lunedì 19 agosto 2013

L'ULTIMO DEI SEMITI




L’ultimo dei semiti

19 agosto 2013 alle ore 13.50


Il professor Joseph Massad, della Columbia University di New York, ha ricostruito la storia dei rapporti tra sionismo e antisemitismo, dalla fondazione del movimento sionista fino ai giorni nostri. Nel suo breve excursus storico egli mostra come il sionismo abbia fin dalla sua nascita abbracciato posizioni antisemite e come non abbia disdegnato di allearsi con diversi esponenti di spicco dell’antisemitismo per realizzare il suo progetto di fondazione di uno stato sionista.
Il professor Massad spinge la sua analisi fino ai giorni nostri, evidenziando come l’eredità sionista e antisemita rappresenti ancora oggi la matrice ideologica sottesa alle politiche di sostegno a Israele dei paesi occidentali contemporanei.
Infine, rigettando l’accusa di antisemitismo impropriamente utilizzata da Israele per delegittimare i suoi detrattori, Massad mostra come in realtà sia il popolo palestinese, oggi, l’unico baluardo che si oppone al dilagante antisemitismo sionista.

http://www.youtube.com/watch?v=cw9Ht7J-dXI&feature=youtu.be



L’ultimo dei semitidi Joseph Massad
Al Jazeera, 21 maggio 2013
Non c’è affermazione più antisemita della dichiarazione di Israele di rappresentare e parlare a nome di tutti gli ebrei.


Gli ebrei contrari al sionismo compresero fin dal primo momento quanto questo movimento condividesse le posizioni dell’antisemitismo nella sua diagnosi di quella che gli europei gentili chiamavano la“Questione ebraica”. Ciò che più irritava gli ebrei antisionisti, tuttavia, era che il sionismo condividesse anche la“soluzione” alla Questione ebraica che gli antisemiti avevano sempre promosso, e cioè l’espulsione degli ebrei dall’Europa.


Fu la Riforma protestante, con la sua riscoperta della Bibbia ebraica, a istituire un rapporto di continuità tra i moderni giudei dell’Europa e gli antichi Ebrei (1) della Palestina. Rapporto che sarebbe stato ribadito dai filologi del XVIII secolo, con la loro scoperta dell’esistenza di una famiglia di lingue “semitiche” che includeva sia l’ebraico che l’arabo. Laddove i protestanti millenaristi insistevano sulla necessità che gli ebrei contemporanei, in quanto discendenti degli antichi Ebrei, lasciassero l’Europa e si trasferissero in Palestina per affrettare la seconda venuta di Cristo, furono le scoperte filologiche ad attribuire agli ebrei contemporanei l’etichetta di “semiti”. Di conseguenza, il passo ulteriore che avrebbero compiuto nel XIX secolo le scienze biologiche e i loro studi su razza ed ereditarietà, cioè quello di considerare gli ebrei contemporanei europei come discendenti degli antichi Ebrei secondo un rapporto genealogico di tipo razziale, non fu poi così ardito.


Sulla base delle parentele tracciate dai protestanti millenaristi antiebraici, anche alcuni personaggi secolari in Europa riconobbero l’enorme potenziale politico che avrebbe avuto il “reinsediamento” degli ebrei in Palestina nel XIX secolo. Meno interessati ad accelerare il secondo avvento di Cristo di quanto fossero i millenaristi, questi politici secolari, da Napoleone Bonaparte al segretario degli esteri britannico Lord Palmerston (1785-1865) fino a Ernest Laharanne, segretario privato di Napoleone III negli anni Sessanta dell’Ottocento, cercarono di espellere gli ebrei dall’Europa e di spingerli verso la Palestina al fine di trasformarli in agenti dell’imperialismo europeo in Asia. Alla loro richiesta avrebbero fatto coro anche molti “antisemiti”, come scelsero di chiamarsi i razzisti europei antiebraici dopo l’invenzione del termine nel 1879 da parte di un poco noto giornalista di Vienna di nome Wilhelm Marr, che pubblicò un programma politico intitolatoLa vittoria del giudaismo sul germanismo. Nel suo programma Marr fu ben attento a dissociare l’antisemitismo dal tradizionale odio di matrice religiosa dei cristiani verso gli ebrei, mettendo invece in evidenza, in linea con la filologia semita e con le teorie razziali del XIX secolo, che la distinzione da farsi tra ebrei e ariani era di natura strettamente razziale.




Assimilazione degli ebrei nella cultura europea


L’antisemitismo scientifico sosteneva che gli ebrei erano diversi dagli europei cristiani. O meglio, che gli ebrei non erano affatto europei e che era la loro stessa presenza in Europa a scatenare l’antisemitismo. Il motivo per cui gli ebrei causavano tanti problemi agli europei cristiani era da ricercarsi nella loro presunta assenza di radici, nel fatto che non avessero una patria e quindi una lealtà fondata su un’appartenenza nazionale. Nell’età romantica dei nazionalismi europei, gli antisemiti sostenevano chegli ebrei non si inscrivevano nelle nuove configurazioni nazionali e che disturbavano la purezza nazionale e razziale essenziale alla maggior parte dei nazionalismi europei. Questo è il motivo, ragionavano gli antisemiti, per cui rimanendo in Europa gli ebrei non avrebbero fatto altro che fomentare l'ostilità dei cristiani europei. L’unica soluzione era che gli ebrei se ne andassero dall’Europa e che si trovassero una propria patria. Naturalmente, molti ebrei, religiosi e non, rifiutarono questa terribile linea di pensiero antisemita. Gli ebrei ortodossi e quelli riformati, gli ebrei socialisti e i comunisti, quelli cosmopoliti e gli ebrei di cultura yiddish, tutti concordavano sul fatto che si trattava di un’ideologia pericolosamente aggressiva, che puntava all’espulsione degli ebrei dai loro paesi europei.


La Haskalah (2), o illuminismo ebraico, che emerse anch’essa nel XIX secolo, cercava di promuovere l’inserimento degli ebrei nella cultura secolare gentile europea e auspicava l’abbandono della cultura ebraica. Fu l’Haskalah che tentò di spezzare l’egemonia dei rabbini ortodossi sugli "Ostjuden"(3) degli shtetl (4) dell’Europa orientale e che si adoperò affinché quella che percepiva come una cultura ebraica “medievale” fosse abbandonata in favore della moderna cultura secolare dei cristiani europei. È in seno all’Haskalah che sarebbe emerso il giudaismo della riforma, una variante del giudaismo affine al cristianesimo e al protestantesimo. Questo programma assimilazionista, tuttavia, cercava di integrare gli ebrei nella modernità europea, non di espellerli dalla geografia dell’Europa.



Fin dalla sua nascita, circa quindici anni dopo la pubblicazione del programma antisemita di Marr, il sionismo avrebbe sposato tutte queste idee antiebraiche, compreso l’antisemitismo scientifico, a cui riconosceva piena validità. Per il sionismo, i giudei erano “semiti” e discendevano dagli Ebrei antichi (1). Nel suo manifesto fondativo, Der Judenstaat, Herzl spiegava che erano gli ebrei, e non i loro nemici cristiani, a “provocare” l’antisemitismo e che “là dove non esiste, [l’antisemitismo] viene portato dagli ebrei nel corso delle loro migrazioni”, invero che “gli sfortunati ebrei stanno ora portando i semi dell’antisemitismo in Inghilterra; dopo averlo già introdotto in America”; che gli ebrei erano una “nazione” che doveva lasciare l’Europa per ristabilire la propria “nazionalità” in Palestina o in Argentina; che gli ebrei dovevano emulare culturalmente gli europei cristiani e abbandonare le loro lingue e tradizioni correnti in favore delle moderne lingue europee o della restaurazione di una lingua nazionale antica. Herzl avrebbe preferito che tutti gli ebrei adottassero il tedesco, mentre i sionisti dell’Europa dell’Est volevano l’ebraico. I sionisti successivi a Herzl perfino convennero e sostennero che gli ebrei fossero una razza separata da quella ariana. In quanto all’yiddish (5), la lingua utilizzata dalla maggior parte degli ebrei europei, tutti i sionisti furono d’accordo che dovesse essere abbandonato.


La maggioranza degli ebrei continuò a opporre resistenza al sionismo in quanto comprese che i suoi contenuti erano gli stessi dell’antisemitismo e che esso perseguiva lo stesso obiettivo dell’Haskalah di abbandono della cultura ebraica e di assimilazione degli ebrei nella cultura secolare gentile europea, con la differenza che la realizzazione di questo progetto il sionismo non la collocava all’interno dell’Europa ma in seno a una dislocazione geografica che sarebbe seguita all’espulsione degli ebrei dall’Europa. Il Bund(6), o Sindacato Generale Ebraico di Lituania, Polonia e Russia, fondato a Vilna all’inizio dell’ottobre 1897, cioè qualche settimana dopo il primo Congresso sionista a Basilea (7) di fine agosto1897, sarebbe diventato il più feroce oppositore del sionismo. Il Bund si unì alla già esistente coalizione ebraica antisionista dei rabbini ortodossi e riformati che avevano unito le loro forze qualche mese prima per impedire a Herzl di indire il primo congresso sionista a Monaco, obbligandolo a spostarlo a Basilea. L'antisionismo ebraico in Europa e negli Stati Uniti aveva il sostegno della maggioranza degli ebrei, che continuò a considerare il sionismo come un movimento antiebraico fino agli anni Quaranta inoltrati.




La catena antisemita dei ferventi filosionisti


Accortosi che i suoi progetti sul futuro degli ebrei europei erano in linea con quelli degli antisemiti, Herzl progettò presto un’alleanza con questi ultimi. Dichiarò in Der Judenstaatche (8):

“I governi di tutti i paesi colpiti dal flagello dell’antisemitismo saranno molto interessati ad aiutarci a ottenere [la] sovranità che vogliamo.”


Aggiunse inoltre che “non solo i poveri ebrei” avrebbero contribuito a un fondo di immigrazione per gli ebrei europei, ma vi avrebbero contribuito “anche i cristiani che volevano liberarsi di loro”. Senza alcun imbarazzo Herzl annotava nel suo Diario:
“Gli antisemiti diventeranno i nostri amici più affidabili, e i paesi antisemiti saranno i nostri alleati.”

Così quando Herzl nel 1903 cominciò a incontrare ben noti antisemiti quali il ministro degli interni russo Vyacheslav von Plehve, lo stesso che sovrintendeva ai pogrom contro gli ebrei in Russia, fu perché intenzionalmente in cerca della loro alleanza. Non è certo una coincidenza che fu l’antisemita Lord Balfour a sostenere in qualità di Primo ministro britannico l’Aliens Act, promulgato dal suo governo nel 1905 per impedire agli ebrei dell’Europa orientale in fuga dai pogrom russi di entrare in Gran Bretagna, al fine, nelle sue parole, di salvare il paese dai “mali inevitabili” conseguenti a “un’immigrazione che era per lo più ebraica”. La famigerata Dichiarazione di Balfour del 1917 (9), che stabiliva la creazione in Palestina di un “territorio nazionale” per “il popolo ebraico”, aveva lo scopo, tra gli altri, di indebolire il sostegno degli ebrei alla rivoluzione russa e di arginare l’afflusso di immigrati ebrei indesiderati in Gran Bretagna.


I nazisti non avrebbero costituito un’eccezione in questa catena antisemita di entusiasti filosionisti. Al contrario, i sionisti avrebbero stipulato molto presto nella loro storia un patto con i nazisti. Fu nel 1933 che fu firmato tra i sionisti e il governo nazista l’ignobile Accordo di Trasferimento (Ha'avara)(10) per facilitare l’invio di ebrei tedeschi e delle loro proprietà in Palestina, accordo che portò all’interruzione del boicottaggio (11) internazionale ebraico contro la Germania nazista lanciato dagli ebrei americani. Fu in questo spirito che furono spediti emissari nazisti in Palestina per riferire sui successi della colonizzazione ebraica del paese. Adolf Eichmann tornò dal suo viaggio del 1937 pieno di storie entusiasmanti sui progressi dei kibbutz degli Ashkenazi, fondati su principi di separatismo razziale, dopo averne visitato uno sul Monte Carmel, in qualità di ospite dei sionisti.


A dispetto della decisa contrarietà della gran parte degli ebrei tedeschi, la Federazione sionista della Germania, unico gruppo ebraico a prendere tale posizione, sostenne le Leggi di Norimberga del 1935 (12), in quanto conveniva con i nazisti che ebrei e ariani fossero due razze separate e separabili. Non si trattò dunque di un supporto tattico ma di una convergenza basata su affinità ideologiche. La Soluzione finale dei nazisti inizialmente si tradusse nell’espulsione degli ebrei tedeschi verso il Madagascar. Fu su questo obiettivo condiviso di espellere gli ebrei dall’Europa in quanto razza separata e inassimilabile che si fondò una sintonia permanente tra nazisti e sionisti.


Mentre la maggioranza degli ebrei continuava a contestare i fondamenti antisemiti del sionismo e le sue alleanze con gli antisemiti, il genocidio nazista non solo sterminava il 90 per cento degli ebrei europei, ma in particolare uccideva la maggior parte degli ebrei ostili al sionismo, che morirono precisamente perché si rifiutarono di rispondere all’appello sionista di abbandonare i loro paesi e le loro case.


Dopo la guerra, l’orrore per l’Olocausto non impedì alle nazioni europee di continuare a sostenere il programma antisemita del sionismo. Non solo, queste nazioni mostrarono al pari dei nazisti una certa predilezione per il sionismo. La loro condanna riguardava solo il progetto genocida del nazismo. I paesi europei, insieme agli Stati Uniti, si rifiutarono di accogliere centinaia di migliaia di sopravvissuti all’Olocausto. A questo scopo votarono all’ONU contro una risoluzione presentata dagli stati arabi nel 1947 che li invitava a dare loro asilo. Eppure, sarebbero state queste stesse nazioni a sostenere il Piano di partizione delle Nazioni Unite nel novembre 1947 per la creazione di uno stato ebraico in Palestina verso cui convogliare i rifugiati ebrei indesiderati.


Le politiche filosioniste dei nazisti

Gli Stati Uniti e i paesi europei, compresa la Germania, avrebbero perseguito le stesse politiche filosioniste dei nazisti. I governi della Germania dell’Ovest del dopoguerra promisero che avrebbero inaugurato una nuova pagina nella storia dei rapporti con gli ebrei, ma in realtà non fecero niente del genere. Fin dalla fondazione del nuovo stato, dopo la Seconda guerra mondiale, tutti i governi della Germania Ovest (e tutti i governi tedeschi successivi alla riunificazione nel 1990) hanno proseguito senza interruzione le politiche filosioniste dei nazisti. Non c’è mai stata nessuna rottura con il filosionismo nazista.L’unica discontinuità politica riguarda l’odio genocida e razziale contro gli ebrei a cui si era votato il nazismo, ma non riguarda il desiderio di vedere gli ebrei fondare una propria patria in Asia, fuori dall’Europa. A riprova di questo, i tedeschi hanno sempre dichiarato che la maggior parte dei soldi che stavano mandando in Israele doveva servire per compensare i costi che comportava ristabilire i rifugiati ebrei europei in quel paese.


Dopo la Seconda guerra mondiale emerse negli Stati Uniti e in Europa una nuova corrente di pensiero secondo la quale gli ebrei dovevano essere integrati, postumamente, nell’europeità bianca e l’orrore verso l’olocausto ebraico divenne essenzialmente orrore per l’assassinio di europei bianchi. A partire dagli anni Sessanta, i film hollywoodiani sull’Olocausto cominciarono a dipingere gli ebrei vittime del nazismo come persone fisicamente uguali ai bianchi cristiani, di classe media, istruiti e di talento, non diversi dunque dai cristiani europei e americani contemporanei che si voleva che con loro si identificassero e che infatti vi si sarebbero identificati. Probabilmente se i film avessero mostrato i poveri ebrei religiosi dell’Europa dell’Est (e la maggior parte degli ebrei dell’Est europeo che furono uccisi dai nazisti erano poveri e molti erano religiosi), i cristiani bianchi contemporanei non vi avrebbero trovato sufficienti punti di contatto. Da qui, la condanna degli europei cristiani per il genocidio degli ebrei europei non nacque come condanna per il massacro di milioni di persone diverse dagli europei cristiani, ma piuttosto come condanna per l’omicidio di milioni di persone uguali agli europei cristiani. Questo spiega perché in un paese come gli Stati Uniti, che non ha avuto niente a che fare con il massacro degli ebrei europei, esistono oltre 40 memoriali e un importante museo dedicati all’olocausto degli ebrei in Europa, mentre non ne esiste neanche uno dedicato all’olocausto dei nativi americani o degli afroamericani, di cui gli Stati Uniti sono responsabili.


Aimé Césaire colse perfettamente questo processo. Nel suo famoso discorso sul colonialismo, egli affermò (13) che la visione a posteriori degli europei cristiani sul nazismo era che


[il nazismo] è una barbarie, ma la barbarie suprema, la barbarie massima che assomma in sé tutte le barbarie quotidiane; è il nazismo, sì, ma [gli europei] prima di diventarne vittime, ne furono complici; e tollerarono il nazismo prima che venisse rivolto contro di loro, lo assolsero, chiusero gli occhi davanti ai suoi orrori, lo legittimarono perché, fino ad allora, si era accanito solo contro popolazioni non europee; gli europei hanno coltivato quel nazismo, ne sono responsabili, e prima che travolgesse l’intera civiltà occidentale e cristiana nelle sue acque arrossate, quel nazismo trasudava, filtrava, e sgocciolava già da ogni fessura.

Che per Césaire le guerre naziste e l’Olocausto fossero una forma di colonialismo europeo rivolto verso l’interno è abbastanza vero. Ma una volta riabilitate le vittime del nazismo, in quanto popolazione bianca, l’Europa e i suoi complici americani avrebbero proseguito la politica nazista di infliggere ogni genere di orrore ai popoli non bianchi di tutto il mondo in Corea, in Vietnam e in Indocina, in Algeria, in Indonesia, nell’America centrale e meridionale, nell’Africa centrale e meridionale, in Palestina, in Iran e in Iraq e Afghanistan.


La riabilitazione degli ebrei europei dopo la Seconda guerra mondiale costituì una componente cruciale della propaganda statunitense durante la Guerra fredda. Mentre ideologi e sociologi americani sviluppavano la teoria del “totalitarismo”, che presentava comunismo sovietico e nazismo essenzialmente come uno stesso tipo di regime, gli ebrei europei, in quanto vittime di un regime totalitario, diventavano protagonisti dell’esibizione di atrocità che la propaganda americana ed europea occidentale andava assimilando a quelle presumibilmente commesse dal regime sovietico nei periodi precedente e successivo alla guerra. Che Israele saltasse sul carro accusando i sovietici di antisemitismo perché si rifiutavano di permettere ai cittadini sovietici ebrei di autoespellersi per andare in Israele si inseriva nella stessa propaganda.


La fedeltà alla supremazia bianca


Fu così che fu preservata la dedizione di Europa e Stati Uniti alla causa della supremazia bianca, con la sola differenza che ora anche gli ebrei erano inclusi nella popolazione “bianca” e in quella che cominciò a essere chiamata civiltà “giudaico-cristiana”. Le politiche europee e americane dopo la Seconda guerra mondiale – che continuavano a ispirarsi e a modellarsi sul razzismo contro nativi americani, africani, asiatici, arabi e musulmani, e che continuavano a sostenere il programma antisemita del sionismo di assimilare sì gli ebrei alla popolazione bianca ma in uno stato colonialista e di coloni fuori dall’Europa – furono una diretta continuazione delle politiche antisemite dominanti prima della guerra. Se gran parte del veleno razziale antisemita ora sarebbe stato rivolto contro arabi e musulmani (sia contro gli immigrati con cittadinanza europea e statunitense, sia contro gli arabi residenti in Asia e Africa), il precedente sostegno antisemita al sionismo sarebbe proseguito senza ostacoli.


L’alleanza della Germania Ovest con il sionismo e con Israele dopo la Seconda guerra mondiale – che si tradusse nell’invio di significativi aiuti economici negli anni Cinquanta e di aiuti economici e militari a partire dall’inizio degli anni Sessanta, compresi i carri armati che Israele usava per uccidere palestinesi e altri arabi – rappresenta il proseguimento dell’alleanza stretta tra il governo e i sionisti negli anni Trenta. Negli anni Sessanta, la Germania Ovest offrì (14) perfino addestramento militare ai soldati israeliani e dai Settanta in poi ha armato Israele di sottomarini nucleari di propria fabbricazione, sottomarini con cui Israele conta di uccidere altri arabi e musulmani. Negli ultimi anni Israele ha armato i più recenti sommergibili forniti dalla Germania (15) con missili a testata nucleare, informazione che è ben nota al governo tedesco in carica. Il Ministro delle difesa israeliano Ehud Barak nel 2012 dichiarò a Der Spiegel (16) che i tedeschi avrebbero dovuto essere “orgogliosi” di aver garantito l’esistenza dello stato di Israele “per molti anni”. Berlino ha finanziato un terzo del costo dei sottomarini, circa 135 milioni di euro per unità, e ha concesso a Israele una proroga sul pagamento della sua quota fino al 2015. Il fatto che ciò renda la Germania complice della spoliazione dei palestinesi non preoccupa gli attuali governi tedeschi più di quanto non preoccupasse negli anni Sessanta il cancelliere della Germania Ovest Konrad Adenauer, che affermò che “la Repubblica federale non ha né il diritto né il dovere di prendere posizione sui rifugiati palestinesi”.

A queste sovvenzioni vanno sommati tutti i miliardi che la Germania ha pagato al governo israeliano a titolo di risarcimento per l’Olocausto, come se fossero stati Israele e il sionismo le vittime del nazismo, quando in realtà furono gli ebrei antisionisti a essere uccisi dai nazisti. All’attuale governo tedesco non importa che persino gli ebrei tedeschi che fuggirono dal nazismo e finirono in Palestina odiavano il sionismo e il suo progetto ed erano a loro volta odiati dai coloni sionisti. Quando i rifugiati tedeschi nella Palestina degli anni Trenta e Quaranta si rifiutarono di imparare l’ebraico e fondarono una manciata di quotidiani in lingua tedesca furono attaccati dalla stampa ebraica, Haaretz compreso, che chiese la chiusura di quei giornali una prima volta nel 1939 e poi di nuovo nel 1941. I coloni sionisti assaltarono un caffè di Tel Aviv perché i suoi proprietari ebrei si rifiutavano di parlare in ebraico e nel giugno del 1944 il comune di Tel Aviv minacciò alcuni residenti ebrei tedeschi, che avevano tenuto nella loro casa in via Allenby 21 “feste e balli interamente in lingua tedesca, con attività che sono estranee allo spirito della nostra città”, che tali comportamenti non sarebbero stati “tollerati a Tel Aviv”. Alcuni ebrei tedeschi, o Yekkes come venivano chiamati nello Yishuv (17), avrebbero addirittura organizzato una celebrazione del compleanno del Kaiser nel 1941 (per questi e altri dettagli sui rifugiati ebrei tedeschi in Palestina, si legga il libro di Tom Segev Il settimo milione).

Si aggiunga a questo il sostegno tedesco alle politiche israeliane contro i palestinesi presso le Nazioni Unite e il quadro si fa completo. Persino il nuovo memoriale dell’Olocausto inaugurato a Berlino nel 2005 ripropone l’apartheid razziale del nazismo, in quanto “Memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa” che commemora solo le vittime ebree del nazismo, che ancora oggi si vuole tenere separate, come era nei desideri di Hitler, dagli altri milioni di non ebrei che pure morirono nei campi di sterminio. Il fatto che per realizzare il memoriale sia stata ingaggiata una sussidiaria della compagnia tedesca Degussa, la stessa che collaborò con il nazismo producendo il gas Zyklon B (18) che veniva impiegato nelle camere a gas, è tutt’altro che sorprendente, e semplicemente conferma che le stesse persone che hanno contribuito allo sterminio degli ebrei in Germania alla fine degli anni Trenta e negli anni Quaranta si sono pentite di quel che hanno fatto solo perché ora considerano gli ebrei europei bianchi, che solo in quanto bianchi vanno commemorati e in quanto bianchi non avrebbero dovuto neanche essere uccisi. La complicità della politica tedesca nell’uccisione degli arabi da parte di Israele, tuttavia, difficilmente può essere dissociata da questa eredità antisemita, che resiste nel diffuso razzismo tedesco antislamico rivolto contro gli immigrati musulmani.


Euroamericani e la tradizione ebraica


L’Olocausto comportò lo sterminio (19) di gran parte degli ebrei che criticavano e combattevano l’antisemitismo europeo, sionismo compreso. Con la loro morte, gli unici “semiti” che sono rimasti oggi a contrastare il sionismo e il suo antisemitismo sono i palestinesi. Mentre Israele insiste a dire che gli ebrei europei non appartengono all’Europa e devono andare in Palestina, i palestinesi hanno sempre ribadito che la patria degli ebrei europei si trova in Europa e non in Palestina e che il colonialismo sionista è figlio del suo stesso antisemitismo. Mentre il sionismo sostiene che gli ebrei sono una razza separata da quella degli europei cristiani, i palestinesi sostengono che gli ebrei europei non sono altro che europei e che non hanno niente a che vedere con la Palestina, il suo popolo, la sua cultura. Sono 65 anni che Israele e i suoi alleati americani ed europei cercano di persuadere i palestinesi che anche loro devono diventare antisemiti e convincersi – al pari dei nazisti, di Israele e dei suoi alleati occidentali antisemiti – che gli ebrei sono una razza diversa dalle razze europee, che la Palestina è la loro patria e che Israele parla a nome di tutti gli ebrei. Il fatto che i due più nutriti gruppi di elettori americani che sostengono Israele siano i protestanti millenaristi e gli imperialisti evidenzia una continuità con la stessa identica tradizione euroamericana e antiebraica che risale alla Riforma protestante e all’imperialismo del XIX secolo. Ma i palestinesi non si lasciano convincere e rimangono saldi nella loro resistenza all’antisemitismo.


Israele e i suoi alleati antisemiti affermano che Israele rappresenta “il popolo ebraico”, che le sue politiche sono politiche “ebraiche”, che i suoi traguardi sono traguardi “ebraici”, che i suoi crimini sono crimini “ebraici” e che perciò chiunque osi criticare Israele sta criticando gli ebrei e quindi è antisemita. Il popolo palestinese ha lanciato un’importante campagna contro questa istigazione all’antisemitismo. I palestinesi continuano a sostenere invece che il governo israeliano non parla a nome di tutti gli ebrei, che non rappresenta tutti gli ebrei, che i suoi soprusi colonialisti contro il popolo palestinese sono i suoi propri soprusi e non soprusi “del popolo ebraico”, e che per questo motivo Israele debba essere denunciata, condannata e perseguita per i suoi reiterati crimini di guerra contro il popolo palestinese. Questa non è una posizione nuova per i palestinesi, ma è la stessa che adottarono all’inizio del XX secolo e a cui si sono mantenuti fedeli nella loro lotta contro il sionismo prima della Seconda guerra mondiale. Nel suo discorso alle Nazioni Unite (20) del 1974 Yasser Arafat sottolineò con forza tutti questi punti:

Proprio come il colonialismo non si fece scrupolo di usare i disgraziati, i poveri, gli sfruttati come pura materia inerte con cui costruire e realizzare il proprio progetto di conquista, allo stesso modo furono gli ebrei europei bisognosi e oppressi a essere asserviti agli interessi dell’imperialismo mondiale e della leadership sionista. Gli ebrei europei furono trasformati in strumenti di aggressione; divennero componenti del colonialismo degli insediamenti, intimamente alleato della discriminazione razziale... la teologia sionista fu rivolta contro il nostro popolo palestinese: lo scopo non era solo la fondazione di un colonialismo di stampo occidentale ma anche la recisione del rapporto degli ebrei con le loro varie terre patrie e di conseguenza il loro estraniamento dalle rispettive nazioni. Il sionismo... è associato all’antisemitismo nei suoi principi retrogradi ed è, a conti fatti, un altro lato della stessa vile moneta. Perché quando quel che si propone è che gli aderenti alla fede ebraica, senza distinzione di nazionalità, debbano rigettare qualunque lealtà e appartenenza nazionale e rinunciare a vivere su un piano di parità con i cittadini non ebrei di quella stessa nazione, quando è questo che si propone, quel che si sta proponendo in realtà è l’antisemitismo. Quando si sostiene che l’unica soluzione al problema ebraico sia che gli ebrei devono alienarsi da comunità e nazioni di cui hanno fatto storicamente parte, quando si pretende che gli ebrei risolvano il problema ebraico emigrando altrove e occupando con la forza la terra di un altro popolo – quando questo accade, quel che si sta sostenendo è la stessa soluzione invocata dagli antisemiti nei confronti degli ebrei.

L’affermazione di Israele che chi la critica debba essere antisemita presuppone che chi la critica creda alla sua pretesa di rappresentare “il popolo ebraico”. Ma è la pretesa di Israele di rappresentare e parlare a nome di tutti gli ebrei che è la dichiarazione più antisemita che si possa fare.
Oggi Israele e le potenze occidentali vogliono elevare l’antisemitismo a principio internazionale intorno al quale cercare di stabilire un consenso unanime. Ripetono in continuazione che affinché ci sia la pace nel Medio Oriente, palestinesi, arabi e musulmani devono diventare, come l’Occidente, antisemiti, sposando il sionismo e abbracciando le affermazioni antisemite di Israele. A eccezione dei regimi dittatoriali arabi e dell’Autorità Palestinese e i suoi accoliti, nel 65° anniversario della conquista antisemita della Palestina da parte dei sionisti, quella che i palestinesi chiamano Nakba (21), il popolo palestinese e i pochi ebrei antisionisti sopravvissuti continuano a rifiutarsi di aderire a questa chiamata internazionale e di raccogliere questo incitamento all’antisemitismo. Essi affermano di essere, in quanto ultimi semiti, gli eredi delle lotte ebraiche e palestinesi precedenti la Seconda guerra mondiale contro l’antisemitismo e la sua espressione colonialista, il sionismo. È la loro resistenza che impedisce il trionfo dell’antisemitismo europeo nel Medio Oriente e in tutto il mondo.


Joseph Massad insegna Politiche arabe moderne e Storia del pensiero alla Columbia University di New York. È autore di La persistenza della questione palestinese, saggi sul sionismo e sui palestinesi.


http://www.aljazeera.com/indepth/opinion/2013/05/2013521184814703958.html



  1. la lingua americana istituisce una sottile differenza tra il termine Jew (che identifica sostanzialmente gli ebrei della diaspora http://dictionary.reference.com/browse/jew?s=t) e Hebrew (membro delle popolazioni semite che abitavano l’antica Palestinahttp://dictionary.reference.com/browse/hebrew?s=t). La stessa distinzione registra approssimativamente l’italiano tra giudeo (In senso stretto, denominazione con cui sono stati indicati gli Ebrei rimasti dopo la distruzione del regno d’Israelehttp://www.treccani.it/vocabolario/giudeo/) ed ebreo (Appartenente o relativo all’antico popolo semitico degli Ebrei, che occupò la Palestina sin dalla seconda metà del 2° millennio a. C. http://www.treccani.it/vocabolario/ebreo/ )
  2. http://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/Judaism/Haskalah.html
  3. Ostjuden: ebreo dei territori dell’Europa centro-orientalehttp://it.wikipedia.org/wiki/Ebreo_orientale
  4. shtetl: piccolo villaggio dell’Europa orientale, in yiddish
  5. http://www.jewfaq.org/yiddish.htm
  6. http://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/judaica/ejud_0002_0004_0_03730.html
  7. http://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/Zionism/First_Cong_&_Basel_Program.html
  8. http://www.fordham.edu/halsall/mod/1896herzl.asp
  9. http://jewishquarterly.org/2008/03/the-balfour-declaration-origins-and-consequences/
  10. http://www.yadvashem.org/odot_pdf/Microsoft%20Word%20-%203231.pdf
  11. http://www.aljazeera.com/indepth/opinion/2013/03/201331884943284526.html
  12. http://www.thenagain.info/webchron/WestEurope/NuremLaws.html
  13. http://www.rlwclarke.net/theory/SourcesPrimary/CesaireDiscourseonColonialism.pdf
  14. http://www.fas.org/sgp/crs/row/RL33808.pdf
  15. http://www.dnaindia.com/world/1697878/report-israel-arms-its-german-subs-with-n-tipped-cruise-missiles
  16. http://www.spiegel.de/international/world/israel-deploys-nuclear-weapons-on-german-submarines-a-836671.html
  17. gruppo ebraico presente in Palestina prima della creazione dello stato di Israele
  18. http://www.nizkor.org/faqs/auschwitz/auschwitz-faq-06.html
  19. http://www.genocidetext.net/gaci_holocaust.pdf
  20. http://www.bbc.co.uk/iplayer/episode/p004vxnz/Witness_Yasser_Arafats_speech_at_the_United_Nations/
  21. http://www.alnakba.org/



Traduzione di Roberta Verde per We are all on the Freedom Flotilla2 – News
https://www.facebook.com/pages/We-are-all-on-the-Freedom-Flotilla-2-News/157392614337212

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