lunedì 4 aprile 2016

PLATONE E LA DEGENERAZIONE DELLA DEMOCRAZIA




«Quando la città retta a democrazia si ubriaca di libertà confondendola con la licenza, con l'’aiuto di cattivi coppieri costretti a comprarsi l’'immunità con dosi sempre massicce d'’indulgenza verso ogni sorta di illegalità e di soperchieria; quando questa città si copre di fango accettando di farsi serva di uomini di melma per potere continuare a vivere e a ingrassare nella mota; quando il padre si abbassa al livello del figlio e si mette, bamboleggiando, a copiarlo perché ha paura del ragazzo; quando il figlio si pone alla pari del genitore e, lungi da rispettarlo, impara a disprezzarlo per la sua pavidità; quando il cittadino accetta che, di dovunque un altro provenga, chiunque gli capiti in casa possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’'ha costruita e ci è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola e ordine; c’è da meravigliarsi che l'’arbitrio si estenda ovunque e che dappertutto nasca l’'anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle?

In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme e adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun conto chi li educhi; in cui tutto si mescola e si confonde; in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi; in cui i rapporti tra gli uni e gli altri sono regolati soltanto dalle reciproche convenienze nelle reciproche tolleranze; in cui la demagogia dell'’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione, e anzi costringe tutti a misurare il passo delle gambe su chi le ha più corte; in cui l'’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella molteplicità e moltiplicazione dei favori; in cui tutto è concesso a tutti in modo che tutti ne diventino complici; in un ambiente siffatto, quando si raggiunge il culmine dell’'anarchia e nessuno è più sicuro di nulla e nessuno è più padrone di qualcosa perché tutti lo sono - perfino signori del suo letto e della sua madia, a parità di diritti con lui - e i rifiuti si ammonticchiano per le strade perché nessuno può comandare a nessuno di sgombrarli; in un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe a difendere la Libertà, quella libertà, dal pericolo dell’autoritarismo?
Ecco, secondo me, come nascono le dittature. Esse hanno due madri. Una è l'’oligarchia quando degenera, per le sue lotte interne, in satrapia. L’'altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’'inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nella paralisi.
Allora la gente si separa da coloro cui attribuisce la colpa di averla condotta a tal disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza che della dittatura è pronuba e levatrice.
Così la democrazia muore: per abuso di se stessa.
E prima che nel sangue, muore nel ridicolo.»

(Platone, "Repubblica", Libro VIII – Atene, anno 370 a.C. circa)



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