sabato 22 giugno 2013

MALTRATTAMENTI DELLE AUTORITA' ISRAELIANE CONTRO I BAMBINI PALESTINESI: LE CONCLUSIONI DELL'UNICEF



Conclusioni

I maltrattamenti di bambini palestinesi nel sistema israeliano di detenzione militare appare essere diffusa, sistematica e istituzionalizzata. Questa conclusione si basa su  ripetute affermazioni circa tale trattamento nel corso degli ultimi 10 anni e sul volume, la consistenza e la persistenza di queste accuse. La revisione dei casi è stata documentata attraverso il meccanismo di monitoraggio e di denuncia delle gravi violazioni dei diritti dei bambini, così pure con  interviste condotte dall'UNICEF con bambini palestinesi e avvocati e israeliani e palestinesi, rafforzano anche questa conclusione.
Il modello di maltrattamenti include gli arresti di bambini presso le loro case tra mezzanotte e le 05:00 da soldati armati fino ai denti, la pratica di bendare i bambini  legando le mani con fascette di plastica, abusi fisici e verbali durante il trasferimento a un sito di interrogatorio, compreso l'uso di sistemi di privazioni dolorose, lim itazioni di  acqua e cibo, di assistenza medica e di accesso ai servizi igienici ; interrogatori cpn uso di violenza fisica e minacce, confessioni estorte, e la mancanza di vvocati o familiari durante l’interrogatorio.
Il trattamento in contrasto con i diritti dei bambini continua durante le apparizioni in tribunale, compreso  l’incatenamento dei bambini; la negazione della cauzione e l'imposizione di pene detentive; e il trasferimento dei bambini al di fuori del territorio palestinese occupato per scontare la pena all'interno di Israele. L'incarcerazione li isola dalle loro famiglie e interrompe i loro studi. Queste pratiche sono in violazione del diritto internazionale che protegge tutti i bambini contro i maltrattamenti quando sono a contatto con le forze dell'ordine, le istituzioni militari e giudiziarie.

L’annuncio nell'aprile 2010 da parte di funzionari militari israeliani di modifiche alla procedura della legatura delle mani è uno sviluppo positivo. Analoga è l’ordinanza militare 1676 (settembre 2011), che ha introdotto requisiti per la polizia (anche se non per l'esercito) di notificare ai genitori l'arresto dei loro figli e di informare i bambini che hanno il diritto di consultare un avvocato. Dovrebbero essere introdotte ulteriori misure per assicurare la protezione dei bambini sotto detenzione militare e la conformità del sistema internazionale con norme e regolamenti, nonché per dissipare false accuse di cattiva condotta da parte delle autorità.

lunedì 17 giugno 2013

50 verità su Hugo Chávez e la Rivoluzione Bolivariana


50 verità su Hugo Chávez e la Rivoluzione Bolivariana
di Salim Lamrani
50 verità su Hugo Chávez e la Rivoluzione Bolivariana

di Salim Lamrani1

Ragioni per cui il capo di Stato venezuelano segnò per sempre la storia dell’America Latina

Il presidente Hugo Chávez, morto il 5 marzo 2013 di un tumore a 58 anni, segnò per sempre la storia del Venezuela e dell’America Latina.

1. Mai nella storia dell’America Latina un leader politico raggiunse una legittimità democratica tanto incontestabile. Dal suo arrivo al potere nel 1999, ci furono 16 elezioni in Venezuela: Hugo Chávez ne vinse 15, l’ultima il 7 ottobre 2012. Sempre sconfisse i suoi avversari con una differenza da 10 a 20 punti.

2. Tutte le istanze internazionali, dall’Unione Europeaall’Organizzazione degli Stati Americani, passando per l’Unione delle Nazioni Sudamericane e il Centro Carter, furono unanimi nel riconoscere la trasparenza del processo elettorale.

3. James Carter, ex presidente degli Stati Uniti, dichiarò che il sistema elettorale del Venezuela è «il migliore del mondo».

4. L’universalizzazione dell’accesso all’istruzione, instaurata nel 1998, ebbe risultati eccezionali. Circa 1,5 milioni di venezuelani impararono a leggere e scrivere grazie alla campagna di alfabetizzazione denominata Misión Robinson I.

5. Nel dicembre 2005, l’UNESCO decretò che era stato sradicato l’analfabetismo in Venezuela.

6. Il numero di bambini scolarizzati passò da 6 milioni nel 1998 a 13 milioni nel 2011 e il tasso di scolarizzazione è ora del 93,2%.

7. La Misión Robinson II si progettò per portare l’insieme della popolazione a raggiungere il livello di scuola secondaria: il tasso di scolarizzazione nel livello secondario passò dal 53,6% nel 2000 al 73,3% nel 2011.

8. Le Misiones Ribas e Sucre permisero a decine di migliaia di giovani adulti a intraprendere gli studi universitari. Così il numero di studenti passò da 895.000 nel 2000 a 2,3 milioni nel 2011, con la creazione di nuove università.

9. Per quanto riguarda la sanità, fu creato il Sistema Nazionale Pubblico per garantire l’accesso gratuito all’attenzione medica a tutti i venezuelani. Tra il 2005 e il 2012 si crearono in Venezuela 7.873 centri medici.

10. Il numero di medici per 100.000 abitanti passò da 20 nel 1999 a 80 nel 2010, con un aumento del 400%.

11. La Misión Barrio Adentro I permise di realizzare 534 milioni di consulte mediche. Ci si occupò di circa 17 milioni di persone, mentre nel 1998 meno di 3 milioni avevano accesso regolare alla sanità.

12. Il tasso di mortalità infantile passò dal 19,1‰ nel 1999 al 10‰ nel 2012, cioè una riduzione del 49%.

13. La speranza di vita passò da 72,2 anni nel 1999 a 74,3 anni nel 2011.

14. Grazie all’Operación Milagro, lanciata nel 2004, 1,5 milioni di venezuelani vittime di cataratte o altre malattie agli occhi, ricuperarono la vista.

15. Dal 1999 al 2011, la percentuale di povertà passò dal 42,8% al 26,5% e la percentuale di povertà estrema dal 16,6% nel 1999 al 7% nel 2011.

16. Nella classifica dell’Indice di Sviluppo Umano (HDI in inglese) del Programma della Nazioni Unite per lo Sviluppo (PNUD), il Venezuela passò dall’83° posto nel 2000 (0,656) al 73° nel 2011 (0,735), entrando nella categoria delle nazioni con
HDI elevato.

17. Il coefficiente GINI, che permette di calcolare la disuguaglianza di un paese, passò da 0,46 nel 1999 a 0,39 nel 2011.

18. Secondo il PNUD, il Venezuela ha il coefficiente GINI più basso dell’America Latina, è il paese della regione con meno disuguaglianza.

19. Il tasso di denutrizione infantile si ridusse del 40% dal 1999.

20. Nel 1999 l’82% della popolazione aveva accesso all’acqua potabile; ora è il 95%.

21. Durante la presidenza di Chávez, le spese sociali aumentarono del 60,6%.

22. Prima del 1999, solo 387.000 anziani percepivano una pensione; ora sono 2,1 milioni.

23. Dal 1999 in Venezuela si costruirono 700.000 abitazioni.

24. Dal 1999 il governo consegnò più di un milione di ettari alle popolazioni indigene del paese.

25. La riforma agraria permise a decine di migliaia di contadini a divenire padroni delle loro terre. In totale si distribuirono più di 3 milioni di ettari.

26. Nel 1999 il Venezuela produceva il 51% degli alimenti che consumava; nel 2012 la produzione fu del 71%, mentre il consumo di alimenti aumentò dell’81%.

27. Dal 1999, la percentuale di calorie che consumano i venezuelani aumentò del 50% grazie alla Misión Alimentación che creò una catena di distribuzione di 22.000 magazzini di prodotti alimentari (MERCAL, Casas de Alimentación, Red PDVAL)
con sovvenzioni del 30%. Il consumo di carne aumentò del 75%.

28. 5 milioni di bambini ricevono ora alimentazione gratuita attraverso il Programa de Alimentación Escolar; erano 250.000 nel 1999.

29. Il tasso di denutrizione passò dal 21% nel 1998 a meno del 3% nel 2012.

30. Secondo la FAO, il Venezuela è il paese dell’America Latina e Caraibi più avanzato nell’eliminazione della fame.

31. La nazionalizzazione dell’impresa petrolifera PDVSA nel 2003 permise al Venezuela di recuperare la sua sovranità energetica.

32. La nazionalizzazione dei settori elettrici e della telecomunicazione (CANTV e Electricidad de Caracas) permise di porre fine a situazioni di monopolio e universalizzare l’accesso a questi servizi.

33. Dal 1999, si crearono più di 50.000 cooperative in tutti i settori dell’economia.

34. Il tasso di disoccupazione passò dal 15,2% del 1998 al 6,4% nel 2012 con la creazione di oltre 4 milioni di posti di lavoro.

35. Il salario minimo passò da 100 bolívar (16$) nel 1998 a 247,52 bolívar (330$) nel 2012, un aumento di oltre il 2.000%. Si tratta del salario minimo più elevato dell’America Latina.

36. Nel 1999, il 65% della popolazione attiva percepiva il salario minimo; nel 2012 solo il 21,1% dei lavoratori ha questo livello di salario.

37. Gli adulti di una certa età che non hanno mai lavorato dispongono di un reddito di protezione pari all’80% del salario minimo.

38. Le donne sole e senza risorse e le persone disabili ricevono un aiuto equivalente all’80% del salario minimo.

39. L’orario di lavoro si ridusse a sei ore giornaliere e a 36 settimanali senza riduzione di salario.

40. Il debito pubblico passò dal 45% del PIL nel 1998 al 20% nel 2011. Il Venezuela uscì dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale rimborsando in anticipo tutti i suoi debiti.

41. Nel 2012 il tasso di crescita del Venezuela fu del 5,5%, uno dei più elevati del mondo.

42. Il PIL pro capite passò da 4.100 $ nel 1999 a 10.810 $ nel 2011.

43. Secondo il rapporto annuale World Happiness (Rapporto sulla Felicità nel Mondo) del 2012, il Venezuela è il secondo paese più felice dell’America Latina, dopo il Costa Rica, e il 19° a livello mondiale, davanti a Spagna, Italia, Germania.

44. Il Venezuela offre un appoggio diretto al continente americano più importante degli Stati Uniti. Nel 2004 Chávez riservò più di 8.800 milioni di dollari per donazioni, finanziamenti e aiuto energetico contro i solo 3.000 milioni dell’amministrazione
Bush.

45. Per la prima volta nella storia, il Venezuela dispone di satelliti propri (Bolívar e Miranda) ed è ora sovrano nel campo della tecnologia spaziale. Ci sono Internet e telecomunicazioni in tutto il territorio.

46. La creazione nel 2005 di Petrocaribe permette a 18 paesi di America Latina e Caraibi, ossia a 90 milioni di persone, di acquistare petrolio sovvenzionato per il 40-60% ed assicurare il loro rifornimento energetico.

47. Il Venezuela offre anche aiuto alle comunità povere degli Stati Uniti offrendo combustibile con tariffe sovvenzionate.

48. La creazione nel 2004 dell’Alianza Bolivariana para los Pueblos de nuestra America – ALBA – pose le basi per un’alleanza integratrice basata sulla cooperazione e la reciprocità che raggruppa 8 paesi membri e che colloca l’essere umano al centro del progetto di società, con l’obiettivo di lottare contro la povertà e l’esclusione sociale.

49. Hugo Chávez è il promotore della creazione, nel 2011, dellaComunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños – CELAC –che riunisce per la prima volta le 33 nazioni della regione che si affrancano così dalla tutela di Stati Uniti e Canada.

50. Hugo Chávez ricoprì un ruolo chiave nel processo di pace in Colombia. Secondo il presidente colombiano Juan Manuel Santos «se avanziamo in un progetto solido di pace, con progressi evidenti e concreti, progressi mai prima raggiunti con le FARC, è anche grazie all’interessamento e all’impegno di Chávez e del governo del Venezuela».

9 marzo 2013


Non è davvero possibile un altro sistema?
Questa lettura concreta fatta di cifre e di numeri certi del Dottor Salim Lamrani dimostra con chiarezza che un mondo diverso è possibile: per attuarlo basta mettere al centro la dignità della persona umana, i bisogni essenziali della società e la giustizia come valore fondamentale di un nuovo processo culturale-politico.
Per noi è difficile capire la figura e il cammino di Chávez perché annebbiati e soffocati dalle “certezze” del nostro sistema ritenuto l’unico e il migliore, quindi, si voglia o no, è necessario per noi un processo di liberazione, mentre per il popolo venezuelano è stato sufficiente un percorso credibile di ideali concreti di giustizia e uguaglianza nella piena libertà delle loro scelte.
Renato Piccini
1 Docente e scrittore francese. Dottore in Studi Iberici e Latinoamericani dell’Università ParisIV-Sorbonne. Tiene corsi all'Università Parigi-Descartes e all'Università di Marne la Vallée. È specialista delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti. È membro delCentre de Recherches Interdisciplinaires sur les Mondes Ibériques Contemporains (CRIMIC) dell’Università di Paris-Sorbonne Paris IV e del Groupe Interdisciplinaire sur les Antilles Hispaniques et l’Amérique Latine (GRIAHAL) dell’Università di Cergy Pontoise.

APPELLO: LA CAMERA VOTI CONTRO GLI F35


Appello

“La Camera voti lo stop agli F35″
promosso da Ascanio Celestini, Luigi Ciotti, Riccardo Iacona, Chiara Ingrao, Gad Lerner, Savino Pezzotta, Roberto Saviano, Cecilia Strada, Umberto Veronesi e Alex Zanotelli

Pubblichiamo l’appello promosso da Ascanio Celestini, Luigi Ciotti, Riccardo Iacona, Chiara Ingrao, Gad Lerner, Savino Pezzotta, Roberto Saviano, Cecilia Strada, Umberto Veronesi e Alex Zanotelli in vista della discussione alla Camera dei Deputati della mozione – sostenuta da 158 deputati SEL, PD e M5S) – che chiede la cancellazione della partecipazione italiana al programma dei cacciabombardieri F-35.

"Nei prossimi giorni la Camera dei Deputati discuterà una mozione di 158 parlamentari di Sel, Pd e M5S che chiede la cancellazione della partecipazione italiana al programma dei cacciabombardieri F-35 Joint Strike Fighter.

In linea con le richieste e indicazioni della campagna «Taglia le ali alle armi» (che dal 2009 si batte contro i caccia) sosteniamo questa nuova iniziativa parlamentare e tutte quelle che si renderanno necessarie per bloccare una scelta così sbagliata.

Spendere 14 miliardi di euro per comprare (e oltre 50 miliardi per l'intera vita del programma) un aereo con funzioni d’attacco, capace di trasportare ordigni nucleari, mentre non si trovano risorse per il lavoro, la scuola, la salute e la giustizia sociale è una scelta incomprensibile che il Governo deve rivedere.

Per questo chiediamo a tutti i Deputati di sostenere questa mozione e tutte le iniziative parlamentari tese a fermare il programma degli F35 e a ridurre le spese militari a favore del lavoro, dei giovani, del welfare e delle misure contro l’impoverimento dell’Italia e degli italiani".

Ascanio Celestini, Luigi Ciotti, Riccardo Iacona, Chiara Ingrao, Gad Lerner, Savino Pezzotta, Roberto Saviano, Cecilia Strada, Umberto Veronesi, Alex Zanotelli

* * *

Dopo le dichiarazioni critiche sul progetto in campagna elettorale (provenienti dalla stragrande maggioranza dei gruppi politici), dopo che la campagna “Taglia le ali alle armi” aveva sottolineato l’esistenza in linea di principio di una maggioranza parlamentare per il “NO” al progetto Joint Strike Fighter, sono oggi dieci personalità di rilievo nazionale a lanciare un appello che si allinea alle richieste del movimento che si oppone ai caccia F-35.

Un appello diffuso in vista della discussione alla Camera dei Deputati di una mozione (sostenuta da 158 deputati SEL, PD e M5S) che chiede la cancellazione della partecipazione italiana al progetto di costruzione ed acquisto dei caccia di quinta generazione.

Esponenti dell’informazione e della cultura come Gad Lerner, Roberto Saviano, Ascanio Celestini e Riccardo Iacona e personalità del mondo della Pace come Cecilia Strada e Chiara Ingrao; personaggi di rilievo pubblico (e primi firmatari di mozioni contro gli F-35 nella scorsa legislatura) come Umberto Veronesi e Savino Pezzotta e due figure importanti del mondo dell’impegno cattolico come padre Alex Zanotelli e don Luigi Ciotti. Tutti insieme per chiedere al nostro Parlamento una scelta di responsabilità su questo tema particolare e su quello delle spese militari in generale.

“Ci troviamo di fronte ad un passo importante per far sentire con forza ai nostri Deputati come sia davvero necessario che il Parlamento riprenda in carico questo tema” afferma Francesco Vignarca coordinatore di Rete Italiana per il Disarmo. Se è vero infatti che è oggi il Governo – a seguito di tutti i passaggi di autorizzazione previsti dalla legge – a poter decidere autonomamente sull’acquisto dei caccia F-35, è anche vero che la situazione è molto cambiata dal 2009 (data dell’ultima votazione parlamentare a riguardo) e nell’ottica della difficile situazione del paese su più fronti non si può certo tirare dritto come se nulla fosse mutato. “Va poi detto che da più parti (anche da chi non vuole subito una cancellazione del programma, e perfino dallo stesso nuovo Ministro della Difesa) si è sottolineata la necessità di avere sugli F-35 una franca e piena discussione in Parlamento” conclude Vignarca.

Nel testo dell’appello si sottolinea come la scelta di continuare ad acquisire i cacciabombardieri con capacità nucleare sia “incomprensibile” vista l’attuale mancanza di risorse “per il lavoro, la scuola, la salute e la giustizia sociale”.

“Quella degli F-35 è una gran brutta storia che fa male agli italiani e alla nostra democrazia” commenta Flavio Lotti coordinatore della Tavola della Pace. “Gli F-35 fanno male agli italiani perché sottraggono preziose risorse che attendono di essere utilizzate per combattere la disperazione e la disoccupazione di molte donne e uomini del nostro paese. Gli F-35 fanno male alla nostra democrazia perché attorno a queste armi si muove un complesso reticolo di interessi politici, economici e militari che stanno inquinando e minando in profondità le istituzioni del nostro paese. Per questo è bene che il nuovo Parlamento si pronunci chiaramente.”

La campagna “Taglia le ali alle armi” ha già sottolineato con preoccupazione le recenti parole del Ministro Mauro che ha descritto il caccia F-35 come uno “strumento per la pace” da utilizzarsi in ottica di proiezione anche per interventi lontani dall’Italia.

“Il Parlamento ha un'ottima occasione per riavvicinarsi a un'ampia parte della popolazione, che è sicuramente contro gli F3-5 sottolinea Grazia Naletto co-portavoce della campagna Sbilanciamoci! - Non possiamo mantenere anche su un tema delicato come questo la grande distanza tra le richieste e le convinzioni delle italiane e degli italiani e le scelte della nostra politica. In tal senso giudichiamo positivamente la presentazione di analoghi documenti per il NO agli F35 anche al Senato, auspicando che a breve possa avvenire anche in tale ramo del Parlamento una discussione approfondita”

La campagna “Taglia le ali alle armi” ribadisce, come già detto nei giorni scorsi, che la discussione alla Camera può diventare l’occasione per far crescere la consapevolezza che l’acquisto dei caccia F-35 non può essere condotto e deciso sulla base di dati parziali e non corretti, come invece è stato fatto in tutti questi anni. Le stime diffuse dalla nostra Campagna da tempo dimostrano come i dati del Ministero della Difesa riguardo ai costi, ai tempi, e alle ricadute occupazionali e tecnologiche siano assolutamente falsate e non corrispondano a verità. Il costo di acquisto dei 90 caccia previsti si attesterà su 14 miliardi di euro mentre il costo “di vita” dell’intero programma supererà i 50 miliardi di euro.

(13 giugno 2103)