sabato 30 agosto 2014

Fusaro: “Siamo nella Quarta guerra mondiale e l’ha scatenata l’America


Giovedì, 28 Agosto 2014 15:57


Fusaro: “Siamo nella Quarta guerra mondiale e l’ha scatenata l’America”

Fusaro: “Siamo nella Quarta guerra mondiale e l’ha scatenata l’America”
Siamo in una nuova guerra mondiale, ma non è la Terza, come ha detto Papa Francesco, bensì la Quarta, quella per il dominio globale scatenata da Washington. Questo, almeno, è il pensiero del filosofo Diego Fusaro, che per spiegare la politica statunitense in Libia, Iraq e Siria scomoda Shakespeare: "C'è del metodo in questa follia"... Fusaro, ha ragione il Papa a dire che siamo nella Terza guerra mondiale?

«È vero, siamo in una guerra mondiale, su questo concordo con Bergoglio, solo che io, seguendo il mio maestro Costanzo Preve, credo che siamo nella Quarta guerra mondiale».
Quale sarebbe stata, allora la Terza?
«La Terza è stata la Guerra fredda. La Quarta guerra è quella che gli Usa hanno dichiarato al mondo che resiste alla globalizzazione, cioè alle mire imperialistiche statunitensi. Come diceva quella canzonetta "And the world will be as one"...».
Siria, Libia, Iraq: tre stati passati dal nazionalismo laico alla cappa fondamentalista dopo interventi Usa. Ma gli Usa ci sono o ci fanno?
«Citando il principe Amleto, direi che "c'è del metodo in questa follia". Si tratta di distruggere i governi sovrani degli stati che resistono, creando del disordine organizzato per poi intervenire in modo pemanente in quelle aree che, si dice, non sono in grado di governarsi da sole».
Obama pochi mesi fa voleva bombardare Assad. Ora vuole bombardare i nemici di Assad. Sicuro che si tratti solo di un piano e non anche di una certa impreparazione di fondo?
«La situazione è in parte sfuggita di mano, non c'è dubbio, c'è una incomprensione generale di alcune dinamiche, ma c'è anche la ferrea volontà di mantenere il proprio potere imperialista».
Cosa rimane, oggi, delle "primavere arabe"?
«Le primavere arabe, come le rivoluzioni colorate, sono episodi interni alla Quarta guerra mondiale. Sicuramente vanno fatti dei distinguo, in Egitto e Tunisia la rivolta non è stata la stessa che in Libia, per esempio. C'è tuttavia un filo rosso che è il passaggio dal panarabismo nazionalista all'occidentalismo capitalista».
A questo punto dobbiamo inerrograci sul significato dell'esportazione della democrazia. Cosa non ha funzionato? Era una bella idea applicata male? Era il concetto stesso di democrazia pensato male?
«Già il concetto in sé di esportare la democrazia implica una reificazione: la democrazia si "esporterebbe" come i telefonini o i deodoranti. Ma la democrazia non è una merce, è la fase dello sviluppo di un popolo che matura nella sua autocoscienza, nella sua storia. In realtà l'esportazione della democrazia era solo una maschera per coprire l'imperialismo nella sua triade ben spiegata da Preve: interventismo umanitario, bombardamento etico, embargo terapeutico. Del resto aveva ragione Schmitt: chi parla in termini di diritti umani si sta già arrogando il diritto di stabilire chi è umano e chi no...».
Fonte: http://www.intelligonews.it/fusaro-siamo-nella-quarta-guerra-mondiale-e-lha-scatenata-lamerica/

giovedì 28 agosto 2014

IL GENOCIDIO INCREMENTALE DI ISRAELE

Il genocidio incrementale di Israele 
nel ghetto di Gaza 


di Ilan Pappe


16 lug 2014

Barriera Protettiva, colonizzazione, gaza, Israele, Palestina, sionismo

by Redazione

La riduzione del numero di palestinesi in tutta la Palestina storica è ancora un obiettivo sionista, scrive Ilan Pappe’.

 

– Electronic Intifada

 Roma, 16 luglio 2014, Nena News –


In un articolo del settembre 2006 per Electronic Intifada, ho definito la politica israeliana verso la Striscia di Gaza un ‘genocidio incrementale’. L’attuale assalto di Israele a Gaza purtroppo indica che questa politica non accenna a diminuire. Il termine è importante perché localizza in modo appropriato l’azione barbara di Israele – allora e adesso – in un contesto storico più ampio. Si deve insistere su questo contesto, dal momento che la macchina della propaganda israeliana tenta ancora e ancora di narrare le sue politiche come fuori contesto e trasforma ogni pretesto che trova in ogni nuova ondata di distruzione nella principale giustificazione per un altro massacro indiscriminato nei campi di sterminio della Palestina. Il contesto La strategia sionista di brandire le sue ​​politiche brutali come risposta ad hoc per questa o quella azione palestinese è vecchia come la presenza sionista stessa in Palestina. E ‘stata utilizzata più volte come giustificazione per l’attuazione della visione sionista di una futura Palestina che ha in sé molto pochi, se non nessun, dei nativi palestinesi. I mezzi per raggiungere questo obiettivo sono cambiati con gli anni, ma la formula è rimasta la stessa: qualunque sia la visione sionista di uno Stato ebraico, può materializzarsi solo senza un numero significativo di palestinesi in esso. E oggi la visione è di un Israele che si estende su quasi tutta la Palestina storica in cui milioni di palestinesi vivono ancora. L’onda genocida presente ha, come tutte le precedenti, anche uno sfondo più immediato. E’ nata dal tentativo di sventare la decisione palestinese di formare un governo di unità nazionale cui neanche gli Stati Uniti potevano opporsi. Il crollo della disperata iniziativa di “pace” del Segretario di Stato americano John Kerry ha legittimato l’appello palestinese alle organizzazioni internazionali per fermare l’occupazione. Al tempo stesso, i palestinesi hanno guadagnato un’ampia benedizione internazionale per il tentativo prudente rappresentato dal governo di unità nazionale di organizzare ancora una volta una politica coordinata tra i vari gruppi palestinesi e tra le varie agende. Fin dal giugno del 1967, Israele ha cercato un modo per mantenere i territori occupati quell’anno senza incorporare la loro popolazione palestinese indigena nella sua cittadinanza fatta di diritti-cuscinetto. Per tutto il tempo ha partecipato alla farsa di un “processo di pace” per coprire o guadagnare tempo per le sue politiche di colonizzazione unilaterale sul terreno. Con i decenni, Israele ha differenziato tra le aree che intendeva controllare direttamente e quelle che avrebbe gestito indirettamente, con l’obiettivo a lungo termine del ridimensionamento della popolazione palestinese al minimo con, tra gli altri mezzi, pulizia etnica e strangolamento economico e geografico. La posizione geopolitica della Cisgiordania crea l’impressione in Israele – almeno – che sia possibile raggiungere questo obiettivo senza anticipare una terza rivolta o troppa condanna internazionale. La Striscia di Gaza, per la sua unica posizione geopolitica, non si presta così facilmente a tale strategia. Fin dal 1994, e ancor più quando Ariel Sharon è salito al potere come primo ministro nei primi anni 2000, la strategia era quella di ghettizzare Gaza e in qualche modo si sperava che la gente del posto – 1,8 milioni a partire da oggi – sarebbe caduta nell’oblio eterno. Ma il Ghetto ha dimostrato di essere ribelle e non disposto a vivere in condizioni di strangolamento, isolamento, fame e collasso economico. Rispedirlo al dimenticatoio richiede la prosecuzione delle politiche di genocidio. Il pretesto Il 15 maggio le forze israeliane hanno ucciso due giovani palestinesi nella città cisgiordana di Beitunia, con il loro assassinio a sangue freddo a causa del proiettile di un cecchino ripreso da un video. I loro nomi – Nadim Nuwara e Muhammad Abu al-Thahir – sono stati aggiunti alla lunga lista di simili omicidi negli ultimi mesi e anni. L’uccisione di tre adolescenti israeliani, due dei quali minorenni, rapiti nella Cisgiordania occupata nel mese di giugno, era forse una rappresaglia per le uccisioni dei ragazzini palestinesi. Ma per tutte le depredazioni dell’occupazione oppressiva, ha fornito il pretesto prima di tutto per distruggere la delicata unità in Cisgiordania, e poi per la realizzazione del vecchio sogno di spazzare via Hamas da Gaza in modo che il Ghetto potesse essere di nuovo tranquillo. Dal 1994, ancor prima dell’ascesa di Hamas al potere nella Striscia di Gaza, la particolare posizione geopolitica della Striscia aveva chiarito che qualsiasi azione punitiva collettiva, come quella inflitta oggi, poteva essere solo un’operazione di uccisioni di massa e distruzione. In altre parole: un genocidio continuo. Questo riconoscimento non ha mai inibito i generali che danno l’ordine di bombardare la gente dall’aria, dal mare e via terra. La riduzione del numero di palestinesi in tutta la Palestina storica è ancora la visione sionista. A Gaza, la sua realizzazione prende la sua forma più disumana. La particolare tempistica di questa ondata è determinata, come in passato, da ulteriori considerazioni. L’agitazione sociale interna del 2011 è ancora bollente e per un po ‘ c’è stata la richiesta pubblica di tagliare le spese militari e spostare i soldi dal budget gonfiato per la “difesa” ai servizi sociali. L’esercito ha bollato questa possibilità come suicida. Non c’è nulla come un’operazione militare per soffocare eventuali voci che chiedono al governo di tagliare le spese militari. Tipiche caratteristiche delle fasi precedenti a questo genocidio incrementale riappaiono anche in questa ondata. Si può testimoniare ancora una volta il consensuale supporto ebraico-israeliano per il massacro di civili nella Striscia di Gaza, senza una voce significativa di dissenso. A Tel Aviv, i pochi che hanno osato manifestare contro di essa sono stati picchiati da teppisti ebrei, mentre la polizia stava a guardare. L’accademia, come sempre, diventa parte della macchina. Una prestigiosa università privata, il Centro Interdisciplinare di Herzliya, ha istituito “un quartier generale civile” in cui gli studenti volontari possono servire da portavoce della campagna di propaganda all’estero. Il supporto è prontamente reclutato, non mostra le immagini della catastrofe umana che Israele ha provocato e informa il suo pubblico che questa volta “il mondo ci capisce ed è dietro di noi.” Tale affermazione è valida fino al punto in cui le élite politiche in Occidente continuano a fornire la vecchia immunità allo “stato ebraico.” Tuttavia, i media non hanno fornito a Israele proprio il livello di legittimità che cercava per le sue politiche criminali. Eccezioni evidenti includono i media francesi, in particolare France 24 e la BBC, che continuano vergognosamente a ripetere a pappagallo la propaganda israeliana. Questo non sorprende, dal momento che gruppi di pressione pro-Israele continuano a lavorare instancabilmente per diffondere la causa di Israele in Francia e nel resto d’Europa come fanno negli Stati Uniti. La strada da percorrere Sia che si tratti di bruciare vivo un giovane palestinese di Gerusalemme, o di una sparatoria fatale per altri due, solo per il gusto di farlo a Beitunia, o che si uccidano intere famiglie a Gaza, questi atti possono essere perpetrati solo se la vittima è disumanizzata. Ammetto che in tutto il Medio Oriente ci sono orribili casi in cui la disumanizzazione ha provocato orrori inimmaginabili, come accade oggi a Gaza. Ma c’è una differenza fondamentale tra questi casi e la brutalità israeliana: i primi sono condannati come barbari e disumani in tutto il mondo, mentre quelli commessi da Israele sono ancora pubblicamente leciti e approvati dal presidente degli Stati Uniti, dai leader della UE e dagli amici di Israele in tutto il mondo. L’unica possibilità per una lotta efficace contro il sionismo in Palestina è quella basata su un’agenda diritti umani e civili che non distingua tra una violazione e l’altra, e che identifichi chiaramente le vittime e i carnefici. Coloro che commettono atrocità nel mondo arabo contro le minoranze oppresse e le comunità inermi, così come gli israeliani che commettono questi crimini contro il popolo palestinese, dovrebbero essere tutti giudicati secondo gli stessi principi morali ed etici. Sono tutti criminali di guerra, anche se nel caso della Palestina sono stati al lavoro più a lungo di chiunque altro. In realtà non importa l’identità religiosa delle persone che commettono le atrocità o in nome di quale religione essi pretendono di parlare. Sia che si chiamino jihadisti, “giudaisti” o sionisti, essi dovrebbero essere trattati allo stesso modo. Un mondo che smetta di impiegare due pesi e due misure nei suoi rapporti con Israele è un mondo che potrebbe essere molto più efficace nella risposta ai crimini di guerra in altre parti del mondo. La fine del genocidio incrementale a Gaza e la restituzione dei diritti civili e umani base ai palestinesi ovunque essi siano, compreso il diritto al ritorno, è l’unico modo per aprire una nuova prospettiva per un intervento internazionale produttivo in Medio Oriente nel suo complesso.



Nena News Traduzione a cura della redazione di Nena News - See more at: http://nena-news.it/il-genocidio-incrementale-di-israele-nel-ghetto-di-gaza/#sthash.p2LWBDu9.dpuf

martedì 12 agosto 2014

GAZA 2014: IL MASSACRO INFINITO

GAZA 2014: IL MASSACRO INFINITO

di DIEGO  SIRAGUSA
Scrivo alle ore 12 del 4 agosto 2014 e non so quali saranno gli sviluppi dell’attacco a Gaza nei prossimi giorni. So che in questo momento i morti, quasi tutti civili, sono oltre 1800, i feriti più di 9.000, le case distrutte oltre 10.000 e proseguono i bombardamenti israeliani in una striscia di terra di 10 km. per 40 abitata da quasi 1.700.000 abitanti. Un formicaio è stato definito in cui è impossibile il cosiddetto omicidio mirato senza fare “danni collaterali”, espressione orrenda che denota le vittime innocenti.
10533544_1516963105189096_7575090596067845958_nRicostruiamo questa follia del sionismo ebraico, perché di questo si tratta, e di tutti i suoi complici. I colloqui di pace sono falliti, e lo sapevamo in anticipo, a causa della pretesa di Israele di non riconoscere l’illegalità delle colonie e del furto di terra palestinese. Non solo: ha preteso per sé il totale controllo del futuro stato palestinese, delle sue frontiere e risorse e la continuazione all’infinito di un controllo militare in Cisgiordania dentro uno stato a sovranità limitata e smilitarizzato. In questo contesto avvengono alcuni fatti degni di nota. L’Unione Europea ed alcuni stati, tra cui Italia, avvisano di non fare investimenti nei Territori occupati da Israele che sono giudicati illegali dal diritto internazionale e dovranno essere restituiti. Intanto proseguono gli insediamenti illegali e le uccisioni di palestinesi, il trattenimento delle tasse prelevate da Israele come ricatto, la limitazione delle risorse idriche, la mancanza di energia a Gaza, la limitazione della zona di pesca ridotta a 3 miglia dalla costa costringendo i gazawi alla fame, alla disoccupazione e a mendicare la sopravvivenza dalle organizzazioni umanitarie, come avviene da molti decenni. Aumentano le condanne contro Israele in tutte le sedi internazionali per la sua protervia a calpestare tutte le risoluzioni dell’ONU e i diritti umani fondamentali.
La pretesa di Israele è che i palestinesi non devono difendersi, non devono reagire altrimenti sono terroristi. Avviene un fatto nuovo: la riconciliazione tra Al Fatah e Hamas e la costituzione di un governo di unità nazionale che ha giurato e si è insediato per l’esercizio delle sue funzioni. E’ un duro colpo per Israele che ha prosperato sulle aspre divisioni delle due organizzazioni. Che fare? Occorreva creare le condizioni per rompere questa alleanza e far saltare l’intero processo di pace da cui Israele è uscito come il convitato di pietra additato come responsabile dalla comunità internazionale. Occorreva recuperare credibilità, quindi, attraverso un fatto nuovo per recuperare la simpatia storica dell’occidente verso Israele che intanto si era intiepidita. Il 12 giugno il governo israeliano diffonde la notizia che tre giovani coloni, ovvero occupanti abusivi di terra palestinese, sono scomparsi dalla loro casa. Si dice che sono stati rapiti e si mobilita l’esercito per cercarli. I soldati irrompono nella case dei palestinesi rompendo mobili, suppellettili e televisori. Un vero saccheggio accompagnato da violenze, percosse e abusi gratuiti. Nel corso di tutti questi anni, centinaia e migliaia di palestinesi sono stati uccisi, sequestrati e imprigionati senza processo ma nessuno ha gridato sui mezzi di informazione di tutto il pianeta denunciando l’ingiustizia.BsnQsYMIMAE4FhLNessuno! Netanyhau, senza prove, accusa subito Hamas di aver rapito i tre ragazzi, accusa che Hamas respinge con fermezza. Domanda: perché Netanyhau accusa proprio Hamas senza alcuna prova? Che interesse aveva Hamas a fare un simile atto in un momento di ricomposizione dell’unità palestinese? Non era meglio per Hamas rapirli e negoziare la liberazione di qualche migliaio di detenuti palestinesi? E poi: alcuni giorni prima, il 15 maggio, due ragazzi palestinesi sono stati uccisi durante una pacifica dimostrazione presso la prigione di Ofer da soldati israeliani e un terzo giovane è stato colpito da un proiettile ferendolo gravemente. La scena è stata registrata da una telecamera fissa. Le foto di quei due ragazzi e il video sono disponibili nella rete web ma non sono apparse sui giornali e le autorità palestinesi non hanno fatto rappresaglie. Ad aprire il fuoco contro i ragazzi sono state le guardie della prigione israeliana di Ofer. Crimine negato, nonostante le evidenze, crimine impunito come tutti i crimini israeliani. “Colpiremo Hamas ovunque, pagherà per il terribile crimine commesso”; sono parole pronunciate dal primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, dopo la scoperta del ritrovamento dei cadaveri dei tre ragazzi ebrei rapiti nei dintorni di Hebron, una zona tra le più calde della Cisgiordania controllata dall’esercito israeliano, secondo gli Accordi di Oslo. Nei giorni precedenti erano stati uccisi 12 palestinesi innocenti su cui il sistema dell’informazione ha colpevolmente taciuto. Si scatena la violenza dello stato ebraico alimentata dalla isteria di massa. Un bambino palestinese di 16 anni viene rapito da coloni ebrei fanatici e bruciato vivo. Vengono arrestati gli autori del crimine che confessano. Questa notizia, per la sua crudeltà, ottiene uno spazio dignitoso nei mezzi di informazione, ma è casuale che nessuno si sia interessato ai 12 palestinesi innocenti uccisi dai soldati israeliani? Tra di essi tre bambini? Non sono anch’essi esseri umani? Questa è la prova del razzismo che lo stato di Israele e tutti i suoi manutengoli sanno instillare nell’opinione pubblica. Si tratta di giocare sulle emozioni suscitate dai giornali e dai mezzi visivi di comunicazione controllati dai sionisti. Negli USA aumenta la rabbia contro Israele e aumentano gli ebrei antisionisti, come il gruppo che si chiama JSTREET e i rabbini di Neturei Karta.Gaza genn 2009
Delle centinaia e migliaia di palestinesi uccisi non si parla…. tranne per dire che si fa bene ad ucciderli. È molto probabile che siano stati gli stessi israeliani tramite il Mossad ad orchestrare questo delitto in un momento cruciale. I colloqui di pace sono falliti per colpa di Israele. Non dimentichiamo che i tre ragazzi erano in una colonia illegalmente occupata e facevano parte di quei gruppi di estremisti ebrei favorevoli alla espulsione spietata dei palestinesi. Sono gli stessi che ogni giorno, protetti dai soldati, rendono la vita impossibile ai palestinesi. Occorreva, a questo punto, un pretesto, una provocazione per riguadagnare la simpatia dell’opinione pubblica e azzerare ogni processo di pace favorendo l’estensione degli insediamenti e mettere la comunità internazionale davanti al fatto compiuto. Israele ordina i primi bombardamenti su Gaza per colpire Hamas, innocente per il crimine ad esso attribuito, ed Hamas, legittimamente, reagisce con il lancio di razzi sulle città israeliane. Questi accadimenti sono provati e documentati come un teorema matematico, ma per i governi occidentali e per il loro servile sistema di informazione sono i razzi di Hamas l’origine di tutto e si propaga, urbi et orbi, la frase idiota, demenziale che “Israele ha il diritto di difendersi”, frase che il partito trasversale degli imbecilli ripete senza pudore.
Accade, intanto, un fatto inquietante riferito dal quotidiano israeliano “Ha’aretz” con un articolo di Barak Ravid: «Il 5 giugno ha avuto luogo una riunione straordinaria nell’ufficio del ministro dell’Interno. Il capo del Mossad Tamir Pardo ha detto ai presenti: “Non dovete assolutamente approvare la legge che dà al governo la possibilità di scambiare terroristi condannati per omicidio. Questa legge avrà come conseguenza la riduzione del campo d’azione del governo in caso di rapimenti”. Pardo si è poi rivolto al ministro dell’Economia Naftali Bennet: “Immagini uno scenario che preveda il rapimento di tre adolescenti israeliani. Che cosa farebbe lei se tre quattordicenni venissero rapiti da un insediamento tra una settimana? Che cosa ci farete con quella legge?». Quindi il Mossad sapeva già che sarebbero stati rapiti i tre ragazzi ebrei! La storia non finisce qui! Il 25 luglio il quotidiano IL GIORNALE riporta la notizia di una rivelazione del capo della polizia israeliana, Mickey Rosenfeld, concessa all’inviato della BBC a Gerusalemme, John Donnison. Secondo lui Hamas non c’entra nulla col rapimento dei tre giovani coloni ebrei ed attribuisce genericamente l’uccisione ad una “cellula solitaria”. E aggiunge che, “se il rapimento fosse stato ordinato dalla leadership di Hamas, (la polizia) lo avrebbe saputo per tempo”. Queste due notizie avrebbero dovuto indurre tutto il sistema informativo, arruolato tra i nazisti israeliani, almeno alla prudenza e alla ricerca della verità. Accade l’esatto contrario: nessuno indaga, nessuno si pone domande, nessun capo di stato osa chiedere spiegazioni a Israele e porre una domanda semplicissima: “Se non è stato Hamas, perché massacrate i cittadini innocenti di Gaza?”
3Ho letto i commenti della ministra italiana degli Esteri Mogherini: non una parola sui palestinesi uccisi ma esecrazione sui pochi soldati israeliani uccisi in combattimento dai patrioti di Hamas. Il Primo Ministro Matteo Renzi ha taciuto a lungo e, nelle poche occasioni in cui ha aperto bocca, ha detto parole indegne e ignobili degne di un filisteo. Non una parola che mostri il sentimento della compassione, non un parola sul sequestro di un intero popolo che dura da 66 anni. Ipocriti!!! Nel libro VIVERE CON LA SPADA di Livia Rokach, che ho tradotto per i lettori italiani, vi sono le prove che il metodo delle provocazioni e delle rappresaglie fu teorizzato da Moshe Dayan e da Ben Gurion già subito dopo la proclamazione dello stato d’Israele. Il libro si fonda sui diari di Moshe Sharett, il numero due del sionismo mondiale e Primo Ministro israeliano il quale affidò ai suoi diari l’orrore per i crimini commessi dagli ebrei sionisti contro i palestinesi. Ecco perché gli ebrei di Milano, recentemente, hanno tentato di impedirmi di presentare il libro.
Esaminiamo l’altra ipotesi: sono stati dei palestinesi a rapirli ed ucciderli. L’ingiustizia che stanno subendo i palestinesi e le loro frustrazioni sono arrivate ad un tale punto che giustificano azioni come queste; azioni di autodifesa, di resistenza. Quando da Gaza sparano dei razzi è perché gli israeliani arbitrariamente hanno bombardato, usando spesso armi proibite, ma per l’occupante la vittima non deve reagire, deve subire altrimenti è un “terrorista”. Ci sono centinaia di bambini, di minorenni nelle carceri israeliane e SAVE THE CHILDREN ha denunciato questi orrori nell’indifferenza generale. E ora si piange su tre giovani misteriosamente assassinati? Chi è il colpevole? Non dò io la risposta ma lascio parlare la figlia di un generale israeliano che mi ha scritto alcuni giorni fa angosciata, una donna coraggiosa che lotta per i diritti umani e subisce attacchi ed oltraggi in quanto ebrea vicina ai palestinesi, Nurit Peled, figlia del generale israeliano Matti Peled: ” Who is guilty?The blame for the murder of the three Jewish boys and for the murder of endless Palestinian children should be placed where it belongs: on the hands of the ISraeli racist regime of occupation, apartheid and sociocide.” (Chi è colpevole? La responsabilità per l’assassinio dei tre giovani ebrei e per l’assassinio senza fine dei bambini palestinesi dovrebbe essere messa nel posto giusto: nelle mani del regime razzista israeliano di occupazione, di apartheid e di sociocidio”.
Ultima considerazione. La diplomazia internazionale ha cominciato a muoversi dopo giorni di totale inerzia. L’Egitto ha proposto una tregua fondata su queste condizioni: cessazione delle ostilità aeree, marittime o terrestri a partire dalle ore 8 italiane del 14 luglio e la disponibilità ad accogliere, entro 48 ore, delegazioni di alto livello israeliane e palestinesi per aprire i negoziati. Israele ha approvato la proposta, con l’eccezione di due ministri apertamente nazisti come Lieberman e Naftali Bennett; Hamas l’ha respinta e ha chiesto garanzie internazionali. Perché Hamas ha respinto questa proposta, che, a prima vista, sembra ragionevole e realistica? Bisogna conoscere le proposte fatte da Hamas, innanzitutto:
  1. fine dell’aggressione contro il popolo palestinese
  2. fine del blocco di Gaza che dura dal 2006
  3. apertura del confine frontaliero di Rafah con l’Egitto
  4. rilascio dei prigionieri ‘nuovamente arrestati’ che erano stati liberati nello scambio col soldato israeliano Shalit
  5. Non interferenza nel governo unitario palestinese.
Qualcuno è disposto a dire che queste richieste siano irrealistiche? Qui c’è l’essenza del conflitto infinito; senza la rimozione della cause, lo spargimento di sangue non avrà mai fine. Non so dire se la decisione di Hamas di riprendere le ostilità sia saggia in questo momento o che sia più accorta la mossa del presidente Abu Mazen di accettare una tregua per un qualunque negoziato. Di certo sappiamo che Israele non vuole alcun negoziato, non vuole la pace, vuole trasferire tutti palestinesi in Giordania e confida, come sempre, nell’impunità e nel sostegno degli USA e dei paesi europei più corrivi coi suoi crimini. Forse, nella mossa di Hamas, vi è la consapevolezza di drammatizzare la situazione per giungere ad un risultato nuovo che impedisca il logorio costante a cui il popolo di Gaza è sottoposto dall’imperialismo sionista. In altri termini: o si risolve la situazione subito o l’Olocausto palestinese peserà sulla coscienza di tutti. Resta la valutazione sulla inefficacia dell’azione militare di Hamas che coi suoi missili a breve e a lunga gittata finora non ha inflitto danni a Israele. I danni alle persone, nel momento in cui scrivo, sono di 64 soldati israeliani uccisi, e due civili morti e pochi feriti leggeri. Questo basta ai mezzi di informazione sionisti per far apparire quei missili di autodifesa come la massima panoplia bellica dalla quale il povero e indifeso Israele deve proteggersi dai cattivi e superarmati terroristi palestinesi.
Diego Siragusa, Salina 04/08/2014
bc4

giovedì 7 agosto 2014

FIDEL CASTRO E L'OLOCAUSTO PALESTINESE

Holocauste palestinien à Gaza


mercredi 6 août 2014


par Fidel Castro Ruz



De nouveau, je prie Granma de ne pas utiliser l’espace de la première page pour ces lignes, relativement brèves, à propos du génocide qui est en train d’être commis contre les Palestiniens.
Je les écris à la hâte seulement pour laisser constance de ce sur quoi il est nécessaire de méditer profondément
Je pense qu’une nouvelle et répugnante forme de fascisme est en train de voir le jour avec une force considérable à ce moment de l’Histoire humaine, où plus de 7 milliards d’habitants tentent de survivre.
Aucune de ces circonstances n’a à voir avec la création de l’Empire Romain il y a environ 2 400 ans ni avec l’empire américain dans cette région du monde, que Simon Bolivar, il y a à peine 200 ans, décrivit en ces termes « … Les États Unis semblent destinés par la providence à couvrir l’Amérique de misères au nom de la liberté. »
L’Angleterre fut la première réelle puissance coloniale qui utilisa sa domination sur une grande partie de l’Afrique, du Moyen Orient, de l’Asie, de l’Australie, d’Amérique du nord et de nombreuses iles antillaises dans la première moitié du 20ème siècle.
Je ne parlerai pas à cette occasion des guerres et des crimes commis par l’empire des États Unis durant plus de cent ans, mais je signalerai seulement qu’ils tentèrent de faire avec Cuba ce qu’ils firent avec beaucoup d’autres pays dans le monde et qui ne servit qu’à démontrer « qu’une idée juste depuis le fond d’une grotte peut plus que toute une armée ».
L’Histoire est bien plus complexe que tout ce qui a été dit précédemment, mais c’est ainsi, à grands traits, que la connurent les habitants de Palestine, et il est logique également que dans les médias modernes se reflètent les nouvelles qui arrivent quotidiennement. C’est ce qui s’est produit avec la guerre honteuse et criminelle dans la bande de Gaza, un morceau de terre où vit la population de ce qui reste de la Palestine indépendante, jusqu’à il y à peine un demi-siècle.
L’agence française AFP a informé le 2 aout : « la guerre entre le mouvement islamiste palestinien Hamas et Israël a causé la mort de près de 1800 Palestiniens […] la destruction de milliers de maisons et la ruine d’une économie déjà affaiblie en soi », même si elle omet d’indiquer, évidemment, qui a démarré cette terrible guerre.
Puis elle ajoute : « … samedi à midi l’offensive israélienne avait tué 1712 Palestiniens et blessés 8 900. L’ONU a pu vérifier l’identité de 1 117 morts, en majorité des civils […] l’UNICEF a dénombré au moins 296 enfants parmi les tués ».
« L’ONU a estimé […] qu’(environ 58 900 personnes) sont sans abri dans la bande de Gaza. »
« 10 sur les 32 hôpitaux ont fermé et 11 autres ont été endommagés. » « Cette enclave palestinienne de 362 Km² ne dispose pas non plus des infrastructures nécessaires pour les 1,8 millions d’habitants, surtout en terme de distribution d’eau et d’électricité ».
« Selon le FMI, le taux de chômage dépasse les 40% dans la bande de Gaza, territoire soumis depuis 2006 à un blocus israélien. En 2000, le chômage s’élevait à 20% et à 30% en 2011. Plus de 70% de la population dépend de l’aide humanitaire en temps de paix, selon Gisha. »
Ce lundi à 7h, le gouvernement israélien a décrété une trêve humanitaire à Gaza, cependant, quelques heures plus tard, il a brisé la trêve en attaquant une maison où 30 personnes, en majorité des femmes et des enfants, furent blessés et une petite fille de 8 ans tuée.
À l’aube de ce même jour, 10 Palestiniens ont été tués lors d’attaques israéliennes dans toute la bande de Gaza et le nombre de Palestiniens assassinés atteignait près de 2000. Ce massacre est arrivé à un tel point que « le ministre des Affaires étrangères français, Laurent Fabius, a annoncé ce lundi que le droit d’Israël à la sécurité ne justifie pas "le massacre de civils" qu’il est en train de perpétrer ».
Le génocide des nazis contre les juifs a récolté la haine de tous les peuples de la terre. Pourquoi le gouvernement de ce pays croit-il que le monde sera insensible au macabre génocide qu’il est en train de commettre aujourd’hui contre le peuple palestinien ? Attend-on peut-être que l’on ignore la complicité de l’empire nord-américain dans ce massacre honteux ?
L’espèce humaine vit une étape sans précédent dans l’Histoire. La collision entre des avions militaires ou des navires de guerre qui se surveillent étroitement ou d’autres faits semblables peuvent déchainer un conflit où seraient utilisées les armes modernes sophistiquées qui deviendrait l’ultime aventure de l’Homo sapiens.
Il y a des faits qui témoignent de l’incapacité quasi totale des États Unis de faire face aux problèmes actuels du monde. On peut affirmer qu’il n’y a pas de gouvernement dans ce pays. Ni le Sénat, ni le Congrès, ni la CIA, ni le Pentagone ne détermineront le dénouement final. C’est vraiment triste que cela se produise alors que les dangers sont plus grands, mais également les perspectives d’aller de l’avant.
Durant la Grande guerre Patriotique, les citoyens russes ont défendu leur pays comme des Spartiates ; les sous-estimer fut la pire erreur des États Unis et de l’Europe. Leurs alliés les plus proches, les Chinois qui, comme les Russes obtinrent leur victoire à partir des mêmes principes, constituent aujourd’hui la force économique la plus dynamique de la terre. Les pays veulent des yuans et non des dollars pour acquérir des biens et des technologies et développer leur commerce.
De nouvelles forces indispensables sont nées. Le Brésil, la Russie, l’Inde, la Chine, l’Afrique du Sud, dont les liens avec l’Amérique latine, la plupart des pays de la Caraïbe et de l’Afrique, qui luttent pour le développement, constituent la force qui, à notre époque, est disposée à collaborer avec le reste des pays du monde, sans exclure les États Unis, l’Europe et le Japon.
Accuser la Fédération russe de la destruction en plein vol de l’avion de Malaisie est d’un simplisme inconcevable. Ni Vladimir Poutine, ni Serguei Lavrov, ministre des Affaires étrangères de Russie, ni les autres dirigeants de ce pays ne commettraient jamais une telle stupidité.
26 millions de Russes sont morts en défendant la Patrie contre le nazisme. Les combattants chinois, hommes et femmes, enfants d’un peuple à la culture millénaire, sont des personnes dotées d’une intelligence privilégiée et d’un esprit de lutte invincible et Xi Jinping est un des leadeurs révolutionnaires les plus fermes et les plus capables que j’ai connu dans ma vie.
Fidel Castro Ruz
4 août 2014

mercoledì 6 agosto 2014

BAUMAN: GAZA E' DIVENTATA UN GHETTO

Bauman: "Gaza è diventata un ghetto, Israele con l'apartheid non costruirà mai la pace"



http://www.repubblica.it/esteri/2014/08/05/news/bauman_gaza_diventata_un_ghetto_israele_con_l_apartheid_non_costruir_mai_la_pace-93160847/

L'amarezza dell'intellettuale polacco di origini ebraiche. Sfuggito all'Olocausto, non risparmia critiche ad Hamas e a Netanyahu: "Pensano alla vendetta, non alla coabitazione. Purtroppo sta accadendo ciò che era ampiamente previsto. La Shoah è la prova di quel che gli uomini sono capaci di fare ad altri esseri umani in nome dei loro interessi. Una lezione mai seriamente presa in considerazione"

di ANTONELLO GUERRERA    05/05/2014

Zygmunt Bauman

"CIÒ A cui stiamo assistendo oggi è uno spettacolo triste: i discendenti delle vittime dei ghetti nazisti cercano di trasformare la striscia di Gaza in un altro ghetto ". A dirlo non è un palestinese furioso, ma Zygmunt Bauman, uno dei massimi intellettuali contemporanei, di famiglia ebraica e sfuggito all'Olocausto ordito da Hitler grazie a una tempestiva fuga in Urss nel 1939. 


Bauman ha 88 anni, suo padre era un granitico sionista e negli anni ha sviscerato come pochi l'aberrazione e le conseguenze della Shoah. Sinora il grande studioso polacco non si era voluto esprimere pubblicamente sulla recrudescenza dell'abissale conflitto israelo-palestinese. Ora però, dopo aver accennato alla questione qualche giorno fa al Futura Festival di Civitanova Marche in un incontro organizzato da Massimo Arcangeli, Bauman confessa la sua amarezza in quest'intervista a Repubblica.


Professor Bauman, lei è uno dei più grandi intellettuali contemporanei ed è di origini ebraiche. Qual è stata la sua reazione all'offensiva israeliana a Gaza, che sinora ha provocato quasi 2mila morti, molti dei quali civili?

"Che non rappresenta niente di nuovo. Sta succedendo ciò che era stato ampiamente previsto. Per molti anni israeliani e palestinesi hanno vissuto su un campo minato, in procinto di esplodere, anche se non sappiamo mai quando. Nel caso del conflitto israelo-palestinese è stata la pratica dell'apartheid  -  nei termini di separazione territoriale esacerbata dal rifiuto al dialogo, sostituito dalle armi  -  che ha sedimentato e attizzato questa situazione esplosiva. Come ha scritto lo studioso Göran Rosenberg sul quotidiano svedese Expressen l'8 luglio, prima dell'invasione di Gaza, Israele pratica l'apartheid ricorrendo a "due sistemi giudiziari palesemente differenti: uno per i coloni israeliani illegali e un altro per i palestinesi 'fuorilegge'. Del resto, quando l'esercito israeliano ha creduto di aver identificato alcuni sospetti palestinesi (nella caccia ai responsabili dell'omicidio dei tre adolescenti israeliani rapiti in Cisgiordania il giugno scorso, ndr), ha messo a ferro e fuoco le case dei loro genitori. Invece, quando i sospettati erano ebrei (per il susseguente caso del ragazzino palestinese arso vivo, ndr) non è successo nulla di tutto questo. Questa è apartheid: una giustizia che cambia in base alle persone. Per non parlare dei territori e delle strade riservate solo a pochi". E io aggiungo: i governanti israeliani insistono, giustamente, sul diritto del proprio paese di vivere in sicurezza. Ma il loro tragico errore risiede nel fatto che concedono quel diritto solo a una parte della popolazione del territorio che controllano, negandolo agli altri".


Come anche lei sottolinea, tuttavia, Israele deve difendere la sua esistenza minacciata da Hamas. C'è chi, come gli Usa, dice che la reazione dello Stato ebraico su Gaza è dura ma necessaria. Chi la giudica eccessiva e "sproporzionata". Lei che ne pensa?

"E come sarebbe una reazione violenta "proporzionata"? La violenza frena la violenza come la benzina sul fuoco. Chi commette violenza, da entrambe le parti, condivide l'impegno di non spegnere l'incendio. Eppure, la saggezza popolare (quando non è accecata dalle passioni) ci ricorda: "Chi semina vento raccoglie tempesta". Questa è la logica della vendetta, non della coabitazione. Delle armi, non del dialogo. In maniera più o meno esplicita, a entrambe le parti del conflitto fa comodo la violenza dell'avversario per rinvigorire le proprie posizioni. E il risultato è: sia Hamas sia il governo israeliano, avendo concordato che la violenza è il solo rimedio alla violenza, sostengono che il dialogo sia inutile. Ironicamente, ma anche drammaticamente, potrebbero avere entrambi ragione".


Cosa pensa, nello specifico, del premier israeliano Netanyahu e del suo governo? Ha commesso errori?

"Netanyahu e i suoi sodali, e ancor più gli israeliani che bramano il loro posto, si sforzano di fomentare il desiderio di vendetta nei loro avversari. Spargono semi di odio perché temono che l'odio del passato scemi. Alla luce della loro strategia, questi non sono "errori". I governanti israeliani hanno più paura della pace che della guerra. Del resto, non hanno mai imparato l'arte di governare in contesti pacifici. E, negli anni, sono riusciti a contaminare gran parte di Israele con il loro approccio. L'insicurezza è il loro migliore, e forse unico, vantaggio politico. E magari vinceranno facilmente le prossime elezioni facendo leva sulle paure degli israeliani e sull'odio dei vicini, che hanno fatto di tutto per irrobustire".


Lei in passato è stato critico nei confronti del sionismo e dell'uso che Israele fa della tragedia dell'Olocausto per giustificare le sue offensive militari. La pensa ancora così?

"Raramente la vittimizzazione nobilita le sue vittime. Anzi, quasi mai. Troppo spesso, invece, provoca un'unica arte, che è quella del sentirsi perseguitati. Israele, nato dopo lo sterminio nazista contro gli ebrei, non è un'eccezione. Quello a cui siamo di fronte oggi è un triste spettacolo: i discendenti delle vittime nei ghetti cercano di trasformare la striscia di Gaza in un ghetto che sfiora la perfezione (accesso bloccato in entrata e uscita, povertà, limitazioni). Facendo sì che qualcuno prenda il loro testimone in futuro".


A questo proposito, cosa pensa del silenzio di politici e intellettuali europei sul conflitto riesploso a Gaza?

"Innanzitutto, non esiste la "comunità internazionale" di cui parlano americani ed europei. In gioco, ci sono soltanto coalizioni estemporanee, dettate da interessi particolari. In secondo luogo, come ha osservato Ivan Krastev celebrando il centenario dell'inizio della Grande Guerra, noi europei abbiamo ben in mente che "un'eccessiva" reazione come quella all'omicidio di Francesco Ferdinando ha portato alla catastrofe "che nessuno voleva o si aspettava"".


Lei ha scritto in passato che la società moderna non ha imparato l'agghiacciante lezione dell'Olocausto. Questo concetto si può applicare anche al conflitto israelopalestinese?

"Le lezioni dell'Olocausto sono tante. Ma pochissime di loro sono state seriamente prese in considerazione. E ancor meno sono state apprese  -  per non parlare di quelle messe realmente in pratica. La più importante di queste lezioni è: l'Olocausto è la prova inquietante di ciò che gli umani sono capaci di fare ad altri umani in nome dei propri interessi. Un'altra lezione è: non mettere un freno a questa capacità degli umani provoca tragedie, fisiche e/o morali. Questa lezione, nel nostro mondo veloce, globalizzato e irreversibilmente multicentrico, ricopre ancora un'importanza universale, applicabile a ogni antagonismo locale. Ma non c'è una soluzione a breve termine per lo stallo attuale. Coloro che pensano solo ad armarsi non hanno ancora imparato che dietro alle due categorie di "aggressori" e "vittime" della violenza c'è un'umanità condivisa. Né si accorgono che la prima vittima di chi esercita violenza è la propria umanità. Come ha scritto Asher Schechter su Haaretz, l'ultima ondata di violenza nell'area "ha fatto compiere a Israele un ulteriore passo verso quel torpore emotivo che si rifiuta di vedere ogni sofferenza che non sia la propria. E questo è dimostrato da una nuova, violenta retorica pubblica".

  

ILAN PAPPE: ISRAELE NON FA PIU' PARTE DEL MONDO CIVILE

Ilan Pappe: Israele non fa più parte del mondo civile
Io non so ancora chi era il vostro congiunto. Potrebbe essere stata una bambina di pochi mesi, o un bambino di qualche anno, o un vostro nonno, o un vostro figlio o un vostro genitore. Ho saputo della morte del vostro congiunto da Chico Menashe, un commentatore politico di “Reshet Bet”, la più importante stazione radio israeliana. Chico ha detto che l’uccisione del vostro congiunto e il fatto di aver ridotto Gaza in macerie e di aver costretto 150.000 persone a lasciare le loro case, è parte di una strategia israeliana ben studiata: questa strage soffocherà l’impulso dei palestinesi di Gaza a resistere alle politiche israeliane. Ho sentito queste sue parole mentre leggevo, nell’edizione del 25 luglio deIla cosiddetta “rispettabile” testata “Haaretz”, le parole del non tanto rispettabile storico Benny Morris, secondo cui persino questo che sta accadendo ora non è abbastanza.
Morris considera le attuali politiche di genocidio “refisut” – deboli di mente e di spirito; fa appello ad una futura maggiore opera di distruzione, poichè è questo il modo in cui si difende la propria “capanna nella giungla”, per citare la descrizione di Israele data dall’ex primo ministro israeliano Ehud Barak. Violenza disumana. VIOLENZA DISUMANA Sì, ho paura di dire che, a parte la flebile voce di una minoranza che scompare in mezzo a tanta violenza disumana, dietro a questo massacro ci sono tutti imediae tutte le maggiori personalità israeliane. Non vi scrivo per dirvi che provo vergogna – da tempo mi sono dissociato dall’ideologia di Stato e cerco di fare il possibile, come individuo, per contrastarla e sconfiggerla. Forse questo non basta; siamo spesso inibiti da momenti di vigliaccheria, egoismo e anche da un impulso naturale di prenderci cura principalmente delle nostre famiglie e di chi amiamo.
Tuttavia, sento oggi il bisogno di assumermi un impegno solenne nei vostri confronti, un impegno che nessuno dei tedeschi che mio padre conobbe durante il regime nazista fu disposto ad assumersi, quando quei selvaggi massacrarono la sua famiglia. In questo giorno di vostro profondo dolore, questo mio impegno non sarà gran cosa, ma è la cosa migliore che io possa fare; e restare in silenzio non la considero un’opzione. E’ il 2014 – la distruzione di Gaza è ben documentata. Non è il 1948, quando i palestinesi dovettero lottare con ogni mezzo per poter raccontare la loro tragicastoriadi orrori subiti. Moltissimi dei crimini allora commessi dai sionisti rimasero nascosti e ancora oggi non sono venuti alla luce. Quindi, il mio unico e semplice impegno sarà quello di registrare, informare e insistere perché si conosca la verità dei fatti. La mia vecchia università, ad Haifa, ha reclutato i suoi studenti per diffondere via Internet un mare di bugie israeliane in tutto il mondo; ma oggi siamo nel 2014 e una propaganda di questo genere non funzionerà.
IMPEGNO A BOICOTTARE Impegno a boicottare. Tuttavia, questo certamente non può bastare. Mi impegno quindi a continuare nello sforzo di boicottare uno Stato che commette crimini di questo genere. Solo quando l’Unione delle Federazioni Calcistiche Europee espellerà Israele, quando il mondo accademico si rifiuterà di avere rapporti istituzionali con Israele, quando le compagnie aeree eviteranno di volare sui cieli d’Israele e quando si capirà che perdere denaro nel breve termine per una presa di posizione etica significa guadagnare nel lungo termine moralmente e finanziariamente – solo allora potremo dire di aver onorato degnamente la vostra perdita. Il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (Bds), ha conseguito diversi obbiettivi e continua nel suo instancabile lavoro. Ci sono ancora ostacoli, come la falsa accusa di antisemitismo e il cinismo dei politici. E’ così che è stata bloccata all’ultimo momento un’onorevole iniziativa di architetti britannici per indurre i loro colleghi in Israele a prendere una posizione morale, piuttosto che essere complici nella colonizzazione criminale di quelle terre. Altrove, inEuropae negli Stati Uniti, politici senza spina dorsale hanno sabotato simili iniziative. Ma il mio impegno è quello di essere sempre parte attiva nello sforzo di superare questi ostacoli. La memoria del vostro amato sarà la mia forza trainante, insieme al vivo ricordo delle sofferenze dei palestinesi nel 1948 e degli anni che seguirono.
MATTATOIO Mattatoio. Faccio tutto questo egoisticamente. Prego e spero fortemente che in questo tragico momento della vostra vita, mentre i palestinesi di Shujaiya, Deir al-Balah e Gaza City assistono quotidianamente al massacro da parte di aerei, carri armati e artiglieria israeliani, non vi porti a smarrire per sempre la speranza nell’umanità. Questa umanità comprende anche degli israeliani che non hanno il coraggio di parlare, ma che esprimono il loro orrore in privato, come lo attesta la mia casella di posta elettronica zeppa di messaggi, e la mia pagina Facebook, come lo attesta quella piccola minoranza in Israele che manifesta pubblicamente contro il crescente genocidio di Gaza. Questa umanità comprende anche quelli che ancora non sono nati, che forse saranno in grado di sfuggire a una macchina di indottrinamento sionista che li plasma, dalla culla alla tomba, e li addestra a disumanizzare i palestinesi a tal punto che veder bruciare vivo un ragazzo palestinese di sedici anni non li smuove e non li fa barcollare nella loro fede nel governo, nell’esercito e nella religione.
SCONFITTA Sconfitta. Per il loro bene, per il mio e per il vostro bene, mi auguro di poter continuare a sognare l’alba del giorno dopo – quando il sionismo sarà sconfitto insieme all’ideologia che governa le nostre vite tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo; e che tutti noi possiamo vivere la vita normale che desideriamo e meritiamo. Quindi, oggi mi impegno a non farmi distrarre da amici e dirigenti palestinesi che ancora ripongono le loro speranze nella “soluzione dei due Stati”. Se davvero uno sente l’impulso di lavorare per un cambiamento di regime in Palestina, l’unico obbiettivo deve essere quello di lottare per la parità dei diritti umani e civili e per il pieno ristabilimento e reintegro di tutti coloro che sono e sono stati vittime di sionismo, dentro e fuori l’amata terra di Palestina.
Il vostro congiunto, chiunque sia stato, possa lui/lei riposare in pace, sapendo che la sua morte non è stata vana – e non perché sarà vendicata e rivendicata all’infinito. Non abbiamo bisogno di altri spargimenti di sangue. Credo ancora che ci sia un modo per porre fine alla malvagità e alla crudeltà con la forza dell’umanità e della moralità.Giustiziasignifica anche portare in tribunale gli assassini che hanno ucciso la vostra persona amata e tante altre persone, e portare i criminali di guerra d’Israele davanti ai tribunali internazionali. Lo so, è una via molto più lunga, anch’io avverto a volte l’impulso di far parte di una forza che utilizza la violenza per porre fine alla disumanità. Ma mi impegno a lavorare per lagiustizia, lagiustiziapiena, lagiustiziariparatoria. Questo è quello che posso promettere – lavorare per evitare che arrivi in Palestina una prossima fase di pulizia etnica e un nuovo genocidio a Gaza.
(Ilan Pappe, “Alla famiglia della millesima vittima del genocidio ad opera degli israeliani a Gaza”, dal blog “The Electronic Intifada” del 27 luglio 2014, tradotto da “Come Don Chisciotte”. Il professor Pappe, di Haifa, è uno dei massimi storici israeliani contemporanei. Durissimo il suo saggio “La pulizia etnica della Palestina”, pubblicato da Fazi, che denuncia l’orrore del genocidio anti-palestinese per mano sionista avviato decenni prima della Seconda Guerra Mondiale. Oggi, Pappe insegna all’università di Exeter, in Gran Bretagna).
Io non so ancora chi era il vostro congiunto. Potrebbe essere stata una bambina di pochi mesi, o un bambino di qualche anno, o un vostro nonno, o un vostro figlio o un vostro genitore. Ho saputo della morte del vostro congiunto da Chico Menashe, un commentatore politico di “Reshet Bet”, la più importante stazione radio israeliana. Chico ha detto che l’uccisione del vostro congiunto e il fatto di aver ridotto Gaza in macerie e di aver costretto 150.000 persone a lasciare le loro case, è parte di una strategia israeliana ben studiata: questa strage soffocherà l’impulso dei palestinesi di Gaza a resistere alle politiche israeliane. Ho sentito queste sue parole mentre leggevo, nell’edizione del 25 luglio deIla cosiddetta “rispettabile” testata “Haaretz”, le parole del non tanto rispettabile storico Benny Morris, secondo cui persino questo che sta accadendo ora non è abbastanza.
Morris considera le attuali politiche di genocidio “refisut” – deboli di mente e di spirito; fa appello ad una futura maggiore opera di distruzione, poichè è Lo storico israeliano Ilan Pappequesto il modo in cui si difende la propria “capanna nella giungla”, per citare la descrizione di Israele data dall’ex primo ministro israeliano Ehud Barak. Violenza disumana. Violenza disumana. Sì, ho paura di dire che, a parte la flebile voce di una minoranza che scompare in mezzo a tanta violenza disumana, dietro a questo massacro ci sono tutti i media e tutte le maggiori personalità israeliane. Non vi scrivo per dirvi che provo vergogna – da tempo mi sono dissociato dall’ideologia di Stato e cerco di fare il possibile, come individuo, per contrastarla e sconfiggerla. Forse questo non basta; siamo spesso inibiti da momenti di vigliaccheria, egoismo e anche da un impulso naturale di prenderci cura principalmente delle nostre famiglie e di chi amiamo.
Tuttavia, sento oggi il bisogno di assumermi un impegno solenne nei vostri confronti, un impegno che nessuno dei tedeschi che mio padre conobbe durante il regime nazista fu disposto ad assumersi, quando quei selvaggi massacrarono la sua famiglia. In questo giorno di vostro profondo dolore, questo mio impegno non sarà gran cosa, ma è la cosa migliore che io possa fare; e restare in silenzio non la considero un’opzione. E’ il 2014 – la distruzione di Gaza è ben documentata. Non è il 1948, quando i palestinesi dovettero lottare con ogni mezzo per poter raccontare la loro tragica storia di orrori subiti. Moltissimi dei crimini allora commessi dai sionisti rimasero nascosti e ancora oggi non sono venuti alla luce. Quindi, il mio unico e semplice impegno sarà quello di registrare, informare e insistere perché si conosca la verità dei fatti. La mia vecchia università, ad Haifa, ha reclutato i suoi studenti per diffondere via Internet un mare di bugie israeliane in tutto il La tragedia dei bambini di Gazamondo; ma oggi siamo nel 2014 e una propaganda di questo genere non funzionerà.
Impegno a boicottare. Tuttavia, questo certamente non può bastare. Mi impegno quindi a continuare nello sforzo di boicottare uno Stato che commette crimini di questo genere. Solo quando l’Unione delle Federazioni Calcistiche Europee espellerà Israele, quando il mondo accademico si rifiuterà di avere rapporti istituzionali con Israele, quando le compagnie aeree eviteranno di volare sui cieli d’Israele e quando si capirà che perdere denaro nel breve termine per una presa di posizione etica significa guadagnare nel lungo termine moralmente e finanziariamente – solo allora potremo dire di aver onorato degnamente la vostra perdita. Il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (Bds), ha conseguito diversi obbiettivi e continua nel suo instancabile lavoro. Ci sono ancora ostacoli, come la falsa accusa di antisemitismo e il cinismo dei politici. E’ così che è stata bloccata all’ultimo momento un’onorevole iniziativa di architetti britannici per indurre i loro colleghi in Israele a prendere una posizione morale, piuttosto che essere complici nella colonizzazione criminale di quelle terre. Altrove, in Europa e negli Stati Uniti, politici senza spina dorsale hanno sabotato simili iniziative. Ma il mio impegno è quello di essere sempre parte attiva nello sforzo di superare questi ostacoli. La memoria del vostro amato sarà la mia forza trainante, insieme al vivo ricordo delle sofferenze dei palestinesi nel 1948 e degli anni che seguirono.
Mattatoio. Faccio tutto questo egoisticamente. Prego e spero fortemente che in questo tragico momento della vostra vita, mentre i palestinesi di Shujaiya, Deir al-Balah e Gaza City assistono quotidianamente al massacro da parte di aerei, carri armati e artiglieria israeliani, non vi porti a smarrire per sempre la speranza nell’umanità. Questa umanità comprende anche degli israeliani che non hanno il coraggio di parlare, ma che esprimono il loro orrore in privato, come lo attesta la mia casella di posta elettronica zeppa di messaggi, e la mia pagina Facebook, come lo attesta quella piccola minoranza in Israele che manifesta pubblicamente contro il crescente genocidio di Gaza. Questa umanità comprende anche quelli che ancora non sono nati, che forse saranno in grado di sfuggire a una macchina di indottrinamento sionista che li plasma, dalla culla alla tomba, e li addestra a disumanizzare i palestinesi a tal punto che veder bruciare vivo un ragazzo palestinese di sedici anni non li smuove e non li fa barcollare nella loro fede nel governo, nell’esercito e nella religione.
Sconfitta. Per il loro bene, per il mio e per il vostro bene, mi auguro di poter continuare a sognare l’alba del giorno dopo – quando il sionismo sarà sconfitto insieme all’ideologia che governa le nostre vite tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo; e che tutti noi possiamo vivere la vita normale che desideriamo e meritiamo. Quindi, oggi mi impegno a non farmi distrarre da amici e dirigenti palestinesi che ancora ripongono le loro speranze nella “soluzione dei due Stati”. Se davvero uno sente l’impulso di lavorare per un cambiamento di regime in Palestina, l’unico obbiettivo deve essere quello di lottare per la parità dei diritti umani e civili e per il pieno Benny Morris, propagandista filo-sionistaristabilimento e reintegro di tutti coloro che sono e sono stati vittime di sionismo, dentro e fuori l’amata terra di Palestina.
Il vostro congiunto, chiunque sia stato, possa lui/lei riposare in pace, sapendo che la sua morte non è stata vana – e non perché sarà vendicata e rivendicata all’infinito. Non abbiamo bisogno di altri spargimenti di sangue. Credo ancora che ci sia un modo per porre fine alla malvagità e alla crudeltà con la forza dell’umanità e della moralità. Giustizia significa anche portare in tribunale gli assassini che hanno ucciso la vostra persona amata e tante altre persone, e portare i criminali di guerra d’Israele davanti ai tribunali internazionali. Lo so, è una via molto più lunga, anch’io avverto a volte l’impulso di far parte di una forza che utilizza la violenza per porre fine alla disumanità. Ma mi impegno a lavorare per la giustizia, lagiustizia piena, la giustizia riparatoria. Questo è quello che posso promettere – lavorare per evitare che arrivi in Palestina una prossima fase di pulizia etnica e un nuovo genocidio a Gaza.
(Ilan Pappe, “Alla famiglia della millesima vittima del genocidio ad opera degli israeliani a Gaza”, dal blog “The Electronic Intifada” del 27 luglio 2014, tradotto da “Come Don Chisciotte”.Il professor Pappe, di Haifa, è uno dei massimi storici israeliani contemporanei. Durissimo il suo saggio “La pulizia etnica della Palestina”, pubblicato da Fazi, che denuncia l’orrore del genocidio anti-palestinese per mano sionista avviato decenni prima della Seconda Guerra Mondiale. Oggi, Pappe insegna all’università di Exeter, in Gran Bretagna