venerdì 26 maggio 2023

CERCASI PROPAGANDISTI


Di Diego Siragusa


Pasolini ha scritto: “Quando non ci saranno più contadini e artigiani, sarà la fine della nostra storia”. Se fosse vivo, a quelle due categorie di persone aggiungerebbe anche i giornalisti. Questi da tempo sono spariti; sono rimasti alcuni sopravvissuti, eroici e tenaci che non si arrendono a questa deriva forse inarrestabile. Ormai viviamo nell’epoca dei propagandisti travestiti da paludati commentatori, in realtà si tratta di manutengoli prezzolati dal potere di turno disposti ad assecondare le più criminali imprese delle élites finanziarie e liberiste. Una volta tanto, durante questi mesi, non voglio parlare della guerra in Ucraina che rappresenta la tomba del sistema dell’informazione, ma voglio tornare a centrare l’attenzione sullo scenario israelo-palestinese dove la violenza è endemica. 

Dopo la formazione del nuovo governo di Netanyhau in cui figurano col ruolo di ministri esponenti della feccia sionista, Israele appare spaccato in due: da una parte un elettorato maggioritario orientato verso l’estrema destra con esplicite dichiarazioni fasciste (Ben Gvir), e l’altra parte scesa nelle piazze invocando “Democrazia”. Entrambi gli schieramenti sono divisi ma uniti nella NON SOLUZIONE del problema storico: la questione palestinese. La repressione sanguinosa continua dall’inizio dell’anno e si fa più decisa coi recenti, e tuttora in corso, bombardamenti a Gaza. Alcune organizzazioni della resistenza palestinese (La fossa dei leoni) hanno capito che non vi sono vie percorribili al di fuori della resistenza armata e si sono attrezzate a infliggere alcuni colpi ben riusciti contro i militari e contro le orde di coloni armati e protetti dal governo sionista. Il coro dei propagandisti e politici prezzolati ha iniziato a ragliare sulle colonne dei giornali e negli studi televisivi. La musica è sempre la stessa: Israele ha il diritto di difendersi, Hamas è una organizzazione terroristica, l’unica soluzione è quella a due stati, tornare al dialogo e via ragliando… Se qualcuno osserva che tutto l’Occidente arma e finanzia il governo nazista di Kiev e che, per coerenza, sarebbe necessario armare e finanziare la resistenza palestinese, allora cominciano le distinzioni speciose e strampalate che approdano INEVITABILMENTE a quel grimaldello che si chiama “accusa di antisemitismo” e col quale i sepolcri imbiancati dell’Occidente scassano tutti i principi cardinali del Diritto Internazionale e rinviano all’infinito la soluzione della tragedia palestinese. La guerra in Ucraina serve anche a questo: declassare la questione palestinese e le aree critiche mediorientali per lasciarle nell’oblio. Il risultato? Il disordine internazionale sotto il cielo. 

Proprio qualche ora fa mi è stato riferito che, durante un convegno, si è discusso sulla eventualità che una critica da parte di settori della comunità ebraica italiana verso la politica di Israele sia assunta in Italia dall’attuale governo di estrema destra come pretesto persecutorio verso gli ebrei della diaspora. Argomento capzioso che serve a depotenziare qualsiasi capacità di denuncia e di mobilitazione dell’opinione pubblica. Gli ebrei italiani critici verso Israele sono quattro gatti e universalmente conosciuti. Gli altri, gli ebrei sionisti, li abbiamo visti genuflessi davanti a Netanyhau durante la sua recente visita in Italia. Osservo, invece, l’attivismo militante di esponenti sionisti del giornalismo italiano collocati in posti strategici per controllare e orientare tutta la disinformazione tesa a giustificare ogni atto di Israele e a scongiurare la sconfitta, ormai prossima, dell’Ucraina. Costoro sanno che la vittoria della Russia sarà una lezione decisiva per tutti gli alleati dell’imperialismo nordamericano e un monito a Israele come prossimo obiettivo se continuerà nella sua politica criminale e genocidaria. Nessuno dimentichi che il signor Zelensky è ebreo sionista così pure il miliardario ucraino che lo ha finanziato e portato alla presidenza: Kolimoysky. Questo è il motivo per cui Israele è tiepida verso la richiesta di aiuti a Kiev. Il recente invito del Presidente Putin ai dirigenti di Hamas a Mosca è un chiaro segnale rivolto a Israele: stai attento che dopo l’Ucraina tocca a te! 




Osservo che sento sempre più spesso parlare del libro GIORNALISTI COMPRATI di Udo Ulfkotte che ho tradotto per i lettori italiani. Ne sono lieto. L’irreggimentazione fanatica dei giornalisti occidentali conferma le affermazioni di Ulfkotte: la CIA finanzia i giornalisti, li controlla e li ricatta. Ho consultato i consigli di gestione di alcune fondazioni americane e non mi sono meravigliato di leggere i nomi di giornalisti e di politici che traggono le loro prebende e il loro prestigio dalla vicinanza viscida a queste organizzazioni. 

Israele è sempre più nel caos e nervose sono le reazioni dei dirigenti USA costretti ad assistere alla ripresa delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Iran, alla fine della guerra contro il Bahrein, al rientro della Siria nella Lega araba, al crescente prestigio della Russia in Africa e alle richieste di molti paesi di far parte del BRICS. Come reagiscono gli Stati Uniti? Sono privi di una politica perché il Presidente Biden è ostaggio della lobby ebraica che con miliardi di dollari il prossimo anno dovrà appoggiare l’uomo che garantirà i propri interessi tribali. 

Infatti, il Presidente Biden e il Suo Segretario di Stato Blinken ripetono la giaculatoria della “soluzione a due stati” e che “entrambi le parti devono ridurre le tensioni”. Il gioco linguistico e l’automistificazione elevati a tecniche permanenti di soluzione di un conflitto foriero di tragedie ancora più gravi di quelle della storia del ‘900. Si possono ridurre le tensioni violando il diritto internazionale e con la certezza che tutto l’Occidente comunque sosterrà Israele o, come direbbe il segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin, “il nostro impegno nei confronti di Israele è duraturo e ferreo”?

Che fare? Il senatore Bernie Sanders, ebreo ed esponente della sinistra del Partito Democratico, formula una proposta dignitosa che potrebbe essere efficace, se applicata:


Sono molto preoccupato per quello che stanno facendo Netanyahu e alcuni dei suoi alleati al governo e per quello che potrebbe accadere al popolo palestinese. E lasciate che vi dica una cosa, (…) non l'ho detto pubblicamente.  Ma penso che gli Stati Uniti diano miliardi di dollari in aiuti a Israele. E penso che dobbiamo mettere alcuni vincoli a questo e dire che non si può dirigere un governo razzista. Non si può voltare le spalle a una soluzione a due stati. Non si può sminuire il popolo palestinese. Non si può farlo e poi venire in America e chiedere soldi. 


Appunto. Come sempre, i personaggi saggi come Sanders sono destinati ad essere negletti e a finire i loro giorni come profeti che gridano nel deserto. 


Diego Siragusa

13 maggio 2023


sabato 13 maggio 2023

ZELENSKY A ROMA TRA IPOCRISIA E BUGIE


di Vincenzo Brandi

Oggi 13 maggio il presidente ucraino, l’ex mediocre guitto Zelensky, è in visita a Roma tra grandi misure di sicurezza. Sarà ricevuto da vari esponenti politici, tra cui anche il presidente Mattarella.

La visita di Zelensky è accompagnata da una serie di falsità e bugie alimentate da giornalisti come Mentana e da gran parte dei nostri mass media opportunamente condizionati.

Si dice che Zelensky rappresenterebbe un paese democratico aggredito dai soliti cattivissimi Russi e che – come tale – andrebbe sostenuto con il continuo invio di armi ed addestrando le sue truppe nei paesi europei occidentali. In realtà Zelensky (che di fatto rappresenta solo una parte centro-occidentale dell’Ucraina posta sotto il controllo del governo di Kiev) è un presidente la cui elezione, come quella del suo predecessore Porosenko, è stata resa possibile da un colpo di stato sponsorizzato dagli USA ed attuato da squadracce armate ultranazionaliste e di chiara ispirazione nazi-fascista nel 2014 (cosiddetta “rivoluzione” di Euromaidan che ha abbattuto il precedente governo legale).

Quando si parla di ispirazione nazi-fascista non si fa tanto per dire. I cecchini che hanno agito a Maidan appartenevano a due formazioni apertamente naziste (Pravi Sector e Svoboda). Dopo il colpo di stato è stato dichiarato eroe nazionale il criminale Stephan Bandera che durante la Seconda Guerra Mondiale guidò le milizie filonaziste e i reparti di SS ucraine che combattevano dalla parte dei Nazisti contro l’Armata Rossa sovietica. Queste formazioni sono state responsabili dell’assassinio di oltre un milione e mezzo di Ebrei, in collaborazione con le SS tedesche, oltre che di centinaia di migliaia di Comunisti e cittadini sovietici. La data di nascita di Bandera è diventata festa nazionale. Recentemente è stata abolita la festa del 9 maggio che celebrava la vittoria dell’URSS sui Nazisti ed un progetto di legge prevede addirittura l’abolizione della Festa dei Lavoratori il 1° maggio, considerata troppo “sovietica” (in realtà nata nel 1887 negli USA in ricordo dei 7 anarchici di Chicago condannati a morte in seguito ai disordini dell’anno precedente).

Tra le prime azioni portate avanti dai golpisti sono state la messa fuori legge dei partiti della sinistra, la persecuzione (ed in alcuni casi il massacro, come nel caso del Palazzo dei Sindacati di Odessa assalito e dato alle fiamme) di militanti e sindacalisti, il divieto della lingua russa (parlata da metà della popolazione). Le regioni dell’Est e del Sud, abitate prevalentemente da Russi si sono ribellate. Gli abitanti russi della Crimea (che era stata trasferita solo amministrativamente all’Ucraina dall’ucraino Kruschev ai tempi dell’URSS) hanno votato in un referendum a larga maggioranza per l’adesione alla Russia, mentre gli abitanti del Donbass si sono dichiarati indipendenti raggruppandosi in due repubbliche (Donetsk e Lugansk). Ciò ha provocato il bombardamento e l’attacco delle milizie di destra contro le due repubbliche, fatto costato quasi 15000 morti, per la maggior parte civili.

Questi avvenimenti evidenziano la seconda grande bugia dei nostri governanti e mass media secondo cui la guerra in Ucraina sarebbe nata solo lo scorso anno con l’intervento russo. In realtà si combatte da 9 anni ed alcune città come Donetsk ed altre città del Donbass hanno subito enormi danni. I Russi si sono sentiti minacciati dal colpo di stato nel paese fratello e limitrofo. L’hanno giudicato l’ultimo atto di quella politica di accerchiamento militare da parte della NATO durata 30 anni. nonostante le assicurazioni che erano state fatte dagli USA all’ingenuo Gorbacev dopo che questi aveva sciolto il Patto di Varsavia tra URSS e paesi alleati. La Russia ha cercato di trattare, ed era stato raggiunto un compromesso con gli Accordi di Minsk che prevedevano una larga autonomia del Donbass, pur rimanendo nello stato ucraino, ed il mantenimento della neutralità dell’Ucraina. Questi accordi non sono mai stati rispettati da Kiev che ha continuato ad attaccare, mentre la stessa cancelliera Merkel, che era stata la mediatrice degli accordi, ha recentemente confessato che gli accordi erano stati presi solo per prendere tempo e permettere all’Ucraina di riarmarsi, come di fatto è avvenuto. Dopo aver inutilmente cercato di trattare fino alla fine del 2021, il governo russo ha ritenuto che non vi era altra scelta che intervenire, pur ficcandosi coscientemente in una trappola preparata da USA e NATO.

A questo proposito occorre fare un discorso sul governo Putin. E’ utile ricordare la posizione del Partito Comunista della Federazione Russa che è di gran lunga il principale partito di opposizione al governo Putin, avendo circa il 15% dei voti. I Comunisti russi criticano aspramente il governo per la sua politica economico-sociale basata sul capitalismo degli oligarchi, ma si schierano a favore dello sforzo bellico del paese, così come la maggior parte dei partiti russi, tranne qualche piccola formazione liberale filo-occidentale. I Russi si sentono accerchiati e minacciati e si stringono intorno alla politica estera del governo, sentendo che si tratta di una questione di sopravvivenza stessa della Russia. Questo significa che una possibile seria trattativa di pace deve tener conto delle esigenze di sicurezza della Russia e i diritti dei Russi della regione ucraina. Se prevarrà l’ostinazione bellicista dell’estrema destra ucraina, degli USA e dei loro servi sciocchi europei, la principale vittima sarà proprio l’Ucraina che subirà distruzioni, perderà centinaia di migliaia di giovani soldati (come già sta avvenendo) e alla fine dovrà cedere ampi territori. L’alternativa è l’intervento diretto della NATO, ma ciò significherebbe la Terza Guerra Mondiale combattuta con armi atomiche. Speriamo che non avvenga, ma l’arroganza e la scara lucidità mostrata da personaggi come Biden, la Von Der Leyen, Borrell e Stoltemberg fa temere il peggio.

Roma 13 maggio 2023, 



venerdì 28 aprile 2023

Robert Fisk: I bambini di Fallujah - l'ospedale degli orrori e gli effetti dell'uranio impoverito




Rapporto speciale secondo giorno: nati morti, disabilità, deformità troppo angoscianti da descrivere - cosa si nasconde dietro i tormenti nell'ospedale generale di Fallujah?


di Robert Fisk


Fonte: THE INDEPENDENT

Giovedì 26 Aprile 2012 10:23


Le immagini lampeggiano su uno schermo al piano superiore del Fallujah General Hospital. E all'improvviso, l'ufficio amministrativo di Nadhem Shokr al-Hadidi diventa una piccola camera degli orrori. Un bambino con una bocca enormemente deforme. Un bambino con un difetto del midollo spinale, materiale dalla colonna vertebrale al di fuori del corpo. Un bambino con un terribile, vasto occhio ciclopico. Un altro bambino con solo mezza testa, nato morto come gli altri, data di nascita 17 giugno 2009. Ancora un'altra immagine scorre sullo schermo: data di nascita 6 luglio 2009, mostra un bambino piccolo con mezzo braccio destro, nessuna gamba sinistra, nessun genitale.

"Lo vediamo tutto il tempo ora", dice Al-Hadidi, e una dottoressa entra nella stanza e guarda lo schermo. Ha partorito alcuni di questi bambini nati morti. "Non ho mai visto niente di così brutto in tutto il mio servizio", dice tranquillamente. Al-Hadidi riceve telefonate, saluta i visitatori nel suo ufficio, ci offre tè e biscotti mentre questo orribile spettacolo di immagini si svolge sullo schermo. Ho chiesto di vedere queste fotografie, per assicurarmi che i bambini nati morti, le deformità, fossero reali. C'è sempre un lettore o uno spettatore che borbotterà la parola "propaganda" sotto il loro respiro.

Ma le fotografie sono una ricompensa schiacciante e spaventosa per tali dubbi. 7 gennaio 2010: un bambino con la pelle sbiadita e gialla e le braccia deformi. 26 aprile 2010: una massa grigia sul lato della testa del bambino. Un medico accanto a me parla di "Tetralogia di Fallot", una trasposizione dei grandi vasi sanguigni. 3 maggio 2010: una creatura simile a una rana in cui – dice il medico di Fallujah che è entrato nella stanza – "tutti gli organi addominali stanno cercando di uscire dal corpo".

Questo è troppo. Queste fotografie sono troppo terribili, il dolore e l'emozione di esse – almeno per i poveri genitori – impossibili da contemplare. Semplicemente non possono essere pubblicati.

C'è un atteggiamento senza fronzoli da parte dei medici di Fallujah. Sanno che noi sappiamo di questa tragedia. In effetti, non c'è nulla di sconosciuto sulle deformità infantili di Fallujah. Altri corrispondenti – tra cui il mio collega Patrick Cockburn – hanno visitato Fallujah per riferire su di loro. Ciò che è così vergognoso è che queste deformità continuano senza essere monitorate. Una dottoressa di Fallujah, ostetrica formatasi in Gran Bretagna – se n'è andata solo cinque mesi fa – che ha acquistato dalle sue fonti per la sua clinica privata una macchina di scansione da 79.000 sterline per il rilevamento prenatale di anomalie congenite, mi dà il suo nome e mi chiede perché il Ministero della Salute di Baghdad non terrà un'indagine ufficiale completa sui bambini deformi di Fallujah.

"Sono stata a vedere il ministero", dice. "Hanno detto che avrebbero avuto un comitato. Mi sono rivolto alla commissione. E non hanno fatto nulla. Non riesco proprio a farli rispondere". Poi, 24 ore dopo, la stessa donna manda un messaggio a una mia amica, un altro medico iracheno, chiedendomi di non usare il suo nome.

Se il numero di bambini nati morti di Fallujah è una vergogna, il personale medico dell'ospedale generale di Fallujah dimostra la sua onestà avvertendo ripetutamente del pericolo di giungere a conclusioni troppo presto.

"Ho partorito quel bambino", dice l'ostetrica mentre un'altra immagine lampeggia sullo schermo. "Non penso che questo abbia nulla a che fare con le armi americane. I genitori erano parenti stretti. I matrimoni tribali qui coinvolgono molte famiglie che sono vicine dal sangue. Ma devi anche ricordare che se le donne hanno bambini nati morti con anomalie a casa, non ce lo riferiranno, e il bambino sarà sepolto senza che ci raggiunga alcuna documentazione.

Le fotografie continuano sullo schermo. 19 gennaio 2010: un bambino con arti minuscoli, nato morto. Un bambino nato il 30 ottobre 2010, con labbro leporino e schisi, ancora vivo, un buco nel cuore, un difetto in faccia, bisognoso di cure ecocardiografiche. "Un labbro leporino e palatoschisi sono anomalie congenite comuni", dice tranquillamente la dottoressa Samira Allani. "Ma è l'aumento della frequenza che è allarmante". Il dottor Allani ha documentato un documento di ricerca sulla "maggiore prevalenza di difetti alla nascita" a Fallujah, uno studio su quattro padri "con due lignaggi di progenie". I difetti cardiaci congeniti, dice il documento, hanno raggiunto "numeri senza precedenti" nel 2010.

I numeri continuano a salire. Anche mentre stiamo parlando, un'infermiera porta un messaggio al dottor Allani. Andiamo subito in un'incubatrice accanto alla sala parto dell'ospedale. Nell'incubatrice c'è un bambino di soli 24 giorni. Zeid Mohamed è quasi troppo piccolo per sorridere, ma giace addormentato, sua madre guarda attraverso il vetro. Mi ha dato il permesso di vedere il suo bambino. Suo padre è una guardia di sicurezza, la coppia si è sposata tre anni fa. Non esiste un record familiare di difetti alla nascita. Ma Zeid ha solo quattro dita su ciascuna delle sue piccole mani.

I file del computer del dottor Allani contengono un centinaio di Zeid. Chiede a un altro medico di chiamare alcuni genitori. Parleranno con un giornalista? "Vogliono sapere cosa è successo ai loro figli", dice. "Meritano una risposta". Ha ragione. Ma né le autorità irachene, né gli americani, né gli inglesi – che sono stati marginalmente coinvolti nella seconda battaglia di Fallujah e hanno perso quattro uomini – né alcuna grande ONG sembrano disposti o in grado di aiutare.

Quando i medici possono ottenere finanziamenti per un'indagine, a volte si rivolgono a organizzazioni che hanno chiaramente una propria predeterminazione politica. Il documento del dottor Allani, ad esempio, riconosce i finanziamenti della "Kuala Lumpur Foundation to Criminalise War" – difficilmente un gruppo che cerca di scagionare l'uso di armi statunitensi a Fallujah. Anche questo, temo, fa parte della tragedia di Fallujah.

L'ostetrica che ha chiesto di essere anonima parla desolatamente della mancanza di attrezzature e formazione. "I difetti cromosomici – come la sindrome di Down – non possono essere corretti prenatale. Ma un'infezione fetale possiamo affrontare, e possiamo risolvere questo problema prelevando un campione di sangue dal bambino e dalla madre. Ma nessun laboratorio qui ha questa attrezzatura. Un trasferimento di sangue è tutto ciò di cui ha bisogno per prevenire una tale condizione. Naturalmente, non risponderà alle nostre domande: perché l'aumento degli aborti qui, perché l'aumento dei nati morti, perché l'aumento delle nascite premature?"

Il dottor Chris Busby, professore ospite presso l'Università dell'Ulster che ha intervistato quasi 5.000 persone a Fallujah, concorda sul fatto che è impossibile essere specifici sulla causa dei difetti alla nascita e dei tumori. "Un'esposizione mutagena molto importante deve essersi verificata nel 2004, quando sono avvenuti gli attacchi", ha scritto due anni fa. Il rapporto del dottor Busby, compilato con Malak Hamdan e Entesar Ariabi, afferma che la mortalità infantile a Fallujah è stata trovata in 80 nascite su 1.000, rispetto a 19 in Egitto, 17 in Giordania e solo 9,7 in Kuwait.

Un altro dei medici di Fallujah mi dice che l'unica assistenza del Regno Unito che hanno ricevuto proviene dal dottor Kypros Nicolaides, il capo della medicina fetale al King's College Hospital. Gestisce un ente di beneficenza, la Foetal Medicine Foundation, che ha già formato un medico di Fallujah. Lo chiamo. Sta scoppiando di rabbia.

"Per me, l'aspetto criminale di tutto questo – durante la guerra – era che i governi britannico e americano non potevano andare a Woolworths e comprare alcuni computer per documentare le morti in Iraq. Quindi abbiamo una pubblicazione di Lancet che stima 600.000 morti in guerra. Eppure la potenza occupante non aveva la decenza di avere un computer del valore di sole 500 sterline che avrebbe permesso loro di dire "questo corpo è stato portato oggi e questo era il suo nome".

Ora c'è un paese arabo che ha un numero di deformità o tumori più alto dell'Europa e serve uno studio epidemiologico adeguato. Sono sicuro che gli americani hanno usato armi che hanno causato queste deformità. Ma ora c'è un governo chissà quale governo in Iraq e nessuno studio. È molto facile evitare di fare qualsiasi cosa, tranne che per qualche simpatico professore pazzo come me a Londra per cercare di ottenere qualcosa".

Nell'ufficio di al-Hadidi, ora ci sono fotografie che sfidano le parole. Come si può anche solo iniziare a descrivere un bambino morto con una sola gamba e una testa quattro volte più grande del suo corpo?

Domani: Sayef Ala'a, il bambino di Fallujah di cinque anni senza udito all'orecchio sinistro

venerdì 10 marzo 2023

PROSSIMO OBIETTIVO DELLA NATO: LA GEORGIA

 

di Vincenzo Brandi


Roma, 9 marzo 2023 


La Georgia è un antichissimo paese bagnato dal Mar Nero, posto in posizione strategica a sud del Caucaso ed inserito tra Russia, Turchia, Armenia ed Azerbaigian. Attualmente sono in corso nel paese violente manifestazioni antigovernative ufficialmente dirette a contrastare il progetto di legge in discussione al parlamento sugli “agenti stranieri”.

Il progetto di legge prevede di considerare “agenti stranieri” tutte le Organizzazioni non Governative (ONG), i social network, i media, le associazioni, i siti informatici dei vari blogger, che ricevano finanziamenti dall’estero superiori al 20% del loro bilancio ufficiale.

Lo spirito della legge è chiarissimo e tende a salvaguardare l’indipendenza del paese. E’ ormai cosa nota che negli ultimi decenni ONG, media, social network e blogger, finanziati e manovrati dall’esterno, hanno svolto un’azione di provocazione e destabilizzazione in vari paesi in cui hanno provocato disordini e “rivoluzioni colorate” (in realtà veri colpi di stato). Tra i paesi colpiti, ricordiamo la ex-Jugoslavia, l’Ucraina, l’Egitto, ed anche Siria, Libia, Bielorussia, Hong Kong, la stessa Georgia, e molti altri.

La Georgia, ex paese aderente all’Unione Sovietica, dopo lo scioglimento dell’URSS, ha già traversato un periodo di privatizzazioni selvagge e licenziamenti ispirati all’ideologia neoliberista, e si è accostata alla NATO come l’Ucraina dopo il colpo di stato di Euro-Maidan. L’ex presidente, il fascistoide Mikheil Saakashvili, portò il paese anche ad uno scontro armato con la Russia nel 2008 risoltosi in soli 6 giorni con la sconfitta della Georgia. Saakashvili aveva sperato in un intervento diretto della NATO, che nell’occasione si tenne prudentemente da parte.

Dopo questo episodio, ed anche a causa della crisi sociale interna, la stella di Saakashvili declinò, finché l’ex presidente, sconfitto alle elezioni del 2012, chiese poi asilo al nuovo governo di estrema destra ucraino del dopo Maidan che addirittura lo nominò governatore di Odessa, una città abitata da Russi filo-russi da tenere sotto stretto controllo anche con stragi, come quella operata nel 2014 dalle bande nazi-fasciste nel Palazzo dei Sindacati della città. Saakashvili ha poi tentato di tornare in Georgia dove è stato arrestato per ordine del nuovo governo neutralista.

Le manifestazioni attuali sono state ovviamente ispirate da agenti statunitensi e della UE, cui i manifestanti si rivolgono nei loro slogan. E’ ironico che il progetto di legge (considerato liberticida da USA e UE) sia in gran parte ispirato alla legge contro gli “agenti stranieri” in vigore negli USA da oltre 80 anni! Attualmente non è possibile prevedere se il governo neutralista ed indipendentista della Georgia (che si è anche rifiutato di aderire alle sanzioni contro la Russia) potrà resistere, o avremo una nuova edizione dei colpi di stato a favore di USA e NATO attuati in Jugoslavia, Ucraina ed altri paesi.




"L'immagine di un mondo multipolare. Il fattore civiltà e la posizione della Russia nell'ordine mondiale emergente"

 


di Alexey Drobinin 


(Articolo pubblicato nella rivista «Russia nella Politica Globale», 

20 febbraio 2023)


(Direttore del Dipartimento di Pianificazione della Politica Estera del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, “L'immagine di un mondo multipolare. Il fattore civiltà e la posizione della Russia nell'ordine mondiale emergente) 


La crisi ideologica nei rapporti tra Russia e Occidente, entrata in una fase calda con l'inizio dell'Operazione Militare Speciale nel febbraio 2022, ha riportato alla ribalta e alle discussioni politologiche la questione del futuro dell'ordine mondiale e dei principi delle relazioni internazionali. Proviamo a guardare questo argomento attraverso il prisma della pianificazione della politica estera. Innanzitutto, alcune citazioni ispiratrici.

Riflettendo sulle prospettive di sviluppo delle relazioni internazionali, nell'ottobre 2022, in una riunione del “Valdai International Discussion Club”, il Presidente Russo Vladimir Putin ha osservato che un futuro comune per tutti richiederà il dialogo tra l'Occidente e i “nuovi centri di un ordine mondiale multipolare”[1]. Ha precisato che la base della civiltà mondiale è costituita dalle "società tradizionali dell'Est, dell'America Latina, dell'Africa e dell'Eurasia"[2]. Tale formulazione della questione fornisce un quadro concettuale per analizzare i moderni processi globali.

Di cosa si tratta? Sostanzialmente, il capo dello Stato ha delineato con chiarezza l'aspetto della civiltà come base metodologica per comprendere, descrivere e costruire il multipolarismo. Aggiungiamo che il Presidente ha fatto più volte riferimento a questo approccio, descrivendo l'attuale momento storico, la cui essenza, secondo lui, è “la scomparsa del potenziale creativo dell'Occidente stesso e l’ambizione di frenare, bloccare il libero sviluppo di altre civiltà”[3].

Anche i politologi nazionali stanno richiamando l'attenzione sulla tendenza fondamentale delineata dal Presidente russo Putin. Ascoltiamo, ad esempio, questo punto di vista: "Il senso comune della lotta in Ucraina è la restituzione al non-Occidente - e proponiamo di chiamarlo in modo diverso: Maggioranza Mondiale, che è stata sottomessa e derubata, culturalmente umiliata - della libertà, della dignità e dell'autonomia. E, naturalmente, di una parte equa della ricchezza del mondo"[4]. Ancora una volta: la restituzione al mondo non occidentale ("altre civiltà" nella logica del Presidente) di una parte equa della ricchezza mondiale. A parte il programma anti-neocoloniale di ampia portata insito in questa frase, vediamo un'opposizione analitica sulla linea Occidente - Maggioranza Mondiale.


A rigore, il criterio della civiltà è solo uno dei possibili modi di descrivere il mondo. Tuttavia, sembra che nell'attuale fase di svolta esso fornisca il "punto di accesso" più scrupoloso per un'adeguata interpretazione dei processi legati alla trasformazione dell'ordine mondiale. Per molti anni abbiamo indicato la ridistribuzione dei potenziali economici e di potere a favore di nuovi centri, nonché il rafforzamento delle posizioni di attori non occidentali di rilevanza globale come sintomi esterni del cambiamento della struttura del mondo. Ma cosa significa tutto ciò in termini di realpolitik? Qual è la forma geopolitica del nuovo sistema? Come si organizzerà l'interazione tra stati in un mondo multipolare? Queste domande richiedono risposte. A nostro avviso, esse vanno ricercate soprattutto nello studio di grandi comunità - macroregioni o civiltà con caratteristiche socioculturali, geoeconomiche e di politica internazionale peculiari.

Torniamo ancora al discorso del capo dello Stato a Valdai: “Il senso del momento storico odierno sta proprio nel fatto che davanti a tutte le civiltà, agli Stati, ma anche alle loro associazioni di integrazione si aprono opportunità per un democratico e originale percorso di sviluppo.”

In altre parole, la cristallizzazione delle civiltà (chiamiamole piattaforme di civiltà), ognuna con la propria originale struttura, nonché lo sviluppo di connessioni tra di esse, è ciò che apre la strada alla formazione di un sistema fondamentalmente nuovo. Sostituisce il precedente paradigma, caratterizzato dal dominio di una civiltà e dalla sua espansione con gli slogan di globalizzazione, occidentalizzazione, americanizzazione, universalizzazione, liberalizzazione e cancellazione dei confini nazionali. Come ha sottolineato il Presidente Russo Vladimir Putin, “se globalizzazione liberale significa spersonalizzazione, imposizione del modello occidentale a tutto il mondo, allora l'integrazione, al contrario, è lo sblocco del potenziale di ciascuna civiltà nell'interesse dell'insieme, per il bene comune”.


Quindi, il mondo si sta spostando dalla globalizzazione alla formazione di molte piattaforme di civiltà (si possono anche chiamare centri di potere o "poli") e poi all'interazione e all'integrazione tra di loro. Questo è un lungo processo storico, un'intera epoca in cui stiamo entrando, che ci piaccia o no. Nuovi centri di sviluppo mondiale cercano nel multipolarismo un'opportunità per preservare la sovranità e l'identità socio-culturale e svilupparsi armoniosamente secondo le proprie tradizioni e basandosi sugli interessi nazionali e sulle aspirazioni dei popoli.

È importante che le comunità di civiltà non possono e non devono necessariamente essere uguali per potere economico e militare, dimensioni del territorio o popolazione. Sono unite dal fatto di avere la capacità di influenzare i processi globali, di portare la propria visione della risoluzione dei problemi nel dibattito mondiale.

Con quali altri segni definiamo una comunità di civiltà? Gli scienziati russi, a partire dal XIX secolo, danno descrizioni significativamente analoghe. Ogni civiltà «si costruisce sulla base di un retroterra spirituale, di un simbolo culturale primario o valore sacro, che poi diventa la base per la formazione di una cultura originaria»[5]. La civiltà è “una categoria speciale di stati con una storia lunga e ininterrotta, un'identità pronunciata e la volontà di leader e cittadini di difendere risolutamente la propria identità culturale”[6]. La civiltà è caratterizzata dalla presenza di “pratiche sociali e politiche saldate nella cultura, costantemente riprodotte per lungo tempo, matrici civili stabili, sebbene in evoluzione, che indicano l'esistenza di un certo nucleo di civiltà”[7]. La civiltà presuppone la formazione sovrana[8] e la sua identità “si basa sul predominio della visione del mondo, tradotta nell'energia della cultura e nella pratica della costruzione della pace, che trova espressione in un progetto politico e si riflette nella definizione di obiettivi storici” [9]. La civiltà è metaforicamente definita come "un'umanità speciale su una terra speciale"[10] o come "un'anima speciale" di ogni nazione[11], "un'umanità speciale, autonoma (in altre parole, autosufficiente) su una terra speciale»[12].


Traducendo quanto sopra nel linguaggio della pratica politica, elenchiamo i criteri che, a nostro avviso, caratterizzano le civiltà e altri attori di rilevanza mondiale.

Prima di tutto, la capacità e la volontà di portare avanti una politica interna ed estera sovrana e indipendente.

In secondo luogo, la presenza di un potenziale economico, militare, demografico, scientifico, educativo e tecnologico sufficiente e completo. Sicurezza delle risorse, che consente di preservare la stabilità socio-economica e mantenere un alto livello di autosufficienza dell'economia nazionale.

La componente più importante è la capacità di porsi come “punto di raccolta” di spazi geografici contigui, per svolgere un ruolo di primo piano nei progetti di integrazione.

Infine, parte integrante dell'identità di civiltà è la presenza di una propria filosofia di sviluppo, di una propria visione "d'autore" della politica internazionale, di un potenziale culturale e spirituale originale e globalmente significativo.

I seguenti Stati e comunità civili sembrano soddisfare in qualche misura questi criteri: Russia, Cina, India, Sud-Est asiatico (comunità ASEAN), mondo arabo e Umma musulmana, Africa, America Latina e Caraibi, nonché la civiltà occidentale con le sue componenti anglosassone ed europea-continentale.

Sono questi i protagonisti che si apprestano a partecipare più seriamente alla definizione della forma di un mondo multipolare: la Maggioranza Mondiale attraverso l’unione delle opportunità e la creazione, l'Occidente (nel suo attuale stato di nichilismo adolescenziale nei confronti di oggettivi processi storici) attraverso la contrapposizione con il resto del mondo.


La struttura delle civiltà può variare. E le stesse civiltà si trovano a vari livelli di assemblaggio, mostrando una varietà di soluzioni architettoniche[13]. Tuttavia, ogni civiltà è caratterizzata dalla presenza di un nucleo centrale (una civiltà-paese o diversi Stati guida regionali). Attorno ad esso si formano la seconda e la terza fascia periferica.

Un caso particolare è quello dei "ricchi solitari": Stati con ambizioni serie e superiori alla media - all'interno di un'agenda regionale e, in alcuni casi, globale - e con gli strumenti per attuarle; tuttavia, questi solitari non hanno risorse aggregate sufficienti per formare una comunità di civiltà, anche se a volte pretendono di farlo (Iran, Turchia, Israele e pochi altri, tra cui forse il Giappone).

L'osservanza del principio di uguaglianza sovrana, sancito dalla Carta delle Nazioni Unite, è chiamata a garantire la libertà e il benessere di tutti gli Stati del mondo multipolare, indipendentemente dall'appartenenza all'uno o all'altro gruppo di civiltà. Si noti che questo principio di base non riguarda solo l'uguaglianza delle relazioni interstatali. Presuppone anche la vera sovranizzazione dei paesi indipendenti e il loro orientamento verso gli interessi nazionali nella politica interna ed estera. Sostenendo questo principio, difendiamo una costante essenziale nella democratizzazione delle relazioni internazionali, nella difesa della diversità culturale e di civiltà e nella costruzione di un sistema mondiale multipolare in cui nessuno Stato debba essere svantaggiato. 



La formazione di comunità o piattaforme di civiltà quali pilastri della nuova architettura delle relazioni internazionali è facilitata dalla logica stessa del processo storico. Davanti ai nostri occhi, il mondo occidentale sta perdendo cinquecento anni di dominio, iniziato convenzionalmente nell'anno 1492 (riconquista nella penisola iberica e inizio della colonizzazione dell'America). Un eminente internazionalista russo sottolinea che il potere occidentale "ha iniziato a sgretolarsi negli anni Sessanta"[14] sotto l'impatto dei processi di decolonizzazione. Alla fine della Seconda guerra mondiale, 750 milioni di persone (un terzo della popolazione mondiale) vivevano nelle colonie. Dopo il 1945, 80 ex colonie hanno ottenuto l'indipendenza[15].

Tuttavia, la decolonizzazione degli anni Sessanta non ha conferito ai nuovi Stati indipendenti la piena sovranità economica e politica. Il sistema di pagamenti internazionali e di accumulo di riserve incentrato sul dollaro USA, gli istituti di Bretton Woods, i movimenti di capitale transfrontalieri delle multinazionali occidentali e molti altri elementi rappresentavano una nuova forma di dominio coloniale, più sofisticata e protetta dal punto di vista normativo (ma non morale). Il neocolonialismo è stato concepito per garantire il trasferimento continuo di risorse dal mondo in via di sviluppo al "miliardo d'oro".


Dopo il crollo dell'URSS e della Comunità economica socialista, questo sistema si è diffuso in quasi tutto il mondo sotto la bandiera della globalizzazione. Le pratiche neocoloniali hanno permesso ai gruppi dirigenti occidentali di tenere a galla le loro economie, di garantire alla popolazione alti livelli di consumo e di mantenere su questa base un cosiddetto ordine sociale liberaldemocratico che però ha cominciato a erodersi rapidamente e a tornare, con l'aggravarsi della crisi economica, alla norma asociale storicamente occidentale, proprio alla guerra hobbesiana contro tutti .

All'inizio del XXI secolo, l'ascesa dell'Est globale e del Sud, accelerata dalla cooperazione transfrontaliera, ha infranto questo paradigma economicamente e moralmente insostenibile. Nel 2021, i Paesi BRICS hanno superato la quota del G7 nel volume dell'attività economica mondiale, rappresentando il 32% del PIL globale a parità di potere d'acquisto[16]. Lo sviluppo economico è seguito dalla soggettività politica e cioè dalla sovranità degli Stati nazionali di cui si è parlato in precedenza. In ogni macroregione del mondo è emerso uno o più Stati leader di rilevanza globale.

Fino a poco tempo fa, il processo era naturale, disordinato, persino spontaneo. La tendenza di lungo periodo era chiaramente visibile, ma ci voleva tempo perché si strutturasse.

C'è motivo di credere che l'impulso per una trasformazione qualitativa della situazione sia stato fornito dall’operazione militare speciale della Russia. Lo dimostra la riluttanza della Maggioranza Mondiale ad aderire alle sanzioni antirusse e alla campagna politico-propagandistica dell'Occidente. L'esito del voto del novembre 2022 sull'odioso progetto di risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite in merito ai "risarcimenti per l'Ucraina"[17] è eloquente.


Più della metà degli Stati membri dell'ONU si è rifiutata di sostenere il testo divisivo. È sintomatica l'osservazione di un think tank asiatico: "I leader del Sud globale sono stati colpiti dal contrasto tra l'insistenza occidentale sull'Ucraina e la mancanza di analogo zelo quando si tratta di problemi in altre parti del mondo"[18]. Gli occidentali, inoltre, hanno chiaramente esagerato nella durezza. Il ministro degli Esteri indiano, Subrahmanyam Jaishankar,  ha raccomandato all'Europa di "rinunciare alla convinzione secondo cui i suoi problemi sono i problemi del resto del mondo"[19].

Naturalmente, le ragioni alla base della riluttanza della Maggioranza Mondiale a far parte di una coalizione anti-russa non sono direttamente collegate all'Ucraina. Gli esperti russi notano che "gli abitanti dell'ex "Terzo Mondo" considerano giusta e storicamente irreversibile l’opposizione agli ex dominatori coloniali"[20]. Le azioni della Russia sono viste attraverso il prisma del ripristino della giustizia storica. Esiste una reale "opportunità di costruire schemi efficaci di interazione e sviluppo non contro l'Occidente, ma aggirandolo, senza la sua partecipazione"[21]. Non si tratta della "non violenza" secondo Leone Tolstoj o M. Gandhi, ma semplicemente di ignorare l'Occidente (incarnazione del male). Si scopre che è possibile svilupparsi con successo al di fuori del paradigma "padrone-schiavo" imposto dalle ex metropoli.

La consapevolezza che le regole del gioco stanno cambiando potrebbe, in linea di principio, essere un incentivo per tutti a trovare un accordo. Ma finora abbiamo visto come gli anglosassoni, o meglio le loro élite al potere, abbiano puntato sul ripristino con la forza del "momento unipolare" dei primi anni Novanta. A tal fine, cercano di smembrare le comunità di civiltà in segmenti facili da assimilare, secondo la formula del "divide et impera". Ciò non sorprende. Già nel 2019, lavorando nel settore privato, l'attuale consigliere per la sicurezza nazionale del Presidente degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha scritto con franchezza in un articolo che la condizione per vincere il concetto di eccezionalismo americano può essere solo "la sconfitta del paradigma che mette in primo piano l'identità etnica e culturale"[22]. In altre parole, a livello di ideologia, c'è sempre stata la volontà di combattere contro i "poli" indipendenti dall'Occidente, semplicemente ora è giunto il momento di agire.


Per nascondere le proprie aspirazioni egemoniche, l'Occidente ha proposto il concetto di "ordine basato sulle regole". Come ha osservato il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, esso implica "una divisione razzista del mondo in un gruppo di “eccezionali' che hanno l'autorizzazione a qualsiasi azione, e altri Paesi che devono seguire la scia del “miliardo d'oro” e servirne gli interessi"[23]. Alcuni esperti occidentali ammettono che l'"ordine" è contrario alle aspirazioni del mondo in via di sviluppo[24] e la maggioranza mondiale non avrà fretta di schierarsi a suo sostegno. E siamo sicuri che l'"ordine" finirà presto nella pattumiera della storia o (nel migliore, per i suoi ispiratori, dei casi) definirà solo i parametri del mondo occidentale all'interno dei suoi naturali confini geografici.

Il fattore della civiltà negli affari internazionali è un segno dei tempi. In un momento in cui le pietre miliari della storia si spostano, si intensifica la battaglia delle idee e delle visioni del futuro. Ma questo conflitto non si svolge in astratto o nel vuoto. Si inserisce nel quadro della forma geopolitica e di civiltà e del mondo multipolare che sta oggi emergendo.



[1] Riunione del Valdai International Discussion Club // Presidente della Russia.  27.10.2022. URL: http://kremlin.ru/events/president/news/69695 (accesso 15.02.2023).

[2] Ibid. 

[3] Ibid.

[4] Karaganov S.A., 2022. My nablyudaem poyavlenie novogo mira v moment ego sozdaniya [Stiamo osservando l'emergere di un nuovo mondo nel momento della sua creazione]// Rossiyskaya Gazeta. Numero federale #242(8890). 26.10.2022.

[5] Danilevsky N.Ya., 1991. Rossiya i Evropa [Russia ed Europa]. Mosca: Kniga, 1991. 577 p. (p. 75).

[6] Naumkin V. V., 2020. Model ne-Zapada: sushchestvuet li gosudarstvo-tsivilizatsiya? [Il modello non occidentale: esiste lo Stato-civiltà?]//Polis. Politicheskie issledovaniya. № 4. 2020. p. 78-93.

[7] Naumkin V.V., Kuznetsov V.A., 2019.  Dezhavyu: srednevekovye motivy v sovremennoj arabskoj politicheskoj zhizni [Déjà vu: motivi medievali nella vita politica araba moderna] // Vestnik MGIMO-University. № 4. 2019. p. 38-53.

[8] Neklessa A. I., 2021. Tsivilizatsiya kak protsess: multiplitsirovannye subʺekty Postmoderna [La civiltà come processo: i soggetti moltiplicati del postmoderno] // Polis. Politicheskie issledovanie. № 5. 2021. p. 39-55.

[9] Neklessa A.I., 2011. Russky mir: tsivilizatsiya mnogikh narodov [Il mondo russo: la civiltà di molti popoli] // Svobodnaya Mysl. no. 6. 2011. p. 165-180.

[10] Tsymbursky V.L., 2007. Narody mezhdu tsivilizatsiyami [Popoli tra civiltà / l’isola Russia. Opere geopolitiche e cronopolitiche] // MOSCA: ROSSPENS, 2007. p. 212-239.

[11] Ilyin I.A., 1979. O monarkhii i respublike [Sulla monarchia e la repubblica]// New York: Commonwealth, 1979. 330 p.

[12] Tsymburskiy V.L., 1995. Zemlya za Velikim Limitrofom: ot «Rossii-Evrazii» k «Rossii v Evrazii»  [La terra dietro il Grande Limitrofo: da "Russia-Eurasia" a "Russia in Eurasia"] // Business and Politics. no. 5. 1995. 

[13] Neklessa A.I., 2011. Russkiy mir: tsivilizatsiya mnogih narodov [Il mondo russo: la civiltà di molti popoli]// Svobodnaya Mysl. no. 6. 2011. p. 165-180

[14] Karaganov S.A., 2022.  My nablyudaem poyavlenie novogo mira v moment ego sozdaniya [Stiamo assistendo all'emergere di un nuovo mondo nel momento della sua creazione]// Rossiyskaya Gazeta. Numero federale #242(8890). 26.10.2022.

 [15] The United Nations. Global Issues: Decolonization. The United Nations. [Questioni globali all'ordine del giorno. Decolonizzazione]// ONU. URL: https://www.un.org/ru/global-issues/decolonization (accesso 29.12.2022).

 [16] The World Bank Databank. World Development Indicators. The World Bank Databank [Banca dati della Banca Mondiale] // DataBank. URL: https://databank.worldbank.org/source/world-development-indicators (visitato il 29.12.2022).

 [17] The United Nations, 2022. The UN General Assembly Resolution A/ES-11/L.6. The United Nations, 14 November.

[Risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite A/ES-11/L.6 ]// ONU. URL: https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/LTD/N22/679/17/PDF/N2267917.pdf?OpenElement (visitato il 29.12.2022).

[18] Menon R., 2022.  The “Rules-Based International Order” Has a Priorities Problem, Stressing War Over Food Security and Climate [L'"ordine internazionale basato sulle regole" ha un problema di priorità, che privilegia la guerra rispetto alla sicurezza alimentare e al clima] // Informed Comment. 14.11.2022. URL: https://www.juancole.com/2022/11/international-priorities-stressing.html (visitato il 29.12.2022).

[19] The Wire, 2022. “Europe Has to Grow Out of Mindset That Its Problems Are World’s Problems”: Jaishankar ["L'Europa deve rinunciare alla convinzione che i suoi problemi sono i problemi del mondo": Jaishankar] // The Wire. 3.06.2022. URL: https://thewire.in/government/europe-has-to-grow-out-of-mindset-that-its-problems-are-worlds-problem... (visitato il 29.12.2022).

[20] Lukyanov F.A., 2022. Spravedlivost – ponyatie ne universalnoe [Giustizia - non un concetto universale] // Russia in Global Politics. 2.11.2022. URL: https://globalaffairs.ru/articles/spravedlivost-ne-universalna/ (data di accesso: 29.12.2022).

[21] Ibidem.

[22] Sullivan J., 2019. What Donald Trump and Dick Cheney Got Wrong About America //Atlantic. Gennaio/Febbraio 2019. URL: https://www.theatlantic.com/magazine/archive/2019/01/yes-america-can-still-lead-the-world/576427/ (accesso 15.02.2023).

[23] Video discorso del Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa Sergey Lavrov ai partecipanti del V Forum Globale dei Giovani Diplomatici // MAE della Russia. 27.08.2022. URL: https://mid.ru/ru/foreign_policy/news/1827539/ (accesso 29.12.2022).

[24] Menon R. The “Rules-Based International Order” Has a Priorities Problem, Stressing War Over Food Security and Climate [L'"ordine internazionale basato sulle regole" ha un problema di priorità, che privilegia la guerra rispetto alla sicurezza alimentare e al clima] // Informed Comment. 14.11.2022. URL: https://www.juancole.com/2022/11/international-priorities-stressing.html (visitato il 29.12.2022).


venerdì 11 novembre 2022

QUANDO I GIORNALISTI RACCONTAVANO I FATTI - LA BOMBA ATOMICA FA STRAGE NEGLI STATI UNITI



QUANDO I GIORNALISTI RACCONTAVANO I FATTI 

*1951, LA BOMBA ATOMICA FA STRAGE NEGLI STATI UNITI"*

di Vittorio Zucconi

(Repubblica 21/6/1993)


LAS VEGAS - Era il 1951 e tutti nel mondo dormivamo il sonno della ragione, rimboccati sotto la coperta nucleare della Guerra Fredda. Dormiva anche Martha Laird, in una notte di quel 1951. Una giovane mamma di 26 anni addormentata accanto al marito, ai due figli piccoli, alle sue pecore e ai suoi cavalli nelle colline del Nevada a ovest di Las Vegas, in un villaggio minuscolo chiamato Twin Springs, sorgenti gemelle. "Ci svegliò un lampo di luce che ci scaldò il viso come se il sole fosse esploso davanti alla finestra" racconta adesso. "Dopo qualche secondo sentimmo arrivare da lontano il ruggito, come di un terremoto. La casa cominciò a tremare, le finestre si sbriciolarono, la porta volò via come un vecchio giornale. I bambini piangevano. Mio marito ed io ci stringemmo uno all' altra, fino a quando il rombo si calmò e il sole di notte si spense. Non capimmo niente". Cominceranno a capire più tardi, quando il bambino più grande si ammalò di leucemia, il più piccolo di cancro alle ossa, il marito al pancreas e il neonato che Martha portava in sè nacque prematuro, di sei mesi, "con due strane appendici nere e contorte che gli penzolavano sotto la pancia, al posto delle gambe". 


Visse cinque ore prima di morire anche lui, come i fratelli, come il padre, come i puledri deformi usciti dal ventre delle giumente che galoppavano via con gli occhi da matte, come se avessero paura di quel che avevano partorito. "Allora non sapevamo di essere i 'downwinders' , il popolo-cavia che viveva 'sottovento' rispetto agli esperimenti nucleari nel poligono atomico del Nevada" dice Martha. Ora, 40 anni dopo, lo sanno. Lo sa anche il governo americano che ha versato pochi giorni or sono a questa donna, e a migliaia di 'sottovento' come lei, 50 mila dollari, 70 milioni a testa, per "risarcimento danni da radiazioni" secondo una legge finanziata con un fondo speciale voluto da Clinton di oltre 200 miliardi di lire annui. Soltanto oggi, dopo anni di querele, cause, processi, inchieste e soprattutto morti orribili su morti orribili, la verità sulla guerra segreta condotta contro il popolo dei "Sottovento" comincia a venire a galla, sciolta dall' omertà della Guerra Fredda. Le 104 bombe all'idrogeno fatte esplodere all'aria aperta nel deserto del Nevada fra il 1951 e il 1963, quando Kennedy firmò la messa al bando degli esperimenti atmosferici, e poi le oltre 800 detonate nelle caverne sotterranee fino a ieri hanno fatto più vittime di Chernobyl, qui nell' enorme regione fra l'Arizona, lo Utah e il Nevada coperta dalla nuvola del 'fallout' nucleare. Il loro numero esatto è ancora un segreto di Stato. Forse 50 mila, come in Vietnam.


Eppure Clinton sta meditando di autorizzare altri quattro test nucleari, entro il 1996. Come tutto quel riguarda l'atomo, anche di questo orrore non v' è segno visibile altro che nelle conseguenze. Bisogna cercare gli effetti nella famiglia Laird, distrutta dalla ricaduta della bomba ' Harry' (ogni esperimento aveva un suo nome, Harry, Bob, Frank, John, per umanizzarlo. Anche quella che distrusse Hiroshima era detta simpaticamente 'Fat Boy' , (ciccione). L'impronta di quella guerra interna sta nei 100 mila indiani della nazione Navajo impiegati come minatori d' uranio per scavare il minerale necessario alle bombe, sterminati dai tumori al polmone e morti senza neppure poter dare un nome a ciò che li uccideva: in lingua Navajo non c'è una parola che esprima il concetto di ' radioattività'. La chiamavano la "morte che consuma". Per anni, il silenzio ufficiale fu assoluto, feroce. Nel paese di St.George, un villaggio fra i mormoni dello Utah, un medico del posto scoprì - a metà degli anni '60 quantità mostruose, inspiegabili di tumori, 25 volte più della media nazionale... perch¨? chiese alle autorità, perchè "tanta mortalità fra questa gente sana, in uno degli angoli più belli e vergini d'America? Come risposta gli arrivò a casa un agente dello Fbi: lei non è per caso un comunista? Una spia russa? Il medico lasciò perdere. Non ci sono monumenti, medaglie, eroi di quella guerra segreta di Americani contro altri Americani. Solo cimiteri. Solo il nulla sinistro e gigantesco di roccia e deserto che fu il 'Nevada Test Site' , il poligono atomico. 


Di quell' inferno oggi resta soltanto un cartello - "Warning! Attenzione! State entrando nel poligono nucleare del Nevada!" - a poco più di un'ora d' auto da Las Vegas. Non è proibito entrarci, ma molti dicono che sia stupido. La polvere che ricopre la strada è forse ancora 'calda', radioattiva e lo sarà per 400 anni. A bassa voce, per non disturbare i turisti, i vecchi del posto ti suggeriscono di viaggiare coi finestrini della macchina ben chiusi, la ventilazione bloccata e le mascherine di carta sulla bocca per non respirare la 'morte che consuma'. Quella stessa morte che uccise anche John Wayne e tutta la gente che lavorava con lui sul set di un western realizzato da queste parti. Nessuno della troupe di quel film, girato accanto al poligono nucleare, è scampato. Tutti sono morti qualche tempo dopo aver lavorato qui per 4 settimane, tutti di cancro al polmone. Dissero che erano le sigarette. Allora non sapevamo quel che sappiamo ora, si difendono le autorità, eravamo sprovveduti, ingenui. Ma non è vero. Sapevano benissimo. Quando il vento spirava dal poligono in direzione di Las Vegas e di Los Angeles, rimandavano gli esperimenti. Aspettavano che il vento girasse e portasse la polvere verso le Montagne Rocciose, a est, nelle zone poco abitate, verso i disgraziati che vivevano sparsi nei villaggi sottovento, come Martha e i suoi figli. Il Pentagono le chiamava "popolazioni marginali". Diciamo pure la parola: *cavie*. Sapevano, eccome sapevano. Da Las Vegas si vedevano benissimo i 'funghi' stagliarsi contro l'orizzonte ad appena 100 chilometri. 


I giocatori si alzavano dai tavoli del 'Blackjack', si staccavano dalle slot machines per correre sui tetti a vedere 'the mushroom' , il fungone. Le scuole distribuivano pasticche di iodio ai bambini per combattere l'effetto delle radiazioni. Dicevano ai genitori che erano "vitamine". Ai soldati che in 250 mila vennero piazzati a pochi chilometri dal 'ground zero', il punto della detonazione, veniva data paga doppia, come agli scienziati che lavoravano agli esperimenti. Dunque il rischio era ben noto. "Li pagavano profumatamente e gli dicevano che era un lavoro patriottico, indispensabile per difendere l'America dalle bombe dei comunisti" racconta la vedova di un cow-boy del Nevada. Suo marito aveva il compito di portare vacche vicino alla bomba per studiare gli effetti. Alle bestie usciva una schiuma purpurea dalle narici, gli occhi si gonfiavano fino a cadere dalle orbite. Qualche volta anche ai vaccari. E le vedove zitte. "Non una parola con nessuno, mi disse mio marito vomitando abbracciato alla tazza del cesso, dopo un esperimento". Morì sei mesi dopo. Lungo la 'Frontiera della Bomba' oggi non c'è più niente di vivo. Deserto doppio. Vedo, dal finestrino ben chiuso della mia macchina, la carcassa di un vecchio carro armato bianco, calcinato dall' esplosione. Rottami di autobus, macchine, tronconi sbriciolati di ponti in cemento armato, pezzi di rotaia divelti, usati per misurare l' effetto-bomba, tutti coperti da quella polvere candida e finissima che viaggiava per centinaia, per migliaia di chilometri. A volte ricadeva fitta come neve sui villaggi e i bambini correvano fuori a tuffarvisi dentro, ridendo e respirando. La notte vomitavano, la mattina apparivano le prime piaghe e i capelli cominciavano a cadere 48 ore dopo. Le madri pregavano per loro. Prima perchè guarissero. Poi perché morissero in fretta. La gente si fidava. La propaganda funzionava e la 'Bomba' non dispiaceva affatto. Quel fungo enorme contro il cielo terso del West era una bandiera, un segno di trionfo. Era l'America. Miss Nevada 1953 vinse il titolo indossando un costumino da bagno fatto di bambagia a forma di fungo atomico. Parve una gran trovata. Il due pezzi rivelatore non si chiamava forse 'Bikini' , l' atollo della prima Bomba H? Nel deserto del Nevada, spuntavano gli 'Atomic Bar' , 'Atomic Restaurant' , 'Atomic Casinò' . Le prostitute di Reno offrivano ai clienti 'The Atomic Fuck' , la scopata atomica. Le famiglie andavano a fare i pic-nic sulle colline per guardare il 'sole a mezzanotte' attraverso gli occhiali affumicati. L'esercito distribuiva e proiettava nei paesi sottovento del Nevada, dell' Arizona, dello Utah un filmino rassicurante intitolato "Il Cappellano e la Bomba". Anno: 1956. Recitava il cappellano: "Domani assisterai in prima linea a un esperimento nucleare, hai paura?". Il soldato: "Un po' sì, Padre". "Non averne, figliolo. Non c'è alcun pericolo. Vedrai un grande lampo, sentirai il calore sul viso come quando prendi il sole al mare, avvertirai la terra tremare, il vento alzarsi. E poi vedrai un fungo di colori meravigliosi volare verso i cieli, verso il Signore. Sarà bellissimo". "Sì padre, ora sono tranquillo". Vedo nel deserto resti di enormi gabbie, come grandi voliere sparse qua e là. Erano le gabbie per gli animali collocate a varie distanze dal "ground zero". I più vicini venivano polverizzati. I più sfortunati, quelli più lontani, vivevano un giorno o due. Reason Wareheim, un ex Marine di servizio nel Poligono che oggi ha 67 anni ed è sopravvissuto a un tumore al polmone, ricorda ancora le grida e gli ululati strazianti di quelle bestie, lasciate a morire sotto il cielo del deserto. Sopravvivevano solo scorpioni e scarafaggi. Bisognava farlo. C'era la Guerra Fredda. Stalin e Kruscev. Budapest e Cuba. Il giorno dell' Olocausto atomico sembrava inevitabile, imminente. Gli esperti parlavano di "deterrenza" nucleare fra Usa e Urss per garantire la pace. Forse milioni di vite furono risparmiate. Certamente migliaia di vite furono consumate in silenzio, qui nel Selvaggio West della Bomba coperto dalla polvere portata dal vento del Nevada che lasciava in bocca "un sapore metallico, come leccare la lama di un coltello". E il 'fallout' radioattivo arrivava sino a New York, dicono le carte segrete. Racconta ancora Martha Laird: "Poco prima di morire mio figlio alzò la testa dal letto dove stava tutto avvolto in un guscio di gommapiuma perché le sue ossa erano ormai diventate così fragili per il tumore che si spezzavano solo a muoversi. Mugolava come un cane... mamma sento il vento arrivare... mamma ferma il vento... Credevo che delirasse". Martha ha messo in cornice l' assegno del governo. Giura che non incasserà  mai quei soldi portati dal vento del Nevada, come la morte senza nome che consumò tutti i suoi figli." 

venerdì 28 ottobre 2022

IL DISCORSO INTEGRALE DI VLADIMIR PUTIN AL FORUM VALDAI


Riunione del Valdai International Discussion Club


Il tema del forum di quest'anno è "Il mondo dopo l'egemonia: giustizia e sicurezza per tutti". L'incontro di quattro giorni ha riunito 111 esperti, politici, diplomatici ed economisti provenienti dalla Russia e da 40 paesi stranieri, tra cui Afghanistan, Brasile, Germania, Egitto, Cina, India, Indonesia, Iran, Kazakistan, Stati Uniti, Turchia, Francia, Uzbekistan, Sud Africa e altri.

* * *

Fëdor Lukyanov: Cari amici, illustri ospiti!

Stiamo aprendo la sessione plenaria finale del 19° forum annuale del Valdai International Discussion Club.

Sono molto felice di vedervi tutti in sala e sono ancora più felice di presentare il nostro ospite alla sessione plenaria, il presidente della Federazione Russa Vladimir Vladimirovich Putin.

Vladimir Vladimirovich, buona sera!

La aspettiamo ogni anno, ma quest'anno, forse, l'impazienza è stata ancora più impaziente del solito: gli argomenti di discussione sono tanti.

Vladimir Putin: Sì, posso indovinare.

Fyodor Lukyanov: Il forum stesso era principalmente dedicato al tema dell'ordine mondiale: come sta cambiando e, soprattutto, chi, in generale, è al potere nel mondo ora - chi governa,come il mondo può essere gestito in linea di principio.

Ma stiamo discutendo come osservatori e Lei rappresenta il potere, quindi per favore condivida la sua opinione con noi.

Vladimir Putin: Grazie mille.


Cari partecipanti alla sessione plenaria! Signore e signori! Cari amici!

Ho fatto un po' di conoscenza delle discussioni che hanno avuto luogo qui nei giorni precedenti: molto interessanti e istruttive. Spero che voi non vi siate pentiti di essere venuti in Russia e di comunicare tra di voi.

È bello vedervi tutti.

Sulla piattaforma del Valdai Club abbiamo parlato più di una volta di quei cambiamenti - gravi, grandi cambiamenti che sono già avvenuti e stanno avvenendo nel mondo, dei rischi che sono legati al degrado delle istituzioni mondiali, al erosione dei principi di sicurezza collettiva, con la sostituzione del diritto internazionale alle cosiddette regole - volevo dire, è chiaro chi l'ha inventata, ma forse anche questo è impreciso - in genere non è chiaro chi l'abbia inventato, cosa queste regole si basano su cosa c'è dentro queste regole.

Apparentemente, c'è solo un tentativo di approvare una regola, in modo che chi è al potere - ora si parla di potere, parlo di potere globale - abbia l'opportunità di vivere senza regole e gli sia permesso di fare tutto , loro l’avrebbero fatto franca con qualunque cosa facciano . Ecco, infatti, proprio queste sono le regole di cui loro parlano costantemente.

Il valore delle discussioni Valdai sta nel fatto che qui si ascoltano una varietà di valutazioni e previsioni. Per quanto fossero veri, la vita stessa mostra, l'esaminatore più severo e obiettivo è la vita. Qui mostra quanto fossero corrette le nostre discussioni preliminari negli anni precedenti.

Purtroppo, gli eventi si stanno ancora sviluppando secondo uno scenario negativo, di cui abbiamo parlato più di una o due volte durante gli incontri precedenti. Inoltre, questi eventi, si sono trasformati in una crisi sistemica su larga scala, e non solo nella sfera politico-militare, ma anche in quella economica e umanitaria.

Il cosiddetto Occidente - sto usando il condizionale , ovviamente, perché li non c'è l’unità, è chiaro che si tratta di un conglomerato molto complesso, tuttavia, diciamo che questo Occidente ha compiuto diversi passi per intensificare il contrasto con noi negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi mesi. In effetti, giocano sempre ad esacerbare, non c'è niente di nuovo neanche qui. Questo è l'incitamento alla guerra in Ucraina, queste sono le provocazioni intorno a Taiwan, la destabilizzazione del mercato alimentare ed energetico mondiale. Quest'ultimo, ovviamente, non è stato fatto apposta, non c'è dubbio, ma a causa di una serie di errori sistematici proprio di quelle autorità occidentali di cui ho già parlato. E come vediamo ora, oltre a questo c'è la distruzione dei gasdotti paneuropei. Questa è generalmente una cosa trascendente, ma ciononostante stiamo assistendo a questi tristi eventi.

Il potere sul mondo è esattamente ciò che il cosiddetto Occidente ha messo in gioco nella sua politica. Ma questo gioco è sicuramente pericoloso, cruento e, direi, sporco. Nega la sovranità dei paesi e dei popoli, la loro identità e unicità, non mette in niente gli interessi degli altri Stati. In ogni caso, se non si parla direttamente di diniego, ma in pratica è proprio quello che si sta facendo. Nessuno, tranne coloro che formulano queste stesse regole che ho citato, ha diritto a determinare come si svilupperà il mondo: tutti gli altri non devono essere “pettinati” a queste stesse regole.


A questo proposito, vorrei ricordarvi le proposte della Russia ai partner occidentali per creare fiducia e costruire un sistema di sicurezza collettiva. Nel dicembre dello scorso anno, ancora una volta sono stati semplicemente messi da parte.

Ma nel mondo moderno, è improbabile che rimangano fuori. Chi semina vento, come si suol dire, raccoglierà tempesta. La crisi ha infatti acquisito un carattere globale, colpisce tutti. Non occorre nutrire illusioni.

L'umanità ora ha, infatti, due strade: o continuare ad accumulare un carico di problemi che inevitabilmente ci schiaccerà tutti, oppure cercare ancora di trovare insieme delle soluzioni, anche se imperfette, ma funzionanti, in grado di rendere il nostro mondo più stabile e più sicuro.

Sapete, ho sempre creduto e credo nel potere del buon senso. Pertanto, sono convinto che prima o poi sia i nuovi centri di un ordine mondiale multipolare che l'Occidente dovranno avviare un dialogo paritario su un futuro comune per noi, e prima succederà,naturalmente, meglio è. E a questo proposito, delineerò alcuni dei principi più importanti per tutti noi.

Gli eventi di oggi hanno messo in ombra i problemi ambientali - stranamente, ma vorrei iniziare con questo. Il cambiamento climatico non è più in cima all'agenda. Ma queste sfide fondamentali non sono scomparse, stanno solo crescendo.

Una delle conseguenze più pericolose della violazione dell'equilibrio ecologico è la riduzione della biodiversità in natura. E ora passo al tema principale, per il quale ci siamo riuniti tutti: un'altra diversità è meno importante: culturale, sociale, politica, di civiltà?

Allo stesso tempo, la semplificazione, la cancellazione di tutte e tutte le differenze sono diventate quasi l'essenza dell'Occidente moderno. Cosa c'è dietro questa semplificazione? In primo luogo, questa è la scomparsa del potenziale creativo dell'Occidente stesso e il desiderio di frenare, bloccare il libero sviluppo delle altre civiltà.


C'è anche un interesse mercantile diretto, ovviamente: imponendo i loro valori, stereotipi di consumo, unificazione, i nostri oppositori - li chiamerò così accuratamente - stanno cercando di espandere i mercati per i loro prodotti. È un comportamento molto primitivo. Non è un caso che l'Occidente affermi che è la sua cultura e la sua visione del mondo che dovrebbero essere universali. Se questo non viene detto direttamente - anche se spesso lo si dice anche direttamente - ma se non lo si dice direttamente, allora è così che si comportano e insistono che, di fatto, nel fatto della vita, con la loro politica, insistono che questi stessi valori debbano essere accettati incondizionatamente da tutti gli altri membri della comunità internazionale.

Citerò il famoso discorso di Harvard di Alexander Isaevich Solzhenitsyn. Già nel 1978 notava che l'Occidente è caratterizzato da una "continua cecità di superiorità" - e questo sta ancora accadendo - che "sostiene l'idea che tutte le vaste aree del nostro pianeta dovrebbero svilupparsi e svilupparsi fino agli attuali sistemi occidentali.. .". Dal 1978 Niente è cambiato.

Nell’ultimo quasi mezzo secolo, questa cecità di cui parlava Solzhenitsyn - di natura apertamente razzista e neocoloniale - ha assunto forme semplicemente brutte, soprattutto dopo l'emergere del cosiddetto mondo unipolare. Cosa voglio dire con questo? La fiducia nella propria infallibilità è una convinzione molto pericolosa: qui siamo a un passo dal desiderio degli stessi "infallibili" di distruggere semplicemente coloro che non gli piacciono. Come si suol dire, "annulla" - pensiamo almeno al significato di questa parola.

Anche al culmine della Guerra Fredda, al culmine del confronto tra sistemi, ideologie e rivalità militari, non è mai venuto in mente a nessuno di negare l'esistenza stessa della cultura, dell'arte, della scienza di altri popoli - i loro oppositori. Non è nemmeno passato per la mente a nessuno! Sì, sono state imposte alcune restrizioni ai legami educativi, scientifici, culturali e, purtroppo, sportivi. Tuttavia, sia i leader sovietici che americani di quel tempo avevano abbastanza comprensione che la sfera umanitaria doveva essere trattata con delicatezza, studiando e rispettando l'avversario, a volte prendendo in prestito qualcosa da lui per preservare, almeno per il futuro, le basi per una sana relazione fruttuosa.

E ora cosa sta succedendo? Un tempo, i nazisti raggiunsero il punto di bruciare libri, e ora i "guardiani del liberalismo e del progresso" occidentali sono caduti nei divieti di Dostoevskij e Ciajkovskij. La cosiddetta cultura dell'annullamento, ma di fatto - ne abbiamo già parlato più volte - la vera abolizione della cultura falcia tutto ciò che è vivo e creativo, non permette il libero pensiero di svilupparsi in nessuno degli ambiti: né in economia, né in politica, né in cultura.

L'ideologia molto liberale oggi è cambiata ed e irriconoscibile. Se inizialmente il liberalismo classico intendeva la libertà di ciascuno come la libertà di dire ciò che si vuole, di fare ciò che si vuole, ma già nel XX secolo i liberali avevano cominciato a dichiarare che la cosiddetta società aperta ha dei nemici e la libertà di tali nemici può e deve essere limitata, se non abolita. Ora sono arrivati ​​al punto di assurdità, quando qualsiasi punto di vista alternativo viene dichiarato propaganda sovversiva e minaccia alla democrazia.

Qualunque cosa provenga dalla Russia sono tutti gli "intrighi del Cremlino". Ma pensate un po’ ! Siamo davvero così potenti? Qualsiasi critica ai nostri avversari - qualsiasi! - è percepita come "la propaganda del Cremlino", "la mano del Cremlino". Questa è una sciocchezza. Come ci sono cascati dentro tutto ciò ? Usate almeno il cervello, affermate qualcosa di più interessante, esprimete il vostro punto di vista in qualche modo concettualmente. È impossibile dare la colpa di tutto al Cremlino.

Tutto questo fu profeticamente predetto da Fëdor Mikhailovich Dostoevskij nel 19° secolo. Uno dei personaggi del suo romanzo "I demoni" - il nichilista Shigalev, ha descritto l'immaginario hanno un futuro radioso: “lasciando libertà illimitata, finiremmo con un dispotismo illimitato” – questo, tra l'altro, è ciò a cui sono arrivati ​​i nostri oppositori occidentali. Gli fa eco un altro protagonista del romanzo - Peter Verkhovensky, sostenendo che sono necessari tradimenti diffusi, denunce, spionaggio, che la società non ha bisogno di talenti e abilità superiori: "La lingua di Cicerone è tagliata, gli occhi di Copernico sono cavati, Shakespeare è lapidato ." Questo è ciò a cui stanno arrivando i nostri avversari occidentali. Cos'è questa se non la moderna cultura occidentale della cancellazione?

C'erano grandi pensatori e sono grato, a dire il vero, ai miei assistenti che hanno trovato queste citazioni.

Cosa si può dire di questo? La storia, ovviamente, metterà tutto al suo posto e cancellerà non le più grandi opere dei geni universalmente riconosciuti della cultura mondiale, ma coloro che oggi per qualche motivo hanno deciso di avere il diritto di disporre di questa cultura mondiale a propria discrezione. La presunzione di tali figure, come si suol dire, va fuori scala, ma nessuno ricorderà nemmeno i loro nomi tra qualche anno. E Dostoevskij vivrà per sempre,  come Ciajkovskij, Pushkin, non importa cosa ne pensi qualcuno.

È stato sull'unificazione, sul monopolio finanziario e tecnologico, sulla cancellazione di tutte le differenze, che è stato costruito anche il modello occidentale di globalizzazione, neocoloniale nella sua essenza. Il compito era chiaro: rafforzare il predominio incondizionato dell'Occidente nell'economia e nella politica mondiale, e per questo mettere al suo servizio le risorse naturali e finanziarie, le capacità intellettuali, umane ed economiche dell'intero pianeta, per farlo sotto con il concetto della cosiddetta nuova interdipendenza globale.

Vorrei qui ricordare un altro filosofo russo, Alexander Alexandrovich Zinoviev, di cui celebreremo il centenario proprio l'altro giorno, il 29 ottobre. Ancora più di 20 anni fa, ha affermato che per assicurare la sopravvivenza della civiltà occidentale al livello da essa raggiunto, "l'intero pianeta è necessario come ambiente per l'esistenza, sono necessarie tutte le risorse dell'umanità". Questo è ciò che affermano, ed è esattamente quello che è.

Inoltre, in questo sistema, l'Occidente ha inizialmente posto un enorme vantaggio per se stesso, poiché ha sviluppato da solo i suoi principi e meccanismi - come ora gli stessi principi di cui si parla costantemente e che sono un incomprensibile "buco nero": nessuno lo sa Cos'è. Ma non appena i benefici della globalizzazione hanno cominciato a derivare non dai paesi occidentali, ma da altri stati, e soprattutto, ovviamente, stiamo parlando dei grandi stati dell'Asia, l'Occidente ha subito cambiato o cancellato del tutto molte regole. E i cosiddetti sacri principi del libero scambio, dell'apertura economica, della concorrenza equa, persino del diritto di proprietà furono improvvisamente dimenticati, completamente. Non appena qualcosa diventa redditizio per loro stessi, cambiano le regole immediatamente, in movimento, nel corso del gioco.

O un altro esempio di sostituzione di concetti e significati. Gli ideologi e i politici occidentali da molti anni dicono e ripetono al mondo intero: non c'è alternativa alla democrazia. È vero, stavano parlando del cosiddetto modello occidentale di democrazia liberale. Tutte le altre opzioni e forme di democrazia le hanno sprezzantemente e - lo tengo a sottolineare - attraverso il labbro, arrogantemente respinte. Questo modo si è sviluppato molto tempo fa, dall'epoca coloniale: tutti sono considerati persone di seconda classe e loro stessi sono eccezionali. E così continua per secoli fino ad oggi.

Ma oggi la maggioranza assoluta della comunità mondiale chiede democrazia negli affari internazionali e non accetta alcuna forma di imposizione autoritaria da parte di singoli paesi o gruppi di stati. Che cos'è questa se non l'applicazione diretta dei principi della democrazia a livello delle relazioni internazionali?

E qual è la posizione dell'Occidente "civilizzato" - tra virgolette -? Se sei un democratico, sembrerebbe che dovresti accogliere un desiderio così naturale di libertà di miliardi di persone - ma no! L'Occidente lo definisce una sovversione dell'ordine liberale basato sulle regole, lancia guerre economiche e commerciali, sanzioni, boicottaggi, rivoluzioni colorate, prepara e conduce ogni tipo di colpo di stato.

Uno di loro ha portato a tragiche conseguenze in Ucraina nel 2014: lo hanno sostenuto, hanno persino detto quanti soldi hanno speso per questo colpo di stato. In generale, sono semplicemente sbalorditi, non sono timidi per nulla. Presero Soleimani e uccisero un generale iraniano. Era possibile trattare Soleimani come si desidera, ma questo è un funzionario di un altro stato! Hanno ucciso sul territorio di un paese terzo e hanno detto: sì, abbiamo ucciso. Che cos'è in generale? Dove viviamo?

Per abitudine, Washington continua a chiamare liberale l'attuale ordine mondiale americano, ma in realtà, ogni giorno questo famigerato "ordine" moltiplica il caos e, potrei aggiungere, diventa sempre più intollerante anche nei confronti degli stessi paesi occidentali, nei confronti dei loro tentativi di mostrare alcuna indipendenza. Tutto viene soppresso sulla vite e impongono più sanzioni contro i propri alleati - senza alcuna esitazione! E sono d'accordo con tutto, abbassando la testa.

Ad esempio, le proposte di luglio dei parlamentari ungheresi per consolidare l'impegno per i valori e la cultura cristiana europea nel trattato dell'UE non sono state nemmeno percepite come facciata sì, ma come un sabotaggio ostile diretto. Cos'è questo? Cosa significa? Sì, ad alcune persone piace, ad altre no.

Per mille anni, in Russia abbiamo sviluppato una cultura unica di interazione tra tutte le religioni del mondo. Non c'è bisogno di cancellare nulla: né i valori cristiani, né quelli islamici, né quelli ebraici. Abbiamo altre religioni del mondo. Dobbiamo solo essere rispettosi gli uni degli altri. In un certo numero di regioni del paese - lo so solo in prima persona - le persone camminano insieme, celebrano le festività cristiane, islamiche, buddiste ed ebraiche e lo fanno con piacere, congratulandosi a vicenda e gioendo l'uno per l'altro.

Ma non qui. Perché no? Almeno avrebbero discusso. Meravigliosa!

Tutto ciò, senza esagerare, non è nemmeno una crisi sistemica, ma dottrinale del modello neoliberista dell'ordine mondiale americano. Non hanno idee sulla creazione e sullo sviluppo positivo, semplicemente non hanno nulla da offrire al mondo, se non per mantenere il loro dominio.

Sono convinto che la vera democrazia in un mondo multipolare presupponga anzitutto la possibilità per qualsiasi nazione – lo voglio sottolineare – per qualsiasi società, qualsiasi civiltà, di scegliere la propria strada, il proprio sistema socio-politico. Se gli Stati Uniti e i paesi dell'UE hanno un tale diritto, allora i paesi dell'Asia, gli stati islamici, le monarchie del Golfo Persico e gli stati degli altri continenti hanno sicuramente un tale diritto. Naturalmente, anche il nostro paese, la Russia, ce l'ha, e nessuno sarà mai in grado di dettare alla nostra gente che tipo di società e su quali principi dovremmo costruire.

Una minaccia diretta al monopolio politico, economico, ideologico dell'Occidente è che nel mondo possano sorgere modelli sociali alternativi - più efficaci, voglio sottolinearlo, più efficaci oggi, luminosi, attraenti di quelli esistenti. Ma tali modelli si svilupperanno sicuramente: questo è inevitabile. A proposito, gli scienziati politici americani, esperti, ne scrivono direttamente. È vero, il loro governo non sta ancora ascoltando molto, anche se non possono non vedere queste idee che si esprimono sulle pagine delle riviste di scienze politiche e nelle discussioni.

Lo sviluppo deve procedere proprio nel dialogo delle civiltà, basato su valori spirituali e morali. Sì, civiltà diverse hanno una comprensione diversa di una persona, della sua natura: spesso è diversa solo in superficie, ma tutti riconoscono la più alta dignità e l'essenza spirituale di una persona. Ed è estremamente importante avere una base comune e comune su cui possiamo certamente costruire e dobbiamo costruire il nostro futuro.

Cosa voglio sottolineare qui? I valori tradizionali non sono un insieme fisso di postulati a cui tutti devono aderire. Ovviamente no. La loro differenza dai cosiddetti valori neoliberisti è che in ogni caso sono unici, perché seguono la tradizione di una particolare società, la sua cultura e l'esperienza storica. Pertanto, i valori tradizionali non possono essere imposti a nessuno: devono semplicemente essere rispettati, trattati con cura con ciò che ogni nazione ha scelto per secoli.

Questa è la nostra comprensione dei valori tradizionali e questo approccio è condiviso e accettato dalla maggior parte dell'umanità. Questo è naturale, perché sono le società tradizionali dell'Oriente, dell'America Latina, dell'Africa, dell'Eurasia che costituiscono la base della civiltà mondiale.

Il rispetto delle peculiarità dei popoli e delle civiltà è nell'interesse di tutti. In realtà, questo è anche nell'interesse del cosiddetto Occidente. Perdendo il suo dominio, diventa rapidamente una minoranza sulla scena mondiale. E, naturalmente, il diritto di questa minoranza occidentale alla propria identità culturale, ovviamente, voglio sottolinearlo, deve essere assicurato, deve essere trattato, ovviamente, con rispetto, ma, sottolineo, su un piano di parità con i diritti di tutti gli altri.

Se le élite occidentali pensano di poter iniettare nelle menti della loro gente, delle loro società, strane tendenze, secondo me, nuove di zecca come dozzine di generi e sfilate di gay pride, allora così sia. Lascia che facciano quello che vogliono! Ma quello che certamente non hanno il diritto di fare è chiedere agli altri di seguire la stessa direzione.

Vediamo che nei paesi occidentali sono in corso complessi processi demografici, politici e sociali. Naturalmente, questo è il loro affare interno. La Russia non interferisce in questi problemi e non lo farà - a differenza dell'Occidente, non ci arrampichiamo nel cortile di qualcun altro. Ma speriamo che prevalga il pragmatismo e che il dialogo della Russia con l'occidente autentico e tradizionale, così come con altri centri paritari di sviluppo, diventi un importante contributo alla costruzione di un ordine mondiale multipolare.

Aggiungo che il multipolarismo è una vera, e di fatto, l'unica possibilità per la stessa Europa di ripristinare la propria soggettività politica ed economica. A dire il vero, lo capiamo tutti, e ne parlano direttamente nella stessa Europa: oggi questa personalità giuridica dell'Europa - per usare un eufemismo, per non offendere nessuno - è molto limitata.

Il mondo è intrinsecamente diverso e i tentativi dell'Occidente di guidare tutti sotto un unico modello sono oggettivamente condannati, non ne verrà fuori nulla.

L'arrogante desiderio di leadership mondiale, e di fatto, di dettare o salvare La ricerca della leadership attraverso i diktat si traduce in realtà in una diminuzione dell'autorità internazionale dei leader del mondo occidentale, compresi gli Stati Uniti, e in un aumento della sfiducia nella loro capacità di negoziare nel suo insieme. Oggi dicono una cosa - domani un'altra, firmano i documenti - domani li rifiutano, fanno quello che vogliono. Non c'è affatto stabilità. È del tutto incomprensibile come vengono firmati i documenti, di cosa hanno parlato, cosa si può sperare.

Se prima solo pochi paesi si permettevano di discutere con la stessa America, e sembrava quasi una sensazione, ora è già un luogo comune quando vari stati rifiutano a Washington le sue richieste infondate, nonostante stia ancora cercando di fare pressione su tutti . Una politica erronea non è assolutamente, semplicemente da nessuna parte. Bene, lascia che sia anche la loro scelta.

Sono convinto che i popoli del mondo non chiuderanno un occhio sulla politica di coercizione, che si è screditata, e ogni volta che l'Occidente dovrà pagare e pagare sempre di più per cercare di mantenere la sua egemonia. Al posto di queste élite occidentali, penserei seriamente a una simile prospettiva, proprio come ci stanno pensando alcuni scienziati politici e politici negli Stati Uniti, come ho già detto.

Nelle attuali condizioni di un duro conflitto, dirò alcune cose direttamente. La Russia, essendo una civiltà originaria e indipendente, non ha mai considerato e non si considera nemica dell'Occidente. Americanofobia, anglofobia, francofobia, germanofobia - queste sono le stesse forme di razzismo della russofobia e dell'antisemitismo - tuttavia, come qualsiasi manifestazione di xenofobia.

Devi solo capire chiaramente che ci sono, come dicevo prima, due Occidente - almeno due, e forse di più, ma almeno due: l'Occidente dei valori tradizionali, in primis cristiani, della libertà, del patriottismo, della cultura più ricca, ora Anche i valori islamici: una parte significativa della popolazione di molti paesi occidentali professa l'Islam. Questo Occidente ci è vicino per certi versi, abbiamo molto in comune, anche radici antiche. Ma c'è un altro Occidente: aggressivo, cosmopolita, neocoloniale, che agisce come strumento delle élite neoliberiste. È proprio con i dettami di questo Occidente che la Russia, ovviamente, non lo sopporterà mai.

Nel 2000, dopo essere stato eletto presidente, quello che ho affrontato, lo ricorderò per sempre: ricordo il prezzo che abbiamo pagato per aver distrutto il nido dei terroristi nel Caucaso settentrionale, che l'Occidente allora praticamente sosteneva apertamente. Tutti gli adulti qui, la maggior parte di voi presenti in questa sala, capite di cosa sto parlando. Sappiamo che in pratica era così: supporto finanziario, politico, informativo. L'abbiamo sperimentato tutti.

Inoltre, [l'Occidente] non solo ha sostenuto attivamente i terroristi sul territorio russo, ma ha anche alimentato questa minaccia in molti modi. Lo sappiamo. Tuttavia, dopo la stabilizzazione della situazione, quando le principali cosche di terroristi furono sconfitte, grazie anche al coraggio del popolo ceceno, abbiamo deciso di non voltarci indietro, di non fingere di essere offesi, di andare avanti, di costruire relazioni anche con coloro che effettivamente hanno operato contro di noi, instaurare e sviluppare relazioni con tutti coloro che lo desiderano, sulla base del reciproco vantaggio e del rispetto reciproco.

Pensavo fosse nell'interesse generale. La Russia, grazie a Dio, è sopravvissuta a tutte le difficoltà di quel tempo, ha resistito, si è rafforzata, ha affrontato il terrorismo interno ed esterno, l'economia è sopravvissuta, ha iniziato a svilupparsi e la sua capacità di difesa ha iniziato ad aumentare. Abbiamo cercato di costruire relazioni con i principali paesi dell'Occidente e con la NATO. Il messaggio era lo stesso: smettiamo di essere nemici, conviviamo, dialoghiamo, costruiamo fiducia, e quindi pace. Siamo stati assolutamente sinceri, voglio sottolinearlo, abbiamo chiaramente compreso la complessità di un simile riavvicinamento, ma ci siamo andati.

E cosa abbiamo ricevuto in cambio? Insomma, abbiamo ricevuto un “no” in tutte le principali aree di possibile cooperazione. Abbiamo ricevuto una pressione sempre maggiore su di noi e la creazione di focolai di tensione ai nostri confini. E qual è lo scopo, se posso chiedere, di questa pressione? Quindi cosa? È così facile da addestrare, vero? Ovviamente no. L'obiettivo è rendere la Russia più vulnerabile. L'obiettivo è trasformare la Russia in uno strumento per raggiungere i propri obiettivi geopolitici.

A rigor di termini, questa è una regola universale: cercano di trasformare tutti in uno strumento per utilizzare questi strumenti per i propri scopi. E coloro che non si sottomettono a questa pressione, non vogliono essere uno strumento del genere: contro di loro vengono comminate sanzioni, contro di loro vengono attuate restrizioni economiche di ogni tipo e in relazione ad esse si stanno preparando colpi di stato o, dove è possibile eseguire, eseguire, e così via. E alla fine, se non si può fare niente, c'è un solo obiettivo: distruggere, spazzarlo via dalla mappa politica. Ma non ha funzionato e non sarà mai in grado di dispiegare e implementare uno scenario del genere in relazione alla Russia.

Cos'altro vorresti aggiungere? La Russia non sfida le élite occidentali: la Russia difende semplicemente il suo diritto di esistere e svilupparsi liberamente. Allo stesso tempo, noi stessi non diventeremo un nuovo egemone. La Russia non propone di sostituire l'unipolarità con la bipolarità, la tripolarità e così via, il dominio dell'Occidente con il dominio dell'Est, del Nord o del Sud. Ciò porterebbe inevitabilmente a una nuova impasse.

E voglio citare qui le parole del grande filosofo russo Nikolai Yakovlevich Danilevsky, che credeva che il progresso non consistesse nel fatto che tutti andassero nella stessa direzione, poiché alcuni dei nostri oppositori ci stanno spingendo - in questo caso, il progresso si fermerebbe presto, dice Danilevsky, - ma deve "produrre l'intero campo, che è il campo dell'attività storica dell'umanità, in tutte le direzioni". E aggiunge che nessuna civiltà può essere orgogliosa di rappresentare il punto più alto dello sviluppo.

Sono convinto che alla dittatura si possa contrastare solo la libertà di sviluppo dei paesi e dei popoli, il degrado dell'individuo - amore per la persona come creatore, semplificazioni primitive e divieti - la complessità rigogliosa delle culture e delle tradizioni.

Il senso del momento storico odierno sta proprio nel fatto che tutte le civiltà, gli Stati e le loro associazioni di integrazione aprono davvero opportunità per un proprio, democratico, originale percorso di sviluppo. E soprattutto, crediamo che il nuovo ordine mondiale debba basarsi sulla legge e sul diritto, essere libero, originale ed equo.

Pertanto, l'economia e il commercio mondiale dovrebbero diventare più equi e aperti. La Russia considera inevitabile la formazione di nuove piattaforme finanziarie internazionali, anche ai fini degli accordi internazionali. Tali piattaforme dovrebbero essere al di fuori delle giurisdizioni nazionali, essere sicure, depoliticizzate, automatizzate e non dipendere da un unico centro di controllo. È possibile farlo o no? Certo che si. Richiederà molto sforzo, l'unificazione degli sforzi di molti paesi, ma si può fare.

Ciò escluderà la possibilità di abusi nella nuova infrastruttura finanziaria globale e consentirà di gestire in modo efficace, redditizio e sicuro le transazioni internazionali senza il dollaro e altre cosiddette valute di riserva. Inoltre, usando il dollaro come arma, gli Stati Uniti e l'Occidente nel suo insieme hanno screditato l'istituzione delle riserve finanziarie internazionali. In primo luogo, li ha svalutati a causa dell'inflazione nella zona del dollaro e dell'euro, e poi completamente - gratta e vinci - ha intascato le nostre riserve di oro e valuta estera.

La transizione verso i regolamenti nelle valute nazionali acquisterà attivamente slancio, inevitabilmente. Questo, ovviamente, dipende dallo stato degli emittenti di queste valute, dallo stato delle loro economie, ma si rafforzeranno e tali calcoli, ovviamente, cominceranno gradualmente a dominare. Tale è la logica della politica economica e finanziaria sovrana del mondo multipolare.


Ulteriore. Oggi, i nuovi centri di sviluppo mondiali dispongono già di tecnologie e sviluppi scientifici unici in vari campi e possono competere con successo con le aziende transnazionali occidentali in molti settori.

Ovviamente, abbiamo un interesse comune, abbastanza pragmatico, per uno scambio scientifico e tecnologico onesto e aperto. Insieme, tutti vincono più che individualmente. La maggioranza dovrebbe beneficiarne, non le singole corporazioni super ricche.

Come stanno andando le cose oggi? Se l'Occidente vende medicinali o semi di colture alimentari ad altri paesi, allora ordina l'uccisione dei prodotti farmaceutici nazionali e la selezione, infatti, in pratica tutto si riduce a questo; fornisce macchine utensili e attrezzature - distrugge l'ingegneria meccanica locale. Io, pur essendo presidente del Consiglio, lo capivo: appena si apre il mercato per un certo gruppo di prodotti, ecco, il produttore locale “si sdraia”, ed è quasi impossibile alzare la testa. È così che si costruiscono le relazioni. Così avviene la conquista dei mercati e delle risorse, i paesi vengono privati ​​del loro potenziale tecnologico e scientifico. Questo non è progresso, ma asservimento, riduzione delle economie a un livello primitivo.

Lo sviluppo tecnologico non dovrebbe aumentare la disuguaglianza globale, ma ridurla. Questo è il modo in cui la Russia attua tradizionalmente la sua politica tecnologica estera. Ad esempio, costruendo centrali nucleari in altri paesi, stiamo creando contemporaneamente centri di competenza lì, formando personale nazionale: stiamo creando un'industria, non stiamo solo costruendo un'impresa, ma stiamo creando un intero settore. In sostanza, stiamo offrendo ad altri paesi l'opportunità di fare una vera svolta nel loro sviluppo scientifico e tecnologico, ridurre le disuguaglianze e portare il loro settore energetico a un nuovo livello di efficienza e rispetto dell'ambiente.

Consentitemi di sottolineare ancora: sovranità, sviluppo originario non significano in alcun modo isolamento, autarchia, ma, al contrario, presuppongono una cooperazione attiva e reciprocamente vantaggiosa su principi equi ed eguali.

Se la globalizzazione liberale è spersonalizzazione, imposizione del modello occidentale al mondo intero, l'integrazione, al contrario, è la rivelazione del potenziale di ciascuna civiltà nell'interesse dell'insieme, per il bene comune. Se il globalismo è un dettato, ed è a questo che alla fine si riduce, l'integrazione è lo sviluppo congiunto di strategie comuni che sono vantaggiose tutti.

A questo proposito, la Russia ritiene importante avviare più attivamente meccanismi per la creazione di grandi spazi costruiti sull'interazione dei paesi vicini, la cui economia, sistema sociale, base di risorse e infrastrutture si completano a vicenda. Spazi così grandi, infatti, sono la base di un ordine mondiale multipolare: la base economica. Dal loro dialogo nasce la vera unità dell'umanità, molto più complessa, originale e multidimensionale che nelle idee semplificate di alcuni ideologi occidentali.

L'unità dell'umanità non è costruita sul comando "fai come me", "sii come noi". Si forma tenendo conto e sulla base delle opinioni di tutti, con un atteggiamento attento all'identità di ogni società e popolo. È su questo principio che può svilupparsi una cooperazione a lungo termine in un mondo multipolare.

A questo proposito, può valere la pena considerare che la struttura delle Nazioni Unite, compreso il suo Consiglio di sicurezza, riflette proprio in misura maggiore la diversità delle regioni del mondo. Dopotutto, dall'Asia, dall'Africa, dall'America Latina nel mondo di domani dipenderà molto di più di quanto comunemente si creda oggi, e un tale aumento della loro influenza è certamente positivo.

Lascia che ti ricordi che la civiltà occidentale non è l'unica anche nel nostro comune spazio eurasiatico. Inoltre, la maggior parte della popolazione è concentrata proprio nell'est dell'Eurasia, dove sorsero i centri delle più antiche civiltà dell'umanità.

Il valore e il significato dell'Eurasia è che questo continente è un complesso autosufficiente con risorse gigantesche di ogni tipo e enormi opportunità. E più ci adoperiamo per aumentare la connettività dell'Eurasia, creare nuovi modi, forme di cooperazione, maggiore è il successo che otteniamo.

L'attività di successo dell'Unione economica eurasiatica, la rapida crescita dell'autorità e dell'influenza dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, iniziative su larga scala nel quadro di "One Belt, One Road", piani di cooperazione multilaterale sull'attuazione del Nord -Corridoio di trasporto sud e molti altri progetti in questa parte del mondo, sono sicuro che questo è l'inizio di una nuova era, una nuova fase nello sviluppo dell'Eurasia. I progetti di integrazione qui non si contraddicono, ma si completano a vicenda, ovviamente, se sono portati avanti dai paesi vicini nel proprio interesse e non sono introdotti da forze esterne per dividere lo spazio eurasiatico, trasformandolo in una zona di confronto di blocco.

Una parte naturale della Grande Eurasia potrebbe anche essere la sua punta occidentale: l'Europa. Ma molti dei suoi leader sono ostacolati dalla convinzione che gli europei siano migliori degli altri, che non sia opportuno che partecipino ad alcune imprese alla pari degli altri. Dietro tale arroganza, in qualche modo non si accorgono che loro stessi sono già diventati la periferia di qualcun altro, si sono essenzialmente trasformati in vassalli, spesso senza diritto di voto.

Cari colleghi!

Il crollo dell'Unione Sovietica ha anche distrutto l'equilibrio delle forze geopolitiche. L'Occidente si sentiva un vincitore e proclamava un ordine mondiale unipolare in cui solo la sua volontà, la sua cultura, i suoi interessi avevano il diritto di esistere.

Ora questo periodo storico di dominio indiviso dell'Occidente negli affari mondiali sta volgendo al termine, il mondo unipolare sta diventando un ricordo del passato. Siamo davanti a un traguardo storico, in vista di quello che è probabilmente il decennio più pericoloso, imprevedibile e allo stesso tempo importante dalla fine della seconda guerra mondiale. L'Occidente non è in grado di gestire da solo l'umanità, ma sta disperatamente cercando di farlo e la maggior parte dei popoli del mondo non vuole più sopportarlo. Questa è la principale contraddizione della nuova era. Per usare le parole di un classico, la situazione è in una certa misura rivoluzionaria: le classi superiori non possono, e le classi inferiori non vogliono vivere già così, per usare le parole di un classico.

Questo stato di cose è irto di conflitti globali o di un'intera catena di conflitti, che è una minaccia per l'umanità, compreso l'Occidente stesso. Risolvere in modo costruttivo e costruttivo questa contraddizione: questo è il principale compito storico di oggi.

Cambiare le pietre miliari è un processo doloroso, ma naturale e inevitabile. Il futuro ordine mondiale si sta formando davanti ai nostri occhi. E in questo ordine mondiale, dobbiamo ascoltare tutti, tenere conto di ogni punto di vista, di ogni popolo, società, cultura, ogni sistema di visioni del mondo, idee e credenze religiose, senza imporre una sola verità a nessuno, e solo su questa base , comprendendo la nostra responsabilità per il destino - il destino dei popoli, del pianeta, per costruire una sinfonia della civiltà umana.

Su questo vorrei concludere con parole di gratitudine per la pazienza che avete dimostrato nell'ascoltare il mio messaggio.

Grazie mille.