lunedì 2 novembre 2015

OMAGGIO A PIER PAOLO PASOLINI


Pier Paolo Pasolini


La mia generazione si sentì orfana 40 anni fa alla notizia della morte di Pasolini. Molti di noi si erano formati leggendo i suoi articoli, i suoi saggi, i suoi romanzi, le sue poesie. Poi venne anche il cinema ed ogni prodotto della sua mente fertile divenne argomento di discussione, di dibattito e di polemica. Erano gli anni '70 con le sue battaglie memorabili: il referendun sul divorzio, le stragi di stato impunite, la grande avanzata elettorale del PCI di Berlinguer, la lotta al terrorismo, l'impegno antifascista. Cosa rimane di quella stagione? Guardiamoci intorno. Gli intellettuali? Coscienze al guinzaglio. Poeti? Citateme uno. Uomini politici di alta levatura morale ed intellettuale, coscienze guida della nazione? E' meglio tacere. Ciò che Pier Paolo temeva si è avverato: L'OMOLOGAZIONE DEL NEOCAPITALISMO, LA DISTRUZIONE DELLE CULTURE PARTICOLARI, IL PERMISSIVISMO COME IDEOLOGIA BORGHESE DEL DOMINIO, L'ACCULTURAZIONE DI MASSA. 

Propongo due poesie civili: una critica sferzante agli italiani ed una altrettanto severa alla nazione. Infine una terza: lo struggente amore per la propria madre. (D.S.)


Gli italiani


L'intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai

da uno dei milioni d'anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l'ha mai liberato.
Mostrare la mia faccia, la mia magrezza -
alzare la mia sola puerile voce -
non ha più senso: la viltà avvezza

a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce.

"La Guinea", Poesia in forma di rosa, in "Bestemmia", volume primo, Garzanti, Milano 1993




Alla mia nazione




Pier Paolo Pasolini

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

Pier Paolo Pasolini, La religione del mio tempo, 1961



Supplica a mia madre




E' difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
d'amore, dell'amore di corpi senza anima.

Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l'infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l'unico modo per sentire la vita,
l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

Poesia in forma di rosa (1961-1964), Garzanti, Milano 1964.

Nessun commento:

Posta un commento