domenica 10 settembre 2017

Festival di Locarno: uno sguardo sulla Palestina



di Vittorio Agnoletto

Una novità importante quest'anno è stata la presenza tra i diciotto film
partecipanti al concorso internazionale di una pellicola palestinese, Wajib 
(“Dovere”) della regista Annemarie Jacir; una scelta coraggiosa che è stata
pienamente ripagata dal successo di pubblico e di critica ottenuto dal film.

La trama è molto semplice: a Nazareth nelle settimane che precedono il Natale
sta per celebrarsi il matrimonio di una ragazza e, come usanza, i familiari
devono consegnare a mano, di porta in porta, l'invito per il matrimonio. Il
compito spetta al padre e al figlio, architetto appositamente rientrato in
Palestina da Roma dove vive dopo aver lasciato il paese natale, anche a causa
dei problemi relativi alla sua frequentazione di gruppi politici. La narrazione
si sviluppa attorno al rapporto tra un padre, professore in pensione,
consapevole e forse rassegnato alle rigide regole e ai rapporti di forza che
governano la quotidianità di un territorio occupato e un giovane, fidanzato
con la figlia di un dirigente dell'OLP, animato da sentimenti di ribellione e
di resistenza; il tutto attraverso un susseguirsi di entrate e uscite dalla
vita di ogni giorno delle persone alle quali va consegnato l'invito per il
matrimonio.

Il punto di osservazione dell'attuale situazione in Palestina continua a
modificarsi in un'alternanza tra lo sguardo del padre e del figlio, di chi
osserva da dentro e chi da fuori e in quest'alternanza irrompono aspetti
quotidiani della vita di un paese occupato che rendono sempre più dialettico e
complesso il rapporto tra padre e figlio. I due attori Mohammad e Saleh Bakri,
padre e figlio anche nella vita reale, interpretano con grande talento i loro
personaggi fondendo la capacità professionale con l'intimità e la complicità
che li lega nella vita. La madre è assente, trasferitasi all'estero per
seguire il nuovo marito, che ora assiste nelle di Vittorio Agnoletto


Una novità importante quest'anno è stata la presenza tra i diciotto film
partecipanti al concorso internazionale di una pellicola palestinese, Wajib 
(“Dovere”) della regista Annemarie Jacir; una scelta coraggiosa che è stata
pienamente ripagata dal successo di pubblico e di critica ottenuto dal film.

La trama è molto semplice: a Nazareth nelle settimane che precedono il Natale
sta per celebrarsi il matrimonio di una ragazza e, come usanza, i familiari
devono consegnare a mano, di porta in porta, l'invito per il matrimonio. Il
compito spetta al padre e al figlio, architetto appositamente rientrato in
Palestina da Roma dove vive dopo aver lasciato il paese natale, anche a causa
dei problemi relativi alla sua frequentazione di gruppi politici. La narrazione
si sviluppa attorno al rapporto tra un padre, professore in pensione,
consapevole e forse rassegnato alle rigide regole e ai rapporti di forza che
governano la quotidianità di un territorio occupato e un giovane, fidanzato
con la figlia di un dirigente dell'OLP, animato da sentimenti di ribellione e
di resistenza; il tutto attraverso un susseguirsi di entrate e uscite dalla
vita di ogni giorno delle persone alle quali va consegnato l'invito per il
matrimonio.

Il punto di osservazione dell'attuale situazione in Palestina continua a
modificarsi in un'alternanza tra lo sguardo del padre e del figlio, di chi
osserva da dentro e chi da fuori e in quest'alternanza irrompono aspetti
quotidiani della vita di un paese occupato che rendono sempre più dialettico e
complesso il rapporto tra padre e figlio. I due attori Mohammad e Saleh Bakri,
padre e figlio anche nella vita reale, interpretano con grande talento i loro
personaggi fondendo la capacità professionale con l'intimità e la complicità
che li lega nella vita. La madre è assente, trasferitasi all'estero per
seguire il nuovo marito, che ora assiste nelle sue ultime ore di vita; è
un'assenza che offre l'opportunità di alzare lo sguardo, di uscire da una
dinamica che rischia di restare chiusa in se stessa, ma è anche una mancanza
che diventa metafora di una realtà amputata, impossibilitata a raggiungere la
propria completezza.

L'occupazione israeliana resta sullo sfondo. Non è necessario descriverla nei
suoi particolari: la si percepisce ogni momento nella gestione del quotidiano e
nell'impotenza che, ciascuno a modo suo, esprimono ambedue i protagonisti.

Erano molti, tra i commentatori internazionali ad aspettarsi un premio per
Wajib e la sua regista, ma forse era troppo chiedere alla giuria di trovare il
coraggio per spingersi fino a quel punto. Ad Annemarie Jacir è stato
attribuito il PREMIO CINEMA 2017, un riconoscimento indipendente assegnato
dall'ISPEC, l'Istituto di Storia e Filosofia del Pensiero Contemporaneo della
Svizzera Italiana, con il seguente giudizio, da me pienamente condiviso:
“Pregevole e importante, trent'anni dopo lo straordinario “Nozze in
Galilea” di Michel Khleifi, un nuovo matrimonio a Nazareth, raccontato in
“Dovere” di Annemarie Jacir, regista capace di unire grinta, talento e
chiara volontà di difendere attraverso le sue opere le ragioni di un popolo
oppresso dal sionismo, un'ideologia volta a disgregare in Palestina la secolare
amicizia tra cristiani, ebrei e musulmani……. “Dovere” di Annemarie
Jacir nel serrato dialogo tra padre e figlio capace di attraversare tutto il
film, scandaglia con emozione, partecipazione e determinazione il presente,

consapevole del passato e in cerca di un necessario futuro.“sue ultime ore di vita; è
un'assenza che offre l'opportunità di alzare lo sguardo, di uscire da una
dinamica che rischia di restare chiusa in se stessa, ma è anche una mancanza
che diventa metafora di una realtà amputata, impossibilitata a raggiungere la
propria completezza.

L'occupazione israeliana resta sullo sfondo. Non è necessario descriverla nei
suoi particolari: la si percepisce ogni momento nella gestione del quotidiano e
nell'impotenza che, ciascuno a modo suo, esprimono ambedue i protagonisti.

Erano molti, tra i commentatori internazionali ad aspettarsi un premio per
Wajib e la sua regista, ma forse era troppo chiedere alla giuria di trovare il
coraggio per spingersi fino a quel punto. Ad Annemarie Jacir è stato
attribuito il PREMIO CINEMA 2017, un riconoscimento indipendente assegnato
dall'ISPEC, l'Istituto di Storia e Filosofia del Pensiero Contemporaneo della
Svizzera Italiana, con il seguente giudizio, da me pienamente condiviso:
“Pregevole e importante, trent'anni dopo lo straordinario “Nozze in
Galilea” di Michel Khleifi, un nuovo matrimonio a Nazareth, raccontato in
“Dovere” di Annemarie Jacir, regista capace di unire grinta, talento e
chiara volontà di difendere attraverso le sue opere le ragioni di un popolo
oppresso dal sionismo, un'ideologia volta a disgregare in Palestina la secolare
amicizia tra cristiani, ebrei e musulmani……. “Dovere” di Annemarie
Jacir nel serrato dialogo tra padre e figlio capace di attraversare tutto il
film, scandaglia con emozione, partecipazione e determinazione il presente,
consapevole del passato e in cerca di un necessario futuro.“

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