venerdì 28 febbraio 2014

"OMAR" IL NUOVO FILM DI HANI ABU ASSAD


"OMAR" IL NUOVO FILM 
DI HANI DI ABU ASSAD



 di  Richard Falk  


'Omar': Scoprire la Palestina occupata


Il Nuovo Pellicola di Hani Abu Assad ci dice il Che la Continuazione dell'occupazione E intollerabile per israeliani e Palestinesi.

24 Feb 2014 11:34

(Articolo Pubblicato in  Aljazeera)
  
"Omar" E Il Secondo Pellicola Diretto da Hany Abu-Assad annuncio pellicola Essere finalista Tra I Lingua Straniera nominati a ricevere ONU Oscar a Alla cerimonia Del 2 marzo 2014 Degli Academy Awards. Il cinema precedente, "Paradise Now" (2005), faceva emergere la preoccupazione - in tal Momento Quale - degli attentati suicidi Venire la principale Tattica della Resistenza Palestinese Che esponeva ONU Profondi Conflitti Interiori Coloro Che vi partecipavano, i tragici Effetti di Tal Quale terrore sui Suoi Obiettivi israeliani, e la dura Mentalità manipolativa dei capi Che preparano Gli attentatori.


Abu-Assad, Ê Nel 1961 nato un emigrato Nazareth, E in Olanda Nel 1980 Scrive le sceneggiature per i Suoi Pellicola e li dirigé. Ha ONU grande talento per la narrazione Che mantiene ONU Pubblico affascinato Dal dramma Umano, Che colpisce i Principali Personaggi Palestinesi MENTRE illumina le Questioni Più Ampie di Profonda preoccupazione morale e Politica Senza scadere nia Mezzi didattici o nda cliché pur di trasmettere "il Messaggio". Così intesa, la Realizzazione di Abu-Assad E artistica, Nel Senso Primario, ma ci Sintonizza coi dilemmi di oppressione e servitù.
 Sotto Questi,, Aspetti, "Omar", ì superiore anche un "Paradise Now", nia Suoi Effetti duraturi Sugli Spettatori. Per Raccontare la Storia di cio Che la vita significazione Sotto l'Occupazione Israeliana, per il Modo in cui i Palestinesi vivono Giorno DOPO GIORNO, film Il Racconta brillantemente la semplicità dell'attrazione romantica in Contrasto con le anomalie di vite umilianti e tormentate vissute Dietro le mura della Prigione.
Il cinema di SI APRE con Omar Che scala il muro alto, prepotente di Sicurezza per superare la Separazione delle Famiglie arabe Che vivono su entrambi i Lati, essendo Stato ho intercettato Dalle Guardie israeliane Che suonano le sirene e Sparano ONU Colpo. Omar riesce Una Tariffa Rumore ea non lanciarsi verso la Salvezza. La Polizia Israeliana, A e Piedi in auto, follemente da la caccia a Omar attraverso i vicoli e le Strade di ONU Quartiere impoverito Palestinese.
La Fondamentale amarezza della situazione di Omar E Quella di Essere al tempo Stesso "un combattente per la libertà" e ONU sensibile Giovane uomo, Profondamente innamorato di Nadia, La Sorella Minore di Tarek, il comandante della Milizia. In ONU Realismo Tacito, Omar E incondizionatamente legato ad entrambe le cause, mettendo a repentaglio la SUA possibilita di Vivere Una vita All'ombra dell'acquiescenza alla Realtà dell'occupazione a Causa della SUA Scelta di dedicarsi, con grande Rischio e poca speranza, alla Liberazione del popolo Palestinese e della SUA terra.
Il muro rinforzato Dalle Forze di Sicurezza israeliane, ritratte Venire Astuti scrupoli e Senza, con La paura di ONU occupante e disgusto per Coloro Che tremano Sotto i rigori dell'occupazione, fornisce Una Metafora visiva indimenticabile Che fissa il calvario Persistente del popolo Palestinese.
In Un tocco Sottile, la corda utilizzata da Omar Pellicola Lungo Tutto il per EVITARE i posti di Blocco e superare la Separazione della SUA casa da Quella di Tarek e Nadia, trasmette anche la Comprensione Che il muro servono Molto Di Più per l'umiliazione e La Terra Che per la Sicurezza. La corda Rimane intatta per l'Intera Durata del film, anche se la SUA Presenza e l'uso Illegale devono Essere staticamente ovvii per le Forze di Occupazione israeliane Che mai SI Sono preoccupate di rimuoverla.
Cio Che emergono Più vividamente, Quando La Storia SI sviluppa, Sono Gli Effetti Profondamente disumanizzanti dell'occupazione prolungata. Omar e Nadia Hanno fascino e umorismo per il coraggio al Loro amore Una dolcezza indimenticabile e credibilità Che viene Portata alla vita attraverso la Consapevolezza di cio Che significazione Vivere Venire Prigionieri Virtuali Senza il Diritto di Viaggiare al di là del muro.  Fuggono dalle mura Che li imprigionano con il ricorso al Linguaggio della fantasia su Dove andare in Viaggio di nozze. Egli propone il Mozambico, lei ribatte con il Bangladesh, e poi Più sinceramente, ammette Che Parigi e Il Suo sogno, MENTRE entrambi Sono Pienamente consapevoli Che non potranno mai Avere l'Opportunità di Andare Oltre i confini squallide della Cisgiordania. Nadia Ricorda Che il Suo Viaggio Più Lungo al di là delle immediate citare in Giudizio Vicinanze E Stata Una Visita a Hebron, la Più Impressionante, piu umiliata città della Palestina occupata, nota per La Quotidiana Violenza dei coloni Contro la maggioritaria Comunità Palestinese Residente.
Il cinema di esprime meglio di zona Qualsiasi Libro l'intimità interattiva di occupanti e Occupati. L'agente segreto israeliano della Sicurezza, Rami, Chiama SUA madre per chiederle di prendere SUA Figlia Di Una scuola, e QUANDO lei chiede Perchè lui non puo farlo, lui Risponde: ". Mi Sono Bloccato Nel bel mezzo della fottuta Cisgiordania" Eppure, la Realizzazione Più rispettosa Sono Gli Effetti disumanizzanti orribili di questa Miscela di paura e di odio in Contesti di disuguaglianza indicibile, con il Controllo Totale Apparentemente da ONU Lato, e Completa la Vulnerabilità sul Lato opposto.
Le scene di tortura, vieni il muro, Sono entrambi orribili Nella Loro emanazione, Ma anche Metafore di cio Che significazione Vivere Tutta la Tua vita all'interno di Strutture schiavizzanti di Relazione.
L'altra Metafora dell'arresto viene convogliata Nella scena dell'intrappolamento il Che SI verifica DOPO Che Omar viene prelevato Venire Sospetto in incidente Nazioni Unite in cui ONU soldato israeliano viene ucciso da ONU Attacco Palestinese. Rami, Che recita il ruolo e dai e Dai di ONU prigioniero jihadista Che fornisce delucidazioni al detenuto APPENA Arrivato, Gli dadi Tutto Quello Che non svi Tariffa per EVITARE la catastrofe Personale, il Che SI concludere mettendolo in guardia Sulle conseguenze di Una confessione.
Omar prudentemente in silenzio Per tutta la Conversazione, esplode improvvisamente con parole eloquenti: ". Non confesserò mai"
Rami ha REGISTRATO l'Intero incontro che Fa Ascoltare ad Omar, con l'Obiettivo di assumerlo Venire informatore o collaboratore. Rami Tagliare a dadini Una Omar Che le tre parole da lui pronunciate Sono sufficienti ONU tribunale ONU militare israeliano per condannarlo all'ergastolo, Una conclusione confermata dall'avvocato della Difesa israeliano di Omar.
Vieni col muro, l'intrappolamento e La Realtà terribile Che impedisce a Tutti i Palestinesi Una vita Degna e vera, la Sopravvivenza Diventa pari al tradimento, e nia Suoi Metodi insidiosi, l'agente di Sicurezza israeliano alla Rimane bene intrappolata Venire Omar, e con lui sperimenta ONU destino comune.
La Realtà della Resistenza armata Palestinese ha dovuto conseguenze importanti, anche se sembra attualmente in QUALCHE Modo Inutile Venire Prospettiva per sfidare l'Occupazione Capace di promettere la Liberazione: Dà dignita ai Palestinesi Che sembrano Uniti Nella Loro Volontà di Vivere, Fino alla morte, nonostante Siano indifesi e Rende Gli israeliani vul, nonostante il Loro apparente Totale Controllo della situazione a Causa del Loro armamento, la Polizia, la Tecnologia di sorveglianza, e Il Senso di arrogante superiorità razziale.
In Effetti, Lo Schiavo Disperato, Quando la vita è priva di significato Personale, puo Sacrificare se Stesso in Un Atto Simbolico di vendetta, e di infliggere Dolore e Danno al padrone. Visto da Una Prospettiva Israeliana, NON C'E Modo per raggiungere la Sicurezza Totale (TRANNE col genocidio Totale), non Intelligenti Importa Quanto, sofisticati, e oppressivi Siano i Sistemi di Controllo messi in Atto. La Tecnologia non E in Grado di Tariffa Tutto Il Lavoro, e per QUESTO Motivo, la fallibilità Umana Prodotti Semper Una sorta di bis altera parte della popolazione non del Tutto soggiogata e vinta.  Per QUESTO Motivo, da altera parte Palestinese, niente NON C'E di Peggio Che Diventare ONU collaboratore, ma solista ONU eroe TRA Gli eroi avrebbe la Capacità sovrumana di EVITARE Dati similitudine Destino delle Nazioni Unite la brutalità USATA Dagli israeliani per acquisire le Informazioni necessarie per imporre la Loro Volontà annuncio Una popolazione ostile.
Per l'occupante il reclutamento dei collaboratori e Una altera parte vitale per migliorare la Sicurezza, per l'Occupato, E L'umiliazione finale, rendendo il destino del traditore di gran lunga Peggiore di Quella dello schiavo.
Omar Ê ritratto in Maniera Affascinante Perchè Egli soccombe, e tuttavia alla multa lui non soccombe. Amjad, il Suo amico, collabora con Gli israeliani per Tenere Omar Lontano da Nadia, pellicola Nel Una incantevole studentessa Palestinese con Una Presenza radiosa. 
Vieni Spettatori Siamo sfidati Dalla Visione biopolitica Che i Desideri romantici possono Avere Una precedenza mortale Sulla lealtà Politica e l'amicizia Per tutta la vita. A Proposito QUESTO, la Potenza dell'amore e Piu grande del Potere del Potere, l'imperativo Privato Che trascende l'impegno Pubblico.

"Omar" non fa Nessuno Sforzo per rappresentare le Grandi Questioni di Tattica di Resistenza, di considerare l'intrigo politico TRA fazioni Palestinesi, di rappresentare Una Visione Di Una ritmo realizzabile, o mettere in gioco il Comportamento dei Politici, le Nazioni Unite, la Comunità Internazionale.
 Tali Considerazioni vengono ignorate, e sembrano irrilevanti alle Forze Che influiscono quotidianamente Sulla vita dei Palestinesi. Prende il Presente Venire ONU Dato Apparentemente permanente, in Effetti, Una Società di Prigionieri condannati a vita Senza alcuna speranza di Libertà vigilata o di fuga. Così intesa, l'Attuale Prigione Israeliana Che viene rappresentata Nel cinema e Una Prigione all'interno di Una Prigione, Cioè Una enclave murata Che esiste all'interno di ONU Murato Paese.
Il grande Merito di Hany Abu-Assad Nel cinema QUESTO E di quello farVi Sentire e Pensare, e FORSE con la speranza di AGIRE. Sono uscito Dal cinema con la sensazione prevalente Che la Continuazione di questo Occupazione E intollerabile per entrambe le parti, il Che disumanizza Gli israeliani Tanto Quanto i Palestinesi, una Causa catturati Popoli Nella section Un circolo vizioso di sottomissione, Resistenza, tradimento e la letalità.
Ma non c'e Uguaglianza Nelle Circostanze di vita. I padroni israeliani vivono la vita in modi Molto Più Normali RISPETTO AI Loro Schiavi Palestinesi, almeno per Ora, almeno fino a Nightlife Nightlife QUANDO le mura della Prigione crolleranno.

(Richard Falk e Professore Emerito di Diritto internazionale Presso la Princeton University e Research Fellow Presso Orfalea Center of Global Studies. Ho anche Relatore speciale per le Nazioni Unite sui Diritti, CD Umani dei Palestinesi.)

(La Traduzione Testo e mia)


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ENGLISH VERSION


'Omar': Scoprire Palestina occupata

By Richard Falk


            OMAR is the second film directed by Hany Abu-Assad to be a finalist among foreign language films nominated to receive an Oscar at the 2014 Academy Awards ceremony on March 2nd. The earlier film, PARADISE NOW (2005), brought to life the preoccupation at the time with suicide bombing as the principle tactic of Palestinian resistance by exposing the deep inner conflicts of those who partake, the tragic effects of such terror on its Israeli targets, and the hardened manipulative mentality of the leaders who prepare the perpetrators. Abu-Assad born in 1961 in Nazareth, emigrated to the Netherlands in 1980, writes the screen plays for his movies as well as directs. He has a profound gift for story telling that keeps an audience engaged with the human drama affecting the principal Palestinian characters while illuminating broader issues of profound moral and political concern without stooping to didactic means of conveying ‘the message.’ So understood, Abu-Assad’s achievement is artistic in the primary sense, yet attunes us to the dilemmas of oppression and servitude.

            In these respects OMAR is superior even to PARADISE NOW, telling the story of what life under Israeli occupation means for the way Palestinian lives are lived, the normalcy’s of romantic attraction contrasting with the abnormalities of humiliating lives lived behind prison walls. The film opens with Omar climbing the high domineering security wall to overcome the separation of Arab families living on either side, being detected by the Israeli guards who sound sirens and fire a shot. Omar manages to clamor back down and leap to safety. Israeli police on foot and in cars pursue Omar through the alleyways and streets of an impoverished Palestinian neighborhood. The underlying poignancy of Omar’s situation is to be at once ‘a freedom fighter’ and a sensitive young man deeply in love with Nadia, the younger sister of Tarek, his militia commander. In an unspoken realism, Omar is unconditionally bound to both causes, jeopardizing his chance to live a shadow life of acquiescence to the realities of occupation by his choice to dedicate himself at great risk and little hope to the liberation of the Palestinian people and their land.

            The wall reinforced by the Israeli security forces, portrayed as cunning and unscrupulous, with an occupiers’ fear and loathing for those who cower under the rigors of occupation, provides an unforgettable visual metaphor that captures the daily ordeal of the Palestinian people. In a subtle touch, the rope used by Omar throughout the film to avoid the checkpoints and overcome the separation of his home from that of Tarek and Nadia also conveys an understanding that the wall is much more about humiliation and land than it is about security. The rope remains untouched during the entirety of the film, although its presence and illegal use must have been obvious to the Israeli occupation forces that never bother to remove it.

            What emerges most vividly as the story unfolds is the dehumanizing effects of prolonged occupation. Omar and Nadia have charm and humor to give their love for another an unforgettable credibility that is brought to life by their awareness of what it means to live without the right to travel beyond the wall. They talk in the language of fantasy about where to go on their honeymoon: he proposes Mozambique, she counters with Bangla Desh, and then more truly, admits that Paris is her dream, while they both fully realize that they will never get the opportunity to get beyond the dingy confines of the West Bank. Nadia’s biggest trip outside of her immediate neighborhood was a visit to Hebron, the tensest, most humiliated city in occupied Palestine, notorious for daily settler violence against the large residentPalestinian community.

            The film conveys better than any book the interactive intimacies of occupier and occupied. The Israeli lead security agent, Rami, calls his mother to ask her to pick up his daughter from school, and when she asks why he can’t do it, he responds “I am stuck in the middle of the fucking West Bank.” Yet the most abiding realization is the horrible dehumanizing effects of this mixture of fear and hatred in contexts of unspeakable inequality, with total control seemingly on one side, and complete vulnerability on the other side. The torture scenes, like the wall, are both horrible in their own enactment, but also metaphors of what it means to live your entire life within master/slave structures of relationship.

            The reality of Palestinian violent resistance has two important consequences even though it seems currently futile from the perspective of challenging the occupation in any way that promises to liberation: it gives dignity to Palestinians who seem united in their will to live-unto-death despite their defenselessness and it makes Israelis vulnerable despite their seeming total control of the situation as a result of their weaponry, police, surveillance technology, and arrogant sense of racial superiority. In effect, the desperate slave when life is deprived of all personal meaning can sacrifice himself in a symbolic act of vengeance, and inflict pain and loss on the master. Seen from an Israeli perspective, there is no way to achieve total security (this side of total genocide) no matter how clever, sophisticated, and oppressive the systems of control put in place. Technology is incapable of doing the whole job, and for this reason, human fallibility always produces some sort of payback from the incompletely vanquished subjugated population.

            For this reason, from the Palestinian side, nothing is worse that becoming a collaborator, and yet only a hero among heroes, would have the super-human capacity to avoid such a fate given the brutality used by Israelis to acquire the information they need to enforce their will on a hostile population. For the occupier recruiting collaborators is a vital part of improving security; for the occupied, it is the final humiliation, making the fate of the traitor far worse than that of the slave. Omar is portrayed in a fascinating manner because he succumbs, and yet in the end he doesn’t succumb. Amjad, his friend collaborates with the Israelis to steal Omar away from Nadia, with the biopolitical insight that romantic longings may take lethal precedence over political loyalty and lifelong friendship. In this respect, the power of love is greater than the power of power. The film also is faithful to the traditional social norms that bind Palestinians to family relations in ways that also enslave, including the total disempowerment of women. Nadia is portrayed as strong in her dual attachments to love and resistance, and yet is deprived by Palestinian norms of freedom in relation to her body and choice of partner. In this sense, Nadia is doubly occupied.

            OMAR makes no effort to depict the larger issues of resistance tactics, to portray some vision of a realizable peace, or to bring into play the behavior of politicians, the UN, the international community. Such considerations are ignored, and seem irrelevant to the forces that impact daily on Palestinian lives. It takes the present as a seemingly permanent given, in effect, a society of prisoners sentenced for life with no hope for parole or escape. So understood, the actual Israeli prison that is depicted in the film is a prison within a prison, that is, a walled enclave that exists within a walled country.

            The great achievement of Hany Abu-Assad in this film is to make you feel and think, and maybe hopefully act. I left the theater with the overriding sense that the continuation of this occupation is intolerable for both sides, that it dehumanizes Israelis as much as it does Palestinians, two peoples caught in a vicious circle of subjugation and resistance. But not equally so caught as the masters live life in more satisfying ways than the slaves, at least for now, at least until the walls come tumbling down.

(Richard Falk E Albert G. Milbank Professore Emerito di Diritto internazionale Presso la Princeton University e Research Fellow, Orfalea Centro Globale Studies.He E ANCHE il Relatore speciale delle Nazioni Unite sui CD Diritti Umani dei Palestinesi.)

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