mercoledì 28 marzo 2018

UNO SCONTRO EPOCALE, UN MOMENTO PERICOLOSO


di Vincenzo Brandi

Mentre tutti i giornali e le TV nostrane sono impegnati sulle modeste vicende politiche di casa
nostra fatte di patteggiamenti di basso livello, veti incrociati, piccoli ricatti, false promesse, a molti
sfugge la drammaticità del contesto internazionale dove assistiamo ad uno scontro epocale dai
risvolti molto pericolosi.
Le potenze nord-atlantiche, guidate dagli USA, puntano in modo sempre più aggressivo sulla
Russia di Putin, rea di non inchinarsi agli interessi imperiali statunitensi come ai bei vecchi tempi di
Gorbaciov ed Eltsin. Contemporaneamente cercano di far fronte alla perdurante stagnazione
economica occidentale, ed ai continui pericoli di nuove crisi, cercando di tamponare l’ascesa
impetuosa di concorrenti politici ed economici, tra cui si distingue la Cina. Questo grande ex-paese
coloniale, un tempo preda privilegiata di imperialismi occidentali e giapponesi, non solo ha da
tempo superato gli USA in termini di produzione globale (espressa in termini reali, cioè tenuto
conto dei prezzi interni), ma ormai supera gli USA anche in settori tecnologici di avanguardia come
quello dei supercomputer e della computazione quantistica (1).
Dopo le ridicole mai provate accuse lanciate agli hacker russi che avrebbero determinato la sconfitta
della povera Clinton, ora la campagna denigratoria è stata lanciata dagli Inglesi, capeggiati dal
borioso ministro degli Esteri Boris Johnson. Il cattivo Putin in persona è accusato di aver fatto
avvelenare col gas Sarin (perbacco! Lo stesso che sarebbe stato usato anche in Siria!) una ex-spia di
basso livello ormai in tranquilla pensione in Inghilterra da otto anni. Questa follia sarebbe stata
commessa da Putin giusto alla vigilia delle elezioni presidenziali russe e dei Campionati di Calcio
in Russia cui quel paese teneva moltissimo come rilancio di immagine. Un vero autogol! Peccato
che gli Inglesi, pur di fronte alle argomentate richieste russe, non abbiano fornito alcuna prova.
La mancanza di prove non ha impedito però all’Unione Europea ed a tutti i paesi della NATO di
seguire l’esempio britannico ed espellere circa 150 diplomatici russi. Anche il nostro Governo
leccapiedi guidato da Gentiloni non ha voluto essere da meno ed ha espulso due diplomatici.
Bisogna dare atto al leghista Salvini di essere stato l’unico a criticare questa decisione, forse perché
i tanto deprecati “populisti” in questo momento sono più in grado di “leggere” la situazione, rispetto
alle ormai decerebrate ex-sinistre. Tutta l’operazione si è dimostrata un completo fallimento visto
l’autentico plebiscito ottenuto da Putin, intorno a cui tutto il popolo russo si è stretto, compresi i due
principali candidati dell’opposizione (il comunista ed il nazionalista) che in fatto di politica estera
sostengono pienamente il loro governo.
Il problema è che queste operazioni propagandistiche servono in realtà a preparare l’opinione
pubblica occidentale a non opporsi ad un confronto anche sul piano militare con la Russia. Mentre i
missili e le truppe corazzate della NATO sono ormai schierati a pochi chilometri dai confini russi e
si minaccia una ripresa dei combattimenti in Ucraina, lo scontro più duro e diretto avviene in Siria.
Qui il Governo laico del Presidente Assad si è dimostrato molto più forte del previsto. Spalleggiato
da gran parte della civilissima multi-etnica e multi-religiosa popolazione siriana, e con l’aiuto
importante dei Russi, il Governo ha progressivamente sconfitto tutti i gruppi di fanatici jihadisti e
salafiti, in gran parte formati da estremisti stranieri, che avevano cercato di destabilizzare il paese.
L’ultima grande vittoria dell’esercito governativo è quella ottenuta con la liberazione dei sobborghi
di Damasco definiti Ghouta. Qui da sei anni alcune bande terroriste tenevano in ostaggio la
popolazione tormentando la popolazione del centro di Damasco, e specialmente i quartieri cristiani,
con continui bombardamenti con mortai che mietevano molte vittime civili. Ora, quasi tutti i gruppi
(Jaish Al-Islam finanziato dall’Arabia Saudita, Failaq Al-Ahram finanziato dal Qatar, Ahrar Al-
Sham finanziato dalla Turchia, Tahrir Al-Sham facente parte di Al Qaida), sconfitti sul campo,

hanno accettato di sgombrare la zona mediante salvacondotti. Questo ha posto fine anche
all’assurda campagna pseudo-umanitaria, alimentata anche da giornalisti di regime, come Ricucci e
le note Botteri e Goracci, che ha cercato fino alla fine di fermare l’operazione dell’esercito ed
evitare la sconfitta dei fondamentalisti.
Purtroppo i protettori dei cosiddetti “ribelli” non demordono. L’esercito USA, servendosi anche dei
miliziani curdi come carne da cannone, con la scusa della lotta all’ISIS, ha occupato tutte le zone
della Siria orientale dove si trova il 70% dei giacimenti di gas e petrolio per sottrarre risorse al
Governo siriano vittorioso per la ricostruzione post-bellica. Anche la zona strategica di Al Tanf,
posta sulla grande autostrada Bagdad-Damasco è stata occupata dagli USA per bloccare le
comunicazioni tra Siria ed Iraq. Gli USA dichiarano che non se ne andranno più e bombardano chi
osa avvicinarsi. I Russi dichiarano che risponderanno se minacciati, e Putin fa sapere di possedere
missili che possono colpire ogni zona del mondo senza essere intercettati. Da parte loro i Curdi,
dopo aver fatto da mercenari agli USA sperando nel loro aiuto, tradendo Assad che li aveva accolti
in Siria insieme al loro capo Ocalan rifugiato e protetto in Siria per 20 anni, ora sono “scaricati” e
devono sostenere l’attacco della Turchia di Erdogan. Chi scrive è stato in passato sostenitore del
PKK (Partito Comunista Curdo) visitando varie volte le zone di confine tra Turchia, Siria ed Iraq;
ma oggi non può far altro che criticare le sciagurate ed autolesioniste scelte dei dirigenti curdi.
Anche Israele, mentre continua a massacrare e scacciare la gente palestinese e ad arrestare anche le
ragazzine che hanno osato resistere ai soldati, sostiene alla frontiera siriana, nel Golan e nel bacino
dello Yarmuk, le formazioni salafite e dello Stato Islamico per tenere a distanza l’esercito di Assad
ed i suoi alleati, gli Hezbollah libanesi, che già sconfissero lo stato sionista nel 2000 e nel 2006.
“Dulcis in fundo”: ora Trump, dopo aver minacciato di denunciare l’accordo di compromesso
raggiunto tra Obama e l’Iran, dopo aver spostato l’Ambasciata USA a Gerusalemme (“capitale
indivisa dello stato ebraico”), scatena anche una avventata guerra dei dazi contro la Cina, che
certamente gli si ritorcerà contro. Invece, rimanendo in Estremo Oriente, sembra essersi
ammosciata la campagna di minacce contro la Corea Popolare. Il fatto è che questo piccolo e
combattivo stato si è dotato di armi atomiche; non come l’Iraq di Saddam e la Libia di Gheddafi che
non avevano l’atomica; e se ne sono viste le conseguenze.
Ma l’eco di questo scontro epocale che vede un confronto duro e pericoloso tra gli USA ed i loro
alleati, da un lato, e Russia, Cina, Siria, Iran, Venezuela, Cuba, ed altri stati indipendenti dall’altro,
giunge attutito in Italia dove si discute solo “de minimis”. Anche l’ex-sinistra “radicale”, quella che
abboccò all’inganno delle “primavere arabe” e, ancor prima, alla “rivoluzione” contro Milosevic
finanziata da George Soros, dorme sonni tranquilli parlando al massimo, ed impropriamente, di
“migranti” o ricorrendo ad un “antifascismo” strumentale.

(1)”La sfida USA-Cina per l’egemonia tecnologica”, F. Garofalo, Marx21.it

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