lunedì 4 novembre 2024

LA CRISI DELLA GLOBALIZZAZIONE E I BRICS+



                                  di Ratko Krsmanović

2 novembre, 2024


Oggi è certo che il globalismo come dottrina e l’unipolarismo come “nuovo ordine mondiale” non sono né la “fine della storia” né la “fine della geografia”. L' "Impero" vittorioso, dopo una breve fase trionfalistica ed espansionistica, si trovò di fronte a sfide difficilmente risolvibili: disunità interna dovuta a grossolane differenziazioni di classi sociali, vassalli disobbedienti, rafforzamento e associazione sempre più pronunciati dei viceré coloniali e dei "barbari" di ieri, crisi d'identità, relativizzazione della leadership e del carattere del mondo al di fuori dell' "Occidente collettivo", che si sta posizionando sempre più attraverso la sua influenza nelle colonie antiche e attuali, e anche dove l' "Impero" vittorioso ha instaurato per decenni regimi vassalli. Oltre alle manipolazioni dei media, alla doppiezza e all’abuso della tecnologia dell’informazione, oggi sono riconoscibili integrazioni dell’Occidente motivate dall’espansionismo e istituzioni basate su tali integrazioni.

Negli ultimi due secoli, l'Eurasia è stata l'arena principale della competizione geopolitica, dove, in un certo modo, l'unipolarismo assoluto è stato contrastato in modo inadeguato, disorganizzato e fondamentalmente senza successo, perché i creatori del progetto unipolare sono riusciti a mettere in imbarazzo persino gli alleati naturali. Invece della solidarietà e del sostegno attesi, ad esempio, per il popolo palestinese nelle condizioni di brutale aggressione israeliana, il mondo arabo era preoccupato per vari conflitti interetnici indotti dall'esterno e quindi è diventato una facile preda per i tutori e la Palestina una vittima dell'avidità e dell'aggressione israeliana. La scena della rivalità geopolitica postmoderna si è estesa all'intero continente dell'Afro-Eurasia e oltre. Perfino la popolazione latinoamericana, motivata dagli sforzi di liberazione di Bolivar, Castro, Chavez e altri liberatori, non ha accettato lo sfruttamento spietato delle proprie risorse da parte dei vincitori della guerra fredda. Il mondo che conosciamo è il risultato di un saccheggio a lungo termine grazie al quale, a partire dal XVI secolo, gli europei e in seguito gli americani hanno colonizzato e saccheggiato l'Africa, l'Asia e il Sud America. La ricchezza saccheggiata, e spesso il lavoro degli schiavi, hanno pagato l'ascesa dell'Occidente e del suo "eterno" capitalismo, l'imperialismo e la fondazione di moderni stati sovrani. Hanno creato organizzazioni internazionali per perpetuare la loro egemonia e aumentare il loro potere militare.

Si è così creata una situazione in cui un piccolo gruppo di paesi del G-7 (Germania, Canada, USA, Francia, Italia, Giappone, Regno Unito e Unione Europea) si sforza di dominare il mondo politicamente, economicamente e militarmente. Questo gruppo, che rappresenta meno del 10% della popolazione e consuma la maggior parte delle risorse del pianeta, crea un'impressione di eccezionalità e di diritto a tutti i tipi di interventismo, incluso quello militare, in tutto il mondo. Oggi prescrivono e impongono standard e strategie sotto forma di "raccomandazioni sulla democrazia", ​​"agende verdi", "sviluppo sostenibile", resistenza al "cambiamento climatico", fino a "raccomandazioni" sui metodi di cura, nutrizione, educazione familiare...

La crisi della globalizzazione che è culminata, tra le altre cose, nel conflitto tra Russia e alleanza NATO sotto forma di guerra "russo-ucraina", è stata causata dalla crisi di egemonia e dalle fantasie coloniali sotto forma di desiderio di controllo delle risorse naturali russe. Tale avidità non può essere mascherata da manipolazioni mediatiche e dal divieto di forme "inadatte" di informazione e comunicazione in un mondo tecnologicamente sviluppato in cui il 70% della popolazione mondiale ha accesso a Internet, quando le informazioni raggiungono ogni angolo del pianeta a una velocità inimmaginabile e diventano molte volte più accessibili, il che è anche collegato a possibili abusi.

I nuovi sviluppi nel mondo stanno lasciando alle spalle la globalizzazione che abbiamo imparato a conoscere dopo la caduta della "cortina di ferro" e l'istituzione dell'Occidente come unica superpotenza con l'alleanza NATO. È in corso una nuova fase storica con una struttura unipolare insostenibile. Era troppo audace o ingenuo credere alla tesi di Francis Fukuyama sulla "fine della storia", creata alla fine del secolo scorso, che è stata raggiunta dalla vittoria della democrazia liberale sui regimi totalitari non democratici, "sconfitti" dopo la Guerra Fredda. Quel concetto dell'analista e politologo americano Fukuyama è diventato un modello significativo di pensiero e applicazione pratica della filosofia del liberalismo, che è diventato dominante e generalmente accettato dopo il rovesciamento di forme di governo "non democratiche". L'obiettivo qui non è confutare un punto di vista teorico e filosofico, ma mi sembra appropriato per tali analisi della regolarità dello sviluppo sociale, indicare un metodo scientifico inevitabile, e qui trascurato, noto come materialismo storico e dialettico.

Contro il mondo privilegiato della "democrazia" sotto le bandiere della NATO, Washington e Bruxelles, si erge il futuro multilaterale dell'umanità. La maggior parte dell'umanità non è incline a occidentalizzarsi secondo gli schemi del tutore globale. Tale tendenza di resistenza a volte comporta alcune incognite e rischi, tra cui l'ascesa del nazionalismo e dell'estrema destra nel sistema internazionale delle relazioni. Il multilateralismo non è sinonimo di bipolarità o multipolarità, ma un ambiente che crea ulteriori opportunità per coloro che si trovano alla periferia o in fondo alla piramide dell'influenza sui processi globali.

La sfida di trovare risposte a domande complicate attivate dalla tutela unipolare del nuovo sistema mondiale ha riunito un certo numero di paesi con diversi sistemi politici e diverse affiliazioni ideologiche (capitaliste e marxiste) e religiose (confuciane, islamiche, ortodosse, cattoliche e indù), che hanno portato all'emergere dei BRICS, originariamente la Confederazione di Brasile, Russia, India, Cina e Repubblica del Sud Africa (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa).

Prima del vertice di ottobre a Kazan 2024, BRICS+, oltre ai suoi membri originari, comprende Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran. Fino a questo incontro a Kazan, questa organizzazione rappresentava il 45% della popolazione mondiale, creava il 34% del PIL mondiale, aveva il 30% di terra arabile, produceva il 40% di grano, partecipava con il 50% della pesca mondiale, produceva il 50% del latte, possedeva il 49.687% delle riserve di gas, il 40% delle riserve di carbone, il 46% delle riserve di petrolio, forniva il 46% della produzione di petrolio e il 39% delle esportazioni di petrolio greggio, gestiva il 70% della produzione mondiale di uranio... Queste cifre aumenteranno esponenzialmente quando i trenta paesi che cercano di integrarsi in BRICS+ saranno accettati.

Non è superfluo ricordare ai portabandiera della globalizzazione neoliberista e della "fine della storia", che le rivoluzioni sono state create contro la strategia di schiavizzazione dell'umanità da parte di stati e alleanze di stati i cui motivi di avidità e rapina sotto ogni intervento, anche se mascherato da un'architettura di "sviluppo", iniziative di "investitori", varie "preoccupazioni" dell'Occidente premuroso, ecc. a partire dall'interventismo politico, di sicurezza a quello militare. Su tali fondamenta rivoluzionarie, sono state create risposte sotto forma di organizzazioni come il Movimento dei paesi non allineati, l'Organizzazione per l'unità africana (OUA), l'OPEC, il Mercosur, l'ASEAN e ora i BRICS+.

I BRICS, ovvero i BRICS+, sono una risposta naturale, una sorta di antitesi all'espansionismo globalista, alla violenza, alle minacce, alle guerre e alla distruzione spietata delle risorse naturali e delle vite umane del resto del mondo al di fuori dell' "Occidente collettivo".

Sul fronte finanziario, il G-7 ha imposto una valuta obbligatoria per gli scambi internazionali con la forza delle armi e la pressione diplomatica. Senza alcun supporto o appoggio, il dollaro con cui il paese emittente ha acquistato il mondo ha adempiuto a tutti i suoi obblighi mettendo in funzione macchine da stampa di proprietà di una società privata.

In alternativa, i BRICS+ stanno proponendo una valuta sostenuta al 40% in oro e risorse naturali e al 60% in un paniere di valute membro, chiamato 5-R per la sua composizione di real, rupie, rubli, renminbi e rand. Ciò significherebbe praticamente una de-dollarizzazione globale, la diluizione dell'effetto delle misure imposte unilateralmente e quindi l'inizio della fine del mondo unipolare.

Il G-7 ha dominato la finanza globale e ha imposto l'egemonia del dollaro attraverso sistemi di trasferimento come SWIFT, che hanno consentito il blocco dei pagamenti e del commercio da parte di paesi recalcitranti e quindi l'attuazione di misure unilaterali di coercizione, furto ed estorsione come strumenti di politica economica. Una questione speciale è il ruolo della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, che hanno promosso il debito pubblico impagabile, che oggi ammonta al 333% del PIL mondiale. A questo proposito, oltre alla moneta comune, BRICS+ propone un nuovo sistema internazionale di pagamenti e transazioni in valute digitali e locali, nonché la Banca di Sviluppo, creata nel 2015 per facilitare i pagamenti e gli investimenti dei paesi membri.

L'economia della civiltà moderna si basa ancora sull'energia proveniente dai combustibili fossili, che forniscono oltre l'80% del consumo energetico globale e che, secondo stime pertinenti, potrebbero scomparire in cinque decenni. Da più di un secolo è in corso una complessa lotta geopolitica, diplomatica e militare, il cui obiettivo primario è il controllo delle riserve di idrocarburi. Pertanto, non vengono risparmiate risorse per padroneggiare il controllo dei flussi energetici, per garantire regimi vassalli su quelle rotte e la possibilità di utilizzare l'alleanza NATO. Pertanto, oltre al Medio Oriente, il tentativo di coinvolgere l'Ucraina come "candidato" cooperativo per l'adesione all'UE e alla NATO, nonché gli sforzi per stabilire un regime vassallo in Georgia, sono diventati parte del progetto geopolitico. Attualmente, il G-7, che riunisce solo il 10% della popolazione mondiale, consuma molte volte più energia mondiale, mentre gli stessi centri condividono "raccomandazioni" e programmi sull'energia verde, sulla riduzione delle emissioni di gas, ecc. Questa asimmetria è ancora più ingiusta se si considera che la maggior parte delle riserve di idrocarburi si trova nel cosiddetto Terzo Mondo e che i dettami dell'austerità, delle "agende verdi" e del "cambiamento climatico" rappresentano il massimo del cinismo e della doppiezza.

La produzione massiva di cibo non è possibile oggi senza combustibili fossili. Il paese con le maggiori riserve di petrolio accertate è il Venezuela con 303.806 milioni di barili, seguito dall'Arabia Saudita con 260.000 milioni di barili. Gli USA, il più grande consumatore di idrocarburi al mondo, sono solo al decimo posto, con 47.053 milioni di barili. La Russia è all'ottavo posto, con 80 miliardi di barili, quasi il doppio degli Stati Uniti. L'enorme Cina è al 14° posto, con appena 25.000 milioni di barili. Il Brasile è al 15° posto, con 16.184 milioni di barili. La popolosa India è al 22° posto, con 2.625 milioni di barili, e il Sudafrica è all'83° posto, con 15 milioni di barili(*).

L' inglobamento del Venezuela, sommato a quello dell'Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, rappresenterebbe i BRICS+ come un colosso energetico mondiale. E tuttavia, è un dettaglio interessante che il Brasile, in quanto fondatore dei BRICS, il cui presidente era assente dal vertice di Kazan a causa delle ferite riportate in una "caduta nella vasca da bagno", abbia posto il veto all'ingresso del Venezuela in questa nuova organizzazione. È a ragione che la Rete per la difesa dell'umanità ha messo in guardia sulla nocività di questa procedura da parte del Brasile ufficiale, sottolineando la possibile influenza dell'egemone globale nel tentativo di far inciampare e svalutare i BRICS. Questa decisione è calcolata per ritardare l'avanzamento del progetto e la resistenza dei popoli latinoamericani e caraibici con altre nazioni del Sud del mondo, per resistere alla politica neocoloniale dell'imperialismo americano ed europeo, così come ai rischi impliciti nella guerra e negli interventi impuniti dell'alleanza NATO.

Pertanto, il veto del Brasile contro il Venezuela indica una fragilità allarmante di fronte ai meccanismi di pressione degli Stati Uniti e dei suoi partner. Anche il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić, nonostante l'invito del presidente Putin, per la maggior parte degli anti-imperialisti e degli euroscettici, non ha fornito una spiegazione valida per la sua assenza al vertice di Kazan.

Il veto contro il Venezuela indica che il governo brasiliano non solo sta cedendo alle pressioni di Washington, ma sta anche mostrando la sua deviazione dalla piattaforma originale di riunire i poteri fondatori dei BRICS in relazione al Venezuela, il che in ultima analisi indica l'importanza di questa organizzazione e l'intolleranza verso qualsiasi risposta alla conservazione dello status di egemone globale.

Nel mondo odierno non c'è indipendenza o risorse senza armi per difenderle. BRICS+ non è un'alleanza militare, sebbene alcuni dei suoi membri, come la Federazione Russa, la Cina e l'Iran, abbiano potenzialità di difesa per scoraggiare il G-7 e la NATO dall'usare mezzi violenti per ottenere uno status neocoloniale e sfruttatore. BRICS+ mira ad aumentare la sua influenza nelle organizzazioni internazionali, tra cui il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il che è contraddetto dalla suddetta azione del Brasile.

BRICS+ è un'alleanza economica e politica. Dei suoi membri, solo la Cina ha un ordinamento socialista. In tali circostanze, questa nazione potente e laboriosa è riuscita ad acquisire lo status di grande potenza con una velocità inimmaginabile. Impedendo la logica usuraia su cui si fonda il capitalismo moderno, i BRICS+ potrebbero mettere questa iniziativa di integrazione su basi anticoloniali e anti-imperialiste al servizio del benessere umano generale, contro la spietata macchina del furto brutale e dello sfruttamento delle risorse naturali e del lavoro umano.

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Tradotto dal serbo da Olga Handjal




martedì 29 ottobre 2024


ISRAELE È CRIMINALE, STIA FUORI DALL’ONU 


Di Pino Arlacchi

(Ex vicesegetario dell'ONU)


La misura è colma. Lo Stato di Israele non può più stare nelle Nazioni Unite. È diventato uno Stato fuorilegge che infrange uno dopo l’altro i capisaldi del diritto internazionale e che fa sfoggio della propria impunità potendo contare sulla protezione politica e sul sostegno militare senza limiti degli Stati Uniti.

Se così non fosse, Netanyahu non avrebbe mai osato insultare l’onu, in piena Assemblea Generale, definendola “una palude di bile antisemita”, e non avrebbe fatto uccidere, durante il solo 2023, 230 dipendenti dell’unrwa nel corso di bombardamenti, incendi e assalti a scuole, depositi di viveri, convogli di aiuti umanitari marcati Onu. L’unrwa è l’agenzia creata nel 1949 dall’assemblea Generale per assistere i rifugiati palestinesi creati dalla “Nabka”, la catastrofe del 1948 che vide 700 mila palestinesi cacciati con la violenza dalle loro case e dalla loro terra dalla milizia sionista che divenne l’esercito di Israele. Tutto ciò facendosi beffa dei piani di insediamento stabiliti dall’onu, e inaugurando una lunga serie di crimini e di illegalità che arriva fino ai nostri giorni. E che sta alla radice della fondazione dello Stato di Israele nonché di Al Fatah, Hamas, Hezbollah e simili.

Accanto all’unrwa, la seconda maggiore vittima dell’ostilità israeliana verso le Nazioni Unite è l’unifil, una missione composta da 50 paesi, creata nel 1978 dal Consiglio di Sicurezza per promuovere la pace in Libano. L’unifil ha pagato finora con 337 vite umane l’attuazione del suo mandato. Non tutte le sue perdite sono dovute ad attacchi israeliani, ma è proprio in queste settimane che è esplosa tutta l’insofferenza di Tel Aviv contro possibili testimoni di atrocità pianificate e sul punto di essere attuate.


Dal 1948 fino a oggi, sono oltre 24 le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza che criticano o condannano l’occupazione illegale di territori e le crudeltà di Israele contro i palestinesi. Alcune di queste risoluzioni sono diventate famose per essere richiamate di frequente durante le crisi scatenate da Israele.

La risoluzione 242 del 1967 stabilisce il ritiro di Israele dai territori occupati dopo la Guerra dei Sei giorni allo scopo di favorire una pace duratura nel Medio Oriente. Le risoluzioni 446 del 1979, 904 del 1994, 1073 del 1996 e 1394 del 2002 si uniscono alle 155 risoluzioni approvate dall’assemblea generale dal 2015 a oggi e che riguardano i tre interventi militari in Libano precedenti quello in corso, gli insediamenti illeciti in Cisgiordania, il ritiro da territori occupati, le stragi e le deportazioni di civili palestinesi.

Queste deliberazioni della maggioranza globale sono altrettante tappe del solco che si è scavato tra i governi di Israele da un lato, e le Nazioni Unite e il resto del mondo dall’altro. I 41 mila morti di Gaza, i 100 mila feriti, i milioni di sfollati del Libano e di Gaza, i ripetuti attacchi all’iran, allo Yemen e alla Siria, gli assassini mirati di singole personalità straniere avvenuti nel corso dell’ultimo anno non sono giustificabili in alcun modo. Non sono eccessi di legittima difesa causati dal massacro di 1200 civili israeliani.

Ci troviamo di fronte a uno Stato membro dell’onu colpito da un processo degenerativo. Diventato un aggressore seriale che non riesce ad astenersi dal commettere crimini contro l’umanità, crimini di guerra, tentati genocidi e stragi a ripetizione per poi fare la parte della vittima e rifugiarsi dietro lo scudo degli Stati Uniti.


Nessuno Stato membro è mai stato espulso dalle Nazioni Unite. Tuttavia, l’organizzazione ci è andata molto vicino, nel 1974, nel caso del Sudafrica, un caso che presenta evidenti analogie con quello odierno di Israele. Il dibattito all’onu sull’espulsione del Sudafrica non fu scatenato solo dalla crescente avversione internazionale nei confronti dell’apartheid, ma anche dalla continua occupazione Sudafricana della Namibia, definita illegale dalla Corte internazionale di giustizia, come nel caso dell’attuale occupazione israeliana del Libano e della Cisgiordania.

Tutto iniziò nel 1969, con la risoluzione 269, in cui si affermava che, qualora il Sudafrica non si fosse ritirato dalla Namibia, il Consiglio di Sicurezza si sarebbe “riunito immediatamente per stabilire le misure efficaci” da adottare.

Fu sollevato il tema dell’applicazione dell’articolo 6 della Carta delle Nazioni Unite, che riguarda la procedura di espulsione di uno stato membro, da votare in Assemblea Generale su proposta del Consiglio di Sicurezza.

Il Sudafrica non fu espulso dall’onu solo perché tre su cinque membri del Consiglio di Sicurezza – Usa, Francia e Regno Unito – posero il veto sulla proposta. Si trattava pur sempre di un bastione anticomunista da proteggere. Ma l’assemblea Generale aggirò l’ostacolo nel 1974 rifiutandosi di accettare, a stragrande maggioranza, le credenziali della delegazione sudafricana. Il Sudafrica restò così escluso dalla partecipazione all’assemblea Generale per ben venti anni, fino al 1994, rientrandovi solo dopo la fine dell’apartheid.

La situazione attuale di Israele è molto più grave di quella Sudafricana degli anni 70. In entrambi i casi siamo di fronte a regimi rogue, “delinquenti”, ai margini della comunità internazionale. Ma lo Stato razzista bianco – posto di fronte agli attentati commessi dall’ala terroristica del movimento di liberazione guidata dal giovane Mandela e alle enormi manifestazioni di piazza – non tentò il genocidio o la deportazione della popolazione nera. Gli anni della transizione alla democrazia, perciò, costarono ai neri sudafricani “solo” 14 mila morti. Negli ultimi decenni della sua vita, il regime di Joannesburg non mosse guerra né all’onu né alle missioni Onu. Il suo tramonto è avvenuto con un accordo tra le parti e con la promessa di una futura riconciliazione.

Mandare via Israele dall’onu è una misura drastica, ma necessaria. Occorre rompere la bolla di isteria e onnipotenza dentro cui vive un regime di psicopatici che non si rendono conto di essere in guerra non contro i palestinesi e il Medio Oriente, ma contro il mondo intero. Lo choc può essere salutare anche per il suo protettore, una superpotenza in declino tentata di andare nella stessa pericolosa direzione.


Pino Arlacchi*, 

*già Vicesegretario Generale dell’ONU.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

sabato 26 ottobre 2024

ISRAELE UCCIDE IL FIGLIO DI UN MEDICO CHE RIFIUTAVA DI ABBANDONARE I PAZIENTI


UN ESEMPIO INEGUAGLIABILE DELLA NATURA CRIMINALE DEGLI EBREI SIONISTI


- Il direttore dell'ospedale Kamal Adwan, il dott. Hussam Abu Safiya, soccombe al dolore e scoppia a piangere (1° video) mentre prega sul cadavere del figlio Ibrahim (nella foto), mentre l'IDF si vendica di lui, uccidendo il figlio per il coraggioso rifiuto del padre di sottomettersi agli ordini dell'occupazione di stare zitto e lasciare i suoi pazienti in balia dei selvaggi dell'IDF.

Le truppe israeliane alla fine hanno costretto il dott. Hussam a evacuare dopo ripetute minacce, assediando l'ospedale per quasi 2 giorni, durante i quali hanno scatenato il caos, sequestrando personale e pazienti, distruggendo letti e attrezzature mediche (3°) e uccidendo civili prima di ritirarsi.

Un giornalista palestinese riferisce che più di 40 civili sono stati lasciati morire dissanguati per diverse ore a Kamal Adwan, mentre l'IDF infligge innumerevoli massacri ai civili della condannata parte settentrionale di Gaza. 

giovedì 17 ottobre 2024

I PALESTINESI TRA DUE FUOCHI: SIONISTI E REGIMI ARABI CORROTTI

Un veicolo appartenente alla Sinai Tribes Union nel Sinai settentrionale 
(Facebook/SinaiTribes.AR)


I PALESTINESI TRA DUE FUOCHI: SIONISTI E REGIMI ARABI CORROTTI

di Diego Siragusa


Seconda parte


Organy ora ha 50 anni e possiede un gigantesco impero commerciale che spazia dall'edilizia, all'estrazione mineraria, ai viaggi, all'ospitalità e alla sicurezza privata. 

In passato era stato in carcere subendo torture e maltrattramenti. Organi stava scontando una pena in carcere per aver rapito decine di poliziotti dopo un incidente in cui suo fratello era stato ucciso da un agente a un posto di blocco nella penisola egiziana del Sinai. Fu rilasciato circa due anni dopo. 

Organy è stato sempre più al centro dell'attenzione dei media dopo la guerra di Gaza. Un'agenzia indipendente ha etichettato il Sinai come la "penisola di Organy", riflettendo la sua ampia influenza nella regione nord-orientale. Un'altra lo ha descritto come l'"Hemeti" dell'Egitto, tracciando analogie tra lui e il signore della guerra sudanese Mohamed Hamdan Dagalo. 

Ma quanto è influente Organy? E ha davvero il potenziale per emergere come rivale dell'esercito egiziano come ha fatto Hemeti in Sudan? 

Appartiene alla tribù Tarabin, una delle tre tribù più grandi del Sinai settentrionale, le altre due sono Sawarka e Romaylat. Attualmente è a capo dell'Unione delle tribù del Sinai, un gruppo paramilitare composto in gran parte da membri della sua tribù. Secondo una fonte tribale del Sinai, Organi ha iniziato la sua carriera come tassista nel Sinai settentrionale, utilizzando il suo pick-up. Era anche impegnato in redditizie attività di contrabbando verso Gaza e Israele, ha detto la fonte. Si ritiene inoltre che Organy abbia guadagnato denaro addebitando spese agli uomini d'affari che utilizzavano l'area della sua tribù per progetti di costruzione. 

I Tarabin, i Sawarka e i Romaylat furono oggetto di una feroce repressione delle misure di sicurezza in seguito agli attentati che colpirono diverse località turistiche nel Sinai meridionale tra il 2004 e il 2006. 

Questa è una storia di corruzione che si coniuga a tante altre che si raccontano nel mondo arabo. Storie di tradimento e di omertà che impediscono pienamente secoli di lotte per il riscatto.

Guerra a Gaza: ente benefico afferma che un'azienda legata all'intelligence egiziana chiede 5.000 dollari per far passare gli aiuti oltre confine

Non si sa quanti palestinesi abbiano accettato di pagare 5.000 dollari a testa per poter sfuggire al campo di concentramento di Gaza assediato dai soldati israeliani. In ogni caso, questo traffico ignobile con la complicità del despota egiziano Al Sisi, messo al potere dagli Stati Uniti, rivela che la resistenza palestinese si trova tra due fuochi: la fratellanza araba si manifesta a livello di popolo ma non a livello  degli stati arabi sunniti preoccupati di mantenere il loro status e i privilegi, soprattutto le monarchie del golfo, la monarchia marocchina e quella giordana. Tutti costoro sono assenti e complici del genocidio e si limitano, come il traditore re di Giordania, a qualche lagna formale per sedare eventuali rivolte interne.

Solo i musulmani sciiti, Iran, Hetzbollah e gli Houty si sono schierati fino alla propria immolazione e al martirio a fianco del popolo palestinese. Da una parte il nemico sionista, il più feroce e sanguinario della storia, e dall'altra la codardia, la vigliaccheria di tutti gli altri stati arabi, nessuno escluso. 

Tra questi due fuochi i palestinesi cercano la propria salvezza. 

Fine

martedì 8 ottobre 2024

I PALESTINESI DEVONO PAGARE 5.000 $ PER FUGGIRE IN EGITTO

 


di Diego Siragusa

(prima parte)


8 ottobre 2024


Questa "TRAGEDIA" di ricatto e traglieggiamento è in corso ufficialmente da mesi, nonostante la distruzione e il bombardamento di quel valico di frontiera con l'Egitto da parte di Israele e la rimozione del cartellone pubblicitario con la scritta in arabo "Benvenuti in Palestina".

Quando cominciò  circolare questa notizia, ebbi l'impressione che si trattasse della solita rappresentazione occidentale della malvagità araba tanto cara a Israele.  Immaginai che si trattasse di loschi affari di alcuni poliziotti corrotti. Putroppo questo traffico disumano sulla tragedia di un intero popolo ricevette conferma da parte di diversi giornali. E' stato annunciato ufficialmente che c'è una organizzazione  che chiede 5000 o più dollari a persona per uscire da Gaza e salvare la propria vita. Un certo uomo d'affari egiziano di origini beduine nel Sinai, la cui tribù si estende anche in Palestina, è il trafficante autorizzato a farlo. Si sa che possiede una milizia e minaccia anche la sicurezza nazionale dell'Egitto. Alcuni bloggers hanno scritto più volte di questo personaggio che si chiama Ibrahim Gomaa Salem Hassan al-Organi. Una volta Israele aveva inviato un elicottero per trasferire sua figlia ferita per essere curata negli ospedali israeliani... non in Egitto. E' comunementee considerato un traditore e non disdegna di farsi intervistare dal Washington Post o da qualche altro giornale americano. Un "signore della guerra",  super ricco... e senza coscienza. 

Il popolo palestinese, sottoposto a genocidio, è alla disperazione. Non escludo che alcuni abitanti di Gaza, per salvare se stessi e la propria famiglia, siano riusciti a racimolare alcune migliaia di dollari vendendo oggetti di valore. Non ecludo che, spogliati di tutto, alcuni palestinesi abbiano contrattato la salvezza in cambio di qualcosa che non so immaginare. Alcuni giornalisti hanno riferito che la milizia di Organy chiedeva la tangente ai camion che portavano generi alimentari e aiuti umanitari a Gaza. 

L'aspetto più scandaloso di questa storia è che questo traffico disumano non è perseguito dalle autorità egiziane bensì tollerato. Non solo: Organy intrattiene buoni rapporti col dittatore egiziano Abdel Fattah el-Sisi, fedele agli israeliani e agli americani che lo hanno messo al potere dopo il rovesciamento del legittimo presidente Morsi e gli hanno regalato dieci elicotteri APACHE per tenerselo buono. Nella prassi occidentale i dittatori amici sono sempre buoni e i loro crimini taciuti e perdonati. 

Membri di una milizia affiliata alla "Unione delle tribù del Sinai" 
con una foto di Organy sullo sfondo

Organy è il capo di una milizia denominata "Unione delle Tribù del Sinai". 

"Mai nella storia dell'Egitto c'è stata una milizia così promossa e pubblicizzata come quella di Organi", ha affermato Mohannad Sabry, analista della sicurezza ed esperto del Sinai. 

"Si è trattato di un nuovo caso di equiparazione di una milizia indefinita al di fuori dei confini della legge con le autorità statali", ha aggiunto Sabry.

L'analista ha definito l'Unione delle tribù del Sinai "un'entità canaglia, un'organizzazione illegale".

"Negli ultimi 10 anni abbiamo visto prove concrete di questi membri della milizia che hanno giustiziato civili insieme a membri dell'esercito. Le loro azioni sono state definite crimini di guerra dai gruppi per i diritti umani, ma non è successo nulla", ha affermato.

Human Rights Watch e la Sinai Foundation for Human Rights hanno precedentemente documentato diversi episodi di esecuzioni extragiudiziali da parte della milizia, aiutata dall'esercito egiziano.

(Fine prima parte)

mercoledì 10 luglio 2024

BIDEN, VUČIĆ E DIO ONNIPOTENTE


di Borivoje Ćetković


10 luglio 2024


Solo in un’America profondamente divisa (di classe, razziale, politica), con una crisi sistemica che non può risolvere, è possibile qualcosa del genere

Il presidente americano J. Biden è convinto che nessuno sia più qualificato di lui per candidarsi alle elezioni presidenziali e che solo “Dio potrebbe buttarlo fuori dalla corsa presidenziale. Se si rivolge a me e mi dice di farlo, potrei abbandonare la corsa». Che il presidente americano abbia un grande potere (dice di governare il mondo), è vero, o per lo meno così pensava, così come il fatto che abbia anche la capacità soprannaturale di comunicare con Dio senza intermediari (San Pietro). Ha definito come un brutto episodio la sua esibizione al dibattito del 27 giugno con il candidato repubblicano D. Trump - si è scusato per la stanchezza, un raffreddore, una specie di infezione. È categorico: "Io ancora in buona forma." Tuttavia, si rifiuta di fare una valutazione cognitiva indipendente e poi di rendere pubblici i risultati, perché presumibilmente fa tali test ogni giorno. Solo in un'America profondamente divisa (di classe, razziale, politica) con una sistemica crisi che non può risolvere, è possibile qualcosa del genere, perché le leggi biologiche funzionano inesorabilmente ed è ovvio che hanno messo a dura prova anche Biden: è disorientato sia nello spazio che nel tempo. Se dietro Biden c’è il “dio” americano, incarnato nella congiunzione del complesso militare-industriale e del capitale finanziario, nessuno potrà buttarlo fuori dalla corsa presidenziale.

Anche Vučić si appella a Dio

Anche il presidente serbo Vučić ha invocato Dio, preceduto dalla visita improvvisa di Aleksandar Grushko, vice ministro degli Esteri della Federazione Russa. Secondo fonti russe, questa visita è avvenuta martedì, quando è stato annunciato che dal febbraio 2022, attraverso un intermediario, Kiev ha ricevuto armi per un valore di 800 milioni di euro dalla Serbia, e sorge la domanda se questo sia il vero motivo dell'arrivo di Grushko a Belgrado.

Vucic e Grushko

La pubblicazione di dati così sensazionali, secondo queste fonti, "spiega in gran parte perché l'Occidente, esprimendo periodicamente indignazione per la riluttanza della Serbia a seguire la politica dell'UE nei confronti dell'Ucraina, non ricorre ad alcuna misura punitiva contro Vučić e continua a definire il leader serbo un partner stretto". Fonti del quotidiano russo Komersant dei Balcani affermano che "negli ultimi due anni la Serbia ha aumentato drasticamente la vendita di prodotti militari e molte delle sue aziende della difesa lavorano su tre turni". I media di proprietà dell'uomo d'affari russo Konstantin Malofeyev, vicino a Putin, hanno annunciato: "Mosca è molto insoddisfatta del comportamento di Belgrado, che vende indirettamente armi alle forze ucraine. La politica di sedersi su "due sedie" potrebbe costare alla Serbia l'adesione ai BRICS", conclude questo media. Recentemente si è appreso che la Serbia vende attivamente armi e munizioni ai paesi occidentali, presumibilmente senza sospettare che queste armi andranno direttamente in Ucraina e verranno usate contro i russi, il che è contrario alla dichiarata politica di neutralità di Belgrado rispetto a questo conflitto.

Vučić: "La Serbia poggia sui 

suoi interessi nazionali"

Commentando questa notizia, il presidente Vučić ha sottolineato che "la Serbia poggia sui suoi interessi nazionali e non è responsabile delle sue armi dopo che sono state vendute". Nella conferenza stampa tenuta su questo tema, lui è andato oltre, dichiarando che non risponde né a Putin né a Biden, ma è responsabile davanti al popolo serbo e davanti a Dio". Per quanto riguarda il popolo, la domanda è: cosa ci guadagna? e cosa perdono con questa vendita ingiusta, anzi vergognosa (guadagnano denaro, ma perdono il Kosovo e l'indipendenza, anche il presidente serbo, come Biden, è convinto della sua forza di comunicazione diretta con Dio, convinto che benedirà la sua politica di equilibrio). - girandosi a volte da una parte, a volte dall'altra.

Mosca non ha ufficialmente condannato il suo alleato, secondo la TV Carigrad, ma è comunque giunta ad alcune conclusioni. Vale a dire, Lavrov ha improvvisamente annunciato che il blocco BRICS sospenderà temporaneamente la questione dell’espansione dell’adesione a nuovi paesi.

Vučić ha parlato anche delle informazioni pubblicate da Nova RS con il titolo "Grushko ha lasciato rapidamente la Serbia, Putin non ha voluto contattare Vučić", affermando che "tutto quello che è stato scritto è una banale bugia". Egli ha informato i cittadini che mantiene rapporti molto corretti con la Russia, che non ha chiamato Putin e che non vi sono ostacoli alla loro comunicazione reciproca. In occasione dell'annuncio da parte del quotidiano Nova della visita di Grushko, il Ministero degli Affari Esteri ha pubblicato un comunicato stampa definendole false, invitando gli autori del comunicato e chi ci sta dietro, a tenere conto "del complesso momento geopolitico, perché tali comunicazioni arrecano "il danno alla leadership statale guidata da Alexander Vučić e diminuisce anche il ruolo della Serbia nella comunità internazionale" Un annuncio strano: alle gravi accuse secondo cui armi serbe finiscono in Ucraina viene data una risposta generale, non vi è alcuna condanna - si legge in un tono conciliante come se gli autori dell'attacco li avessero “nelle loro mani”.

Vucic e Putin

Per amor di verità, sembra giusto sottolineare il fatto che l'ambasciata russa a Belgrado ha annunciato di respingere risolutamente le speculazioni infondate del giornale "Nova" riguardo alle informazioni di alcuni media sulla visita di Gruško. Nel comunicato stampa si sottolinea che la cooperazione tra Belgrado e Mosca “irrita molto” alcuni media.

"Apprezziamo molto la calorosa accoglienza riservata alla delegazione russa, in linea con la natura amichevole delle nostre relazioni bilaterali", si legge in un messaggio pubblicato sulla pagina Instagram dell'ambasciata russa.


Traduzione dal serbo di Olga Handjal


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TESTO ORIGINALE IN LINGUA SERBA


 


Pogled slijeva

 

 Piše: Borivoje Ćetković

 


Samo u Americi duboko podijeljenoj (klasno, rasno, politički), sa sistemskom krizom koju ne može da riješi, ovako nešto je moguće

 

Američki predsjednik Dž. Bajden uvjeren je da niko nije  kvalifikovanji od njega da se kandidje na predsjedničkim izborima i da bi samo «Gospod Bog mogao da ga izbaci iz predsjedničke trke. Ako mi se on obrati i kaže  da to učinim, odustaću od trke». Da američki predsjednik ima veliku moć (kaže za sebe da upravlja svijetom), ima, tako je bar umislio, kao i to da posjeduje i natprirodnu sposobnost, da bez posrednika (Sv. Petra) komunicira sa Bogom. Svoj nastup na debati održanoj 27. juna sa republikanskim kandidatom D. Tranpom, nazvao je lošom epizodom - pravdao se iscrpljenošću, prehladom, nekom infekcijom. Kaategoričan je: «Još uvjek sam u dobroj formi». Ipak, odbija da uradi   nezavisnu  kognitivnu  procjenu i potom objavi rezultate javnosti, jer navodno takve testove radi svaki dan. Samo u Americi duboko podijeljenoj (klasno, rasno, politički) sa sistemskom krizom koju ne može da riješi, ovako nešto je moguće, jer biološke zakonitosti djeluju neumitno i očigledno da su i kod Bajdena učinile svoje - dezorijentisan je i u prostoru i u vremenu. Ako ameručki «bog» oličen u sprezi vojno-industrijskog kompleksa i finansijskog kapitala  stane iza  Bajdena, niko ga iz predsjedničke trke ne može izbaciti.

 


I Vučić se poziva na Boga

 

I srpski predjednik Vučić se pozvao na Boga, a tome je prethodila iznenadna posjeta Aleksandra Gruška, zamjenika  ministra spoljnih posloda Ruske fereracije. Prema  ruskim izvorima do ove  posjete je došlo u treutku kada je objavljeno da je Kijev od februara 2022. godine, preko posrednika, dobio oružje u vrednosti od 800 miliona eura od Srbije, te se postavlja pitanje da li je to stvarni razlog Gruškovog dolaska u Beograd. 


Objavljivanje ovako  senzacionalnh podataka, prema ovim izvorima, «u velkoj mjeri objašnjava zašto Zapad, periodično izražavajući ogorčenje zbog nevoljnosti Srbije da sledi politiku EU oko Ukrajine, ne pribegava bilo kakvim kaznenim mjerama protiv Vučića i nastavlja da srpskog lidera naziva bliskim partnerom». Izvori ruskog lista Komersanta sa Balkana navode podatak da je «u posljednje dvije godine Srbija drastično  povećala prodaju vojnih proizvoda, a mnoga njena odbrambena preduzeća rade u tri smjene». I medij koji je u vlasništvu ruskog biznismena Konstantina Malofejeva, blizak Putinu, objavio je: »Moskva je veoma nezadovoljna ponašajem Beograda, koji indirektno prodaje oružje snagama Ukrajine. Politika sjedenja  na «dvije stolice» bi Srbiju mogla koštati članstva u BRIKS-u», zaključuje ovaj medij. Tako se nedavno saznalo da Srbija aktivno prodaje oružje i municiju zapadnim zemljama, navodno ne sluteći da će to oružje ići pravo u Ukrajinu i biti upotrijebljeno protiv Rusa, što je u suprotnosti sa  deklarisanom politikom neutralnosti Beograda u vezi sa ovim sukobom.

 

Vučić: «Srbija počiva na svojim  nacionalnim interesima»

 


Komentarišući ovu vijest predsjednik Vučić je istakao «da Srbija počiva na svojim nacionalim interesima i da ne odgovara za svoje oružje nakon što je prodato». Na konferenciji za štampu, održanoj o ovom pitanju  pošao je dalje izjavivši da on, ne odgovara ni Putinu, ni Bajdenu - odgovoran je srpskom narodu i Bogu». Što se naroda tiče pitanje je šta dobija, a šta gubi ovom nepoštenom, tačnije rečeno sramotnom prodajom (dobija novac, a gubi Kosmet i nezavisnost).
 Poput Bajdena i srpski predsjednik ubijeđen je u svoju moć direktne komunikacije s Bogom uvjeren da će mu blagosiljati njegovu politiku balansiranja - okretanja čas na jednu, čas na drugu stranu.

Moskva nije osudila zvanično svog saveznika prema tv Carigrad, ali je ipak donijela određene zaključke. Naime, Lavrov je iznenada najavio da će blok BRIKS-a privremeno pauzirati pitanje proširenja članstva novim zemljama.

Vučić se oglasio i povodom vijesti koje je saopštila Nova RS pod naslovom »Gruško brzo napustio Srbiju, Putin nije htio da se javi Vučiću», tvrdeći da «sve što je napisano predstavlja ordinarnu laž». Građane je obavijestio da ima veoma korektne odnose sa Rusijom, da nije zvao Putina, i da nema nikakvih prepreka za njihovu obostranu komunikaciju. Povodom vijesti u listu Nova o Gruškovoj posjeti oglasilo se saopštenjem i Ministarstvo spoljnih polova nazivajući ih lažnim, apelujući na autore natpisa i one koji stoje iza njih, da povedu računa o »složenom geopolitičkom trenutku, jer takvo pisanje «šteti državnom rukovodstvu na čelu sa Aleksandrom Vučićem i umanjuje ulogu Srbije u međunarodnoj zajednici». Čudno neko saopštenje: na teške optužbe da srpsko oružje završava u Ukrajini odgovara se uopšteno, nema osuđivanja - sročeno u pomirljivom tonu kao da ih autori napada imaju «u šaci».

Istine radi, izgleda opravdanim istaći činjenicu da se povodom vijesti u nekim medijima o Gruškovoj poseti oglasila i Ambasada Rusije u Beogradu saopštivši da odlučno odbacuje neosnovane spekulacije u listu "Nova". U saopštenju je istaknuto da saradnja Beograda i Moskve "jako iritira" određene medije.

"Visoko cenimo topli prijem koji je ukazan ruskoj delegaciji, a u skladu sa prijateljskom prirodom naših bilateralnih odnosa", navedeno je u objavi na istagram stranici ambasade Rusije.




sabato 6 luglio 2024

LO STERMINIO DEL POPOLO PALESTINESE A GAZA

 

6 luglio 2024

INTERVISTA del giornalista Srećko Stojković col Prof. serbo Ratko Krsmanović per un servizio destinato alla televisione nazionale iraniana, sul tema DELLA SOFFERENZA DEL POPOLO PALESTINESE A GAZA e sulla lettera dell'Ayatollah Khamenei indirizzata agli studenti americani, che hanno manifestato nelle università americane chiedendo la fine al bombardamento di Gaza

Prof. Ratko Krsmanović


Domanda 1:


- Qual è la sua valutazione e opinione riguardo alle reazioni globali ai continui attacchi di Israele contro il popolo palestinese? Soprattutto riguardo alle proteste studentesche americane.

Davanti agli occhi del mondo intero si stanno svolgendo le scene sanguinose dello sterminio del popolo palestinese, sotto la direzione degli strateghi del Pentagono e sotto la bandiera di Israele. I nazisti a Gaza oggi, invece dell’iconografia nazista, marciano sotto il segno della Stella di David, radunando l’intero popolo nel campo di concentramento “Palestina”. Sui volti dell'uomo palestinese, della madre, del bambino, è impresso il timbro di una sofferenza terrificante, che inevitabilmente lascia un'impronta nella nostra coscienza, producendo un sentimento di orrore, rabbia e disgusto di fronte alle bestie dalle sembianze umane che cancellano l'intero persone e le tracce della loro vita, cultura, religione...

La Serbia, meglio di chiunque altro al mondo, dovrebbe comprendere il dolore del popolo palestinese e il pesante sentimento di impotenza di fronte al feroce boia, che a sangue freddo afferma con voce umana che "sta solo facendo il suo lavoro". a Gaza.


Oggi le voci del popolo contro il pogrom razzista contro i palestinesi si sentono in tutto il mondo. L'ondata di proteste si è estesa alla società americana, soprattutto a studenti e intellettuali. I tutori e gli sponsor globali del genocidio di Gaza, nonostante il potere a disposizione, non sono riusciti a soffocare il respiro dell’umanità e della ragione nel mondo. Sono in corso seri cambiamenti nel modello egemonico, in cui il sostegno al regime sionista di Israele nella sua campagna genocida è in gran parte demistificato nonostante la violenza e la censura dei media. La verità non può essere nascosta e soppressa all’infinito con le bugie. Naturalmente, una simile svolta non si addice ai sostenitori della politica aggressiva israeliana – falchi e avidi industriali di guerra, profittatori di guerra, trafficanti di armi e sostenitori dell’espansione della “democrazia” e dei “diritti umani” in altri paesi, mentre quelli nascosti con tutta la loro ricchezza nel loro continente si considerano irraggiungibili e non possono accadergli nulla del genere.

Il massacro della Palestina basato sulla pulizia etnica avviene con un grossolano abuso di potere e un grossolano calpestio dei principi e delle regole nelle relazioni internazionali a beneficio immediato del regime statunitense che ha configurato Israele come uno strumento dell’imperialismo.


Domanda 2:


- Il leader iraniano, l'Ayatollah Khamenei, ha inviato una lettera agli studenti americani, dopo le proteste. Come valuta questa lettera?

L'Ayatollah Seyed Ali Khamenei si è rivolto ai giovani attivisti americani che hanno mostrato solidarietà ai palestinesi vittime dell'occupazione di Gaza, riconoscendoli come parte del "Fronte della Resistenza" che lotta contro la brutalità del governo israeliano ispirato e sostenuto dagli americani.

La lettera del leader iraniano è un contributo al rafforzamento dell'unità nella lotta contro l'oppressione e l'ingiustizia nel mondo. Le proteste studentesche di massa, i campi e le numerose azioni rappresentano un cambiamento importante nell’arena politica americana, che spaventa gli sponsor del regime sionista e la possibilità che Israele perda il sostegno degli Stati Uniti.


Il leader della Rivoluzione Islamica, l’Ayatollah Khamenei, in una lettera indirizzata agli studenti sostenitori del popolo palestinese nelle università americane, ha espresso l’importanza della solidarietà nelle proteste antisioniste, sottolineando che condividono gli stessi obiettivi politici dell’Asse della Resistenza. . La lettera fa anche riferimento alla storia del conflitto tra Palestina e Israele e accusa Gran Bretagna e Stati Uniti di fornire sostegno finanziario e militare a Israele. Secondo Khamenei, le élite occidentali hanno etichettato la resistenza palestinese come “terrorismo” mentre difendono Israele come “agire per legittima difesa”. Tuttavia, le circostanze sono cambiate e il Medio Oriente si trova ad affrontare un “destino diverso” a causa del risveglio filo-palestinese in tutto il mondo.

Il leader della Rivoluzione islamica ha sottolineato che la cosa più importante è che i paesi che sostengono la Palestina si uniscano e agiscano collettivamente come un fronte unito.


Domanda 3:


- Secondo lei, in che misura questa azione può rafforzare i sostenitori della Palestina nel mondo?

Pur avendo la reputazione di paese libero, l’America, di fronte al dilagare delle proteste, si comporta sempre più come uno stato di polizia. Non è pronta a condividere la verità con la sua gente. Invece della verità, cerca di persistere con l’inganno pubblico e il sostegno totale ai crimini israeliani. Eppure, queste proteste hanno avuto risonanza non solo tra il pubblico americano, ma sono state fonte di ispirazione per gli studenti di tutto il mondo, compresi quelli australiani.

È importante notare che molti giovani ebrei negli Stati Uniti, e anche nello stesso Israele, non sostengono la politica aggressiva di Netanyahu nei confronti della Palestina. Nessuno crede ai sionisti quando affermano che il massacro di 37.000 civili palestinesi fu un “atto difensivo”. Di conseguenza, abbiamo la circostanza che, oltre ai 143 paesi che hanno riconosciuto il diritto della Palestina ad esistere come nazione nelle Nazioni Unite, si sono uniti negli ultimi giorni Slovenia, Irlanda, Spagna e Norvegia.

Sulla Palestina, gli studenti e la libertà di parola, negli ultimi decenni il dibattito sul conflitto in Medio Oriente nelle università americane è stato significativamente limitato e l’opinione pubblica, sotto la pressione della manipolazione mediatica, tende a credere che Israele abbia il diritto di fare ciò che vuole. vuole, mentre i palestinesi non hanno diritti. Questo sta cambiando. La critica a Israele è già un luogo comune, diventando parte dell’identità dell’audacia studentesca vista durante le proteste contro la guerra del Vietnam, mentre le forze filo-israeliane tentavano di screditare le manifestazioni studentesche. Ecco come è stata recentemente commercializzata l'invenzione: "gli studenti vengono pagati (Soros li paga)".

Ciò che studenti e professori hanno dimostrato negli ultimi mesi è che il mantra manipolatorio e ideologico anglo-americano è per sempre una causa persa nel mondo dei giovani e delle persone istruite.

Questa potenza mondiale incontrastata fino a ieri, cioè le sue élite, dalla sua creazione ad oggi, non sono riuscite a cancellare dalle sue mani le tracce del sangue altrui. È un mondo di capitalisti, fascisti, razzisti, colonialisti, golpisti, imperialisti e infiniti malfattori dell’umanità. Il mondo non può sopravvivere su queste gambe. Lo stesso gruppo di disumani non può commerciare per sempre guerre e vittime innocenti.

FINO AD ALLORA...FINO ALLA VITTORIA! LIBERTÀ PER LA PALESTINA!


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Tradotto dal serbo da Olga Handjal

Поставио/ла 15 hours ago karaburma

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TESTO ORIGINALE IN LINGUA SERBA


 


ИНТЕРВЈУ новинара Срећка Стојковића са Ратком Крсмановићем за телевизијску репортажу националне телевизије Ирана, о теми СТРАДАЊЕ ПАЛЕСТИНСКОГ НАРОДА У ГАЗИ и о писму Ајатолаха Хамнеиа, упућено америчким студентима, који су демонстрирали на Универзитетима САД и тражили прекид бомбардовања Газе

Питање 1:

- Какваје ваша оцена и мишљење о глобалним реакцијама на континуране нападе Израела на Палестински народ? Нарочито о протестима Америчких студената.

Ратко Крсмановић
Пред очима целог света се нижу крвави призори истребљења палестинског народа, у режији пентагонских стратега а под заставом Израела. Нацисти у Гази, данас, уместо нацистичке иконографије марширају под ознаком давидове звезде, сатерујући читав народ у концентрациони логор “Палестина”. На лицима палестинског човека, мајке, детета, утиснут је печат застрашујуће патње, који неминовно оставља отисак у нашој савести, производећи осећај  ужаса, гнева и гађења пред човеколиким зверима које затиру цео народ и трагове њиховог живота, културе, вере...

Србија, боље него ико у свету, би морала разумети бол палестинског народа и тешки осећај беспомоћности пред свирепим џелатом, који хладнокрвно поручује људским гласом да у Гази “само ради свој посао”.

Данас се широм света чују гласови народа против расистичког  погрома над Палестинцима. Талас протеста се проширио и на америчко друштво, а посебно на студенте и интелектуалце. Глобални тутори и спонзори геноцида у Гази, упркос расположивој моћи, нису успели да угуше дах човечности и разума у свету. У току су озбиљне промене хегемонистичког модела где је подршка ционистичком режиму Израела у његовој геноцидној кампањи у значајној мери демистификована упркос медијском насиљу и цензурама. Истина се неда бескрајно скривати и притискати лажима. Наравно, такав заокрет не одговара присталицама агресивне израелске политике – јастребовима и халапљивим индустријалцима рата, ратним профитерима, трговцима оружјем и поборницима ширења „демократије“ и „људских права“ у туђим земљама, док ушушкани са свјим богатством на свом континенту сматрају да су недостижни и да се њима ништа слично не може десити.


Масакр над Палестином заснован на етничком чишћењу се одвија уз грубу злоупотребу моћи и грубо гажење принципа и правила у међународним односима ради тренутне користи америчког режима који је конфигурисао Израел као инструмент империјализма.

Питање 2:

- Ирански лидер, ајатолах Хаменеи, упутио је писмо америчким студентима, након њухових протеста. Како оцењуете ово писмо?


Ајатолах Сејед Али Хамнеи се обратио младим америчким активистима који су показали солидарност са Палестинцима као жртвама окупације у Гази, препознајући их као део „Фронта отпора“ који се бори против  бруталности израелске владе коју инспирише и подржава Америка.

Писмо иранског лидера представља допринос јачању јединства у борби против угњетавања и неправде у свету. Масовни студентски протести, кампови и бројне акције, представљају велику промену у америчкој политичкој арени, што плаши спонзоре ционистичког режима и могућношћу да Израел изгуби подршку САД.

Вођа исламске револуције, Ајатолах Хамнеи, у писму упућеном студентским присталицама палестинског народа на америчким универзитетима, изразио је важност солидарности у антиционистичким протестима, указавши да деле исте политичке циљеве као Осовина отпора. Писмо се односи и на историју сукоба између Палестине и Израела, и оптужује Британију и САД за финансијску и војну подршку Израелу. Према Хамнеију, елите на Западу су палестински отпор означиле као „тероризам“, док су Израел браниле као „деловање у самоодбрани“. Међутим, околности су измењене и Блиски исток чека „другачија судбина“ услед пропалестинског буђења широм света.

Вођа исламске револуције је као најважнију ствар истакао потребу да се државе које подржавају Палестину  уједине и делују колективно, као јединствен фронт.

Питање 3:

- По вашем мишљењу, у којој мери ова акција може да ојача  присталица Палестине у свету?

Иако слови као слободна земља, Америка се, суочена са ширењем протеста, понаша све више као полицијска држава. Није спремна да поделе истину са својим народом. Уместо истине, покушава да истраје са обмањивањем јавности и свестраном подршком израелским злочинима. Па ипак, ови протести су имали одјека не само у америчкој јавности, већ су били подстицајни за студенте широм света, укључујући и оне у Аустралији


Важно је приметити да многи млади Јевреји у Сједињеним Државама, па и самом Израелу, не подржавају Нетањахуову агресивну политику према Палестини. Нико не верује ционистима када тврде да је масакр 37 хиљада палестинских цивила „одбрамбени чин“. Као резултат тога, имамо и околност да уз 143 земље које су признале у УН право Палестине да постоји као нација,  протеклих дана су се
 њима придружиле Словенија, Ирска, Шпанија и Норвешка.

О Палестини, студентима и слободи говора, током протеклих деценија  дебата о блискоисточном сукобу на америчким универзитетима била је значајно ограничена, а јавно мњење, под притиском медијске манипулације, има тенденцију да верује да Израел има право да ради шта хоће, док Палестинци немају никаква права. Ово се мења. Већ је уобичајено критиковати Израел, што постаје део идентитета студентске смелости виђене током протеста против рата у Вијетнаму, док произраелске снаге покушавају да дискредитују студентске демонстрације. Тако је недавно пласирана измишљотина - „студенти су плаћени (Сорош их плаћа)“.

Оно што су студенти и професори показали последњих месеци јесте да је манипулација и идеолошка англоамеричка мантра заувек изгубљен случај у свету младих и образованих људи.

Та, до јуче неприкосновена светска сила, односно њене елите, од свог настанка до данас не успева да обрише трагове туђе крви са својих руку. Чини је свет капиталиста, фашиста, расиста, колонијалиста, пучиста, империјалиста и бескрајних злотвора човечанства. Свет не може опстати на таквим ногама. Не може заувек иста група нељуди да тргује ратом и невиним жртвама.

 

ДО ТАДА .... ДО ПОБЕДЕ !   СЛОБОДА ЗА ПАЛЕСТИНУ !

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