martedì 25 aprile 2017

25 aprile, la vera liberazione sarebbe uscire dalla Nato



di Gianluca Ferrara*

Il 25 aprile si festeggia la liberazione del nostro Paese dal dominio nazi-fascista. Ma si ricorda anche il sacrificio di tante donne e uomini che hanno resistito e liberato l’Italia dalla tirannide. Tuttavia, proprio per rispetto e riconoscenza verso questi eroi del passato, è di grande importanza interrogarsi e comprendere che forma hanno gli occupatori odierni.

Per far questo serve coraggio, limitarsi a festeggiare una data così importante senza attualizzare e senza denunciare l’odierno potere costituito, si rischia di tradire la testimonianza dei partigiani. Analizzando la condizione presente, la (forte) sensazione è che 70 anni fa ci fu un passaggio di chiavi da un carceriere all’altro. Gli Stati Uniti, dopo aver contribuito a liberarci dal fascismo, hanno reso il nostro Paese una colonia, per lo più periferica e poco influente, del loro immenso impero.

Un impero che controlla, oltre all’economia e alla finanza mondiale, le principali rotte marittime e che con le circa 725 basi (di quelle ufficiali) presenti in tutto il mondo tiene l’intero pianeta in una permanente condizione di belligeranza. Per sostenere l’ipertrofico apparato militare, gli Usa sono diventati un’economia di guerra. In questa corsa agli armamenti hanno trascinato tutti. Ogni anno si investono globalmente circa 1800 miliardi di dollari (Sipri 2015) in armamenti e quasi metà di questa cifra è da attribuire agli Usa. Basterebbero 40 miliardi per porre fine alla fame nel mondo e ogni anno muoiono per malnutrizione dalle 30 alle 50 milioni di persone.

Nonostante il nostro Paese abbia firmato il Trattato di non proliferazione nucleare, ratificato nel 1975, sul nostro territorio ci sono circa 140 basi Usa e circa 70 bombe atomiche. Un potenziale in grado di far saltare lo stivale più volte.

In questi decenni il nostro Paese, tranne durante la crisi di Sigonella nell’ottobre del 1985, ha sempre seguito supinamente il tragitto indicato dai governi statunitensi. Anche nel caso dell’incidente del Cermis quando un aereo da guerra Usa, volando ad alta velocità e a quota molto bassa, tranciò i cavi della funivia causando la caduta della cabina uccidendo 20 persone.  Non fu possibile processare in Italia i militari Usa che furono rimpatriati e un tribunale militare li assolse.

Con le recenti aggressioni all’Afghanistan, Iraq e Libia si è ripetuta la solita storia fatta di violenze e menzogne. Ma a noi italiani cosa c’hanno fatto gli iracheni, gli afghani e i libici? Con questi ultimi avevamo persino firmato il Trattato di amicizia e cooperazione.

Secondo il Sipri di Stoccolma, la nostra adesione alla Nato è quantificabile in 72 milioni di euro al giorno. In un Paese come il nostro, devastato dall’austerity, questa somma potrebbe essere utilizzata per riparare strade, rendere sicuri complessi scolastici e aiutare tante persone in difficoltà. Inoltre, si potrebbe azionare un motore economico se si investisse nelle energie alternative.

Con questa somma, quanti malati potrebbero essere curati, strade riparate, scolari istruiti, persone in difficoltà aiutate e pannelli solari montati? Invece sono gettati via per guerre che seminano morte e sofferenza e di conseguenza ci espongono a quei rischi attentati definiti, con una certa dose di ipocrisia, terrorismo.

A 70 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale e a quasi 30 dalla caduta del muro di Berlino, che scopo può avere la Nato se non quello di alimentare il “complesso militare industriale” intravisto dal generale statunitense Dwight Eisenhower? 

Dopo la seconda guerra mondiale, una volta sconfitto il fascismo, fu scritta la Costituzione: un trionfo della democrazia e un argine a nuove derive totalitarie. Sarebbe opportuno partire proprio da quei 139 articoli iniziando a rispettarli rammentando che La sovranità appartiene al popolo. Solo così potremo festeggiare e comprendere davvero il 25 aprile.

Saggista e direttore editoriale di Dissensi Edizioni

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