di VINCENZO BRANDI
Robert Hooke è stato certamente il maggiore scienziato inglese del ‘600 dopo Newton, e senza
dubbio il più ecclettico. Fu fisico, biologo, geologo, astronomo, abile sperimentatore ed inventore,
ed infine valente architetto.
Era nato nel 1635 nell’isola di Wight in una famiglia di modeste condizioni (il padre era un curato
di campagna). Fin da giovane dimostrò una grande propensione per gli studi scientifici e la pittura.
Trasferitosi a Londra nel 1648, lavorò dapprima in una bottega di pittura, ma poi riuscì a
frequentare la Westminster School e l’Università di Oxford.
La svolta avvenne nel 1657 quando Robert Boyle (il fisico di cui abbiamo scritto nel numero
precedente) lo assunse come assistente personale. La sua particolare abilità sia negli esperimenti che
nell’invenzione di nuovi strumenti (tra cui la pompa pneumatica che permise la formulazione della
Legge di Boyle sui gas, di cui al numero precedente) gli valsero la nomina nel 1662 a “curatore
degli esperimenti” della Royal Society, di cui divenne addirittura segretario nel 1677. Due anni
prima era stato nominato anche professore di geometria al Gresham College.
L’invenzione di un microscopio perfezionato permise ad Hooke di scoprire la struttura cellulare
degli organismi viventi (si deve a lui la formulazione della parola “cellula”), risultato ottenuto
studiando i sugheri. Nella sua opera “Micrographia” illustrò, tra l’altro, la struttura degli insetti, da
lui stessi poi abilmente disegnati in dettaglio. Nel campo microscopico Hooke fu il più valido
scienziato del ‘600 insieme all’olandese Leewenhoek.
Il grande scienziato inglese si interessò anche della struttura dei cristalli, sviluppando dei modelli
tesi ad illustrare la disposizione degli atomi all’interno dei cristalli, aprendo così la strada alla
moderna cristallografia. Si interessò anche ai fossili, attribuendoli giustamente a specie animali
scomparse, e comprendendone l’importanza per determinare le ere geologiche precedenti. Si può
dire che aprì la strada alla moderna paleontologia.
L’uso di un nuovo telescopio a riflessione (di cui disputò la paternità dell’invenzione con Newton)
gli permise di scoprire la “macchia rossa” di Giove e di dimostrarne la rotazione. Determinò anche
il periodo di rotazione di Marte.
Sicuramente devono attribuirsi a lui l’invenzione di un nuovo tipo di barometro per la misura della
pressione atmosferica, di un anemometro per lo studio dei venti, e di un igrometro per la misura
dell’umidità, strumenti che gli permisero studi che anticipano la moderna meteorologia.
La necessità di avere buoni orologi meccanici per la misura della longitudine sulle navi lo indusse
all’invenzione di un nuovo orologio a molla, iniziatore dei moderni orologi meccanici, invenzione
sulla cui priorità si scatenò una polemica con l’olandese Huyghens (di cui riferimmo nel numero
dedicato a questo importante scienziato).
Nel campo della fisica Hooke è ricordato per la legge che porta il suo nome sui corpi elastici, ben
nota a qualsiasi studente di fisica o di ingegneria: la forza esercitata da un corpo elastico (ad
esempio una molla) è proporzionale alla deformazione subita dal corpo. L’ecclettico scienziato
inventò anche un dinamometro a molla per la misura delle forze.
In realtà Hooke si interessò anche a problemi di ottica. Lo studio dei fenomeni di diffrazione ed
interferenza della luce (che dimostravano che la luce, in presenza di ostacoli, poteva non
propagarsi in linea retta e formare particolari figure in cui si alternavano zone di luce e d’ombra) lo
portò ad abbracciare le teorie ondulatorie di Huyghens, secondo cui la luce si propaga sotto forma
di onda sferica come le onde su una superficie d’acqua turbata dal lancio di un oggetto. Ciò lo portò
a criticare le teoria “corpuscolare” di Newton, secondo cui la luce è formata da piccoli corpuscoli
che procedono in linea retta. Ne nacque una polemica di cui abbiamo già riferito nel numero
dedicato alla natura della luce, in cui abbiamo anche riferito che però Hooke si sbagliò nel
considerare la luce bianca come la luce naturale, e non formata dalla somma di tutti i colori
dell’iride, come dimostrato da Newton.
La polemica si spostò anche nel campo delle leggi sulla gravitazione. In realtà Hooke (tra il 1670 ed
il 1680) aveva capito che i corpi si attraggono con una forza inversamente proporzionale alla
distanza, ma non riuscì da questo a giungere (forse per la sua insufficiente preparazione matematica,
o per l’eccessiva dispersione dei suoi interessi) ad una teoria generale sulla gravitazione, come
poi fatto da Newton. Ne nacque una polemica perché Newton non volle riconoscere il contributo di
Hooke, ed anzi, indispettito dalla rivalità con il collega, quando Hooke morì nel 1703, divenuto a
sua volta segretario della Royal Society, fece rimuovere i ritratti di Hooke, cercando di offuscarne
la memoria.
In realtà nella seconda metà del ‘600 la fama di Hooke era molto cresciuta anche per un altro
motivo. Dopo il grande incendio di Londra del 1666 egli divenne il principale collaboratore di
Cristopher Wren, incaricato di ricostruire la città. Si deve a Hooke la pianificazione della
ricostruzione e la progettazione di vari nuovi edifici. Le sue opere più note furono la ristrutturazione
del famoso osservatorio di Greenwhich e soprattutto la progettazione della cupola della
cattedrale di St. Paul (la cui sezione corrisponde ad una curva speciale detta “catenaria”,
appositamente studiata dal grande architetto). La cupola domina ancora il panorama di Londra a
ricordo del suo autore, molto rivalutato oggi per i suoi esperimenti ed i suoi studi, sempre geniali
anche se non sempre sistematici come quelli del grande Newton.
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