lunedì 4 settembre 2017

Il katziatone di Rita Katz: o zitti e buoni, o l’attentatone


di FULVIO GRIMALDI


ISIS/SITE: tocca a voi!

A proposito dell’annuncio post-Barcellona di un imminente attentato in Italia,  ce ne sono
stati altri che minacciavano sfracelli in Vaticano, al Colosseo, la conquista di Roma. Ma
stavolta potrebbe essere diverso. Intanto la notizia proviene da fonte autorevole e
credibile: il sito SITE di Rita Katz, portavoce e diffusore da anni del jihadismo più efferato,
in particolare dell’ISIS, con il quale la collaborazione nella promozione di quel panico che
si sa funzionale alle aggressioni belliche e all’instaurazione di regimi di polizia, è stretta e,
come provano i risultati, efficacissima. Senza l’istantanea diffusione a dimensione
mondiale dei più raccapriccianti video e comunicati, prodotti con la nota perizia
professionale dagli studios del mercenariato imperialista, di cui siamo debitori a Rita Katz,
titolare del sito SITE, gran parte del messaggio terrorizzante e intimidatorio assegnato ai
protagonisti della guerra al e del terrore sarebbe andata persa.
Rita Katz, ufficiale israeliano e portavoce Isis
Non deve stupire, data l’intesa strategica sugli obiettivi, l’amalgama Israele-jihadisti,
evidenziato nel concorso israeliano alle operazioni sul campo dell’Isis e di Al Nusra e nel
recupero israeliano di combattenti jihadisti curati negli ospedali allestiti sul Golan. Così non
può sorprendere che Rita Katz, israeliana ex-ufficiale di Tsahal e da allora e
sempre agente dei servizi israeliani, abbia costruito il meccanismo per il quale ogni azione
e ogni parola del terrorismo jihadista entri nel conscio e nel subconscio delle popolazioni di
mondi da condizionare. I grandi vecchi della guerra al/del terrorismo, la testa della piovra
gigante, hanno in SITE lo strumento indispensabile perchè di ogni iniziativa jihadista non
sia perso l’effetto propagandistico: odio per l’Islam e guerre, panico e
autorepressione. Piovra che alla periferia, per la penetrazione anche in nicchie
potenzialmente refrattarie, si avvale dei formidabili tentacoli della grande informazione
internazionale, a partire dal New York Times e, scendendo per li rami, dei tentacoli di
seppioline mediatiche come gli organi ripetitori italiani, non escluso l’apporto di meduse
tossiche dai peletti urticanti come “il manifesto”.


Ci si dovrebbe porre una domanda facile facile, ma che nessuno si pone perchè sarebbe
un po’ come utilizzare un piede di porco contro la cristalliera: come mai a nessuno è mai
venuto in mente di indagare per quali vie un video Isis, tipo che mostra un gruppo di esseri
umani chiusi in gabbia, incendiati e poi affogati, sia riprodotto istantaneamente nel canale
di Rita Katz. Con chiaro effetto glorificatore. Domanda alla quale potrebbe appaiarsi l’altra,
circa una totale apatia, se non accidia, del dotatissimo  apparato investigativo, di
sorveglianza, di controllo, sviluppato in occidente con le nuove tecnologie, rispetto a
qualche indagine su natura e dislocazione degli avanzatissimi studi e macchinari dai quali
escono le perfette produzioni audiovisive dei jihadisti. E siccome le domande, volendo,
sono come le ciliege, si potrebbe considerare che l’assenza di queste domande, epocali
quanto ne sarebbe la risposta, equivale a quella che per anni, fino all’arrivo dei
bombardieri russi, non si è posto l’interrogativo di cosa fossero, da dove venissero, dove
andassero (a Haifa) , cosa contenessero, quali profitti generassero e per chi, le colonne di
cisterne che viaggiavano alla luce del sole tra pozzi petroliferi di Iraq e Siria sotto
occupazione Usa-Isis- curdi, Turchia, mare e porti israeliani?

Siamo diventati discoli

Ma lasciamo il fumo e torniamo all’arrosto. Perchè a questa nuova, diretta minaccia post-
Barcellona di Rita Katz/Isis andrebbe dato più rilievo che alle passate smargiassate contro

papa e Colosseo? Perchè prima non risultava esserci motivo per impartire all’Italia una
qualche lezione imperiale via terroristi sedicenti islamisti. Le minacce erano fuffa, fumo
che obnubilasse un po’ di cervelli perchè chiedessero “Strade sicure”, soldati agli angoli
della metro e accettassero le intemerate della Boldrini per l’accoglienza senza se e senza
ma e contro le fake news. Poi nell’opinione pubblica è incominciato a muoversi la
sensazione che con tutti questi migranti, tutti da noi, con queste Ong che andavano a
raccattarli dai trafficanti, qualcuno puntava a fregarci. Noi e pure i migranti. La coperta
buonista su certe malefatte in mare veniva lacerata da politici e magistrati.
E, a coronamento dell’insubordinazione ai piani imperialisti, appaltati a Soros, un ministro
italiano, che evidentemente non aveva imparato la lezione Moro, è uscito dallo sgabuzzino
dove curano le scope della villa i nostri politici, e ha messo la mordacchia a un anello della
filiera criminale che svuota paesi per alluvionarne altri. Insomma è spuntato qualcosa e
qualcuno che minacciava di far vedere nudo il re. E questo è niente: quando gli era stato
fatto capire che l’ENI doveva limitarsi a fare le pulizie alle Sette Sorelle, che Roma doveva
starsene lontana dal gas del Mediterraneo, che a occuparsi di Al Sisi, dell’Egitto e della
Libia, cuore della regione, ci pensavano Usa, UK, Francia, ma mica i loro subalterni,
addetti all’accoglienza e basta, Roma non si è addirittura azzardata di far tornare
l’ambasciatore al Cairo! Lo svuotatore di posaceneri che si intrufola nella partita di
briscola? E Rita Katz ha tuonato.

Regeni e Oxford Analytrica, la sete di verità dei regeniani
Vogliamo allargarci, eccedere in domande impudiche, anche riguardanti campi lontani, ma
pur sempre connessi a quelli di cui sopra? Sappiamo, anche se il silenzio sulla cosa è di
tomba (a offesa di quella in cui è rinchiuso Giulio Regeni), che tutti sanno che il giovanotto,
definito ricercatore a Cambridge, ma invece, o anche, collaboratore dell’agenzia
internazionale di spionaggio e affari sporchi vari “Oxford Analytica”, al Cairo andava
sfrucugliando soggetti sindacali “indipendenti”, potenzialmente sovversivi, ai quali, per
conto dei suoi mandanti, offriva ricchi fondi perchè presentassero e attuassero “progetti”
(testuale nel video). .

Qualche timido tentativo di risalire a dove originava la missione di Regeni, consultando i
suoi referenti a Cambridge, ebbe piena collaborazione  quanto alle domande poste dagli
investigatori italiani. Lo dichiarano quelli di Cambridge, lo negano i corifei italiani di Regeni
e di Aegyptum delendum est. Sarà, non sarà. Ma la domanda da un milione e passa di
verità è un’altra. Stabilito, sebbene sottaciuto, che Regeni aveva lavorato, almeno
per un anno e mezzo, ufficialmente per Oxford Analytica, prima di spostarsi al Cairo
per offrire progetti a oppositori del governo, alle dipendenze e su disposizioni di
provati criminali come John Negroponte, David Young e l’ex.capo-spione britannico
McColl, c’è un solo motivo al mondo che spieghi perchè coloro che si sono
arrabattati da 17 mesi per Regeni e contro Al Sisi, con un accanimento degno della
neutralizzazione di Mengele, non si siano mai occupati di Oxford Analytica, non
siano mai andati a sentire che cosa il ragazzo ci facesse tra le grinfie di quei
pendagli da forca che avevano insanguinato interi continenti?


Un autentico antimperialista come Manlio Dinucci, valido illustratore delle mene militari di
Usa e Nato attorno al resto del mondo, che ancora si pregia di poter inserire la sua
settimanale pecetta nell’angolo più remoto del “manifesto”, sarebbe titolato a porre questa
domanda ai colleghi del “manifesto”. Forse a lui risponderebbero. Sempre che non siano
troppo impegnati, come in questi giorni, a raddrizzare la barca delle bufale su Al Sisi,
Regeni, il terrorismo, riempiendo paginate con interviste su Regeni e Al Sisi ai rinomati
professori dell’Università Americana del Cairo, noto covo di intelletti antimperialisti, o ai
tanti che, nel web e sui giornali, sbertucciano o demoliscono il presidente di questa povera
repubblica, sottoposta a una dittatura che reprime ogni libertà d’espressione. Salvo quella
di dire peste e corna dell’assassino di Regeni.

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