sabato 29 ottobre 2016

Il direttore di B’Tselem: perché ho parlato all'ONU contro l’occupazione israeliana?


di Hagai El-Ad
Haaretz – 16 ottobre 2016
Non ci sono possibilità che la società israeliana, di sua spontanea volontà e senza alcun aiuto, metta fine all’incubo. Troppi meccanismi nascondono la violenza che mettiamo in atto per controllare i palestinesi.
Ho parlato alle Nazioni Unite contro l’occupazione perché mi sforzo di essere umano. E gli esseri umani, quando si assumono la responsabilità di un’ingiustizia contro altri esseri umani, hanno l’obbligo morale di fare qualcosa.
Ho parlato alle Nazioni Unite contro l’occupazione perché sono israeliano. Non ho un altro Paese. Non ho un’altra cittadinanza né un altro futuro. Sono nato e cresciuto qui e qui sarò sepolto: mi sta a cuore il destino di questo luogo, il destino del suo popolo e il suo destino politico, che è anche il mio. E alla luce di tutti questi legami, l’occupazione è un disastro.
Ho parlato alle Nazioni Unite contro l’occupazione perché i miei colleghi di B’Tselem ed io, dopo così tanti anni di lavoro, siamo arrivati ad una serie di conclusioni. Eccone una: la situazione non cambierà se il mondo non interviene. Sospetto che anche il nostro arrogante governo lo sappia, per cui è impegnato a seminare la paura contro un simile intervento.
L’intervento del resto del mondo contro l’occupazione sarebbe semplicemente legittimo come per qualunque questione di diritti umani. Lo è ancora di più quando ciò coinvolge un problema come il fatto che governiamo su un altro popolo. Non è una questione interna israeliana. E’ palesemente una questione internazionale.
C’è un’altra conclusione: non ci sono possibilità che la società israeliana, di sua spontanea volontà e senza alcun aiuto, metta fine all’incubo. Troppi meccanismi nascondono la violenza che mettiamo in atto per controllarli. Si sono accumulate troppe giustificazioni. Ci sono state troppe paure e troppo odio – da entrambe le parti – nel corso degli ultimi 50 anni. Alla fine, ne sono sicuro, israeliani e palestinesi porranno fine all’occupazione, ma non lo possiamo fare senza l’aiuto del resto del mondo.
Le Nazioni Unite sono molte cose. Molte di queste sono problematiche, altre sono realmente stupide. Con queste non sono d’accordo. Ma le Nazioni Unite sono anche l’organizzazione che ci ha dato uno Stato nel 1947, e questa decisione è la base della legittimità internazionale del nostro Paese, l’unico di cui sono cittadino. E ogni giorno di occupazione che passa, non solo ci mangiamo con diletto la Palestina, distruggiamo anche la legittimità del nostro Paese.
Non capisco cosa il governo voglia che facciano i palestinesi. Abbiamo dominato la loro vita per circa 50 anni, abbiamo fatto a pezzi la loro terra. Noi esercitiamo il potere militare e burocratico con grande successo e stiamo bene con noi stessi e con il mondo.
Cosa dovrebbero fare i palestinesi? Se osano fare manifestazioni, è terrorismo di massa. Se chiedono sanzioni, è terrorismo economico. Se usano mezzi legali, è terrorismo giudiziario. Se si rivolgono alle Nazioni Unite, è terrorismo diplomatico.
Risulta che qualunque cosa faccia un palestinese, a parte alzarsi la mattina e dire “Grazie, Raiss”- “Grazie, padrone” – è terrorismo. Cosa vuole il governo, una lettera di resa o che i palestinesi spariscano? Non possono sparire.
Neanche noi possiamo sparire, né staremo in silenzio. Dobbiamo ripeterlo ovunque: l’occupazione non è il risultato di un voto democratico. La nostra decisione di controllare le loro vite, per quanto ci possa stare bene, è un’espressione di violenza, non di democrazia. Israele non ha un’alternativa legittima per continuare in questo modo.
E il resto del mondo non può continuare a trattarci come è accaduto finora – tutte parole e niente fatti.
Ho parlato alle Nazioni Unite contro l’occupazione perché sono ottimista, perché sono israeliano, perché sono nato ad Haifa e vivo a Gerusalemme [due città in cui vivono molti palestinesi. Ndtr.], e perché non sono più giovane e ogni giorno della mia vita è stato accompagnato dal nostro controllo su di loro. E perché è impossibile andare avanti così.
Non dobbiamo continuare in questo modo. Ho parlato al Consiglio di Sicurezza dell’ONU contro l’occupazione perché mi sforzo di essere umano.
Hagai El-Ad è il direttore esecutivo del gruppo per i diritti umani di B’Tselem.
(traduzione di Amedeo Rossi)

FIORELLA MANNOIA: ECCO PERCHE' VOTO "NO" ALLA RIFORMA DI RENZI





Io voto NO perché non sono all'altezza di capire 46 punti della costituzione che vengono cambiati e non ho capito come. Voto NO perché non mi bevo il fatto che si snellisce la votazione di una legge, quando le hanno votate in tre giorni quando gli ha fatto comodo. Voto NO perché non mi convince questo nuovo senato composto da sindaci e consiglieri comunali, visto che la metà dei comuni italiani sono in odore di corruzione e non mi va che a queste persone sia data l'immunità parlamentare. Voto No perché i senatori non saranno più votati da noi. Voto NO perché non si capisce nel caso di disaccordo tra camera e senato chi ha la parola finale, chi decide. Voto NO perché penso che sia un risparmio relativo, e che potremmo risparmiare molto di più se ritirassimo le truppe dall'Afghanistan visto che siamo lì da vent'anni e ci costa due milioni e seicento euro al giorno, circa 900 milioni all'anno. Voto NO perché per contribuire al bilancio potremmo fare una vera legge anti corruzione. Voto NO perché potremmo cercare chi non paga le tasse e porta i capitali all'estero. Voto NO perché non capisco che cosa ci sia dietro a tutto questo interesse per questo referendum tanto da scomodare banchieri e addirittura il presidente degli Stati Uniti d'America e non mi fido. Voto NO perché un referendum avrebbe avuto senso se ci avessero semplicemente chiesto: volete ridurre il numero dei Senatori? Allora sarebbe stato semplice rispondere SI senza scrivere una pappardella incomprensibile perfino a costituzionalisti piú preparati. Voto NO perché il mio voto sarà l'eredità che lascio alle generazioni future e sono troppo ignorante per assumermi la responsabilità di cambiare la nostra Costituzione con queste premesse. IO VOTO NO.

venerdì 28 ottobre 2016

MONI OVADIA E LA RISOLUZIONE DELL'UNESCO CONTRO ISRAELE


Israele è, piaccia o non piaccia, una potenza occupante e lo è da cinquant’anni e questo secondo le risoluzioni dell’Onu, non secondo i pro palestinesi. Ma attenti a dirlo! Diventereste illico et immediate antisionisti, ovvero antisraeliani, ovvero antisemiti. Guai all’Unesco che osa affermare che Israele è potenza occupante, scrive Moni Ovadia

di Moni Ovadia – Il Manifesto
Roma, 27 ottobre 2016, Nena News – Le parole sono importanti! sentenziava Nanni Moretti in una scena da culto di una sua memorabile pellicola, dando ratifica all’affermazione con un sonoro ceffone vibrato ad una giornalista colpevole di esprimersi con un eloquio mediocre ed improprio. Dal tempo di quell’accorato grido di dolore del geniale cineasta molta acqua è passata sotto i ponti. Abusare perversamente le parole è diventata pratica comune che non provoca reazioni di sofferenza; in questi giorni, il nostro capo del governo si è prodotto in una tecnica di perversione del senso, sostituendo la parola italiana condono con l’anglicismo di sonorità meno sconcia voluntary disclosure.
L’ordine del discorso e la scelta delle parole possono diventare particolarmente insidiosi quando si parla di Israele, governo israeliano, israeliani, ebrei e via dicendo. A me è capitato di sentirmi apostrofare con il termine “antipatizzante” di Israele per avere definito “colonie” le colonie israeliane della Cisgiordania invece di descriverle con il più neutro “insediamenti”. Gli ultras proisraeliani a prescindere, ma anche coloro che non sono estremisti del campo – potremmo definirli i moderati di ogni schieramento – manifestano un’immediata idiosincrasia nei confronti di un crudo linguaggio di verità, qualora utilizzato nei riguardi di Israele.
Per queste sensibilissime persone, parole accettabili all’indirizzo di qualsiasi altro paese occupante e colonialista del mondo, diventano inascoltabili se utilizzate per criticare gli atti dei governi israeliani. Questa ipersensibilità ha provocato l’ennesima crociata pro Israele sulla stampa mainstream e nelle piazze, per denunciare l’antisemitismo dell’Unesco a proposito della sua risoluzione sulla Palestina occupata.
Nella traduzione integrale della risoluzione al comma 3 leggiamo: “Affermando l’importanza che Gerusalemme e le sue mura rappresentano per le tre religioni monoteiste, affermando anche che in nessun modo la presente risoluzione, che intende salvaguardare il patrimonio culturale della Palestina e di Gerusalemme Est, riguarderà le risoluzioni prese in considerazione dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e le risoluzioni relative allo status legale di Palestina e Gerusalemme…”
In apertura, la risoluzione riconosce che Gerusalemme e le sue mura sono sacre ai tre monoteismi e ai loro fedeli: ebrei, cristiani musulmani. Non c’era dunque alcuna ragione di gridare all’antisemitismo, di accusare la risoluzione di voler negare il legame degli ebrei con quei luoghi. In realtà a me pare di intuire che la reazione degli ultras pro Israele, senza se e senza ma, dipenda piuttosto dal fatto che nei commi successivi la risoluzione si riferisca ripetutamente ad Israele con la definizione di “potenza occupante” e ne denunci la pratica violenta dei fatti compiuti sul territorio.
Ora, Israele è, piaccia o non piaccia, una potenza occupante e lo è da cinquant’anni e questo secondo le risoluzioni dell’Onu, non secondo i pro palestinesi. Ma attenti a dirlo! Diventereste illico et immediate antisionisti, ovvero antisraeliani, ovvero antisemiti. Guai all’Unesco che osa affermare che Israele è potenza occupante.
Invece, i politici israeliani di governo possono gridare ai quattro venti che Gerusalemme è la sacra ed indivisa capitale dello Stato di Israele nell’assoluto silenzio delle anime belle, e i leader dei partiti religiosi possono sostenere impunemente che tutta la terra di quella che fu la Palestina mandataria appartiene agli ebrei perché fa parte della terra “donata” da Dio.
Gli zeloti che fanno parte dell’elettorato della destra utrareazionaria sostenitrice di Netanyahu, possono farneticare di distruggere le moschee per edificare al loro posto il “Terzo Tempio” e compiere atti aggressivi nei confronti dei palestinesi, nessuno scandalo. È scandalo invece se il documento dell’Unesco non riconosce alle autorità israeliane e ai fanatici di Israele il diritto ad esercitare il proprio arbitrio.
Forse disturba la mancata identificazione di ebrei e governo israeliano in carica. Le anime belle della democrazia a popoli alterni sanno che le due cose sono diverse, ma dà loro un incontenibile fastidio. Eppure il problema di una precisa distinzione fra israeliani ed ebrei è ormai incandescente.
Un recente articolo apparso sul quotidiano israeliano Ha’aretz a firma di Chemi Shalev titolava: “Trump mostra agli estremisti di destra come amare Israele ed odiare gli ebrei”(alcuni estremisti di destra americani disprezzano gli ebrei progressisti con lo stesso veleno con il quale la destra israeliana odia gli ebrei di sinistra).
Eccolo il capolavoro che hanno edificato i nazionalisti e i fanatici religiosi israeliani con la fattiva collaborazione degli ultras pro sionisti e il benevolo sussiego di certi moderati che sono amici di Israele a prescindere.
Grazie a loro, gli eredi degli antisemiti di ogni tipo possono tornare ad odiare gli ebrei cominciando dai maledettissimi rossi e poi… Poi si vedrà.
Massa d’urto religiosa di questa nuova ideologia sono i cosiddetti cristiano/sionisti. Sono milioni, appartengono a chiese evangeliche millenariste e avventiste, sono sostenitori del sionismo integralista, rivendicano il diritto degli ebrei a possedere tutta la Terra Promessa e auspicano il ritorno di tutti gli ebrei in Eretz Israel perché secondo le loro profezie ciò provocherà la seconda parusia di Gesù e l’Armageddon. E gli ebrei? Quelli che riconosceranno il Cristo saranno salvi. E gli altri? Si fotteranno bruciando nelle fiamme dell’inferno! (L’interpretazione è mia).

martedì 25 ottobre 2016

OBAMA E IL "BUON AMICO MATTEO"




Patti chiari, sudditanza lunga

Manlio Dinucci

Dopo aver chiamato gli italiani a votare Sì al referendum, ingerendosi nella nostra politica nazionale col complice silenzio dell’opposizione parlamentare, il presidente Obama ha confermato al «buon amico Matteo» che con l’Italia gli Usa hanno «patti chiari, amicizia lunga». Non c’è dubbio che i patti siano chiari, anzitutto il Patto atlantico che sottomette l’Italia agli Usa.

Il Comandante supremo alleato in Europa viene sempre nominato dal Presidente degli Stati uniti d’America e sono in mano agli Usa tutti gli altri comandi chiave. Dopo la fine della guerra fredda, in seguito alla disgregazione dell’Urss, Washington affermava la «fondamentale importanza di preservare la Nato quale canale della influenza e partecipazione statunitensi negli affari europei, impedendo la creazione di dispositivi unicamente europei che minerebbero la struttura di comando dell'Alleanza», ossia il comando Usa. 

Concetto ribadito dal segretario della Nato Stoltenberg nella recente tavola rotonda sulla «grande idea di Europa»: «Dobbiamo assicurare che il rafforzamento della difesa europea non costituisca un duplicato della Nato, non divenga una alternativa alla Nato». 

A garanzia di ciò c’è il fatto che 22 dei 28 paesi della Ue (21 su 27 dopo l’uscita della Gran Bretagna) fanno parte della Nato sotto comando Usa, riconosciuta dall’Unione europea quale «fondamento della difesa collettiva». La politica estera e militare della Ue è quindi fondamentalmente subordinata alla strategia statunitense, su cui convergono le potenze europee i cui contrasti d’interesse si ricompattano quando entra in gioco il loro interesse fondamentale: mantenere il predominio dell’Occidente, sempre più vacillante di fronte all’emergere di nuovi soggetti statuali e sociali. Basti pensare che l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione, nata dall’accordo strategico cino-russo, dispone di risorse tali da farne la maggiore area economica integrata del mondo. 

Nel quadro della strategia Usa/Nato – documenta la Casa Bianca –  l’Italia si distingue quale «saldo e attivo alleato degli Stati uniti». Lo dimostra il fatto che «l’Italia ospita oltre 30 mila militari e funzionari civili del Dipartimento Usa della difesa in installazioni dislocate in tutto il paese». 

Allo stesso tempo l’Italia è «partner degli Usa per la sicurezza globale», fornendo forze militari e finanziamenti per una vasta gamma di «sfide»: in Kossovo, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, Baltico e altrove, ossia ovunque è stata e viene impiegata la macchina da guerra Usa/Nato. 

Un ultimo fatto conferma quale sia il rapporto Usa-Italia: stanno per arrivare alla base di Amendola in Puglia, probabilmente l’8 novembre, i primi due dei 90 caccia F-35 della statunitense Lockheed Martin, che l’Italia si è impegnata ad acquistare. Il costo della partecipazione dell’Italia al programma F-35, quale partner di secondo livello, è ufficialemente quantificato nella Legge di stabilità 2016: 12 miliardi 356 milioni di euro di denaro pubblico, più altre spese per le continue modifiche al caccia che ancora non è pienamente operativo e necessiterà di continui ammodernamenti. 

Nonostante ciò – conferma Analisi Difesa – l’Italia avrà una «sovranità limitata» sugli stessi F-35 della propria aeronautica. Una legge statunitense vieta che i «dati di missione» (i software di gestione dei sistemi di combattimento dei caccia) siano comunicati ad altri. Saranno dunque  gli Usa a controllare gli F-35 italiani, predisposti per l’uso delle nuove bombe nucleari B61-12 che il Pentagono schiererà contro la Russia, al posto delle attuali B-61, sul nostro territorio «nazionale».

(il manifesto, 25 ottobre 2016)

domenica 23 ottobre 2016

''Parlamento eletto con legge incostituzionale non è legittimato a modificare Costituzione''




22 Ottobre 2016



Riportiamo il discorso integrale del pm Nino Di Matteo intervenuto ieri a “Una notte per la Costituzione”, evento organizzato dal Comitato “Liberi cittadini per la Costituzione” a Palermo. Il magistrato dopo aver sottolineato l'importanza di difendere la Costituzione e richiedere la sua reale attuazione invece che modifica è entrato nel vivo della riforma sulla quale ogni cittadino è chiamato a votare nel Referendum del 4 dicembre. Una riforma che, ha chiaramente sottolineato il pm, ha come reale obiettivo, quello voluto dallo stesso Licio Gelli nel Piano di rinascita democratica della P2 e da successivi governi: “favorire il potere esecutivo a scapito del legislativo e del giudiziario” trasformando così la Democrazia in una “sorta di dittatura dolce fondata non sulla sovranità popolare ma sul potere oligarchico che obbedisce solo alle leggi della finanza e della economia internazionale”.

Intervento pm Nino Di Matteo

Devo dire che sono Stato subito contento di accettare l'invito a partecipare a questa serata, un invito che mi è stato formulato da uno studente di giurisprudenza ad alcune associazioni universitarie. Ho subito considerato bello e importante poter partecipare ad un dibattito sulla Costituzione e quindi anche sul referendum costituzionale del quattro dicembre. Io credo che stasera dovevamo essere di più, non per  i relatori ma per l'importanza dell'argomento.
Comunque è importante che ne parliamo. Quella che ci attende non è una consultazione elettorale come le altre, questa più che mai non ci si può permettere che prevalga l’astensionismo o le decisioni improntate all'appartenenza politica o alla simpatia per un partito o per una fazione politica.
Qui è in ballo qualcosa di molto più importante: si decide sulla nostra Carta fondamentale! Si decide su una riforma che ne modifica quarantasette articoli e che incide profondamente sugli assetti fondamentali della nostra Democrazia.
Questa è la mia opinione, la mia sensazione e il mio sentimento: se ancora conserviamo l'aspirazione, nonostante tutto, ad essere cittadini e non sudditi, se ancora conserviamo la dignità di essere cittadini e non servi inconsapevoli di un potere che non ci appartiene e non ci rappresenta, non possiamo restare indifferenti. Abbiamo verso noi stessi e verso i nostri giovani, per la nostra dignità personale l'obbligo di reagire alla indifferenza all'apatia alla rassegnazione all'opportunismo, al sistematico nascondiménto dei fatti, alla superficialità che stanno dilagando fino a trasformare il nostro in un Paese senza memoria senza speranza e quindi senza futuro.
Per questo sono d'accordo con l'onorevole Sarti con tutti quelli che mi hanno preceduto: dobbiamo informarci ! Dobbiamo riflettere, guardarci indietro nella storia di questo Paese. Dobbiamo abbandonare i facili slogan e saper volare alto e capire che al di là delle singole norme di modifica della Costituzione, il significato complessivo della riforma è importantissimo.
Dobbiamo capire le gravi conseguenze che deriverebbero dalla sua approvazione, sul delicato equilibrio di ogni vera democrazia, quell'equilibrio che è fondato sulla separazione e sull'effettivo bilanciamento dei tre fondamentali poteri dello Stato: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario. Voliamo alto per capire è orientarci in questa scelta in vista della consultazione del quattro dicembre.
Io ho sempre pensato e in questi venticinque anni di mia carriera in magistratura ho vissuto sempre più intensamente che l'esigenza fondamentale del Paese è quella di arrivare ad una applicazione effettiva dei principi costituzionali. Sono sempre più convinto che il vero grande necessario cambiamento, la vera grande rivoluzione sarebbe quella di lottare tutti uniti coesi non per cambiare ma per applicare effettivamente la Costituzione.
Ricordiamoci e riflettiamo su quanto nei fatti vengano costantemente violati i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Anziché moltiplicare proclami, annunci e slogan leggiamola la Costituzione. Ricordiamoci per esempio del diritto al lavoro che è anche ‘diritto ad una retribuzione che consente ai lavoratori e alle loro famiglie un'esistenza libera e dignitosa’ leggo dall’articolo della Costituzione.
Ricordiamoci prima che scompaia la residua sanità pubblica che la Repubblica, articolo trentadue, ‘tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività’.
Riflettiamo prima di smontare la scuola pubblica che, articolo trentaquattro la Costituzione, ‘le scuole statali per tutti gli ordini e gradi vengono prima delle scuole private che possono operare liberamente ma senza oneri per lo Stato’.
Prima di cambiarla la Costituzione vediamo se è applicata. Ricordiamoci, prima di intraprendere azioni belliche anche se travestiti da operazioni di pace, che l'Italia ripudia la guerra, articolo undici, e che lo stato di guerra può essere deliberato non dal Governo ma dalle Camere.
Ricordiamoci che, di fronte al più sfrenato egoismo proprietario, la proprietà privata trova il suo limite nella funzione sociale, articolo quarantadue, che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale.
Ricordiamoci, lo hanno ricordato chi è intervenuti prima di me, che la sovranità appartiene al popolo, articolo uno, cioé a tutti noi.
Dobbiamo applicarla la Costituzione dobbiamo lottare ciascuno nel proprio ambito.
Per un'attuazione vera concreta sostanziale del principio di eguaglianza sancito dall'articolo tre della Costituzione non possiamo più accettare, per esempio, che la giustizia funzioni a due velocità: sia rigorosa e certe volte spietata con i deboli e sia invece ancora troppo timida e con le armi spuntate nei confronti della criminalità dei potenti.
Dobbiamo lottare per l'applicazione dei princìpi della Carta costituzionale! Per l’indipendenza della magistratura, patrimonio e garanzia dei cittadini, soprattutto dei più deboli, non privilegio della casta. Dobbiamo lottare tutti quanti per preservare l'indipendenza della magistratura dai pericoli esterni. Dagli attacchi esterni di quella gran parte della politica che vorrebbe che il potere giudiziario divenisse sostanzialmente servente rispetto al potere politico e al potere esecutivo.
Dobbiamo lottare per preservare indipendenza della magistratura dei pericoli interni. Dobbiamo lottare perché si abbandoni ogni forma di collateralismo da parte della magistratura alla politica e ai potenti.
Dobbiamo lottare perché una volta per tutte si abbandoni, nelle scelte giudiziarie, il criterio della opportunità, che valuta le conseguenze dell'atto giudiziario e ci si abbandoni invece soltanto all'unico criterio che deve ispirare l'azione del magistrato che è quello della doverosità dell’agire.
Dobbiamo impegnarci perché un altro principio della nostra Carta costituzionale, l'obbligatorietà dell'azione penale, venga effettivamente rispettato nei confronti di tutti perché la legge sia uguale per tutti e perché i magistrati possano lavorare per applicare il diritto anche quando l'applicazione del diritto comporti delle conseguenze negative per il potere.
Dobbiamo lottare perché, sto parlando accanto a Salvatore Borsellino fratello di uno dei tanti eroi della nostra storia costituzionale, la Carta costituzionale venga applicata nella ricerca continua della verità sulle stragi. Ricerca che non si limiti e non si accontenti dei risultati, pur importanti, che sono arrivati ma che vada oltre e abbia il coraggio di andare oltre, quello che adesso non vuole più nessuno. Vada oltre nella ricerca anche di eventuali responsabilità esterne rispetto alle organizzazioni criminali i cui componenti sono già stati giustamente condannati.
Il vero grande problema italiano, a mio parere, è la forbice tra la Costituzione formale, quella scritta dopo la Resistenza al nazifascismo e approvata nel 1948 e la Costituzione materiale, cioé la trasformazione, il travisamento, l'elusione della prima nella pratica politica.
Quella pratica politica che ha spaccato il Paese e che ha avuto la gravissima colpa di contrapporre ad un'Italia che ancora crede nel progetto di attuare gli altissimi principi di uguaglianza solidarietà e libertà contenuti nella Costituzione, un'altra Italia fondata sulla speculazione, sulla ricerca esasperata del potere e della sua conservazione, sul compromesso e sull'accettazione di metodi mafiosi clientelari e poteri criminali.
Altro che cambiare la Costituzione! Oggi chi ancora ha a cuore le sorti del Paese dovrebbe privilegiare ad ogni interesse di parte l’interesse superiore del partito della Costituzione di tutti coloro che a prescindere dal loro specifico orientamento culturale e politico si riconoscono nell'idea e nel progetto di applicare, nelle scelte concrete, la Costituzione senza indugi e a qualunque costo.

Le falsità e le mistificazioni su questa Riforma
Reputo quasi doveroso, anche nella mia veste di magistrato, un giudizio sulla riforma costituzionale sulla quale siamo chiamati a votare con il referendum del quattro dicembre.
Voglio fare due premesse, che sono mie convinzioni che credo orientino tutto il giudizio successivo sul contenuto nella riforma.
La prima premessa è che questa riforma costituzionale è stata adottata da un Parlamento eletto, o meglio di nominati piuttosto che eletti, sulla base di una legge elettorale dichiarata dalla Corte costituzionale illegittima. La sentenza è del quattro dicembre 2013, nove mesi dopo l'elezione del Parlamento oggi in carica, eppure a nessuno, né al Quirinale né ai Governi che si sono succeduti Letta e Renzi se non a pochi nello stesso Parlamento, è venuto in mente che un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, a mio parere, non può avere la legittimazione morale necessaria a modificare profondamente la Costituzione.

Seconda premessa: la riforma è stata ideata e ostinatamente voluta dal Governo della Repubblica con la pressione e l’etero direzione dell'ex Presidente della Repubblica Napolitano. Gli ultimi Governi sono stati presieduti da chi non era stato nemmeno eletto. Allora non dimentichiamo come è nata questa riforma, non dimentichiamo da chi e come è stata approvata. E’ stata scritta dal Governo e questo già a prescindere dal merito costituisce un vizio molto grave perché i Governi sono espressione della maggioranza dunque sono di parte, mentre la scrittura della legge fondamentale dello Stato dovrebbe essere esclusiva competenza del Parlamento che rappresenta il popolo sovrano o di assemblee costituenti elette con sistema proporzionale in modo da essere il più possibile rappresentativa delle varie componenti politiche sociali e culturali presenti nel Paese.
C'è uno scritto di Piero Calamandrei “Come nasce la nuova Costituzione” che è stato pubblicato nel gennaio del 1947, leggo testualmente:  “Nella preparazione della Costituzione il Governo non ha alcuna ingerenza. Nel campo del potere costituente non può avere alcuna iniziativa neanche preparatoria. Quando l'assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti. Estraneo del pari deve rimanere il Governo alla formulazione del progetto se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell'Assemblea sovrana”. 1947, poco prima dell'approvazione della nostra Carta costituzionale.

Altra premessa: non si può scindere in nessun momento valutativo il giudizio sulle modifiche alla Costituzione da quello sulla legge elettorale. Le modifiche alla Costituzione riguardano principalmente le funzioni dei due rami del Parlamento. La legge elettorale riguarda ovviamente la procedura di nomina e quindi la composizione nel Parlamento.
La nuova legge elettorale, lo ricordava l'onorevole Sarti, ripropone le stesse caratteristiche, gli stessi vizi di quella dichiarata incostituzionale con la sentenza del dicembre 2013 che lede gravemente il principio di rappresentatività sacrificato sull'altare della stabilità dei Governi.
La sentenza della Corte sul cosiddetto “Porcellum” censurava pesantemente, leggo testualmente, “un meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza manifestamente irragionevole” e “una disciplina che priva l'elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti”.
I due vizi che sono indicati perfettamente in questa sentenza della Corte costituzionale ricompaiono nell’“Italicum”. Basta ricordare che in esito al ballottaggio previsto dall’Italicum è ben possibile che una lista che abbia ottenuto anche semplicemente il 21%  dei voti conquisti il 54% dei seggi.
E basta sottolineare il dato che più del 60% dei deputati sarebbero nominati dai partiti e non scelti dagli elettori. Se si tiene conto del forte astensionismo delle ultime tornate elettorali ci si rende conto che un gruppo politico, che rappresenta una minoranza anche piuttosto esigua di cittadini, con questo sistema elettorale può mettersi in mano il Paese, eleggere il Presidente della Repubblica e i componenti laici del Consiglio Superiore della Magistratura e i giudici della Corte costituzionale senz'altro sempre attraverso questo meccanismo.
Io credo che ognuno possa avere qualsiasi idea, che è cosa legittima ma non possiamo sopportare le bugie e le mistificazioni continuamente abilmente amanite a sostegno della riforma. Sono costretto a ripetere alcune considerazioni già svolte. La riforma non abolisce il Senato e non abolisce il bicameralismo lo rende solo tremendamente più confuso.
Il Senato continua ad esistere sarà composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e cinque senatori che possono essere nominati dal presidente la Repubblica. Il meccanismo che si viene a creare è di confusione istituzionale totale!
Sulla designazione dei senatori, sull'impiego part-time di sindaci e consiglieri regionali che, non si capisce quando fino a quando potrebbero fare i Sindaci o i consiglieri regionali e quando i senatori, sul continuo avvicendamento, nel nostro sistema non tutti i Sindaci con tutti i Consiglieri regionali vengono eletti nello stesso momento o nello stesso anno, avremmo in Senato un continuo avvicendamento di senatori che magari sono stati sindaci fino a quel momento e poi devono cedere lo scranno da senatore all'altro sindaco che nel frattempo viene eletto.
Una confusione totale.  L’unica certezza è l’acquisizione per molti sindaci e consiglieri regionali di spazi di immunità penale.
Senza ovviamente generalizzare e demonizzare le categorie dobbiamo però vederlo in una situazione come quella italiana, dove c’è una percentuale alta di politici e amministratori, nei Consigli regionali e nelle Amministrazioni comunali, che hanno problemi con la giustizia.

Quando leggiamo che la riforma finalmente abbatte i costi della politica io penso e mi chiedo da semplice cittadino ma perché piuttosto che smantellare un assetto costituzionale assolutamente rodato e consolidato non si riduceva semplicemente proporzionalmente il numero dei deputati e dei senatori senza stravolgere l'assetto costituzionale?
Altra mistificazione: nella riforma si parla tanto di semplificazione, mi consentirete di perdere cinque minuti di tempo per dimostrarvi attraverso una semplice lettura quanto la semplificazione sia uno slogan assolutamente falso.  L'iter di formazione delle leggi non è per niente semplificato semmai la riforma lo complica e crea le condizioni per un clima di perenne conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato.
Articolo 70 nella formulazione attuale della Costituzione vigente: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Nella Costituzione vigente nove parola. Nell’articolo 70 del progetto di riforma Renzi-Boschi quelle nuove parole diventano 434.
Scusate ma io penso che lo dobbiamo leggere: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione alle altre leggi costituzionali e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche referendum popolari le altre forme di consultazione di cui all'articolo settantuno per le leggi che determinano l'ordinamento la legislazione elettorale gli organi di governo le funzioni fondamentali dei Comuni delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni per la legge che stabilisce le norme generali e le forme i termini della partecipazione dell'Italia e la formazione all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determini casi di ineleggibilità ed incompatibilità con l'ufficio di senatori di cui all'articolo sessantacinque primo comma e per leggi di cui articolo cinquantasette sesto comma ottanta secondo periodo centoquattordici terzo comma centosedici terzo comma centodiciassette quinto il nono comma, centodiciannove sesto comma centoventi secondo comma centoventidue primo comma centotrentadue secondo comma.
Le stesse leggi ciascuna come oggetto proprio possono essere abrogate o modificate o derogate solo in forma espresse e da leggi approvati a norma del presente comma…”. Scusate ancora non sono nemmeno a metà e comunque la lettura per chi ci riuscirà vi prego di completarla voi perché altrimenti tutto il tempo a mia disposizione va avanti sulla lettura di questo articolo 70.
Io credo che da semplice laureato in giurisprudenza si debba dire che non c'è nessuna semplificazione anzi c'è una moltiplicazione dei processi legislativi c'è un clamoroso intricarsi delle procedure e dietro l'angolo c'è la paralisi del Parlamento per favorire la supremazia del Governo e il suo potere.
La nuova normativa che poi riguarda il tema fondamentale della formazione delle leggi dello Stato è prolissa e tortuosa sembra fatta apposta per confondere le idee per tenere i cittadini lontani dalla Costituzione.
Per consegnare la Democrazia, per legarla mani e piedi, in mano agli uscieri del palazzo, ai professionisti del cavillo e ai professionisti della politica nel senso deteriore del termine.

Un attacco iniziato molto prima del Governo Renzi, da Gelli in poi
Ma il giudizio su questa riforma deve anche prescindere dalle singole norme, si deve formulare con una visione di insieme di contesto più alta rispetto alla mera e parcellizzata analisi delle singole modifiche costituzionali. Questo giudizio deve anche tenere conto di una seria analisi storica di quanto accaduto in Italia negli ultimi quarant'anni.
Questa riforma crea uno spostamento grave dell'equilibrio tra i poteri in funzione del rafforzamento dell'esecutivo e dello svilimento del potere legislativo.
Ma d'altra parte basta leggere la relazione che accompagna il disegno di legge di riforma costituzionale per capire quali sono gli scopi della riforma costituzionale.
Vi si legge, nella relazione che accompagna il disegno di legge, che “la revisione della parte seconda della Costituzione non può più attendere per il necessario processo di adattamento dell'ordinamento interno alle nuove sfide - Segue una lista dei problemi a cui secondo il Governo la riforma rimedierà -
1- L'esigenza di adeguare l'ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea e alle relative stringenti regole di bilancio. governance europea ed esigenze di bilancio
2- Le sfide derivanti dalla internazionalizzazione dell'economia dal mutato contesto della competizione globale
3- L’elevata conflittualità tra i diversi livelli di governo dovuta alle spinte verso una compiuta attuazione della riforma del Titolo quinto della Costituzione
4- La cronica debolezza degli esecutivi nell'attuazione del programma di governo la lentezza e la farraginosità dei procedimenti legislativi ricorso eccessivo alla decretazione d'urgenza eccetera..”
Cosa di evince dalla relazione che accompagna il disegno di legge?
Che è urgente e rendere più forte il Governo per adeguarsi alla austerità imposta dall'Unione europea e alle regole di mercato dell'economia globale e per imbrigliare regioni comuni con le rinnovate esigenze di un governo unitario.
Io credo che, se questi sono gli scopi e questa è la direttrice di fondo di tutta la riforma, non possiamo dimenticare che nell'iter di formazione di questa riforma, accanto parallelamente al percorso istituzionale se ne svolgeva un altro a mio parere molto più incisivo e decisivo che si è mosso fuori dalle istituzioni della Repubblica ed è iniziato prima della proposta Boschi e probabilmente l’ha ispirata se non determinata.
A cosa mi riferisco? “Dopo le due lettere dall'Europa dalla BCE e dal commissario per l'economia dell'Unione europea del 2011 dopo le dimissioni di Berlusconi e la nascita del Governo Monti, la tappa più significativa è il documento dedicato, (si intitola così) “Alla narrazione su come gestire la crisi” da una grande compagnia di gestione degli investimenti che amministra 1800 miliardi di dollari” JP Morgan.
Per capire da che pulpito viene questa predica dobbiamo ricordarci che nel novembre 2013 JP Morgan pagò al Governo degli Stati Uniti una gigantesca multa di tredici miliardi di dollari dopo avere ammesso di avere venduto a piccoli investitori prodotti finanziari inquinati.
Cosa si legge in quelle documento? Venne pubblicato il 28 maggio 2013, l'ho trovato facilmente in rete, quel documento accusa le costituzioni dei paesi della periferia meridionale approvate dopo la caduta del fascismo di essere “un ostacolo al processo di integrazione economica e anzi causa della crisi in quanto risentono di una forte influenza socialista”. Al tempo stesso però il documento dichiara che “in uno dei Paesi della periferia meridionale, cioé saremmo noi l'Italia, il nuovo Governo può chiaramente impegnarsi in importanti riforme politiche”.
Sarà poi il Governo Renzi a condurre disciplinatamente in porto le riforme mettendo mano alla Costituzione su due dei punti essenziali suggeriti da JP Morgan. “Governi deboli rispetto i Parlamenti - di questo si lamentava il grande colosso bancario e finanziario - e Stati centrali deboli rispetto alle Regioni”.
Mi pare che la riforma costituzionale, sarà forse un caso, risponda a queste due indicazioni date nel documento che vi ho letto.

Non vorrei che si realizzasse quello che Leonardo Sciascia diceva nel 1978 quando parlava del Parlamento in quel momento in carica. “Il potere  è altrove” scriveva Leonardo Sciascia - deplorando un Parlamento di anime morte che non hanno mai avuto un pensiero proprio.
Io credo che la linea fondante della riforma affonda le radici in un'idea di Stato che si avvicina molto ad una sorta di dittatura dolce fondata non su una Democrazia, sulla partecipazione del popolo e sulla sovranità del popolo ma su un potere oligarchico che obbedisce esclusivamente alle leggi e gli interessi dell'economia e della finanza internazionale.
E questa idea di Stato, cerchiamo di volare alto e di guardarci attorno e indietro, per la prima volta nel dopoguerra venne delineata nel Piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli.
Ricordava Aaron Pettinari la celebre intervista di Gelli da Maurizio Costanzo il 5 ottobre 1980 pubblicato sul Corriere della Sera “Quando fossi eletto il mio primo atto sarebbe una completa revisione della Costituzione era un ambito perfetto quando fu indossato per la prima volta par la nostra Repubblica ma oggi è un ambito lusso e sfibrato e la Repubblica deve stare molto attenta nei suoi movimenti per non rischiare di romperlo definitivamente. E’ il parto dell'Assemblea Costituente avvenuto in un momento del tutto particolare nella vita della nostra nazione ma che oggi a cose assestate risulta inefficiente e inadeguato”.
Sono passati quasi quarant'anni, questo per dirvi che l'attacco alla Costituzione comincia molto prima del Governo Renzi. Dopo Licio Gelli analoghi progetti sostanzialmente volti a favorire sempre l'esecutivo a scapito del legislativo e del giudiziario via via sono stati portati avanti con fortune alterne mai portati a termine, da Cossiga, dal Governo Craxi  e ultimamente da un Governo Berlusconi con una reazione che in quel caso fece gridare a tutti che dovevamo difendere la Costituzione più bella del mondo, riguardò anche coloro i quali oggi invece sono schierati per stravolgere la nostra Costituzione.
Da Gelli ad oggi ci sono quarant'anni di tentativi per ribaltare gli assetti fondamentali della nostra Carta costituzionale.
La posta in gioco è la realizzazione definitiva di un progetto che viene da molto lontano e che lega quarant'anni di costante assedio alla Costituzione. L’obiettivo di questo referendum non può essere la permanenza o meno di Renzi al Governo ma l'obiettivo è ben altro, è la definitiva decostituzionalizzazione a scapito della partecipazione dello Stato dei cittadini che servono come sudditi impotenti e perciò apatici da governare.
Non possiamo permetterci il nome della parola d'ordine governabilità che il bastone del comando venga attribuito ad un solo uomo al potere più facilmente manovrabile in dispregio del fondamentale principio della separazione dei poteri.

Ho giurato fedeltà alla Costituzione non ai Governi
Mi avvio alla conclusione, non ho avuto nessun dubbio ad accettare la proposta che mi è stata fatta da Simone Cappellani, sono un magistrato ma ci sono dei momenti e degli argomenti per i quali il magistrato non ha soltanto il diritto ma io ritengo perfino il dovere di intervenire e di esporsi personalmente. Io come magistrato ho giurato fedeltà alla Costituzione non ai Governi! Ho giurato fedeltà alla Costituzione non ad altre Istituzioni politiche né tanto meno alle persone che rivestono incarichi istituzionali. Ho giurato fedeltà alla Costituzione e non riesco a dimenticare che per quella Costituzione, per quei principi che afferma, tante persone, tanti miei colleghi, tanti servitori dello Stato, tanti semplici cittadini hanno offerto la loro vita!

Se dovessi oggi rivolgermi ai miei figli per spiegare lo spirito più autentico della Costituzione non troverei di meglio che citare le parole di Piero Calamandrei, nel famoso discorso ai giovani sulla Costituzione del 26 gennaio 1955: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per rispettare la libertà e la dignità andate lì o giovani col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione e anche per questo che la dobbiamo difendere”.
''Parlamento eletto con legge incostituzionale non è legittimato a modificare Costituzione''
Dettagli Pubblicato: 22 Ottobre 2016
dimatteo borsellino pettinariLa trascrizione dell'intervento integrale del magistrato di Palermo, Nino Di Matteo
di Giorgio Bongiovanni - Video
Riportiamo il discorso integrale del pm Nino Di Matteo intervenuto ieri a “Una notte per la Costituzione”, evento organizzato dal Comitato “Liberi cittadini per la Costituzione” a Palermo. Il magistrato dopo aver sottolineato l'importanza di difendere la Costituzione e richiedere la sua reale attuazione invece che modifica è entrato nel vivo della riforma sulla quale ogni cittadino è chiamato a votare nel Referendum del 4 dicembre. Una riforma che, ha chiaramente sottolineato il pm, ha come reale obiettivo, quello voluto dallo stesso Licio Gelli nel Piano di rinascita democratica della P2 e da successivi governi: “favorire il potere esecutivo a scapito del legislativo e del giudiziario” trasformando così la Democrazia in una “sorta di dittatura dolce fondata non sulla sovranità popolare ma sul potere oligarchico che obbedisce solo alle leggi della finanza e della economia internazionale”.

Intervento pm Nino Di Matteo
Devo dire che sono Stato subito contento di accettare l'invito a partecipare a questa serata, un invito che mi è stato formulato da uno studente di giurisprudenza ad alcune associazioni universitarie. Ho subito considerato bello e importante poter partecipare ad un dibattito sulla Costituzione e quindi anche sul referendum costituzionale del quattro dicembre. Io credo che stasera dovevamo essere di più, non per  i relatori ma per l'importanza dell'argomento.
Comunque è importante che ne parliamo. Quella che ci attende non è una consultazione elettorale come le altre, questa più che mai non ci si può permettere che prevalga l’astensionismo o le decisioni improntate all'appartenenza politica o alla simpatia per un partito o per una fazione politica.
Qui è in ballo qualcosa di molto più importante: si decide sulla nostra Carta fondamentale! Si decide su una riforma che ne modifica quarantasette articoli e che incide profondamente sugli assetti fondamentali della nostra Democrazia.
Questa è la mia opinione, la mia sensazione e il mio sentimento: se ancora conserviamo l'aspirazione, nonostante tutto, ad essere cittadini e non sudditi, se ancora conserviamo la dignità di essere cittadini e non servi inconsapevoli di un potere che non ci appartiene e non ci rappresenta, non possiamo restare indifferenti. Abbiamo verso noi stessi e verso i nostri giovani, per la nostra dignità personale l'obbligo di reagire alla indifferenza all'apatia alla rassegnazione all'opportunismo, al sistematico nascondiménto dei fatti, alla superficialità che stanno dilagando fino a trasformare il nostro in un Paese senza memoria senza speranza e quindi senza futuro.
Per questo sono d'accordo con l'onorevole Sarti con tutti quelli che mi hanno preceduto: dobbiamo informarci ! Dobbiamo riflettere, guardarci indietro nella storia di questo Paese. Dobbiamo abbandonare i facili slogan e saper volare alto e capire che al di là delle singole norme di modifica della Costituzione, il significato complessivo della riforma è importantissimo.
Dobbiamo capire le gravi conseguenze che deriverebbero dalla sua approvazione, sul delicato equilibrio di ogni vera democrazia, quell'equilibrio che è fondato sulla separazione e sull'effettivo bilanciamento dei tre fondamentali poteri dello Stato: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario. Voliamo alto per capire è orientarci in questa scelta in vista della consultazione del quattro dicembre.
Io ho sempre pensato e in questi venticinque anni di mia carriera in magistratura ho vissuto sempre più intensamente che l'esigenza fondamentale del Paese è quella di arrivare ad una applicazione effettiva dei principi costituzionali. Sono sempre più convinto che il vero grande necessario cambiamento, la vera grande rivoluzione sarebbe quella di lottare tutti uniti coesi non per cambiare ma per applicare effettivamente la Costituzione.
Ricordiamoci e riflettiamo su quanto nei fatti vengano costantemente violati i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Anziché moltiplicare proclami, annunci e slogan leggiamola la Costituzione. Ricordiamoci per esempio del diritto al lavoro che è anche ‘diritto ad una retribuzione che consente ai lavoratori e alle loro famiglie un'esistenza libera e dignitosa’ leggo dall’articolo della Costituzione.
Ricordiamoci prima che scompaia la residua sanità pubblica che la Repubblica, articolo trentadue, ‘tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività’.
Riflettiamo prima di smontare la scuola pubblica che, articolo trentaquattro la Costituzione, ‘le scuole statali per tutti gli ordini e gradi vengono prima delle scuole private che possono operare liberamente ma senza oneri per lo Stato’.
Prima di cambiarla la Costituzione vediamo se è applicata. Ricordiamoci, prima di intraprendere azioni belliche anche se travestiti da operazioni di pace, che l'Italia ripudia la guerra, articolo undici, e che lo stato di guerra può essere deliberato non dal Governo ma dalle Camere.
Ricordiamoci che, di fronte al più sfrenato egoismo proprietario, la proprietà privata trova il suo limite nella funzione sociale, articolo quarantadue, che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale.
Ricordiamoci, lo hanno ricordato chi è intervenuti prima di me, che la sovranità appartiene al popolo, articolo uno, cioé a tutti noi.
Dobbiamo applicarla la Costituzione dobbiamo lottare ciascuno nel proprio ambito.
Per un'attuazione vera concreta sostanziale del principio di eguaglianza sancito dall'articolo tre della Costituzione non possiamo più accettare, per esempio, che la giustizia funzioni a due velocità: sia rigorosa e certe volte spietata con i deboli e sia invece ancora troppo timida e con le armi spuntate nei confronti della criminalità dei potenti.
Dobbiamo lottare per l'applicazione dei princìpi della Carta costituzionale! Per l’indipendenza della magistratura, patrimonio e garanzia dei cittadini, soprattutto dei più deboli, non privilegio della casta. Dobbiamo lottare tutti quanti per preservare l'indipendenza della magistratura dai pericoli esterni. Dagli attacchi esterni di quella gran parte della politica che vorrebbe che il potere giudiziario divenisse sostanzialmente servente rispetto al potere politico e al potere esecutivo.
Dobbiamo lottare per preservare indipendenza della magistratura dei pericoli interni. Dobbiamo lottare perché si abbandoni ogni forma di collateralismo da parte della magistratura alla politica e ai potenti.
Dobbiamo lottare perché una volta per tutte si abbandoni, nelle scelte giudiziarie, il criterio della opportunità, che valuta le conseguenze dell'atto giudiziario e ci si abbandoni invece soltanto all'unico criterio che deve ispirare l'azione del magistrato che è quello della doverosità dell’agire.
Dobbiamo impegnarci perché un altro principio della nostra Carta costituzionale, l'obbligatorietà dell'azione penale, venga effettivamente rispettato nei confronti di tutti perché la legge sia uguale per tutti e perché i magistrati possano lavorare per applicare il diritto anche quando l'applicazione del diritto comporti delle conseguenze negative per il potere.
Dobbiamo lottare perché, sto parlando accanto a Salvatore Borsellino fratello di uno dei tanti eroi della nostra storia costituzionale, la Carta costituzionale venga applicata nella ricerca continua della verità sulle stragi. Ricerca che non si limiti e non si accontenti dei risultati, pur importanti, che sono arrivati ma che vada oltre e abbia il coraggio di andare oltre, quello che adesso non vuole più nessuno. Vada oltre nella ricerca anche di eventuali responsabilità esterne rispetto alle organizzazioni criminali i cui componenti sono già stati giustamente condannati.
Il vero grande problema italiano, a mio parere, è la forbice tra la Costituzione formale, quella scritta dopo la Resistenza al nazifascismo e approvata nel 1948 e la Costituzione materiale, cioé la trasformazione, il travisamento, l'elusione della prima nella pratica politica.
Quella pratica politica che ha spaccato il Paese e che ha avuto la gravissima colpa di contrapporre ad un'Italia che ancora crede nel progetto di attuare gli altissimi principi di uguaglianza solidarietà e libertà contenuti nella Costituzione, un'altra Italia fondata sulla speculazione, sulla ricerca esasperata del potere e della sua conservazione, sul compromesso e sull'accettazione di metodi mafiosi clientelari e poteri criminali.
Altro che cambiare la Costituzione! Oggi chi ancora ha a cuore le sorti del Paese dovrebbe privilegiare ad ogni interesse di parte l’interesse superiore del partito della Costituzione di tutti coloro che a prescindere dal loro specifico orientamento culturale e politico si riconoscono nell'idea e nel progetto di applicare, nelle scelte concrete, la Costituzione senza indugi e a qualunque costo.

Le falsità e le mistificazioni su questa Riforma
Reputo quasi doveroso, anche nella mia veste di magistrato, un giudizio sulla riforma costituzionale sulla quale siamo chiamati a votare con il referendum del quattro dicembre.
Voglio fare due premesse, che sono mie convinzioni che credo orientino tutto il giudizio successivo sul contenuto nella riforma.
La prima premessa è che questa riforma costituzionale è stata adottata da un Parlamento eletto, o meglio di nominati piuttosto che eletti, sulla base di una legge elettorale dichiarata dalla Corte costituzionale illegittima. La sentenza è del quattro dicembre 2013, nove mesi dopo l'elezione del Parlamento oggi in carica, eppure a nessuno, né al Quirinale né ai Governi che si sono succeduti Letta e Renzi se non a pochi nello stesso Parlamento, è venuto in mente che un Parlamento eletto con una legge incostituzionale, a mio parere, non può avere la legittimazione morale necessaria a modificare profondamente la Costituzione.

Seconda premessa: la riforma è stata ideata e ostinatamente voluta dal Governo della Repubblica con la pressione e l’etero direzione dell'ex Presidente della Repubblica Napolitano. Gli ultimi Governi sono stati presieduti da chi non era stato nemmeno eletto. Allora non dimentichiamo come è nata questa riforma, non dimentichiamo da chi e come è stata approvata. E’ stata scritta dal Governo e questo già a prescindere dal merito costituisce un vizio molto grave perché i Governi sono espressione della maggioranza dunque sono di parte, mentre la scrittura della legge fondamentale dello Stato dovrebbe essere esclusiva competenza del Parlamento che rappresenta il popolo sovrano o di assemblee costituenti elette con sistema proporzionale in modo da essere il più possibile rappresentativa delle varie componenti politiche sociali e culturali presenti nel Paese.
C'è uno scritto di Piero Calamandrei “Come nasce la nuova Costituzione” che è stato pubblicato nel gennaio del 1947, leggo testualmente:  “Nella preparazione della Costituzione il Governo non ha alcuna ingerenza. Nel campo del potere costituente non può avere alcuna iniziativa neanche preparatoria. Quando l'assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione i banchi del Governo dovranno essere vuoti. Estraneo del pari deve rimanere il Governo alla formulazione del progetto se si vuole che questo scaturisca interamente dalla libera determinazione dell'Assemblea sovrana”. 1947, poco prima dell'approvazione della nostra Carta costituzionale.

Altra premessa: non si può scindere in nessun momento valutativo il giudizio sulle modifiche alla Costituzione da quello sulla legge elettorale. Le modifiche alla Costituzione riguardano principalmente le funzioni dei due rami del Parlamento. La legge elettorale riguarda ovviamente la procedura di nomina e quindi la composizione nel Parlamento.
La nuova legge elettorale, lo ricordava l'onorevole Sarti, ripropone le stesse caratteristiche, gli stessi vizi di quella dichiarata incostituzionale con la sentenza del dicembre 2013 che lede gravemente il principio di rappresentatività sacrificato sull'altare della stabilità dei Governi.
La sentenza della Corte sul cosiddetto “Porcellum” censurava pesantemente, leggo testualmente, “un meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza manifestamente irragionevole” e “una disciplina che priva l'elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti”.
I due vizi che sono indicati perfettamente in questa sentenza della Corte costituzionale ricompaiono nell’“Italicum”. Basta ricordare che in esito al ballottaggio previsto dall’Italicum è ben possibile che una lista che abbia ottenuto anche semplicemente il 21%  dei voti conquisti il 54% dei seggi.
E basta sottolineare il dato che più del 60% dei deputati sarebbero nominati dai partiti e non scelti dagli elettori. Se si tiene conto del forte astensionismo delle ultime tornate elettorali ci si rende conto che un gruppo politico, che rappresenta una minoranza anche piuttosto esigua di cittadini, con questo sistema elettorale può mettersi in mano il Paese, eleggere il Presidente della Repubblica e i componenti laici del Consiglio Superiore della Magistratura e i giudici della Corte costituzionale senz'altro sempre attraverso questo meccanismo.
Io credo che ognuno possa avere qualsiasi idea, che è cosa legittima ma non possiamo sopportare le bugie e le mistificazioni continuamente abilmente amanite a sostegno della riforma. Sono costretto a ripetere alcune considerazioni già svolte. La riforma non abolisce il Senato e non abolisce il bicameralismo lo rende solo tremendamente più confuso.
Il Senato continua ad esistere sarà composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e cinque senatori che possono essere nominati dal presidente la Repubblica. Il meccanismo che si viene a creare è di confusione istituzionale totale!
Sulla designazione dei senatori, sull'impiego part-time di sindaci e consiglieri regionali che, non si capisce quando fino a quando potrebbero fare i Sindaci o i consiglieri regionali e quando i senatori, sul continuo avvicendamento, nel nostro sistema non tutti i Sindaci con tutti i Consiglieri regionali vengono eletti nello stesso momento o nello stesso anno, avremmo in Senato un continuo avvicendamento di senatori che magari sono stati sindaci fino a quel momento e poi devono cedere lo scranno da senatore all'altro sindaco che nel frattempo viene eletto.
Una confusione totale.  L’unica certezza è l’acquisizione per molti sindaci e consiglieri regionali di spazi di immunità penale.
Senza ovviamente generalizzare e demonizzare le categorie dobbiamo però vederlo in una situazione come quella italiana, dove c’è una percentuale alta di politici e amministratori, nei Consigli regionali e nelle Amministrazioni comunali, che hanno problemi con la giustizia.

Quando leggiamo che la riforma finalmente abbatte i costi della politica io penso e mi chiedo da semplice cittadino ma perché piuttosto che smantellare un assetto costituzionale assolutamente rodato e consolidato non si riduceva semplicemente proporzionalmente il numero dei deputati e dei senatori senza stravolgere l'assetto costituzionale?
Altra mistificazione: nella riforma si parla tanto di semplificazione, mi consentirete di perdere cinque minuti di tempo per dimostrarvi attraverso una semplice lettura quanto la semplificazione sia uno slogan assolutamente falso.  L'iter di formazione delle leggi non è per niente semplificato semmai la riforma lo complica e crea le condizioni per un clima di perenne conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato.
Articolo 70 nella formulazione attuale della Costituzione vigente: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Nella Costituzione vigente nove parola. Nell’articolo 70 del progetto di riforma Renzi-Boschi quelle nuove parole diventano 434.
Scusate ma io penso che lo dobbiamo leggere: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione alle altre leggi costituzionali e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche referendum popolari le altre forme di consultazione di cui all'articolo settantuno per le leggi che determinano l'ordinamento la legislazione elettorale gli organi di governo le funzioni fondamentali dei Comuni delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni per la legge che stabilisce le norme generali e le forme i termini della partecipazione dell'Italia e la formazione all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determini casi di ineleggibilità ed incompatibilità con l'ufficio di senatori di cui all'articolo sessantacinque primo comma e per leggi di cui articolo cinquantasette sesto comma ottanta secondo periodo centoquattordici terzo comma centosedici terzo comma centodiciassette quinto il nono comma, centodiciannove sesto comma centoventi secondo comma centoventidue primo comma centotrentadue secondo comma.
Le stesse leggi ciascuna come oggetto proprio possono essere abrogate o modificate o derogate solo in forma espresse e da leggi approvati a norma del presente comma…”. Scusate ancora non sono nemmeno a metà e comunque la lettura per chi ci riuscirà vi prego di completarla voi perché altrimenti tutto il tempo a mia disposizione va avanti sulla lettura di questo articolo 70.
Io credo che da semplice laureato in giurisprudenza si debba dire che non c'è nessuna semplificazione anzi c'è una moltiplicazione dei processi legislativi c'è un clamoroso intricarsi delle procedure e dietro l'angolo c'è la paralisi del Parlamento per favorire la supremazia del Governo e il suo potere.
La nuova normativa che poi riguarda il tema fondamentale della formazione delle leggi dello Stato è prolissa e tortuosa sembra fatta apposta per confondere le idee per tenere i cittadini lontani dalla Costituzione.
Per consegnare la Democrazia, per legarla mani e piedi, in mano agli uscieri del palazzo, ai professionisti del cavillo e ai professionisti della politica nel senso deteriore del termine.

Un attacco iniziato molto prima del Governo Renzi, da Gelli in poi
Ma il giudizio su questa riforma deve anche prescindere dalle singole norme, si deve formulare con una visione di insieme di contesto più alta rispetto alla mera e parcellizzata analisi delle singole modifiche costituzionali. Questo giudizio deve anche tenere conto di una seria analisi storica di quanto accaduto in Italia negli ultimi quarant'anni.
Questa riforma crea uno spostamento grave dell'equilibrio tra i poteri in funzione del rafforzamento dell'esecutivo e dello svilimento del potere legislativo.
Ma d'altra parte basta leggere la relazione che accompagna il disegno di legge di riforma costituzionale per capire quali sono gli scopi della riforma costituzionale.
Vi si legge, nella relazione che accompagna il disegno di legge, che “la revisione della parte seconda della Costituzione non può più attendere per il necessario processo di adattamento dell'ordinamento interno alle nuove sfide - Segue una lista dei problemi a cui secondo il Governo la riforma rimedierà -
1- L'esigenza di adeguare l'ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea e alle relative stringenti regole di bilancio. governance europea ed esigenze di bilancio
2- Le sfide derivanti dalla internazionalizzazione dell'economia dal mutato contesto della competizione globale
3- L’elevata conflittualità tra i diversi livelli di governo dovuta alle spinte verso una compiuta attuazione della riforma del Titolo quinto della Costituzione
4- La cronica debolezza degli esecutivi nell'attuazione del programma di governo la lentezza e la farraginosità dei procedimenti legislativi ricorso eccessivo alla decretazione d'urgenza eccetera..”
Cosa di evince dalla relazione che accompagna il disegno di legge?
Che è urgente e rendere più forte il Governo per adeguarsi alla austerità imposta dall'Unione europea e alle regole di mercato dell'economia globale e per imbrigliare regioni comuni con le rinnovate esigenze di un governo unitario.
Io credo che, se questi sono gli scopi e questa è la direttrice di fondo di tutta la riforma, non possiamo dimenticare che nell'iter di formazione di questa riforma, accanto parallelamente al percorso istituzionale se ne svolgeva un altro a mio parere molto più incisivo e decisivo che si è mosso fuori dalle istituzioni della Repubblica ed è iniziato prima della proposta Boschi e probabilmente l’ha ispirata se non determinata.
A cosa mi riferisco? “Dopo le due lettere dall'Europa dalla BCE e dal commissario per l'economia dell'Unione europea del 2011 dopo le dimissioni di Berlusconi e la nascita del Governo Monti, la tappa più significativa è il documento dedicato, (si intitola così) “Alla narrazione su come gestire la crisi” da una grande compagnia di gestione degli investimenti che amministra 1800 miliardi di dollari” JP Morgan.
Per capire da che pulpito viene questa predica dobbiamo ricordarci che nel novembre 2013 JP Morgan pagò al Governo degli Stati Uniti una gigantesca multa di tredici miliardi di dollari dopo avere ammesso di avere venduto a piccoli investitori prodotti finanziari inquinati.
Cosa si legge in quelle documento? Venne pubblicato il 28 maggio 2013, l'ho trovato facilmente in rete, quel documento accusa le costituzioni dei paesi della periferia meridionale approvate dopo la caduta del fascismo di essere “un ostacolo al processo di integrazione economica e anzi causa della crisi in quanto risentono di una forte influenza socialista”. Al tempo stesso però il documento dichiara che “in uno dei Paesi della periferia meridionale, cioé saremmo noi l'Italia, il nuovo Governo può chiaramente impegnarsi in importanti riforme politiche”.
Sarà poi il Governo Renzi a condurre disciplinatamente in porto le riforme mettendo mano alla Costituzione su due dei punti essenziali suggeriti da JP Morgan. “Governi deboli rispetto i Parlamenti - di questo si lamentava il grande colosso bancario e finanziario - e Stati centrali deboli rispetto alle Regioni”.
Mi pare che la riforma costituzionale, sarà forse un caso, risponda a queste due indicazioni date nel documento che vi ho letto.

Non vorrei che si realizzasse quello che Leonardo Sciascia diceva nel 1978 quando parlava del Parlamento in quel momento in carica. “Il potere  è altrove” scriveva Leonardo Sciascia - deplorando un Parlamento di anime morte che non hanno mai avuto un pensiero proprio.
Io credo che la linea fondante della riforma affonda le radici in un'idea di Stato che si avvicina molto ad una sorta di dittatura dolce fondata non su una Democrazia, sulla partecipazione del popolo e sulla sovranità del popolo ma su un potere oligarchico che obbedisce esclusivamente alle leggi e gli interessi dell'economia e della finanza internazionale.
E questa idea di Stato, cerchiamo di volare alto e di guardarci attorno e indietro, per la prima volta nel dopoguerra venne delineata nel Piano di rinascita democratica della P2 di Licio Gelli.
Ricordava Aaron Pettinari la celebre intervista di Gelli da Maurizio Costanzo il 5 ottobre 1980 pubblicato sul Corriere della Sera “Quando fossi eletto il mio primo atto sarebbe una completa revisione della Costituzione era un ambito perfetto quando fu indossato per la prima volta par la nostra Repubblica ma oggi è un ambito lusso e sfibrato e la Repubblica deve stare molto attenta nei suoi movimenti per non rischiare di romperlo definitivamente. E’ il parto dell'Assemblea Costituente avvenuto in un momento del tutto particolare nella vita della nostra nazione ma che oggi a cose assestate risulta inefficiente e inadeguato”.
Sono passati quasi quarant'anni, questo per dirvi che l'attacco alla Costituzione comincia molto prima del Governo Renzi. Dopo Licio Gelli analoghi progetti sostanzialmente volti a favorire sempre l'esecutivo a scapito del legislativo e del giudiziario via via sono stati portati avanti con fortune alterne mai portati a termine, da Cossiga, dal Governo Craxi  e ultimamente da un Governo Berlusconi con una reazione che in quel caso fece gridare a tutti che dovevamo difendere la Costituzione più bella del mondo, riguardò anche coloro i quali oggi invece sono schierati per stravolgere la nostra Costituzione.
Da Gelli ad oggi ci sono quarant'anni di tentativi per ribaltare gli assetti fondamentali della nostra Carta costituzionale.
La posta in gioco è la realizzazione definitiva di un progetto che viene da molto lontano e che lega quarant'anni di costante assedio alla Costituzione. L’obiettivo di questo referendum non può essere la permanenza o meno di Renzi al Governo ma l'obiettivo è ben altro, è la definitiva decostituzionalizzazione a scapito della partecipazione dello Stato dei cittadini che servono come sudditi impotenti e perciò apatici da governare.
Non possiamo permetterci il nome della parola d'ordine governabilità che il bastone del comando venga attribuito ad un solo uomo al potere più facilmente manovrabile in dispregio del fondamentale principio della separazione dei poteri.

Ho giurato fedeltà alla Costituzione non ai Governi
Mi avvio alla conclusione, non ho avuto nessun dubbio ad accettare la proposta che mi è stata fatta da Simone Cappellani, sono un magistrato ma ci sono dei momenti e degli argomenti per i quali il magistrato non ha soltanto il diritto ma io ritengo perfino il dovere di intervenire e di esporsi personalmente. Io come magistrato ho giurato fedeltà alla Costituzione non ai Governi! Ho giurato fedeltà alla Costituzione non ad altre Istituzioni politiche né tanto meno alle persone che rivestono incarichi istituzionali. Ho giurato fedeltà alla Costituzione e non riesco a dimenticare che per quella Costituzione, per quei principi che afferma, tante persone, tanti miei colleghi, tanti servitori dello Stato, tanti semplici cittadini hanno offerto la loro vita!
Se dovessi oggi rivolgermi ai miei figli per spiegare lo spirito più autentico della Costituzione non troverei di meglio che citare le parole di Piero Calamandrei, nel famoso discorso ai giovani sulla Costituzione del 26 gennaio 1955: “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per rispettare la libertà e la dignità andate lì o giovani col pensiero perché lì è nata la nostra Costituzione e anche per questo che la dobbiamo difendere”.