Intervista a cura di Luigi Tedeschi
1) Il sostegno illimitato dell’Occidente a Israele ha
motivazioni sia geopolitiche che ideologico – culturali.
Infatti
Israele è considerata l’unica democrazia del Medio Oriente. Non è però una
palese contraddizione
definire
lo stato ebraico una democrazia occidentale per quanto riguarda il rispetto dei
diritti dell’uomo,
dell’eguaglianza
dei cittadini dinanzi alla legge, delle libertà individuali, della laicità
dello stato, che sono i
valori
fondamentali di uno stato democratico? Anzi, l’attuale deriva etnico –
religiosa dello stato ebraico,
non ha
de facto legittimato lo stesso radicalismo islamico e trasformato questo
conflitto in una moderna
guerra
santa?
DS – Israele è una
entità artificiale in Medioriente voluta dalla Gran Bretagna dopo la
dissoluzione dell’Impero ottomano. Un classico disegno coloniale che ha avuto
come padrini Lord Balfour e la famiglia Rotschild: Balfour massone e i
Rotschild ebrei sionisti. Agli inizi del ‘900 c’erano in Palestina poche decine
di migliaia di ebrei che convivevano perfettamente con gli arabi e coi
cristiani. Negli altri paesi arabi le comunità ebraiche erano in rapporti di
armonia e di pacifica convivenza coi loro vicini. Tutto cambia con la
diffusione del sionismo, una teoria politica fondata sui miti biblici e sulla
predicazione di una presunta superiorità degli ebrei su tutte le altre nazioni
descritte come subumane, simili alle bestie come affermano tuttora molti
rabbini senza vergognarsi. Dopo la Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917,
favorevole alla costituzione di un focolare ebraico in Palestina, fu istituita
l’Agenzia Ebraica col compito di comprare terre e fondare le prime colonie che
si avvalevano di mano d’opera indigena. In quel tempo si diffuse ad arte lo
slogan: “Una terra senza popolo per un popolo senza terra”. Un mistico ebreo
russo, si chiamava Ahad Aham, fece un viaggio in Palestina e scoprì che era
tutta abitata e tutta coltivata. Vide coi propri occhi che gli ebrei nei
Kibbutz trattavano gli arabi come animali da soma e li picchiavano. Tutto
questo è documentato nel mio libro IL TERRORISMO IMPUNITO e mai contestato.
Miti, menzogne, inganni e propaganda furono i mezzi coi quali i sionisti, PRIMA
DELLE LEGGI RAZZIALI DI HITLER E MUSSOLINI, fondarono la loro pretesa che la
Palestina fosse il luogo ancestrale della loro patria perduta e la terra che un
dio sconosciuto aveva promesso solo a loro. Il terrorismo e la violenza contro
gli arabi furono la logica conseguenza di un progetto di pulizia etnica che i
capi del sionismo non si vergognavano di rivelare e che gli inglesi avevano
assecondato. Questa premessa è necessaria per capire che alla base del sionismo
vi è un approccio razzistico che si coniuga col razzismo dell’Occidente
colonialista e imperialista. Questa è la ragione per cui l’Occidente “si
riconosce” nel regime israeliano, è una sua parte, sembra dire: quelli siamo
NOI e gli arabi sono LORO, esseri inferiori diversi da NOI.
Israele è una democrazia? Parole ripetute a vanvera ad uso
e consumo della propaganda. Israele non ha una costituzione e non ha confini
perché ruba la terra ai palestinesi e ai paesi confinanti. Oltre cinque milioni
di nativi sono trattati come schiavi e subumani, senza diritti e alla completa
mercé dei colonizzatori che commettono su di loro tutti gli abusi più spietati.
Le teste pensanti nelle università israeliane hanno, giustamente, parlato di
ETNOCRAZIA. La recente legge che definisce lo stato di Israele come lo stato
dei soli ebrei conferma questa definizione. Stato laico? No, confessionale.
Uguaglianza davanti alla legge? Per gli ebrei sì, per i palestinesi no; in
tribunale perdono tutte le cause al 99,99%. Perché? I giudici sono tutti ebrei
sionisti. I partiti religiosi e i rabbini più fanatici e messianici hanno fatto
il resto: giudaizzare la Palestina, rimuovere le chiese cristiane e le moschee.
I rapporti, infatti, con la chiesa di Roma sono tesi e tuttora prevale in
Vaticano una eccessiva prudenza per non compromettere il dialogo interreligioso.
Il radicalismo islamico? E’ la risposta simmetrica al
radicalismo giudaico. Non per caso la recente azione militare di Hamas si
chiama “Ciclone Al Aqsa”, la moschea terzo luogo santo dell’Islam che Israele
vuole abbattere.
2) La fondazione di Israele si è realizzata con
l’occupazione coloniale della Palestina. Le guerre israeliane si
differenziano però da quelle delle potenze coloniali dei
secoli scorsi. Israele infatti non mira solo
all’invasione dei territori, ma alla pulizia etnica e/o
alla deportazione della popolazione palestinese. Le
guerre anticoloniali del ‘900, nonostante la rilevante
sproporzione delle perdite riportate degli oppressi
rispetto a quelle delle potenze coloniali occupanti (vedi
Algeria e Vietnam), si sono concluse sempre con la
sconfitta dei colonizzatori. Aggiungasi poi che raramente
le guerre coloniali si sono concluse con una
sconfitta militare dell’occupante. Il colonialismo
occidentale, e con esso l’eurocentrismo, sono tramontati
quali fenomeni ormai anacronistici sia dal punto di vista
storico che geopolitico. E’ prevedibile la
riproposizione di un simile epilogo nella guerra dei 70
anni israelo – palestinese, quale conflitto scaturito
dalla politica neocolonialista dell’Occidente?
DS – Il colonialismo sionista ha una natura diversa. Quello
dei paesi occidentali aveva un percorso verticale, dall’alto. Provo a
spiegarlo: la Francia è in concorrenza col colonialismo inglese, occupa
l’Indocina e la sfrutta a vantaggio della borghesia interna. I colonialisti
europei non mirano a deportare i nativi perché hanno bisogno della loro mano
d’opera schiavizzata. Nel 1954, a Dien Bien Phu, i vietnamiti colonizzati sotto
la guida del generale Giap sconfiggono i francesi. Domanda: che relazione, che
legame avevano i francesi col Vietnam e l’Indocina più in generale? Nessuno.
Erano gli alieni. Gli uomini venuti dal mare come i nativi chiamarono
Cristoforo Colombo e la sua ciurma. In Palestina, invece, la colonizzazione è orizzontale,
più subdola, più scaltra. C’è già una comunità ebraica, l’Agenzia Ebraica
compra lotti di terra per costruire i suoi Kibbutz dai proprietari ricchi e da
quelli che avevano avuto magri raccolti. Il progetto era una colonizzazione di
insediamento e Ben Gurion, il padre fondatore di Israele, lo disse in modo
chiaro nel 1937, prima della persecuzione nazista: “Noi dobbiamo espellere gli
arabi e prenderci i loro posti.” L’enfasi sui testi biblici, alcune pietre di
epoca erodiana, le rovine di Masada e la mitologia del tempio di Salomone
furono solo pretesti propagandistici, che durano tuttora, per giustificare un
“diritto” inesistente al ritorno accompagnato dalla leggenda ignobile della
“Terra Promessa” da dio e dalla favola del popolo ebraico come “popolo eletto”.
Eletto da chi? Da nessuno.
Il colonialismo classico aveva come scopo lo sfruttamento
di risorse e la schiavizzazione dei nativi, era “l’imperialismo fase suprema
del capitalismo”, come disse Lenin; il sionismo, invece, ha perseguito subito
un insediamento etnico-religioso eseguibile fino in fondo con la sostituzione
di un popolo con un altro.
3) Israele è una creazione dell’ideologia sionista, quale
dottrina etnico – religiosa che presiede alla sua
struttura politico – culturale. Oggi Israele è dilaniata da
conflitti interni tra fazioni laiche ed estremiste
religiose, che potrebbero stravolgere la sua stessa
identità. Tuttavia il sionismo permane quale ideologia
unificante, quasi incontrastata nella politica israeliana.
Il sionismo infatti incarna i valori della superiorità
etnico – religiosa del popolo ebraico. Pertanto, un
futuribile processo di pace, potrebbe essere reso
possibile solo con la imprescindibile rimozione della
ideologia sionista? E’ possibile ipotizzare in futuro una
Israele non sionista, dato che tale ideologia è parte
integrante del suo DNA politico e identitario? Oppure,
venuto meno il mito della sua invincibilità, messa con le
spalle al muro, Israele diverrebbe un paese
normale?
DS – C’era in Israele un uomo politico, un coraggioso
intellettuale, che si chiamava Uri Avneri. Oggi non è più tra noi. Negli anni
’70, dopo la guerra del Kippur, scrisse un libro pubblicato in Italia da
Laterza: ISRAELE SENZA SIONISTI. Aveva intuito che il sionismo è il cancro di
Israele. Nel 1945, dopo la fine della guerra, i sionisti erano una minoranza. La
grande maggioranza degli ebrei era favorevole alla assimilazione nei paesi di
emigrazione o di residenza. Siccome molti ebrei erano ancora ospitati nei campi
di concentramento, ripuliti e resi più confortevoli, in attesa di essere
inviati nei paesi di destinazione, Ben Gurion mandò dei propri emissari per convincere
gli ebrei antisionisti a venire in Israele per incrementare il loro numero
ancora molto inferiore rispetto a quello dei palestinesi. Alcuni si convinsero,
altri no. Con la proclamazione dello stato di Israele, l’immigrazione ebraica
dall’Europa e dagli Stati Uniti aumentò. Le vittorie militari dei sionisti
contro gli arabi furono possibili grazie alle armi occidentali, agli aerei
forniti dalla Francia e da una forte motivazione identitaria degli ebrei. L’Unione
Sovietica di Stalin era schierata con Israele e dalla Cecoslovacchia arrivavano
efficienti armi leggere. Gli arabi, divisi e male armati, dovettero soccombere.
Immaginare una convivenza tra sionisti e palestinesi è impossibile. Il sionismo
è razzismo, suprematismo. Le divisioni all’interno della società israeliana sono
molte. Un proverbio ebraico dice: due ebrei che discutono, tre opinioni
diverse. Gli antisionisti sono un settore minoritario fatto di pochi rabbini
ortodossi e di laici, intellettuali, umanisti cosmopoliti, persone di grande
levatura morale e culturale. Forse ha ragione Gideon Levy quando dice che qualcosa
cambierà quando gli israeliani capiranno che vivere in quelle condizioni
permanenti di violenza, di guerra civile, con tutti i costi connessi, è
insopportabile. Quindi, o se ne andranno, come hanno già fatto molti, o
creeranno un movimento finalizzato alla convivenza pacifica, un obiettivo che
mi sembra abbastanza remoto.
4) Nel suo libro, uno dei temi più rilevanti è quello della
unicità etnico – religiosa di Israele. Tuttavia, la
fondazione e l’ascesa a potenza mediorientale dello stato
ebraico non sono eventi unici nella storia. Gli
Stati Uniti, al pari e prima di Israele, sono stati fondati
su valori teologici veterotestamentarii, hanno
conquistato il territorio nordamericano mediante la pulizia
etnica dei nativi, condividono con Israele il mito
della Terra promessa, la società americana ha dalle sue
origini una struttura razzista ed una cultura
identitaria ispirata ad un imperialismo universalista, che
afferma la superiorità morale americana nel
mondo e legittima il primato mondiale degli USA in nome del
“destino manifesto”. Del resto, non esiste
oggi una perfetta simbiosi sia teologica che politica tra
ebrei israeliani e cristiani evangelici americani?
Israele, non è dunque un microcosmo inserito in un
macrocosmo americanocentrico ideologicamente
strutturato su una dottrina veterotestamentaria ed
economicamente dominato da un sistema capitalista di
origine biblico – calvinista impostisi a livello globale?
DS – La risposta è già presente nella domanda. Rispondo: sì,
Israele e Stati Uniti hanno fondato il successo della loro colonizzazione grazie
a una pretestuosa e mitica ispirazione messianica. I Padri Pellegrini
arrivarono nel Nuovo Mondo, il 16 settembre del 1620, con la Bibbia in una mano
e col moschetto nell’altra. La storia dei Padri Pellegrini è parte della
mitologia statunitense, che ha elevato i coloni anglosassoni a protagonisti del
“destino manifesto” di dominio nel mondo, quello stupido eccezionalismo
americano sbandierato da Obama a cui Vladimir Putin rispose per le rime. La
conseguenza di questo suprematismo religioso fu lo sterminio dei nativi, gli
indiani. Gli israeliani stanno facendo lo stesso in combutta coi sionisti
cristiani che negli Stati Uniti sono circa 50 milioni!!! Cosa vogliono costoro?
Leggono l’Apocalisse di Giovanni dove si dice che, quando tutto il popolo
ebraico sarà in Israele, arriverà il Messia. Miti, leggende, idiozie, credenze
fanatiche che stanno lastricando di sangue il mondo contemporaneo. Sull’ultima
parte della domanda osservo che mi riesce difficile rintracciare un capitalismo
“biblico-calvinista” come fu magistralmente analizzato da Max Weber; vedo,
invece, che Israele è perfettamente omogeneo al capitalismo iperliberista, massone,
pagano e monopolista.
5) La società israeliana ha una struttura gerarchica di
natura etnico – religiosa che implica non solo
l’emarginazione nella condizione di apartheid della
popolazione araba, ma anche varie differenziazioni tra
gli ebrei, a seconda della loro appartenenza ai diversi
gruppi di origine. Israele non è pertanto pervasa da
una deriva mono – etnica ultraortodossa, che potrebbe
fatalmente condurre ad un ordinamento castale
della società? Tale degenerazione non potrebbe generare una
conseguente frammentazione della società e
determinare una conflittualità interna insanabile, che
avrebbe come esito finale l’implosione interna di
Israele?
DS – Nel mio libro, sia il poeta Amnon Shmosh che lo scrittore
Assaf Gavron si pongono il problema dell’identità. Col suo libro COME HO SMESSO
DI ESSERE EBREO, Shlomo Sand ci diede una spiegazione preziosa del carattere
caduco, residuale del suo essere ebreo. Due registi statunitensi ebrei, i
fratelli Cohen, realizzarono un film straordinario, A serious man,
sulla identità ebraica. Dispersi in tutte le latitudini geografiche, solo la
religione e una complessa tradizione culturale e linguistica li hanno tenuti
insieme in una forma di tribalismo. La lingua hiddish è stata l’invenzione
geniale per marcare la differenza tra NOI ebrei e LORO, i gentili, i goym. Per
esempio, tutta l’opera di Isac Singer è scritta in hiddish ed è difficile
trovare dei non ebrei che conoscano questa lingua. L’assimilazione con le varie
culture nei paesi in cui gli ebrei hanno formato delle comunità ha influito
nella formazione delle differenze religiose e culturali. Nei paesi arabi gli
ebrei si chiamano mitzrahim; quelli che convertirono al giudaismo il re kazaro,
e poi si dispersero nell’est Europa fino alla valle del Reno, si chiamano
askenaziti; quelli che si stabilirono in Spagna si chiamano sefarditi; gli
ebrei dell’Etiopia, discriminati in Israele, si chiamano falascià. Ci fu anche
una regina ebrea, Dihya al-Kahina, che regnò sui berberi. La confluenza in Israele di ebrei provenienti
da paesi ospitanti molto diversi ha fatto emergere le differenze di origine. I
sefarditi sono considerati i “proletari” e sono in conflitto cogli askenaziti,
l’aristocrazia ebraica, che essi chiamano “askenazisti”, entrambi sono razzisti
verso i falascià etiopi che sono di pelle scura. Il mio dialogo col rabbino nel
mio libro mostra una frammentazione di correnti religiose nel giudaismo da far
venire il capogiro. Si differenziano e sono perseguitati i rabbini di Neturei
Karta, parole aramaiche che significano I GUARDIANI DELLA CITTA’; questi
rabbini ortodossi sono anti sionisti, subiscono vessazioni e violenze dai
sionisti e propugnano “lo smantellamento pacifico dello stato di Israele” che
essi considerano blasfemo e in totale contrasto con la Torah, il loro vangelo. Vi
sono gli ebrei estremisti, messianici e fanatici, teorici del terrorismo e del
“versamento del sangue non ebraico”, i seguaci del rabbino Kahane, per
intenderci, che oggi hanno molti seguaci anche nel governo israeliano. Esiste
infine un segmento di società laica, emancipata, umanistica che non si
riconosce in questo Israele, ma è minoritaria. Una implosione interna potrà
avvenire solo alle seguenti condizioni: 1) stato permanente di conflitto armato
interno ed esterno; 2) isolamento internazionale rafforzato da una campagna di
sanzioni come il BDS (boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni); 3) dichiarazione
di organismi internazionali che Israele è uno stato criminale, razzista e
genocidario; 4) deferimento alla Corte Pena Internazionale di Netanyhau e di
altri dirigenti sionisti per crimini contro l’umanità. Quando l’esistenza degli
israeliani diventerà intollerabile o ci sarà un sommovimento interno o molti israeliani
dovranno emigrare per cercare una vita migliore.
6) Il conflitto israelo – palestinese si inserisce
nell’ambito della Guerra Grande, nel contesto cioè dei
conflitti recentemente sorti nelle varie parti del mondo e
quindi nell’attuale processo di ridefinizione
dell’ordine geopolitico mondiale. Il primato globale
americano è ormai in una crisi irreversibile. L’attacco di
Hamas ha avuto la funzione di riproporre la causa
palestinese, che sembrava ormai essere stata rimossa
dall’espansionismo israeliano, nel contesto geopolitico
mondiale. La causa palestinese contribuirà a
compattare il fronte dei paesi e dei popoli ostili al
dominio occidentale. Così si esprime a tal riguardo lo
storico israeliano Ilan Pappé
in un’intervista rilasciata al quotidiano Il Manifesto: “Questa
Palestina globale
deve sapersi opporre all’Israele globale, che invece è
fatto di governi occidentali e industria militare. Come si fa? Collegando in
una rete le lotte alle ingiustizie in giro per il mondo. Qui in Italia
significa combattere il
razzismo.” Resosi improponibile ogni progetto di
pacificazione dell’area che preveda “due popoli – due
stati” e tanto meno quello di “uno stato – due popoli”, la
questione palestinese non potrà essere risolta
solo nella prospettiva di un nuovo ordine geopolitico
mondiale multilaterale? Certo, i tempi e le modalità
sono imprevedibili, come del resto lo è la storia stessa.
DS – Ilan Pappé, che conosco personalmente, ha usato una
espressione felice: LA PALESTINA GLOBALE. Da ragazzo ho partecipato a
manifestazioni contro la guerra in Vietnam e ricordo una frase di Ho Chi Mihn:
URLINO TUTTE LE INGIUSTIZIE. Oggi il genocidio a Gaza deve essere chiamato col
suo vero nome: GENOCIDIO ISRAELO-STATUNITENSE, Israele massacra e uccide con le
bombe che gli fornisce il governo di Biden. La Palestina rappresenta l’acme
delle ingiustizie dell’Occidente contro il sud del mondo povero e umiliato. Essa
è il simbolo della necessità storica di un rovesciamento dei rapporti di forza:
l’Occidente globalista deve essere messo con le spalle al muro e cedere alla
visione nuova di un mondo multipolare fondato sulla cooperazione paritaria,
sulla pari dignità, sul rispetto di tutte le culture, sull’applicazione vera
del diritto internazionale, su una riforma radicale dell’ONU e sul sostegno economico
e tecnico ai paesi poveri. Faccio un esempio: il Burkina Faso deve avere la
stessa dignità del Canada o dell’Australia. La Russia sta inviando migliaia di
tonnellate di grano gratuitamente ad alcuni paesi africani. L’Occidente,
invece, non ha smesso la sua vocazione per il neocolonialismo ovvero il vecchio
colonialismo eseguito con altri mezzi indiretti. La Cina e la Russia
conquistano prestigio e alleanze nel sud del mondo nonostante l’inutile lavoro
di surplace che la signora Nuland e il Segretario di Stato USA Antony
Blinken tentano pateticamente di fare prevenendo l’attività diplomatica di
Vladimir Putin e di Xi Jing Ping. Il mondo unipolare è alla fine e la Palestina
rappresenta l’ultima trincea: se si verifica la deportazione dei palestinesi di
Gaza e la vittoria dei sionisti allora per i decenni a venire scorreranno fiumi
di sangue. Il Congresso e il Senato USA hanno elaborato un piano di
deportazione dei palestinesi: 1.000.000 in Egitto, 500.000 in Turchia, 250.000
in Yemen e 250.000 in Iraq. Hanno calcolato anche i compensi da corrispondere
ai rispettivi governi per i costi di accoglienza. Senza la sconfitta di Israele
non ci sarà mai uno stato palestinese. Antony Blinken ha incontrato il
presidente palestinese Abu Mazen e gli ha promesso che lo stato palestinese si
farà. Se sarà così, sapete cosa sarà? La Repubblica di San Marino o il
Principato di Andorra.
Diego Siragusa
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