venerdì 27 marzo 2015

INTERVISTA AL QUOTIDIANO "LA STAMPA" DELL'AMBASCIATRICE PALESTINESE


INTERVISTA AL QUOTIDIANO "LA STAMPA" DELL'AMBASCIATRICE PALESTINESE

Mai Al-Kaila, ambasciatrice della Palestina a Biella: «Spero che il Governo italiano riconosca presto il nostro Stato»

Sull’apertura degli Stati Uniti: «Ringrazio il presidente Obama, è un cambiamento magnifico della politica estera americana. Ma adesso si compia il passo decisivo e si smetta di porre il veto sulle risoluzioni a noi favorevoli»

Da sinistra il presidente della Provincia, Emanuele Ramella Pralungo, il sindaco Marco Cavicchioli. l’ambasciatrice della Palestina Mai Al-Kaila, l’accompagnatore e traduttore e infine l’ex consigliere e scrittore Diego Siragusa

Biella ha accolto l’ambasciatrice della Palestina Mai Al-Kaila. Invitata dall’ex consigliere Diego Siragusa, che ha scritto numerosi libri sulla storia e sull’attualità dei territori occupati, Mai Al-Kaila è stata accolta a Palazzo Oropa dal sindaco Marco Cavicchioli e dal presidente della Provincia Emanuele Ramella Pralungo. Prima ha rilasciato a La Stampa la video intervista che si può seguire più in basso e di cui ne pubblichiamo una parte.


L’elezione di Bejamin Netanyau che in campagna elettorale aveva sposato l’oltranzismo della destra e promesso di impedire la nascita di uno Stato palestinese, pare abbia complicato le relazioni di Israele con gli Stati Uniti. Ieri Dennis McDonough, capo dello staff della Casa Bianca, alla conferenza degli ebrei americani liberal, ha dichiarato che «L’occupazione israeliana dei territori palestinesi deve finire». La Casa bianca non conferma ma nemmeno smentisce le notizie che circolano da giorni, relative ad un possibile sostegno di Washington ad una risoluzione Onu per la creazione di uno stato palestinese. Lei crede a questo possibile sostegno americano e se sì, che effetto le fa considerare l’America come alleata?

Parto dal discorso della campagna elettorale di Netanyau. Questa sua dichiarazione ha portato l’elettorato estremista alla sue elezioni. Comunque la Palestina è già stata riconosciuta da 138 stati, quindi non è proprio come dice Netanyau: lo stato della Palestina è già stato riconosciuto. Anche il Parlamento britannico ha votato a favore dello stato della Palestina, dopo si sono susseguiti altri Parlamenti tra cui quello italiano. Permettetemi di rivolgere un ringraziamento al popolo italiano, la nostra speranza è che il governo italiano possa riconoscere in maniera ancora più netta lo stato della Palestina. Riguardo alle ultime dichiarazioni degli Stati Uniti ringraziamo l’amministrazione del presidente Obama per l’impegno nel processo di pace. Ciò che poi ha affermato McDonough è magnifico, sono parole che vanno contro l’attuale presidente di Israele. È un cambiamento magnifico della politica americana estera. Rimane però il fatto che gli Usa dovrebbero compiere il passo verso il riconoscimento totale della Palestina. E smettere di porre il veto contro le risoluzioni a favore dello stato della Palestina. Sentire gli Usa come alleati nella causa palestinese ci fa onore e ci sentiamo molto favoriti, l’America deve riconoscere giustizia libertà e uguaglianza in tutto il mondo: sostenendolo saranno praticamente con noi.




L’Europa guarda con grande preoccupazione all’avanzata del terrorismo islamico. Lei ha più volte ribadito che quella tra Palestina e Israele è una guerra politica e non religiosa, sostenendo che in Palestina convivono da sempre etnie religiose diverse: cristiani, islamici, anche ebrei. Alla luce anche della recente tragedia di Tunisi, esempio anche quello di convivenza religiosa, non teme che la crisi palestinese possa in qualche modo alimentare il serbatoio di violenza del califfato di Al-Baghdadi? Oppure, scenario completamente diverso, diventarne vittima?



Ribadisco che la causa palestinese e quello che succede in terra di Palestina è un conflitto di tipo politico e a nessun livello religioso. Ci preoccupa ciò che succede in Israele, le continue dichiarazioni per una Grande Israele senza prendere in considerazione la Palestina. Ci preoccupa questo estremismo dal governo eletto dalla società israeliana, un estremismo che non prende in considerazione che ci sono 1,2 milioni di palestinesi in quei territori, il 20 per cento della popolazione. Questo ci preoccupa. Nelle nostre case ci hanno cresciuto senza differenze di religione, con amore e armonia, senza problemi e pregiudizi. La dirigenza politica palestinese non ha mai guardato alle etnie, non c’è differenza, qualsiasi decisione si prende sempre per interesse della patria e dello stato, e non per questioni religiose. Comunque la settimana scorsa il parlamento palestinese ha condannato ufficialmente l’atteggiamento del Califfato: è stata una condanna precisa. Noi siamo preoccupati che si possano confondere le cose, ma ci facciamo forza dei nostri principi uniti per l’interesse della patria senza guardare ad altri aspetti. Voglio precisare che c’è una netta differenza tra ebraismo e sionismo. E tanti ebrei nel mondo sono favorevoli alla Palestina e vorrebbero vivere in Palestina.




Lei è abituata a palcoscenici importanti, dall’Onu alle maggiori capitali europee. Perché questa sua visita ad una piccola città come Biella?

Non esiste una città piccola o grande. Biella è molto importante perchè ci sono amici come Diego Siragusa e un’amministrazione attenta ai nostri problemi. Mi è stato fatto l’invito per visitare Biella che ho accolto con onore e interesse come manifestazione di affetto verso il popolo palestinese. Chiederò ancora al sindaco di Biella di fare un gemellaggio con una città palestinese. Siamo amici e abbiamo rispetto per ogni nostro amico. Diego Siragusa ha scritto libri che spiegano molto le bene le sofferenze del popolo palestinese: non potevo rifiutare un suo invito e anche si fosse trattato di un paesino più piccolo sarei venuta volentieri. Biella può esser piccola ma ha personalità molto grandi.

martedì 3 marzo 2015

NO AD UNA SECONDA GUERRA IN LIBIA!




APPELLO
NO AD UNA SECONDA GUERRA IN LIBIA!
di Angelo del Boca e Alex Zanotelli

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L'abbattimento del regime di Gheddafi ha riportato la Libia al clima politico ed economico di due secoli fa, prima della colonizzazione italiana e ancora prima della presenza ottomana. In altre parole, si è tornati ad una tribalizzazione del territorio. Scomparsi i confini amministrativi, ogni tribù difende le proprie frontiere e sfrutta le risorse petrolifere.
Non c'è alcun dubbio che Muammar Gheddafi è stato un crudele dittatore, ma nei suoi 42 anni di regno ha mantenuta intatta la nazione libica, l'ha dotata di un forte esercito e di un'eccellente amministrazione al punto che il reddito pro-capite del libico era il più alto dell'Africa e si avvicinava a quello dei paesi europei. Ma soprattutto ha dato ai libici una fierezza che non avevano mai conosciuto.
      A tre anni dal suo assassinio (avrebbe meritato un processo), la Libia è nel caos più completo e già si parla con insistenza di risolvere la questione inviando truppe dall'estero per organizzarvi una seconda, micidiale e sciagurata guerra. Nel corso della prima infausta guerra, voluta soprattutto dalla Francia di Sarkozy, il paese ha subìto danni immensi, 25 mila morti e distruzioni valutate dal Fondo Monetario Internazionale in 35 miliardi di dollari.
Poichè le voci di un intervento militare italiano si fanno più frequenti, noi chiediamo alle autorità del nostro Paese di non commettere il gravissimo errore compiuto nel 2011 quando offrimmo sette delle nostre basi aeree e più tardi una flotta di cacciabombardieri per aggredire un paese sovrano, violando, per cominciare, gli articoli 11, 52, 78 e 87 della nostra Costituzione.
In un solo caso l'Italia può intervenire, nell'ambito di una missione di pace e dietro la precisa richiesta dei due governi di Tripoli e di Tobruk che oggi si affrontano in una sterile guerra civile. Ma anche in questo caso l'azione dell'Italia deve essere coordinata con altri paesi europei e l'Unione Africana(UA).
Animati soprattutto dal desiderio di riportare la pace in un paese la cui popolazione ha già sofferto abbastanza.
Ci appelliamo al nostro ministro degli esteri Gentiloni, chè non si faccia catturare dai venti di guerra che stanno soffiando insistenti. Ma sopratutto chiediamo a tutto il movimento per la pace perchè faccia pressione sul governo Renzi perchè l'Italia , come ex-potenza coloniale, porti i vari rivali libici attorno a un tavolo. Questo per il bene della Libia, ma anche per il bene nostro e dell'Europa.
Angelo Del Boca
Alex Zanotelli
Torino,8 febbraio 2015



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Mercoledì 11 Febbraio,2015 Ore: 12:12