L'ultima guerra
di Piotr
1. È col cuore grave che sono costretto a prendere atto che
dal giorno 6 ottobre 2016 una guerra tra la Russia e gli USA è possibile in
ogni momento. Una guerra che può avere devastanti effetti anche per noi. Per
quanto sia orrendo e penoso parlarne, bisogna farlo, perché i grandi media
nascondono questa serissima eventualità. Non ne parlano perché vogliono
continuare a farci pensare a una guerra mondiale come a un videogioco e perché
vogliono continuare a convincerci che lo Zio Sam alla fine prevarrà, perché è
il più forte e perché è nel giusto, qualsiasi cosa faccia.
Perché un'affermazione così brutale (o catastrofista, come
mi vien detto)?
Bene, questo è lo svolgimento del dramma, in tre atti:
Atto 1. A margine dell'Assemblea Generale dell'ONU di
qualche giorno fa, il segretario di Stato, John Kerry, si incontra con
esponenti dei "ribelli" siriani, i quali sono preoccupati per come
stanno andando le cose e soprattutto per il fatto che gli USA non abbiano mai
attaccato militarmente Damasco. Kerry farfuglia le cose che potete leggere
nell'articolo "Ad Aleppo si gioca il destino del mondo", che per il
tema qui riguarda in sintesi suonano così:
"Le cose sono andate storte fin da subito e con l'intervento
russo sono andate ancora peggio. Non ce l'aspettavamo e ora intervenire
direttamente contro Damasco vuol dire scontarsi direttamente coi Russi"
[1].
Questo colloquio, che dovrebbe essere riservato, viene
registrato (evidentemente da uno dei "ribelli") e passato al New York
Times, ex quotidiano liberal e oggi attestato su posizioni che fanno quasi
rimpiangere persino Nixon boia. Il NYT lo spiffera immediatamente. Perché?
Perché essendo un giornale clintonoide deve sostenere il superfalco Hillary
Clinton. Una posizione che potremmo tradurre brutalmente così: "Vedete in
che schifo di situazione siamo finiti per colpa di questa politica tentennante?
Dobbiamo far vedere i sorci verdi ai Russi. Ed è quello che vuole Hillary non
Donald".
Atto 2. L'addetto stampa della Casa Bianca, John Earnest, fa
sapere ai giornalisti che si sta discutendo sulla possibilità di una campagna
militare diretta contro la Siria (quella indiretta appaltata ai tagliagole è in
difficoltà).
Perché viene fatto sapere? Di solito gli attacchi si tengono
segreti, a meno di non volere fare propaganda e pubblicità alla propria
possanza, dimostrazione di muscoli, come i giocatori di wrestling prima degli
incontri, per esaltare i propri fan (e infatti questa notizia è stata riportata
con entusiasmo dai nostri media). Ma può andar bene con uno Stato isolato
internazionalmente, come lo era l'Iraq al momento della guerra del Golfo
(all'epoca l'Unione Sovietica stava collassando) e poi indebolito da anni di
embargo al momento dell'invasione (Putin era impegnato a rimarginare le ferite
inferte alla Russia dal suo predecessore, il cleptocrate Boris Eltsin, pupazzo
di Washington). Invece non può andar bene con la Siria, compatta oltre ogni
aspettativa e sostenuta da una rediviva Russia che ha mostrato di possedere non
solo determinazione ma anche armi micidiali e precisissime che nessuno si
aspettava.
Perché allora questo annuncio?
La cosa viene spifferata per tre motivi: a) spaventare la
Russia e vedere come reagisce , b) dar fiato alle trombe dei clintonoidi in
vista delle elezioni, c) rassicurare gli alleati e i vassalli che, come si dice
nello sport, gli USA "ci sono ancora".
Questa dichiarazione è raddoppiata dalle parole - nascoste
dai nostri media - pronunciate dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito degli
Stati Uniti, Mark Milley, a una conferenza delle Forze Armate statunitensi.
Sono affermazioni impressionanti, scandite con un'aggressività sconvolgente.
Cose che non si sentivano in Occidente dai tempi di Hitler e Mussolini. Un vero
"Spezzeremo le reni".
Nel suo discorso risaltano due affermazioni.
La prima:
"Voglio essere chiaro con coloro che, in tutto il
mondo, vogliono distruggere il nostro stile di vita e quello dei nostri alleati
e amici . noi vi fermeremo e vi colpiremo più duramente di quanto siate mai
stati colpiti. Non c'è alcun dubbio a riguardo."
E la seconda:
"Siamo in grado e continueremo ad esserlo di
dispiegarci rapidamente. E distruggeremo qualsiasi nemico, ovunque e in
qualsiasi momento".
Sarebbe semplice retorica guerresca, se non fosse per una
cosa molto inquietante: in mezzo a quelle due affermazioni sono citati
esplicitamente quattro Paesi, cioè la Russia, la Cina, l'Iran e la Corea del
Nord, cioè poco meno di un terzo dell'Umanità, che quindi da quelle due
affermazioni viene serrata in una parentesi di fuoco.
Attenzione che qui ricompare la dottrina di Bush jr:
"Non negozieremo mai il nostro stile di vita", che significa:
"Non accetteremo mai una rinegoziazione dei nostri interessi e quindi
della posizione di potenza che li sorregge".
Il delirio di queste parole è sottolineato dalla
precisazione che segue:
"Inoltre, il campo di battaglia sarà enormemente
complesso, quasi certamente in aree urbane densamente popolate, contro un
nemico sfuggente e ambiguo che unisce a terrorismo, guerriglia e abilità
convenzionali una numerosa popolazione civile".
A parte la parola "terrorismo" che va bene in ogni
occasione e nello specifico serve a lasciar spazio alle ambiguità e alle
eventuali smentite, a chi si riferisce il super-generale quando parla di
"numerosa popolazione civile"?
A me vengono in mente per prima cosa la Cina e poi la
Russia. Se è così il nostro pluridecorato generale si è dimenticato delle prime
due regole del "Manuale di guerra" del Maresciallo Montgomery:
"Prima regola: non marciare mai su Mosca. Seconda regola: non marciare mai
su Pechino".
C'è da essere spaventati da un'insania simile. Non vi pare?
Io lo sono, e molto. Anche perché fa parte di quella occupazione della scena da
parte dei settori neocons che sta sempre più manifestandosi in questa sorta di
vacanza di potere che ci sarà fino a gennaio.
Da qui a gennaio può succedere di tutto. E dopo anche
qualcosa di peggio [2].
Atto 3. Ed ecco come reagisce la Russia. Non lo sapete
perché i grandi media non ve lo dicono, perché non è bene che lo sappiate,
perché l'orso russo deve essere dipinto come grosso, cattivo ma alla fine
vulnerabile. Ma la dichiarazione è ufficiale ed è stata immediata. Il portavoce
del ministero russo della Difesa, il generale Igor Konashenkov, ha per prima
cosa rammentato agli Stati Uniti la gittata e le capacità di intercettazione
dei missili dei sistemi di difesa antiaerea S-300 e S-400 schierati in Siria.
Ha poi sottolineato che questi sistemi sono in Siria non in
funzione offensiva ma per difendere le forze russe ivi dislocate e che gli
Stati Uniti sono invitati ad essere matematicamente certi che saranno usati se
i soldati russi verranno attaccati da chicchessia.
E infine - ecco dove si voleva arrivare - ha ricordato che i
soldati russi operano sul terreno con le forze armate siriane e che quindi ogni
attacco a queste sarà considerato un attacco alle forze armate russe [3].
2. Ecco quanto. Nel frattempo 40 milioni di Russi hanno
partecipato a un'esercitazione di difesa antiatomica. Nessuno fa interrompere
la vita normale privata e produttiva a 40 milioni di persone se non fosse
veramente preoccupato.
Francamente non so come andrà a finire. Gli USA all'inizio
del III millennio avevano una sola preoccupazione: la Cina. I think
tankneoconservatori prevedevano che il Regno di Mezzo sarebbe diventato un
avversario strategico nel 2017. Il loro obiettivo principale era il "pivot
to Asia" e per smuovere alla svelta la strategia statunitense in quella
direzione speravano in "some catastrophic and catalyzing event, like a new
Pearl Harbor". Questo nel settembre 2000. Nel settembre 2001 furono
esauditi con le Torri Gemelle. La Russia all'epoca dava pochi pensieri. Vero,
al posto di Eltsin c'era già Putin, ma la svendita criminale e mafiosa della ex
Unione Sovietica da parte del primo e l'orgia di neoliberismo che la stava
attraversando la mantenevano ancora in uno stato di estrema debolezza e di
vassallaggio. In vista della svendita, Eltsin aveva fatto valutare la Madre
Russia, dal sottosuolo, alla superficie, all'atmosfera, da economisti di
Harvard, così come si fa valutare la cantina, l'appartamento e il terrazzo di
un immobile. Il risultato netto fu che dal 1992 al 2000 il numero dei decessi
in "sovrappiù" fu calcolato dai demografi tra i cinque e i sei
milioni (Wall Street Journal) e l'accorciamento dell'aspettativa di vita dei
russi fu di sette anni. Putin fermò il degrado e invertì con decisione la
tendenza. C'è poco da meravigliarsi se i sondaggi occidentali gli accreditano
un consenso personale che varia dall'80 al 90 per cento dei Russi.
È dai tempi del Raj britannico in India che il liberismo ha
portato disastri di immani proporzioni nei Paesi subordinati (e ora erode come
un cannibale che mangia se stesso anche i Paesi al top della gerarchia). Per
salvarsi la Russia non aveva altra scelta che insubordinarsi. Ed è quello che
ha fatto Putin. Da qui il nuovo mal di testa (e l'odio) dei neoconservatori
statunitensi.
Più che di pivot to Asia, l'egemonismo americano ha quindi
ora bisogno di un pivot to Eurasia, un pivot da Lisbona a Vladivostok. La
risposta militare al sogno di Putin del 2010 di creare un mercato unico
dall'Atlantico al Mar del Giappone. Il 2010. Solo sei anni fa. Un'altra epoca
storica. È la frenetica dinamica dello showdowndella crisi sistemica.
3. Quanto seriamente le élite americane pensano di poter
rischiare o addirittura scatenare una guerra termonucleare?
Quando sento esponenti politici statunitensi anche di
altissimo livello che straparlano di "eccezionalismo americano", di
"nazione indispensabile", di "missione universale", penso
che non in pochi ci sia, al di là di aggressive tecniche di public relations,
un vero invasamento ideologico, un auto-convincimento. La cosa peggiore.
Le élite più legate al mondo degli affari probabilmente
sfruttano le intemperanze della prima, si nascondono dietro di esse, per
mantenere le posizioni e se possibile guadagnarne altre, ma non so fino a che
punto vogliano rischiare uno scontro diretto con la Russia. Queste élite
economiche e soprattutto finanziarie, sono autonome dalla politica anche se la
devono usare (e il favore è reciproco). Proprio la loro autonomizzazione dalla
politica segna in Occidente lo stacco dallo stadio feudale e l'entrata in
quello capitalistico. Lo stato del loro patrimonio è più importante di ogni
fedeltà ideologica e nazionale (mentre l'Esercito degli Stati Uniti affondava
nel pantano vietnamita, queste élite facevano espatriare i loro capitali nei
paradisioff-shore: bella fedeltà!).
Da questo punto di vista la cosa sembrerebbe allora
rassicurante. Perché per voler scatenare una guerra termonucleare occorre avere
in testa un progetto, anche ideale, grandioso e le éliteeconomico-finanziarie
non sono capaci di progetti grandiosi. Possono essere immensamente ricche ma i
loro progetti alla fine sono micragnosi. Però si rendono conto che senza
l'egemonia americana, che è un fattore politico anche quando giocato con
strumenti economici e finanziari, il loro patrimonio e quindi la loro posizione
di forza nella lotta intercapitalistica si possono indebolire in misura
drastica. E sono troppo micragnose per avere un piano di riserva, per poter
accettare un ridimensionamento e sviluppare strategie e contesti fuori dagli
schemi a cui sono abituate e che fino a quel momento le hanno fatte prosperare.
Alla fine temo che gli automatismi politici e quelli
economico-finanziari si interlaccino dando luogo a un evento catastrophic and
catalyzing che nessuno singolarmente in realtà voleva (se non alcuni invasati).
Perché la loro interazione ha sempre dato luogo a dinamiche imperiali potenti.
Ma una volta non c'era la crisi sistemica e quindi queste
dinamiche potevano sfogarsi, ad esempio cambiano le combinazioni input-output,
variando le scelte. C'erano margini di manovra. Addirittura, l'impero
statunitense poteva accontentarsi solo di mezzo mondo, il cosiddetto
"mondo libero" (così chiamato anche se c'erano dentro dittatori fascisti
sudamericani e l'Arabia Saudita). Ora la crisi sistemica rastrema sempre di più
lo spazio delle soluzioni e allarga quello dei problemi. E l'egemonia deve
essere estesa a tutto il mondo. Per contro ciò imprime maggior forza alle
interazioni tra il potere del denaro e il potere del territorio e quindi gli
urti in quello spazio sempre più stretto aumentano, sempre più violenti. Non
c'è nessuna legge fisica che possa spiegare ciò, perché qui la meccanica dei
fluidi e quella dei solidi si fondono.
4. L'unica possibilità di uscirne vivi è che l'impero si
de-imperializzi, accetti un mondo multipolare e in quello negozi la propria
nuova posizione. Il contrario della dottrina dei neocon. Noi, l'Italia e i
Paesi europei, dobbiamo facilitare, promuovere questa inversione di marcia. Per
farlo dobbiamo opporci alle politiche imperiali, non c'è altro da fare [4].
Occorre privilegiare i rapporti non coi settori disponibili
a un olocausto nucleare ma con quelli disponibili ad adattarsi al mondo
multipolare. Un adattamento non semplice, ma imperativo, e che quindi ha
bisogno di collaboratori non di leccapiedi. Se, come penso, solo il potere
politico è in grado di avere un progetto grandioso, occorre allora che negli
USA riesca ad esprimersi un potere il cui grandioso progetto sia quello di non
fare una guerra [5].
Non sarebbe la fine dei problemi, perché l'inizio dei
problemi è la cattiva infinità del processo di accumulazione.
E quindi non è nemmeno la rivoluzione, ma non si può fare
nessuna rivoluzione se si è tutti morti.
È vero, spesso gli schemi si ripetono. Anche John Hobson
all'inizio del secolo scorso implorava l'Impero Britannico di adeguarsi al
nuovo mondo multipolare di allora per evitare una guerra mondiale. Ma l'Impero
s'impuntò e così iniziò un lunghissimo conflitto armato segnato da due grandi
battaglie. La prima fu chiamata I Guerra Mondiale e la successiva II Guerra
Mondiale. L'Impero vinse nella conta finale dei morti, ma perse l'egemonia
mondiale che passò agli USA.
È vero, il genere umano c'è ancora, ma gli schemi non si
ripetono nelle stesse condizioni. Mai. Le devastazioni della I Guerra Mondiale
(che doveva essere l' "ultima guerra") superarono quelle di tutte le
guerre precedenti, ma vennero ampiamente surclassate da quelle della II Guerra
Mondiale (che doveva essere l' "ultima guerra"). Ma le devastazioni
della III Guerra Mondiale non verranno superate da quelle seguenti perché non
rimarrà più niente da devastare.
Quella con molta probabilità sarà veramente l'ultima guerra.
Postilla. Come dicevo, se si fanno discorsi come questi una
delle accuse classiche è quella di "catastrofismo". Ma cosa s'intende
con "catastrofismo"?
La preoccupazione pacifista di John Hobson? Purtroppo aveva
visto giusto e infatti ci fu la catastrofe della I Guerra Mondiale.
Oppure s'intende l'accusa di Sir Maynard Keynes alla propria
parte, cioè alla Gran Bretagna (e alla Francia) che le imposizioni dei
vincitori ai negoziati di pace di Versailles avrebbero lastricato la strada
verso una seconda guerra mondiale? Purtroppo anche lui vide giusto.
Ma a volte "catastrofismo", oggi, significa:
"Ma dai! A noi queste cose non possono più capitare. Capitano solo ai
popoli sfigati". Innanzitutto quei popoli sono sfigati perché qualcuno a
migliaia di chilometri di distanza ha deciso a tavolino che così dovevano
essere. Pensavate forse che i Siriani si aspettassero questa catastrofe anche
solo nel 2010? No, non se l'aspettavano affatto, vivevano in modo normale la
loro vita di tutti i giorni e senza questa preoccupazione. Semmai erano
contenti che le aperture di Bashar al-Assad attiravano un crescente afflusso di
turisti. La loro sfortuna è stata l'avere a che fare con quelli che si reputano
i padroni del mondo. Possiamo comunque dare una pacca sulle spalle alla madre
siriana che piange il proprio figlio o la propria figlia dicendole:
"Suvvia! Non essere così catastrofista!".
In secondo luogo nemmeno ci si rende conto che la
"sfiga" è dietro l'angolo. Lo shock del bombardamento di Belgrado fu
quello - per chi si degnò di capirlo - della prima capitale europea bombardata
in cinquant'anni dalla fine della II Guerra Mondiale. Lo shock del conflitto in
Novorussia - per chi si degna di essere scioccato - è quella di una feroce
guerra al centro della civile Europa.
Europa! De te fabula narratur!
NOTE
________________________________________
[1] Alcuni commenti. In primo luogo le cose sono andate fin
da subito male perché la popolazione siriana sta col suo presidente e
l'esercito, tra l'altro quasi tutto sunnita e non sciita, non ha defezionato.
Se uno fosse stato in Siria prima dell'aggressione avrebbe capito benissimo che
le cose sarebbero andate in questo modo e che i Siriani abituati a decenni di
laicità e di rispetto di tutte le religioni e, proprio da quando c'è Bashar
al-Assad, di progressive e costanti aperture liberali, sarebbero disposti a
combattere fino all'ultimo uomo pur di non cadere nelle mani dei tagliagole
fondamentalisti. Provate a pensare se
Milano, Roma, e Torino fossero circondate da migliaia di fanatici con bandiere
nerorociate provenienti da tutto il mondo e che vogliono imporre la Santa
Inquisizione brandendo tenaglie e ferri roventi come simboli. Avrete un'idea
esatta di cosa pensano in questo momento gli abitanti di Damasco, di Latakia e
di Aleppo. In secondo luogo io penso che gli USA sapessero da tempo che Mosca
stava per intervenire (il rifornimento della base russa è durato mesi). Infine
il bombardamento statunitense contro la postazione dell'Esercito Arabo Siriano
di Deir ez-Zor dove sono stati uccisi anche soldati russi, dimostra chiaramente
che ogni intervento diretto degli USA contro Damasco rischia di essere un
attacco diretto alla Russia. Lo si tenga bene a mente perché serve a capire
l'ultimo passaggio, il terzo.
[2] Alcuni commentatori negano che sia in atto un "soft
coup", sulla base del fatto che se Obama non interviene, pur potendolo
fare, allora vuol dire che è d'accordo, anzi, che i generali stanno eseguendo i
suoi ordini. Ho già spiegato perché non la penso così. Qui ricordo solo che
sulla Siria c'erano visioni strategiche contrastanti fin dall'inizio della
crisi. Gli Stati Uniti non sono un monolite, come non lo è nessun Paese,
nemmeno la Russia o la Cina. E la crisi sistemica approfondisce le divisioni,
perché se è vero che le scelte sono minori, i contraccolpi di quelle sbagliate
sono più violenti che mai.
[3] Per capire compiutamente che Mosca è veramente
preoccupata e che quindi queste dichiarazioni non sono una dimostrazione
muscolare, al contrario di quel che può succedere negli States, bisogna
rendersi conto che rispetto alla NATO e alla Coalizione, la Russia in Siria è
in una posizione di enorme inferiorità di uomini, di mezzi aerei e di mezzi
navali. Questo per i signori e le signore che sbraitano che la Russia è
aggressiva. Anche se volesse esserlo non potrebbe, perché non solo in Siria ma
in generale è ancora in condizioni di grande debolezza nei confronti degli USA.
Altrove ho anche spiegato chiaramente perché, comunque, la pace e non la guerra
è nei suoi interessi. Ripeto, nei suoi interessi: non sto tirando in ballo
patenti di sanità primigenia di una nazione rispetto a un'altra (la sanità o
l'insania di una nazione, anche nei suoi aspetti ideologici, la crea la Storia,
non la metafisica).
[4] Per certi versi gli USA fanno bene a non fidarsi troppo
di noi. Ma non perché saremmo propensi a un delinking dalle loro politiche
imperiali, ma, paradossalmente, proprio perché lecchiamo i piedi. Sanno
benissimo che nutriamo un rancore sordo per tutte le schifezze e gli oltraggi
che abbiamo dovuto ingoiare (si pensi solo al famoso "Fuck the EU!"
di Victoria Nuland) e quindi al di là delle parole di circostanza e
dell'ubbidienza acefala, saremmo ben contenti di vedere il nostro "amato
alleato" schiantarsi contro un grosso ostacolo e uscirne totalmente
rintronato. Dei veri amici dovrebbero evitare che l'altro si schianti e quindi
dovrebbero cercare di farlo uscire dal cul-de-sac in cui si è infilato, non
incitarlo festeggianti ad andare sempre più veloce contro il muro.
[5] Tutto sommato, un progetto grandioso simile era quello
del New Deal Mondiale di Roosevelt, dopo la guerra. In questo new deal
rientrava persino l'Unione Sovietica di Stalin. E Stalin ne era soddisfatto.
Non ne erano invece soddisfatte certe élite statunitensi e gran parte del
Congresso, sensibile al loro lobbying. Così, ma solo dopo il soddisfacente
scoppio delle due atomiche su Hiroshima e Nagasaki, il nuovo presidente,
Truman, decise che l'intero Mondo era troppo grande ed era meglio dividerlo in
due parti, uno libero, da inglobare, e l'altro no. Era l'inizio della Guerra
Fredda.
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