domenica 13 settembre 2015

La Nakba: una storia che continua



Alcune riflessioni problematiche prima di un convegno sulla
Shoah e sulla Nakba di lunedì [7settembre] all'Istituto Van Leer di Gerusalemme
 
di Amira Hass


Haaretz 6 settembre 2015


Quando cerco di indovinare cosa prova un palestinese quando lascia la sua
“riserva” e vede la bandiera israeliana sventolare su ogni collina e sui pali
dell'elettricità lungo le strade della Cisgiordania, io al posto della Stella di Davide ci
metto la svastica. E quando provo a capire l'odio che i palestinesi sentono nei
confronti di Israele a causa dell'ingiustizia a loro inflitta, io sostituisco “Israele” con
“Germania”. Sono queste le forme di odio e disgusto che conosco.
Ma calmatevi. Non sto tentando di paragonare la Nakba alla Shoah. Prima cosa
fondamentale: vi è una differenza tra l'espulsione di massa di un popolo con lo
scopo di conquistare politicamente, demograficamente ed economicamente un
territorio e il genocidio come un obiettivo tra una serie di altri, tra cui il dominio del
mondo. Un popolo che vive in esilio e sotto occupazione non è lo stesso di un
popolo il cui luogo di sepoltura rimane sconosciuto.
Secondo, il fattore tempo. È diversa la sofferenza che ha un limite temporale da
quella che è continuata per quasi 70 anni senza che vi sia un segnale che indichi
che la sua fine è vicina. L'Olocausto è durato meno di sei anni. Il regime di terrore
nazista è esistito per 12 anni. Il mondo ha unito le sue forze per fermarlo e il sistema
– l'industria del nazismo tedesco dello sterminio- è stato bloccato.
La sofferenza dei sopravissuti non è stata cancellata; noi, i loro figli, abbiamo
ereditato un senso di vuoto e di pena. Per il mondo ebraico che è stato cancellato
ed è estinto non vi può essere resurrezione o riabilitazione. Ma una parte degli ebrei
che sono sopravissuti ha avuto successo nel far germogliare rami floridi, per
esempio un esercito che ha uno Stato e l'AIPAC [la potente lobby americana filo
sionista ndt] che speculano sulla sofferenza e lo sterminio degli ebrei, per avere la
possibilità di agire contro i palestinesi.
Dopo quasi 70 anni dalla sua costituzione, il regime sionista israeliano non dà
tregua al popolo palestinese. Continua a distruggere, frammentare, reprimere,
umiliare, diseredare, ammazzare, impoverire, espellere o rendere la vita
insopportabile. La Nakba, al contrario della Shoah, continua. Con la collaborazione
dell'Alta Corte di Giustizia [israeliana] e nonostante gli sforzi degli attivisti israeliani
contrari all'occupazione e delle organizzazioni a sostegno dei diritti umani.
Si possono mettere a confronto i regimi, la loro natura e i loro obiettivi e poi
scoprire delle differenze enormi. L'obiettivo e la pratica del regime sionista
israeliano – malgrado “episodi” di massacri – non è l'estinzione del popolo
palestinese. ( Se il regime nazista fosse durato “anche solo” 30 anni, e non 70, nel
suo dominio in espansione, quanti ebrei sarebbero stai lasciati vivi?)
Ma nessuno ha il diritto di mettere a confronto le sofferenze di un popolo e degli
esseri umani, o di quantificarle, classificarle, calcolarle. Com'è possibile calcolare
70 anni di espulsioni e di occupazione senza un fine,o di quantificare la paura di un
peggioramento indeterminato sotto il dominio di un popolo ebraico israeliano che
continua a spostarsi a destra – per stabilire che questo non è così orribile come
l'Olocausto? E' impossibile tanto quanto classificare le sofferenze degli africani
durante secoli di schiavitù e definire che erano “meno orribili”della sofferenza degli
ebrei sotto i nazisti.
Non quantifichiamo. Non definiamo quanto vale la sofferenza.
La svastica ancora oggi provoca disgusto, ma la sua concretezza riguarda la
memoria del passato, non una qualunque minaccia attuale contro di noi . Al
confronto la stella di Davide è certamente un simbolo di contemporaneità e di realtà
della violenza israeliana contro i palestinesi, il simbolo del senso della superiorità
israeliana e della sua presenza sul terreno. Oggi, ora, domani.
L'odio nei confronti della Germania è fondato su vicende del suo passato e
sull'ideologia imperante in quel periodo, che hanno velocemente prodotto, in un
periodo breve e concentrato, enormi cambiamenti tellurici. La Germania di ieri è
“archiviata”, e oggi esiste in quanto tale come l'eco che continua a sentirsi per un
lungo tempo dopo che le rocce sono rotolate giù per il precipizio, o dopo che il
suono di un urlo è finito. E ugualmente vi è anche un eco riguardo all'odio. Ma
Israele in qualità di Paese dominante straniero e oppressore dei palestinesi non è
un eco e non è un capitolo del passato. Per loro siamo il male presente che
continua e che è impossibile non odiare.
Le nostre biografie individuali e collettive sono legate a questo triangolo perverso di
ebrei, Germania, palestinesi. Prima del nazismo la stragrande maggioranza degli
ebrei del mondo non aveva scelto il sionismo e la terra santa come una soluzione al
problema dell'antisemitismo e al resto delle loro sofferenze. Si accontentavano di
essere un popolo della diaspora.
Se non fosse stato per Hitler, c'è da dubitare che il sionismo avrebbe avuto
sufficienti forze e risorse per cambiare completamente la situazione demografica e
lo scenario, per espellere gli altri durante le guerre, per impadronirsi di territori.
Se i Paesi del mondo avessero accolto gli ebrei che avevano capito per tempo che
dovevano scappare dall'Europa, essi non avrebbero avuto il bisogno di cercare un
rifugio o un modello di Stato nazione in Palestina-Terra di Israele.
I palestinesi dicono e giustamente: “Perché dobbiamo pagare il prezzo [di colpe
altrui]”? Non  dovrebbero, proprio come le popolazioni native in America e in
Australia non avrebbero dovuto pagare il prezzo per la cupidigia di un capitalismo
europeo alla ricerca di spezie, mercati, spazi e territori aperti per le colonie penali.
È impossibile analizzare Israele esclusivamente come parte del colonialismo e
dell'imperialismo ignorando il pesante fattore storico del Terzo Reich, anche se di
breve durata, che si è impegnato a sterminare tutti gli ebrei, riuscendovi
parzialmente. Periodi di tremende ingiustizie e di espulsioni in tutto il mondo hanno
dato luogo a nuovi scenari. Persone in carne ed ossa che sono state espulse 70
anni orsono saranno in grado di tornare a casa loro. Ma troveranno lì un altro
popolo.
Siamo bloccati qui in questa unica terra, due popoli, con una Shoah che c' è stata e
una Nakba che esiste tuttora, e che noi israeliani continuiamo a spingere verso il
precipizio.

(Traduzione di Carlo Tagliacozzo)

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