanenti ostaggi (israeliani)". Poiché l'ufficio di Patten non ha poteri investigativi, si è basato in larga misura su informazioni secondarie, e il rapporto stesso ha ammesso che il team della missione era stato limitato dal fatto che le informazioni su cui si basava provenivano "in gran parte da istituzioni nazionali israeliane" ( paragrafo 55 ). 3 Tra questi: “il Presidente di Israele e la First Lady, i ministeri competenti… le Forze di Difesa Israeliane (IDF), l'Agenzia di Sicurezza Israeliana (Shin Bet) e la Polizia Nazionale Israeliana incaricata delle indagini sugli attacchi del 7 ottobre (Lahav 433); [e] diverse visite di lavoro alla base militare della Shura, l'obitorio in cui furono trasferiti i corpi delle vittime, nonché una visita al Centro Nazionale Israeliano di Medicina Legale” ( paragrafo 33 ). Nell'arco di due settimane, il team della missione “ha condotto 33 incontri con rappresentanti delle istituzioni nazionali israeliane” ( paragrafo 33 ), mentre la stessa Patten ha incontrato alcuni dei principali artefici della propaganda israeliana sulle atrocità: sopra è raffigurata con Yossi Landau , fonte delle famigerate menzogne ​​della “donna incinta con il feto asportato” e dei “bambini decapitati”. Questa parzialità nella scelta delle fonti è significativa perché il rapporto non cita alcuna delle prove che utilizza. 

La conclusione del rapporto, secondo cui vi erano "ragionevoli motivi per ritenere che si siano verificati episodi di violenza sessuale durante gli attacchi del 7 ottobre 2023 in più località, inclusi stupri e stupri di gruppo", si basava su una sorprendente mancanza di prove e su una manciata di presunti episodi. Tra questi, l'accusa, ripresa nel paragrafo 35 del rapporto del Segretario generale e nei paragrafi 12 e 58 del rapporto originale di Patten , secondo cui "sono stati recuperati diversi corpi completamente nudi o parzialmente nudi dalla vita in giù – per lo più donne – con le mani legate e colpiti più volte, spesso alla testa. Sebbene circostanziale, tale schema di spogliamento e costrizione delle vittime può essere indicativo di alcune forme di violenza sessuale".

Tali accuse si basavano in gran parte su resoconti di "soccorritori". Tuttavia, sappiamo che la principale organizzazione incaricata di rispondere al 7 ottobre dall'interno di Israele era ZAKA , l' organizzazione ultranazionalista che, secondo il portavoce Yehuda Meshi-Zahav, si considera " un braccio del Ministero degli Affari Esteri ". I membri di ZAKA sono stati tra i peggiori artefici della propaganda israeliana sulle atrocità. Dato che la squadra di Patten non aveva poteri investigativi e aveva una scadenza per completare la sua missione in due settimane; dato che ha cercato, senza riuscirci, di parlare con alcuna sopravvissuta ad aggressioni sessuali o stupri il 7 ottobre; dato che era fortemente guidata dal governo israeliano; e dato che centinaia di articoli dei media fino a quel momento si erano basati su un ristretto gruppo di 12 resoconti di testimoni , tutti smentiti o dimostrati inaffidabili, è ragionevole concludere che la squadra di Patten potrebbe essersi basata su molti di questi stessi resoconti.

Shari Mendes, una riservista dell'esercito, testimonia sulla violenza sessuale il 7 ottobre durante una sessione delle Nazioni Unite il 4 dicembre 2023. (Fonte: Jewish Women's Archive)
Shari Mendes, una riservista dell'esercito, testimonia sulla violenza sessuale il 7 ottobre durante una sessione delle Nazioni Unite il 4 dicembre 2023. (Fonte: Jewish Women's Archive)
Tra coloro che hanno affermato che le donne nude sono state trovate parzialmente o completamente nude con le mani legate (sottolineando come fossero state colpite alla testa ) c'era Shari Mendes. Mendes, " una delle testimoni più in vista a sostegno delle accuse di stupro sistematico da parte di Israele ", è un architetto e membro del corpo rabbinico dell'IDF che si è offerto volontario per preparare i cadaveri per la sepoltura alla base militare di Shura, dove la squadra di Patten ha effettuato "diverse visite" (paragrafo 3). Sebbene Mendes sia talvolta presentata dai media come membro della " squadra forense ", non era né responsabile né qualificata per raccogliere prove forensi o identificare la causa della morte. Mendes, che in seguito è stata invitata a testimoniare davanti alle Nazioni Unite , ha ripetutamente cambiato la sua versione dei fatti dopo aver ripetuto alcune delle peggiori bugie smentite sul 7 ottobre, tra cui l'affermazione in un'intervista al Daily Mail di aver visto un feto tagliato fuori dallo stomaco della madre e decapitato ( i registri dell'istituto nazionale di assicurazione israeliano confermano che solo una bambina è stata uccisa il 7 ottobre: ​​Mila Cohen, di 10 mesi, che la stampa ha riportato essere stata uccisa da un proiettile sparato attraverso una porta mentre i militanti palestinesi tentavano di entrare nella sua casa). Cinque patologi forensi qualificati, che in seguito hanno rivelato di aver lavorato alla Shura e di essere stati incaricati specificamente di esaminare i corpi per "la possibilità di stupro", hanno scoperto, secondo Haaretz , che "non c'erano segni su nessuno di quei corpi che attestassero rapporti sessuali avvenuti o mutilazioni dei genitali". 

L'unico episodio di stupro raccontato nel rapporto che non fosse già stato discusso dai media e non fosse stato precedentemente smentito è stato "lo stupro di una donna fuori da un rifugio antiaereo all'ingresso del kibbutz Re'im, corroborato da testimonianze e materiale digitale" (paragrafo 61, nostro corsivo). Tuttavia, in una palese contraddizione, il rapporto afferma esplicitamente di non aver trovato alcuna prova digitale di stupro . Nonostante gli esperti abbiano esaminato "oltre 5.000 foto, circa 50 ore e diversi file audio di filmati degli attacchi, forniti in parte da varie agenzie statali e attraverso una revisione online indipendente di varie fonti aperte", il team di Patten è stato costretto a concludere che "nella valutazione medico-legale delle foto e dei video disponibili, non è stato possibile identificare indicazioni tangibili di stupro" (paragrafo 74, nostro corsivo). 

Tuttavia, ciò che è più importante sapere sul rapporto Patten, dato quanto il Segretario generale si basi sui suoi risultati nella sua decisione di inserire Hamas nella lista nera per violenza sessuale, è ciò che non ha trovato:

a) Nessun sopravvissuto : nonostante l'appello rivolto ai sopravvissuti affinché si facessero avanti, il team di Patten non è riuscito a localizzare un singolo sopravvissuto alla violenza sessuale del 7 ottobre e non ha parlato con nessuno dei sopravvissuti (paragrafo 48). 

b) Nessun modello: il team della missione non ha esplicitamente riscontrato un modello di violenza sessuale il 7 ottobre, né ha stabilito una prevalenza al di là della manciata di presunti incidenti contenuti nel rapporto. Quando, dopo 51 minuti dalla conferenza stampa di Patten del 4 marzo 2024 , Farnaz Fassihi del New York Times chiede: "Diresti di aver riscontrato un modello di violenza sessuale che fosse una strategia di Hamas, sia negli attacchi del 7 ottobre che per quanto riguarda gli ostaggi?", Patten risponde decisamente negativamente. Più avanti nella conferenza stampa, quando la giornalista di Haaretz Liza Rozovsky le chiede: "Ho ragione quando dico che non si può concludere che la violenza sessuale sia stata di carattere sistematico?", Patten ribadisce la sua risposta, affermando: "No... il fattore distintivo tra l'esercizio che ci siamo prefissati di fare, la raccolta e la verifica delle informazioni ai fini della loro inclusione nella relazione annuale del Segretario generale rispetto a un'indagine, è lì che si dovrebbe... approfondire gli elementi di diffusione o sistematicità. Non ci siamo addentrati in questo" (minuto 57). 5 La relazione di Patten afferma di non poter "stabilire la prevalenza della violenza sessuale" (paragrafo 86), un punto che Patten ribadisce nella conferenza stampa , affermando: 

"Non entro nei dettagli della prevalenza, non ho numeri nel rapporto. Perché per me un caso è più che sufficiente. Non si tratta di... non ho fatto un esercizio di contabilità. La prima lettera che ho ricevuto dal governo israeliano parlava di centinaia, se non migliaia, di casi di brutale violenza sessuale perpetrata contro uomini, donne e bambini. Non ho trovato nulla, niente del genere." 

È importante notare che, sebbene la prevalenza non rientri nell'ambito di lavoro della missione, l'individuazione di modelli lo è. Il rapporto spiega che "il mandato del SRSG-SVC comprende la raccolta, l'analisi e la verifica di informazioni esistenti, nonché di quelle ricevute in modo indipendente, su incidenti e modelli di violenza sessuale correlati al conflitto " (paragrafo 25, enfasi nostra). Dato che la lista nera del SG dovrebbe elencare "parti sospettate in modo credibile di aver commesso o essere responsabili di modelli di stupro o altre forme di violenza sessuale in situazioni di conflitto armato", l'incapacità del team ONU di Patten di trovare prove di un modello di violenza sessuale rende la decisione del SG di inserire Hamas nella lista nera particolarmente discutibile.

c) Nessuna attribuzione : il rapporto di Patten non ha attribuito alcun atto di violenza sessuale ad Hamas o ad altri gruppi di resistenza palestinese. Durante la conferenza stampa del 4 marzo , Patten ha spiegato che: 

"Dati i molteplici attori, c'era Hamas, c'era la Jihad islamica palestinese, c'erano altri gruppi armati, c'erano civili, armati e disarmati, non sono entrato nei dettagli delle responsabilità, dato il tempo a disposizione e dato il fatto che non stavo conducendo un'indagine." 
La rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti, Pramila Patten, sorride con la first lady Michal Herzog durante un incontro presso la residenza presidenziale a Gerusalemme il 29 gennaio 2024 (Fonte: account ufficiale X di Isaac Herzog)

Questa conclusione è stata anche rilevata nel rapporto stesso, che spiega che “dato che la missione non era investigativa, non ha raccolto informazioni e/o tratto conclusioni sull’attribuzione di presunte violazioni a specifici gruppi armati” (par. 78).

Il fatto che il team di Patten non sia stato in grado di stabilire un modello o una prevalenza di violenza sessuale il 7 ottobre, non sia riuscito a trovare sopravvissuti o prove digitali di stupro e non abbia attribuito la responsabilità ad Hamas per alcun singolo atto di violenza sessuale dovrebbe portarci a mettere seriamente in discussione la decisione del Segretario generale di aggiungere Hamas alla "lista delle parti sospettate in modo credibile di aver commesso o di essere responsabili di modelli di stupro o altre forme di violenza sessuale in situazioni di conflitto armato". Ciò è particolarmente vero perché questa decisione sembra essersi basata principalmente sui risultati del rapporto di Patten. 

La rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti, Pramila Patten, sorride con la first lady Michal Herzog durante un incontro presso la residenza presidenziale a Gerusalemme il 29 gennaio 2024 (Fonte: account ufficiale X di Isaac Herzog)
La rappresentante speciale delle Nazioni Unite sulla violenza sessuale nei conflitti, Pramila Patten, sorride con la first lady Michal Herzog durante un incontro presso la residenza presidenziale a Gerusalemme il 29 gennaio 2024 (Fonte: account ufficiale X di Isaac Herzog)
2. Cosa sappiamo sulla violenza sessuale contro gli ostaggi israeliani
L'unico ambito in cui il rapporto Patten afferma di avere "informazioni chiare e convincenti" (una soglia di prova più elevata rispetto ai "ragionevoli motivi per credere") riguarda gli ostaggi, affermando che il team della missione ha ricevuto "informazioni chiare e convincenti sul fatto che alcuni ostaggi portati a Gaza sono stati sottoposti a varie forme di violenza sessuale legate al conflitto durante la loro prigionia" (paragrafo 85). La decisione del Segretario generale di inserire Hamas nella lista nera si è basata in gran parte su questa conclusione, nonché su un'affermazione contenuta in un rapporto del settembre 2024 della Commissione d'inchiesta (COI), secondo cui la Commissione aveva ricevuto "informazioni credibili su alcuni ostaggi sottoposti a violenza sessuale e di genere" (paragrafo 82). Tuttavia, sia nel suo rapporto del settembre 2024 che nel precedente rapporto del giugno 2024 (di cui parleremo più avanti), la COI ammette di non essere stata in grado di interrogare direttamente alcun ostaggio a causa del rifiuto di Israele di collaborare (vedi verbale 20.45 ). In effetti, il COI afferma esplicitamente nel suo rapporto del settembre 2024 che per il suo rapporto ha dovuto basarsi “su testimonianze video e audio di ostaggi rilasciati accessibili tramite fonti aperte” e non ha potuto parlare direttamente con nessuno degli ostaggi. 

Poiché nessuno dei due rapporti cita le proprie fonti o presunti testimoni, è molto difficile valutare la veridicità di queste affermazioni. Ciò che è importante notare è che nessuno dei due rapporti afferma che la violenza sessuale contro gli ostaggi sia stata sistematica, generalizzata o ordinata da Hamas (tutte accuse che le Nazioni Unite rivolgeranno in seguito alle forze israeliane in relazione ai detenuti palestinesi). Ci viene invece detto che alcuni ostaggi sono stati probabilmente sottoposti a violenza sessuale. Ad oggi, l'unico ostaggio rilasciato che si è fatto avanti pubblicamente affermando di essere stato violentato durante la prigionia è Amit Soussana (questa è probabilmente "l'unica ostaggio rilasciata [che] ha riferito di essere stata violentata in un appartamento" e che è menzionata nel rapporto COI del settembre 2024). In un'intervista al New York Times , Soussana racconta che il suo rapitore l'ha costretta a compiere "un atto sessuale" prima di esprimere rimorso e implorarla di non dirlo a Israele. In una risposta di 1300 parole al racconto di Soussanna, Hamas ha affermato che "era essenziale per il gruppo indagare sulle accuse della signora Soussana" e che condannava la violenza sessuale in ogni sua forma. Tralasciando la questione della credibilità, è importante notare che il racconto di Soussana non dà credito all'affermazione di Israele secondo cui esisteva un piano o una direttiva da parte di Hamas per usare lo stupro come arma di guerra, né costituisce un "modello" che renderebbe Hamas idoneo alla lista nera delle Nazioni Unite. Poiché lo stesso rapporto del COI afferma che "alcuni ostaggi rilasciati hanno dichiarato di non essere stati maltrattati" (paragrafo 83), è ragionevole dedurre che questo trattamento non sia stato sistematico.

Dato che il governo israeliano ha ripetutamente affermato, sulla base del racconto di Soussanna , che le donne ostaggio a Gaza sono sottoposte a sistematica violenza sessuale come mezzo per giustificare il loro genocidio in corso , e dato che questa affermazione è stata ripresa anche dalle famiglie degli ostaggi per chiederne il ritorno (famiglie che Patten ha incontrato durante il suo viaggio di una settimana in Israele, giurando di fare dello scopo della sua missione quello di fare " tutto per gli ostaggi (israeliani) rimasti "), dovremmo essere cauti nel trarre conclusioni senza prove.  
Navi Pillay (al centro), Presidente della Commissione Internazionale Indipendente d'Inchiesta delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati, inclusa Gerusalemme Est, e Israele, informa i giornalisti presso la sede delle Nazioni Unite. Con lei, i membri della Commissione, Miloon Kothari (a destra) e Chris Sidoti (a sinistra). (Fonte: UN Media)

3. Il secondo rapporto: Commissione d'inchiesta (COI)
Navi Pillay (al centro), Presidente della Commissione Internazionale Indipendente d'Inchiesta delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati, inclusa Gerusalemme Est, e Israele, informa i giornalisti presso la sede delle Nazioni Unite. Con lei, i membri della Commissione, Miloon Kothari (a destra) e Chris Sidoti (a sinistra). (Fonte: UN Media)
Navi Pillay (al centro), Presidente della Commissione Internazionale Indipendente d'Inchiesta delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati, inclusa Gerusalemme Est, e Israele, informa i giornalisti presso la sede delle Nazioni Unite. Con lei, i membri della Commissione, Miloon Kothari (a destra) e Chris Sidoti (a sinistra). (Fonte: UN Media)
Sebbene i fallimenti del rapporto Patten – elaborato su richiesta del governo israeliano, basandosi su fonti governative israeliane e privo di capacità investigativa – non fossero sorprendenti, molti nutrivano aspettative più elevate nei confronti della Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite. Istituita nel 2021 con un mandato in corso, la COI è ad oggi l'unico organismo delle Nazioni Unite con poteri investigativi per esaminare le accuse di Israele secondo cui Hamas avrebbe commesso violenze sessuali sistematiche il 7 ottobre. Non è un caso, quindi, che mentre Patten incontrava il presidente Herzog e veniva accolto nelle basi militari israeliane, alla COI fosse proibito entrare in Israele e deliberatamente ostacolato nello svolgimento delle sue indagini. Sebbene per molti di noi questa mancanza di approvazione da parte del governo israeliano fosse interpretata come un segno positivo dell'indipendenza della Commissione, in definitiva ha significato che la Commissione non è stata in grado di adempiere al suo mandato e condurre un'indagine approfondita e indipendente sulle accuse di violenza sessuale da parte di Israele. Impossibilitata ad accedere al territorio in cui si erano verificati i presunti crimini o a parlare direttamente con i testimoni, e di fronte a una palese mancanza sia di resoconti dei sopravvissuti che di prove forensi e digitali, la Commissione aveva due opzioni. Poteva annunciare che il governo israeliano si rifiutava di collaborare e che pertanto le era stato impedito di svolgere le indagini. Oppure, poteva procedere con un'"indagine" basata su testimonianze di seconda mano e resoconti dei primi soccorritori, nonostante una serie di prove dimostrassero che tali resoconti fino a quel momento erano inaffidabili e pieni di falsità. Ha scelto quest'ultima opzione. 

Volontari di Zaka nel kibbutz Holit, 26 ottobre 2023. (Fonte: Mishel Amzaleg/Israel National Photo Collection)
Volontari di Zaka nel kibbutz Holit, 26 ottobre 2023. (Fonte: Mishel Amzaleg/Israel National Photo Collection)
Il conseguente eccessivo affidamento a fonti compromesse ha ostacolato il COI fin dall'inizio. In un articolo precedente , abbiamo analizzato gli impatti di ciò sul loro rapporto del giugno 2024 , descrivendo in dettaglio la reiterazione da parte del COI di affermazioni smentite, la sua dipendenza da testimonianze di seconda mano non credibili, i suoi evidenti errori fattuali e il suo eccessivo affidamento e la sua errata interpretazione di "prove" video e fotografiche pubblicate online da fonti inaffidabili, tra cui il gruppo di primo soccorso screditato ZAKA. In un esempio significativo, il COI si è basato sulle testimonianze dei primi soccorritori per affermare che "molti corpi portati al campo di Shura mostravano segni indicativi di violenza sessuale" (paragrafo 136) – nonostante il fatto che cinque patologi forensi, menzionati in precedenza in questo articolo, lavorassero a Shura e fossero specificamente incaricati di esaminare " corpi arrivati ​​completamente o parzialmente nudi al fine di esaminare la possibilità di stupro ". Non hanno trovato segni di mutilazione genitale o stupro su nessuno dei corpi esaminati. 
Volontari di Zaka nel kibbutz Holit, 26 ottobre 2023. (Fonte: Mishel Amzaleg/Israel National Photo Collection)

Ma ciò che colpisce di più nel rapporto COI è, ancora una volta, ciò che non è stato trovato: 

1. Nessuna prova di stupro : la Commissione non ha trovato prove dirette di un singolo stupro commesso il 7 ottobre (paragrafo 138). L'unica accusa di stupro inclusa nel rapporto è la dichiarazione di un presunto testimone che afferma di aver visto "il corpo di un uomo con [...] una pistola inserita nell'ano" (paragrafo 154). Questa affermazione è ripetuta due volte nel rapporto e citata come possibile prova del "crimine di guerra di stupro e altre forme di violenza sessuale" (paragrafo 292), nonostante il fatto che la Commissione non sia stata "in grado di corroborare le informazioni" (paragrafo 154). Ciò viola i requisiti metodologici del rapporto stesso, che richiedono l'esclusione di informazioni non corroborate (paragrafo 14). Inoltre, non abbiamo trovato alcuna conferma di questo resoconto altrove. 

2. Nessun sopravvissuto : la Commissione non è stata in grado di incontrare “nessun sopravvissuto alla violenza sessuale commessa il 7 ottobre, nonostante i suoi tentativi di farlo” (paragrafo 19).

3. Nessuna prova forense : la Commissione ha rilevato “l’assenza di prove forensi dei crimini sessuali commessi il 7 ottobre” (paragrafo 18). 

4. Nessuna prova di istruzioni per commettere violenza sessuale e nessun piano : l'indagine non è stata in grado di verificare le affermazioni israeliane secondo cui sarebbero state trovate istruzioni ai combattenti palestinesi che ordinavano loro di commettere violenza sessuale (paragrafo 139). Nonostante i media abbiano riportato il contrario, il rapporto non ha trovato alcuna prova di stupro pianificato o sistematico che potesse essere attribuito ad Hamas o a qualsiasi altro gruppo armato palestinese (paragrafo 138). 

5. Nessuna mutilazione genitale : la COI non è stata inoltre “in grado di verificare le segnalazioni di torture sessualizzate e mutilazioni genitali”, ampiamente diffuse nei mesi successivi al 7 ottobre (paragrafo 138). Inoltre, la Commissione ha ritenuto “false, inaccurate o contraddittorie” alcune accuse specifiche (paragrafo 138). 

6. Nessuna attribuzione della violenza sessuale ad Hamas : nel spiegare la propria incapacità di procedere con l'attribuzione in materia di violenza sessuale, la Commissione d'inchiesta ha spiegato che il team di Pramilla Patten non era stato in grado di procedere con una "attribuzione specifica" a causa della mancanza di poteri investigativi e ha sollecitato Israele a concedere l'accesso al COI, cosa che si era rifiutata di fare (paragrafo 140).  

Nonostante questa palese assenza di prove, il rapporto del COI è stato pesantemente inquadrato (sia dal COI stesso che dai media delle Nazioni Unite che ne hanno accompagnato la pubblicazione) come una narrazione "da entrambe le parti" . Il desiderio di equiparare la presunta violenza sessuale del 7 ottobre a decenni di sistematica violenza sessuale da parte delle forze israeliane ha portato il COI a contorcersi, utilizzando una definizione distorta di violenza di genere, diversa da quella comunemente utilizzata nel diritto internazionale, al fine di inglobare vari episodi sotto la sua egida. 6 Ad esempio, gli attacchi contro le soldatesse nella base militare di Nahal Oz (descritte nel rapporto come “giovani donne” (paragrafo 113) che “sembrano essere spaventate” (paragrafo 108) sono stati elencati nel rapporto del COI come esempi di violenza di genere, ignorando il fatto che erano state prese di mira, insieme ai soldati maschi, non perché fossero donne ma perché erano soldati delle IDF. Questa ampia definizione ha permesso al COI di gonfiare le prove di violenza sessuale il 7 ottobre, con l’obiettivo finale di presentare una narrazione da entrambe le parti che condannava sia Israele che gli “attori armati” dalla parte palestinese. 

4. Il rapporto COI del 2025 sulla violenza sessuale sistematica da parte delle forze israeliane
La campagna di pressione internazionale organizzata da Israele e dagli Stati Uniti contro la Commissione d'Inchiesta, accusandola di antisemitismo e chiedendone lo scioglimento, è cresciuta significativamente negli ultimi tre anni, contribuendo a perdite di finanziamenti e tagli al personale che hanno ostacolato il lavoro della Commissione. 7 Sebbene questo tipo di pressione politica possa aver contribuito al desiderio della Commissione di apparire "imparziale" e di presentare una narrazione da entrambe le parti nel suo rapporto del 2024, sembra essere all'opera anche una corrente più profonda che patologizza la resistenza palestinese. La diffusione della propaganda israeliana sugli stupri di massa si è a lungo basata su un immaginario coloniale islamofobo che inquadra Hamas e altri gruppi di resistenza palestinese come "terroristi" brutali e ipersessuali, creando uno spazio di eccezione attorno a queste accuse che abbassa significativamente, se non addirittura dissipa, la soglia della prova. 

La Commissione d'Inchiesta è molto più a suo agio nel documentare le vittimizzazioni palestinesi. Nel 2025, consapevoli di essere sul punto di ritirarsi collettivamente/dimettersi dai loro incarichi, i tre membri della Commissione hanno pubblicato un rapporto schiacciante intitolato " Più di quanto un essere umano possa sopportare": l'uso sistematico da parte di Israele di violenza sessuale, riproduttiva e altre forme di violenza di genere dall'ottobre 2023. 8 Questo rapporto è una terribile litania di brutalità sessuale da parte delle forze israeliane che, finalmente, prende atto di alcuni dei crimini testimoniati da sopravvissuti, testimoni e organizzazioni della società civile palestinesi negli ultimi due anni (e nei decenni precedenti).

In questo rapporto, la COI dimostra in modo inequivocabile che Israele è stato coinvolto in una violenza sessuale diffusa, sistematica e istituzionale. Osservando che "la violenza sessuale e di genere non è affatto un elemento nuovo dell'occupazione israeliana", il rapporto documenta un forte aumento del ricorso alla tortura e agli abusi sessuali dopo il 7 ottobre (par. 81). Questa violenza sessuale era pervasiva, si verificava in tutta Gaza e in Cisgiordania e si concentrava soprattutto in situazioni di custodia cautelare: "La Commissione ha documentato casi di violenza sessuale e di genere contro detenuti uomini e donne in più di 10 strutture militari e del Servizio Penitenziario Israeliano [...] La violenza sessuale è stata utilizzata come mezzo di punizione e intimidazione dal momento dell'arresto e per tutta la durata della detenzione, compresi gli interrogatori e le perquisizioni" (par. 116). 9 

Di seguito è riportata una breve selezione di esempi di incidenti contenuti nel rapporto, tutti corroborati da dichiarazioni dirette di vittime e testimoni, nonché da foto e filmati verificati (paragrafo 81). 10 Molti di questi casi di abusi sessuali sono stati pubblicati online dagli stessi soldati che li hanno commessi, dimostrando una cultura di impunità all'interno di Israele che ha favorito e incoraggiato tali atti. 

“La Commissione ha documentato casi di stupro e violenza sessuale su detenuti maschi, tra cui l'uso di una sonda elettrica per provocare ustioni all'ano e l' inserimento di oggetti, come dita, bastoni, manici di scopa e verdure, nell'ano e nel retto ... La vittima ha raccontato alla Commissione: 'Mi hanno portato in una stanza per gli interrogatori e mi hanno sospeso per le braccia dietro la schiena. Le mie dita dei piedi toccavano a malapena il pavimento. Una guardia maschio mi ha inserito un bastone di metallo nel pene in diverse occasioni , circa venti volte in totale. Ho iniziato a sanguinare. Il dolore era lancinante...'” (par. 119). 

La Commissione documenta almeno due casi in cui sopravvissuti palestinesi hanno avuto bisogno di " cure mediche e/o interventi chirurgici a causa di ferite causate da stupro " (par. 120). Durante un'aggressione nel carcere di Sde Teiman, che ha fratturato diverse costole della vittima e gli ha perforato un polmone, "la vittima è stata anche pugnalata al retto con un oggetto appuntito . Il retto della vittima è stato perforato a causa dell'aggressione e ha richiesto un intervento chirurgico al retto. In seguito all'aggressione, alla vittima è stato imposto l'uso di una sacca per stomia a causa della gravità delle ferite. Un soldato ha girato un video che riprendeva gli aggressori" (par. 120). 

Tali casi di stupro sono stati trattati impunemente dalle forze armate israeliane: "La Commissione ha documentato un caso in cui un detenuto è stato ripetutamente stuprato in un centro di detenzione israeliano . È stata presentata una denuncia alla procura israeliana ma, più di sei mesi dopo la segnalazione dell'incidente, la Commissione ha ricevuto informazioni secondo cui le autorità israeliane non hanno adottato misure efficaci per indagare sulle accuse o perseguire i soggetti coinvolti, nonostante le prove" (par. 158).

La commissione ha rilevato che stupri, abusi sessuali e umiliazioni sessuali erano pratiche comuni nelle prigioni israeliane: "La Commissione ha ricevuto informazioni su detenuti costretti a spogliarsi e a sdraiarsi uno sopra l'altro ... Un detenuto è stato sottoposto a un tentativo di stupro con una carota nell'ano di fronte agli altri detenuti ... In un altro caso, un soldato si è tolto i pantaloni e ha premuto il suo cavallo contro il viso di un detenuto, dicendo: 'Sei la mia puttana. Succhiami il cazzo'" (par. 122).

“Detenuti maschi hanno riferito che il personale delle ISF li aveva picchiati, presi a calci, tirati o schiacciati sui genitali , spesso mentre erano nudi. La Commissione ha verificato quattro casi simili… Un altro detenuto rilasciato dal carcere di Megiddo ha dichiarato alla Commissione: 'Ero inginocchiato con la testa bassa e le mani legate dietro la schiena. Mi hanno picchiato e preso a calci su tutto il corpo, compresi il viso e i genitali. Pensavo di morire'” (par. 114). 

In un video pubblicato online dai soldati israeliani "tre uomini palestinesi completamente nudi, scalzi e bendati vengono visti salire a forza su un autobus dai soldati delle ISF . Si sente un soldato delle ISF imprecare contro i detenuti in arabo ed ebraico, emettendo suoni simili a sputi, dicendo: 'fratello di puttana', 'figlio di puttana', 'porco', 'stronzo di tua sorella' e 'pappone' [...] il video è stato pubblicato con la descrizione: 'I maiali nazisti di Nukhba vengono condotti nudi dritti negli scantinati dello Shin Bet'" (paragrafo 100). 

Anche le detenute sono state sottoposte ad aggressioni e molestie sessuali nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani. Il rapporto documenta che ciò includeva " calci sui genitali delle donne, toccamenti sui loro seni, tentativi di baciarli e minacce di stupro" . In un caso segnalato alla Commissione, una donna è stata minacciata di aggressione sessuale di fronte al marito mentre era detenuta nella prigione di Hasharon. Un soldato avrebbe abbassato la cerniera dei pantaloni e minacciato di far sedere la donna sulle sue ginocchia mentre un altro soldato commentava i suoi seni. La donna, che aveva partorito due mesi prima della sua detenzione, sarebbe stata sputata in faccia dai soldati e picchiata ripetutamente fino allo svenimento" (par. 124). Gli abusi sessuali, tra cui palpeggiamenti e palpeggiamenti da parte dei soldati, si sono estesi alle ragazze , anche a Gerusalemme Est e in Cisgiordania (par. 112). 

La nudità forzata, le perquisizioni corporali e il doxxing sono stati spesso utilizzati come strumenti di degradazione e umiliazione sessuale dalle forze armate israeliane. Documentando numerose prove fotografiche e video, la Commissione osserva che " Dal 7 ottobre 2023, centinaia di uomini e ragazzi palestinesi sono stati fotografati e filmati in circostanze umilianti e degradanti, mentre venivano sottoposti ad atti di natura sessuale " (par. 93). In un caso, una soldatessa israeliana ha costretto due ragazzi palestinesi adolescenti, rimasti in mutande, a ballare di fronte ad altri detenuti, mentre li filmava ridendo (par. 96). La Commissione ha concluso, sulla base di fondate ragioni, che "lo spogliarello forzato in pubblico e la nudità, nonché altri tipi di abusi da parte del personale militare israeliano, sono stati ordinati o tollerati " (par. 191).

La conclusione del rapporto è inequivocabile. La Commissione scrive che:

“ La violenza sessuale è stata perpetrata (da Israele) durante le operazioni militari a Gaza dal 7 ottobre 2023 e in Cisgiordania : durante le procedure di evacuazione, prima o durante l'arresto, nelle abitazioni civili, nelle strutture sanitarie e nei rifugi e durante la detenzione. Gli atti sessuali sono stati compiuti con la forza , anche mentre la vittima era sottoposta a violenza, intimidazione e altre forme di coercizione, in circostanze intrinsecamente coercitive ” (par. 180). 

La COI afferma chiaramente che la violenza sessuale contro i palestinesi è "sistematica e istituzionalizzata" (vedi paragrafi 153, 193) e che le "Forze di Sicurezza Israeliane" (ISF) ne hanno la piena responsabilità. Nel tentativo di dimostrare la complicità delle ISF in tale violenza, la COI documenta dettagliatamente un famigerato caso di stupro di gruppo a Sde Teiman, che ha lasciato la vittima con "ferite potenzialmente letali" (paragrafo 154). Dopo che il video dello stupro di gruppo è stato trasmesso dal Canale 12 israeliano il 6 agosto 2024, Israele ha arrestato dieci soldati, cinque dei quali sono stati immediatamente rilasciati, e altri cinque sono stati inizialmente posti agli arresti domiciliari, con condizioni allentate dopo un breve periodo. Anche questo ha causato un'ondata di indignazione in Israele, con folle che hanno preso d'assalto la base dove erano detenuti i soldati, chiedendone il rilascio, e dibattiti sulla televisione nazionale sulla legittimità dello stupro di gruppo sui palestinesi. Alla domanda, durante una discussione alla Knesset, se fosse legittimo "inserire un bastone nel retto di una persona", Hanoch Milwidsky, membro della Knesset del Likud, ha risposto: "Se è un Nukhba [militante di Hamas], tutto è legittimo. Tutto" (par. 156). Vale la pena notare che questo comportamento non è iniziato dopo il 7 ottobre: ​​un rapporto della National Lawyers Guild del 1977 descriveva dettagliatamente "l'inserimento di bottiglie e bastoni nell'ano o nella vagina di un detenuto" e "l'inserimento di un filo nel pene" come forme comuni di tortura utilizzate dalle forze armate israeliane contro i detenuti palestinesi. 

In definitiva, l'autorizzazione sistematica della violenza sessuale da parte dello Stato israeliano porta la COI a concludere che non ci si può affidare a Israele per accertare le responsabilità dei propri crimini sessuali:

"Il sistema giudiziario israeliano non soddisfa gli standard internazionali di giustizia per quanto riguarda la sua applicazione ai palestinesi. Attualmente, non può garantire garanzie di giusto processo in quanto è intrinsecamente discriminatorio nell'applicazione della legge; la legislazione nazionale continua a essere utilizzata per perseguitare i palestinesi e scagionare i responsabili che violano i diritti dei palestinesi. Non ci si dovrebbe affidare al sistema giudiziario israeliano per la gestione delle responsabilità del personale civile e militare israeliano in relazione ai palestinesi" (par. 161).

Questa conclusione schiacciante viene ignorata dal Segretario generale, il quale, nonostante le prove, si rifiuta di inserire Israele nella lista nera per violenza sessuale legata al conflitto e invece invita Israele a "indagare e perseguire tutte le accuse di violenza sessuale contro i detenuti palestinesi" (par. 37). 11 Storicamente, il mito secondo cui Israele fosse in grado di indagare e perseguire i propri crimini contro i palestinesi (in quanto presumibilmente una "democrazia" funzionante) ha fornito una copertura a coloro che non sono disposti ad assumersi il compito di ritenerlo responsabile, una tradizione di complicità che il Segretario generale delle Nazioni Unite continua volontariamente. 

Conclusione: l'ONU è complice di un genocidio 
Alla luce delle stesse conclusioni delle Nazioni Unite, la decisione del Segretario Generale di inserire Hamas e non Israele nella lista dei responsabili di "stupri o altre forme di violenza sessuale in situazioni di conflitto armato" è palesemente assurda. Nel rapporto del 2025 del COI sulla violenza sessuale israeliana, troviamo esattamente ciò che non è presente in nessun rapporto ONU pubblicato riguardo ad Hamas: attribuzione, sistematicità, prove e intento . Per questo motivo, possiamo solo leggere la decisione dell'ufficio del Segretario Generale delle Nazioni Unite di inserire Hamas e non Israele nella lista nera come prova della sua complicità istituzionale nel genocidio in corso da parte di Israele. Questa complicità non è nuova: le Nazioni Unite hanno contribuito in modo significativo alla creazione di uno stato coloniale di apartheid basato sulla supremazia ebraica in Palestina e hanno ammesso Israele come stato membro solo un anno dopo aver conquistato il territorio attraverso omicidi e pulizia etnica durante la Nakba . Nonostante l'ottimo lavoro svolto dai singoli relatori speciali, storicamente l'ONU è stata strutturata in modo da concedere un'influenza sproporzionata a potenti stati membri, molti dei quali investono attivamente in Israele. 

Con la sua decisione di inserire Hamas nella lista nera, e non Israele, per violenza sessuale legata al conflitto, l'ONU tenta di sistemare la storia a favore di Israele e di porre una piaga permanente su Hamas e sulla resistenza palestinese in senso più ampio. Criminalizzando e patologizzando la resistenza palestinese senza prove – e allo stesso tempo allontanandosi deliberatamente dagli uomini, dalle donne e dai bambini palestinesi vittime della sistematica violenza sessuale israeliana – la lista nera dell'ONU contribuisce ad alimentare le basi affettive ed epistemiche della disumanizzazione e del genocidio dei palestinesi. Rifiutiamo questa complicità. Offriamo la nostra indagine come una correzione cruciale a questa storia. 

Rete di solidarietà femminista per la Palestina
La Rete di solidarietà femminista per la Palestina è un collettivo internazionale di accademiche, avvocatesse e organizzatrici femministe anti-imperialiste e anti-coloniali che lavorano contro la propaganda coloniale sionista e per una Palestina libera.

Note