giovedì 19 aprile 2018

L'INTERROGATORIO A CUI SONO STATO SOTTOPOSTO A FIUMICINO PRIMA DELL'IMBARCO SU UN AEREO ISRAELIANO - IL CASO "MAC DONNCHA"



HO INVIATO QUESTA LETTERA A VARI GIORNALI



Gentile direttore,

il 12 e 13 aprile ho partecipato alla nona Conferenza Internazionale su Gerusalemme che si è svolta a Ramallah, in Palestina. L’invito era rivolto a scrittori e accademici di tutti i paesi e di tutte le religioni. L’ambasciata palestinese a Roma ha scelto me e il sacerdote don Nandino Capovilla di Venezia. Il nostro viaggio prevedeva la partenza da Roma e l’arrivo a Tel Aviv, dove ci aspettava un incaricato palestinese che doveva portarci a Ramallah. All’aeroporto di Fiumicino, qualche ora prima della partenza, i funzionari della compagnia aerea israeliana mi hanno sottoposto a uno snervante e assurdo interrogatorio. Alla domanda: “Perché va in Israele?” avrei potuto rispondere con una risposta diversiva, ma ho detto la verità. Da quel momento è iniziato l’interrogatorio con una donna. “Lei è uno scrittore? Che libri ha scritto? Quindi è famoso?” Mi lascia alcuni minuti e va a consultare in internet le mie pubblicazioni. Ritorna con un altro funzionario che parlava solo inglese e, presumo, fosse un agente del MOSSAD. Mi aspetto di essere interrogato sul mio libro IL TERRORISMO IMPUNITO, un atto di accusa di 700 pagine contro Israele. Invece no. Costui, dopo aver girato e rigirato il mio passaporto, mi chiede chi mi ha invitato. “L’ambasciata palestinese”, rispondo. “Mi faccia vedere l’invito”. Risposta: Non ho un invito. L’ambasciatrice, Mai al Kaila, mi ha invitato per telefono e ha provveduto a fornirmi il biglietto di viaggio”. Mostro il biglietto. “No. Voglio vedere l’invito”. Rispondo che ho la corrispondenza come prova ma si trova nel mio calcolatore. “Mi mostri la corrispondenza.” Per fortuna avevo con me il tablet. Mi collego a internet e mostro la corrispondenza. Domanda demenziale: “Perché è tutto scritto in italiano?” Comincio a diventare nervoso, ma sono riuscito a controllarmi. “Perché siamo in Italia e qui si parla italiano. La persona che mi scrive è la segretaria dell’ambasciata.” Insiste. “E’ la sua segretaria?” Risposta: “Non è la mia segretaria. E’ la segretaria dell’ambasciata che, ovviamente, comunica con me in italiano”. Poi, per convincerlo, mostro il simbolo della Palestina, l’aquila, che si trova nella corrispondenza. Gli dico che, se vuole, possiamo telefonare all’ambasciata. Preferisce di no. Altre domande: “Chi conosce in Palestina? E in Israele? In quale albergo andrà ad alloggiare? Dove vive? Ha una famiglia? Se le succede qualcosa, chi dobbiamo avvisare?” Questa domanda mi inquieta. “E’ già stato in Israele? In quali paesi arabi è già stato?” Rispondo: Egitto, Tunisia, Marocco e anche Turchia. “In Egitto cosa è andato a fare?” “Sono andato per le vacanze, per fare snorkeling”. Aggiungo che assieme a me c’è un sacerdote cattolico: padre Nandino Capovilla. Entrambi siamo pacifisti. Don Nandino sta arrivando dalla stazione Termini. Lui prende nota e dispone una perquisizione accurata della mia valigia e della mia borsa. Alla fine mi lasciano andare alla zona dell’imbarco. Poco dopo mi raggiunge don Nandino e mi riferisce di essere stato trattenuto circa 30 minuti per il solito interrogatorio. Prima dell’imbarco, arrivano due funzionari e intimano a don Nandino di seguirli. A me chiedono di visionare di nuovo la mia borsa che contiene solo penne, carte, un libro, fazzolettini, salviette profumate e caramelle. Lo trattengono a lungo. Inizia l’imbarco e siamo gli ultimi. Arrivano con don Nandino e mi consegnano la borsa. Allargo le braccia e mi dispongo per l’ispezione corporale, ma, a questo punto, diventano gentili, mi dicono che sono a posto e che posso andare. Uno mi dice sorridendo: “Welcome in Israel!” Mi avvicina don Nandino mentre entriamo nell’aereo e mi racconta di essere stato costretto a spogliarsi. Gli hanno chiesto di togliersi i pantaloni e lui si è rifiutato. “Allora lei non può montare in aereo” – gli hanno risposto. Don Nandino non ha scelta: abbassa i pantaloni. Una vicenda umiliante per un sacerdote che deve essere raccontata e resa pubblica.


Il sindaco di Dublino

Ma la storia non è finita qui. Il giorno 12 aprile è iniziata la conferenza. Tra i primi oratori c’è anche il sindaco di Dublino, MICHEAL MAC DONNCHA, che ha dichiarato la sua adesione al BDS (Boicottaggio, Disinvestimenti e Sanzioni) contro Israele. Il governo di Netanyhau lo ha dichiarato persona non grata e non dovrebbe entrare in Israele. Cosa è accaduto? Il giorno dopo, mentre, al mattino, leggevo l’edizione inglese del giornale israeliano “Haaretz”, ho scoperto il mistero. Il governo, nella persona del ministro dell’Emigrazione, è intervenuto per spiegare che MICHEAL MAC DONNCHA non doveva entrare e che c’era stato un errore dei funzionari a causa del nome un po’ complicato del sindaco di Dublino. Forse un errore di spelling. Il giornale israeliano, per spiegare l’errore, ha usato l’espressione “screw up” che si può tradurre con “fesseria, cazzata”. Poco dopo, mi sono recato al Palestine Tower per partecipare alla seconda giornata della conferenza e ho incontrato Mac Donncha. Non sapeva nulla. Gli ho mostrato il giornale e, soddisfatto, ha voluto che facessimo una fotografia assieme.  Tutto questo è avvenuto mentre a Gaza i cecchini israeliani giocavano a tiro a segno uccidendo e ferendo centinaia di palestinesi disarmati. Questo è Israele.

Diego Siragusa


ENGLISH VERSION




THE QUESTION TO WHICH HAVE BEEN SUBMITTED TO FIUMICINO BEFORE THE EMBARKATION ON AN ISRAEL PLANE - THE "MAC DONNCHA" CASE

I SENT THIS LETTER TO VARIOUS NEWSPAPERS

Dear Director,

on 12 and 13 April I participated in the ninth International Conference on Jerusalem which took place in Ramallah, Palestine. The invitation was aimed at writers and academics of all countries and religions. The Palestinian embassy in Rome chose me and the priest Don Nandino Capovilla of Venice. Our trip included the departure from Rome and the arrival in Tel Aviv, where a Palestinian representative was waiting for us to take us to Ramallah. At the Fiumicino airport, a few hours before departure, Israeli airline officials have subjected me to an unnerving and absurd interrogation. To the question: "Why are you going to Israel?" I could have answered with a diversified answer, but I told the truth. From that moment the interrogation with a woman began. "Are you a writer? What books did you write? So it's famous? "He leaves me a few minutes and goes to consult my publications on the internet. Return with another official who spoke only English and, I assume, was an agent of MOSSAD. I expect to be questioned about my book THE UNBEARED TERRORISM, a 700-page indictment of Israel. But no. He, after having turned and turned my passport, asks me who invited me. "The Palestinian embassy", I reply. "Let me see the invitation". Answer: I do not have an invitation. The ambassador, Mai al Kaila, invited me by telephone and provided me with a travel ticket ". I show the ticket. "No. I want to see the invitation ". I answer that I have correspondence as proof but it is in my computer. "Show me the correspondence." Fortunately, I had the tablet with me. I connect to the internet and I show correspondence. Demential question: "Why is everything written in Italian?" I begin to get nervous, but I managed to control myself. "Because we are in Italy and here we speak Italian. The person who writes me is the embassy secretary. "He insists. "Is she her secretary?" Answer: "She is not my secretary. It is the secretary of the embassy who, obviously, communicates with me in Italian ". Then, to convince him, I show the symbol of Palestine, the eagle, which is in correspondence. I tell him that if he wants, we can call the embassy. He prefers not. Other questions: "Who knows in Palestine? And in Israel? In which hotel will you go to stay? Where does he live? Does he have a family? If something happens to you, who should we warn? "This question troubles me. "Has he already been to Israel? In which Arab countries have you already been? "I reply: Egypt, Tunisia, Morocco and also Turkey. "In Egypt what did you do?" "I went for the holidays, to go snorkeling". I add that there is a Catholic priest with me: Father Nandino Capovilla. We are both pacifists. Don Nandino is coming from Termini station. He takes note and arranges a thorough search of my suitcase and my bag. Eventually they let me go to the boarding area. Shortly thereafter Don Nandino joined me and told me that he had been held for about 30 minutes for the usual interrogation. Before boarding, two officials arrive and order Don Nandino to follow them. They ask me to look again at my bag that contains only pens, cards, a book, tissues, scented wipes and candies. They hold it back for a long time. Start boarding and we are the last ones. They come with Don Nandino and give me the bag. I extend my arms and I have a body inspection, but at this point they become kind, they tell me I'm okay and I can go. One tells me smiling: "Welcome in Israel!" Don Nandino approaches me as we enter the plane and tells me that he was forced to undress. They asked him to take off his pants and he refused. "So you can not get on the plane" - they replied. Don Nandino has no choice: lower his trousers. A humiliating affair for a priest who must be told and made public.

The mayor of Dublin

But the story is not over here. The conference began on April 12th. Among the first speakers there is also the mayor of Dublin, MICHEAL MAC DONNCHA, who declared his adherence to BDS (Boycott, Disinvestments and Sanctions) against Israel. Netanyhau's government declared him persona non grata and should not enter Israel. What happened? The next day, while I read the English edition of the Israeli newspaper "Haaretz" in the morning, I discovered the mystery. The government, in the person of the Minister of Emigration, intervened to explain that MICHEAL MAC DONNCHA was not allowed to enter and that there had been an error by the officials due to the somewhat complicated name of the mayor of Dublin. Perhaps a spelling mistake. The Israeli newspaper, to explain the error, used the expression "screw up" that can be translated as "crap," crap. " Shortly thereafter, I went to the Palestine Tower to attend the second day of the conference and met Mac Donncha. He knew nothing. I showed him the newspaper and, satisfied, he wanted us to take a picture together. All this happened while in Gaza the Israeli snipers were shooting and killing and wounding hundreds of unarmed Palestinians. This is Israel.

Diego Siragusa

2 commenti:

  1. Questa è anche l'Italia che permette a Israele di violare impunemente il suo proprio territorio. Esiste la reciprocità? L'Italia può inviare i propri funzionari a Tel Aviv per controllare gli israeliani in attesa d'imbarco per Roma?

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  2. Un ingiusto "supplizio" già visto e vissuto in prima persona quando mi sono recato -insieme a molti altri affidatari- in Palestina più volte in quanto appartenente all'Associazione "Salaam ragazzi dell'olivo" (anni '90 e seguenti) che aiutava i ragazzi palestinesi e le loro famiglie a mantenerli agli studi. Ogni volta che si prendeva un aereo era una vessazione continua con interrogatori a Roma e perquisizioni (nonchè requisizione di apparecchi video-fotografici recapitati a domicilio dopo settimane) complete, fino alla nudità per poi lasciarti salire sugli aerei di solito pieni di israeliani che ti riempivano di sguardi truci, fino a limite dell'aggressione, oper averli fatti aspettare nel decollo! Cose insignificanti in confronto a quanto succede al popolo palestinese ma vergognosamente assurde per il cittadino di uno Stato che dice -a parole- di difendere l'integrità fisica e morale di ogni italiano! Questa è Israele, già, questa e non quello che vogliono farci credere ogni giorno.

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