giovedì 16 febbraio 2017

NUOVE RIVELAZIONI SUL MASSACRO ISRAELIANO DI AL-DAWAYIMA


(Lo storico israeliano Yair Auron)

(Questo documento farà parte della mia Prefazione al secondo volume dell'opera di Alan Hart SIONISMO IL VERO NEMICO DEGLI EBREI che sarà pubblicato in primavera.)


L’anno scorso, la storia della pulizia etnica della Palestina si è arricchita di una nuova rivelazione: il massacro di Al Dawayima. Il merito è del giornale di sinistra israeliano Haaretz che il 5 febbraio 2016, ha raccontato questa storia agghiacciante. Pur nell’ambito di una prefazione, questo crimine deve essere raccontato poiché NESSUNO in Occidente ha voluto parlarne. L’articolo è stato ripreso da Jonathan Ofir e pubblicato sul sito di ebrei antisionisti MONDOWEISS


Il Venerdì 5 febbraio, 2016, Haaretz ha pubblicato un articolo in ebraico dello storico israeliano Yair Auron, che riferisce uno dei più grandi massacri del 1948. Il massacro è di Al Dawayima, ad ovest di Al-Khalil (che viene spesso definito come Hebron). In una intervista del 2004 con Haaretz, lo storico israeliano Benny Morris si riferisce a questo come un massacro di “centinaia”.
Dopo il massacro, una lettera fu inviata al direttore del giornale di sinistra affiliato di Al-Hamishmar, ma mai pubblicata. Come osserva Auron, ci sono ancora molti archivi dell’epoca che sono classificati. Auron afferma inoltre che vi fu un’indagine mai conclusa e “estinta” quando un'amnistia di massa fu concessa al personale militare nel febbraio del 1949.
Questo è un articolo molto esaustivo, ma ho trovato abbastanza utile tradurre questa lettera per intero. La lettera, che in un primo momento “scomparve”, fu fornita ad Auron dallo storico Benny Morris. Anche se questi aspetti sono stati riferiti nel passato in riassunti storici, la lettera non è mai stata pubblicata prima in forma integrale.
La lettera è stata portata alla luce da un membro del partito di sinistra Mapam, S. Kaplan, che ha ricevuto la lettera di testimonianza del soldato. È scritta a Eliezer Peri, direttore di Al Hamishmar, e datata 8 novembre 1948 (18 giorni dopo la strage):

Al compagno Eliezer Peri, buona giornata,
oggi ho letto l'editoriale di “Al Hamishmar” dove è andata in onda la questione del comportamento del nostro esercito, l'esercito che conquista tutto tranne i propri desideri.
Una testimonianza mi è stata fornita da un ufficiale che era ad [Al] Dawayima il giorno dopo la sua conquista. Il soldato è uno dei nostri, intellettuale, affidabile al 100%. Egli mi aveva confidato un bisogno di scaricare il peso della sua anima dall'orrore del riconoscimento del livello di barbarie che può essere raggiunto dalla nostra gente istruita e colta. Si confidò con me, perché oggi non sono molti i cuori disposti ad ascoltare.
Non ci fu alcuna battaglia e nessuna resistenza (e non c’erano egiziani). I primi conquistatori uccisero da ottanta a cento arabi [compresi] donne e bambini. I bambini furono uccisi spaccando i loro crani con dei bastoni. Non c'era una casa senza morti. La seconda ondata dell'esercito [israeliano] fu un plotone al quale il soldato che dà la testimonianza appartiene.
Nella città furono lasciati arabi maschi e femmine, che furono messi in case e poi chiusi dentro senza ricevere cibo o bevande. Più tardi gli ingegneri artificieri vennero per far saltare in aria le case. Un comandante ordinò a un ingegnere di mettere due donne anziane nella casa che doveva essere fatta saltare in aria. L’ingegnere rifiutò e disse che era disposto a ricevere ordini solo dal proprio comandante. Allora [il suo] comandante ordinò ai soldati di mettere le donne in casa e fu eseguita l’azione  criminale.
Un soldato si vantò di aver violentato una donna araba dopo di che la uccise. Una donna araba con un bambino di pochi giorni fu utilizzata per la pulizia del cortile dove i soldati mangiavano. Li servì per uno o due giorni, dopo di che spararono a lei e al bambino uccidendoli. Il soldato dice che i comandanti, colti e gentili, considerati bravi ragazzi nella società, sono diventati vili assassini, e questo non accade nella tempesta di una battaglia e durante una reazione animata, ma piuttosto in un sistema di espulsione e di distruzione. Meno arabi rimangono e meglio è. Questo principio è il maggiore movente politico [del] le espulsioni e degli atti di orrore a cui nessuno si è opposto, né nel comando di campo né all’interno del comando militare superiore. Io stesso sono stato al fronte per due settimane e ho sentito le storie di soldati e comandanti che si vantavano di essere bravissimi a dare la caccia e a “scopare” [sic]. Scopare un’araba, proprio così, e in ogni circostanza, è considerata una missione suggestiva e c’è competizione per vincere questo [trofeo].
Ci troviamo davanti ad un enigma. Divulgare questa storia tramite la stampa significherà dare una mano alla Lega Araba, le cui denunce sono respinte dai nostri dirigenti. Non reagire significherebbe essere solidali con la corruzione morale. Il soldato mi ha detto che Deir Yassin [un altro massacro, eseguito dai militanti dell'Irgun nel mese di  aprile del 1948] non è considerato come la punta massima del teppismo. È possibile gridare su Deir Yassin e tacere su qualcosa di molto peggio?
È necessario sollevare lo scandalo attraverso i canali interni, insistere per ottenere un'indagine interna e punire i colpevoli. Prima di tutto è necessario creare nell’esercito un’unità speciale per contenere la condotta dei soldati. Io stesso accuso prima di tutto il governo, che non sembra avere alcun interesse a combattere questi fenomeni e, forse, li incoraggia anche indirettamente. Evitare di prendere provvedimenti contro questi atti significa incoraggiarli. Il mio comandante mi ha detto che c'è un ordine scritto di non prendere prigionieri di guerra, e l'interpretazione di “prigioniero” è data individualmente da ogni soldato e comandante. Un prigioniero può essere un uomo arabo, donna o bambino. Questo non è stato fatto solo davanti agli occhi di tutti [nelle principali città palestinesi], come Majdal e Nazareth.
Con questa lettera mi rivolgo a voi in modo che nella redazione e nel partito la verità sia conosciuta e qualcosa di efficace possa essere fatto. Almeno non siate indulgenti verso quella diplomazia fasulla che copre lo spargimento di sangue e gli omicidi e, per quanto possibile, anche la stampa non deve lasciare nel silenzio quanto è accaduto.

Kaplan

(Traduzione di D. Siragusa)

Nessun commento:

Posta un commento