sabato 2 marzo 2019

ISRAELE E LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE


dell'Avv. Ugo Giannangeli

(Alcuni mi hanno chiesto di trascrivere l'intervento di venerdì scorso a Milano in occasione dell'incontro con l'avv. Salah di Gaza. Questo è il testo come l'ho ricostruito dal mio brogliaccio.)

Inizio col dire perché ritengo che la Corte penale internazionale ben difficilmente perverrà mai ad una condanna dei criminali israeliani per concludere che, ciononostante, anche questa strada giudiziaria è da battere.
Non vedo contraddizione in questa affermazione se il fine realistico che ci prefiggiamo con l’iniziativa giudiziaria internazionale è quello di dimostrare che Israele utilizza consapevolmente e sistematicamente i propri criminali- esercito e coloni- per portare avanti quello che Ilan Pappe definisce un genocidio incrementale e per realizzare il suo colonialismo da insediamento.
Insomma i crimini di guerra e contro l’umanità sono strumenti indispensabili per la realizzazione del progetto sionista.
L’errore più frequente commesso dal movimento di solidarietà con la Palestina è quello di ritenere che imputato avanti alla Corte penale internazionale possa essere Israele. Quante volte abbiamo sentito o letto “occorre portare Israele avanti alla Corte penale internazionale”?.
Invece si possono portare solo le singole persone. Lo dicono gli articoli 14 e25 dello Statuto di Roma nonché il principio fondamentale per cui la responsabilità penale è personale.
Le singole persone vanno individuate e qui iniziano i problemi. Come è possibile farlo senza la cooperazione di Israele? È impensabile che Israele cooperi. Non ha mai fatto entrare commissioni internazionali di inchiesta ( si pensi al caso Goldstone per Piombo fuso); ha revocato il visto a esponenti di Human Rights Watch, incluso il suo direttore. Non ha mai condannato i propri criminali. In qualche raro caso ha inflitto sei mesi per omicidio, pena sospesa. Eclatante la condanna di un soldato all’epoca di Piombo fuso per “uso di carta di credito rubata” ! Centinaia di uccisi, migliaia di feriti e tutto si riduce all’uso di una carta di credito rubata. Siamo alla irrisione.
L’associazione israeliana B’Tselem nel suo rapporto sulla tortura- edito in Italia da Zambon nel 2017- ha definito farse i processi avanti alle Corti militari. Tutto il sistema giudiziario israeliano è una farsa, dalle sentenze dei tribunali militari (leggete la splendida testimonianza della avvocatessa Felicia Langer nel libro “Coi miei occhi”, riedito sempre da Zambon lo scorso anno) alle loro rituali conferme in appello da parte della Alta corte di giustizia (siamo a una percentuale superiore al 95% !); spiego subito perché è importante avere chiaro questo aspetto.
Israele opporrà sicuramente la carenza di giurisdizione della Corte penale internazionale ma questa eccezione è destinata a sicuro rigetto dopo l’adesione della Palestina allo Statuto di Roma nel 2015. Ricordiamo che l’adesione ha effetto retroattivo dal 13 giugno 2014 per tutto quanto avvenuto nei Territori occupati e a Gerusalemme est.
Israele opporrà l’improcedibilità per avere già sottoposto al giudizio i presunti responsabili. La Corte penale internazionale, infatti, interviene solo in via sussidiaria, quando lo Stato non si è attivato. Si pensi ad esempio al caso dei quattro bambini della famiglia Bakr uccisi da due cannonate sulla spiaggia di Gaza nel 2014. I responsabili sono stati assolti dalla giustizia farsa: bambini che giocavano a pallone scambiati per “miliziani” di Hamas ! Occorrerà dimostrare avanti alla Corte penale internazionale che ricorrono gli estremi dell’articolo 17 dello Statuto di Roma che prevede la procedibilità avanti alla Corte se la sentenza assolutoria è frutto della incapacità dello Stato di procedere correttamente. Nel caso di Israele si tratta non di incapacità ma di mancanza di volontà: il mandante copre sempre gli esecutori.
È lecito il dubbio che questi processi siano stati avviati da Israele al solo fine di potere poi eccepire l’improcedibilità (per Margine protettivo sono stati portati a giudizio almeno sei casi tra cui quello dei bambini). Come è possibile dimostrare che il processo è stato una farsa senza almeno l’acquisizione del relativo fascicolo processuale? Israele mai lo rilascerà e non fornirà neppure i nominativi degli imputati assolti adducendo ragioni di sicurezza.
A livello mediatico Israele si indignerà alla sola idea che possa essere messo in discussione il proprio sistema giudiziario e che gli eroici soldati di Tsahal debbano sottostare a un’indagine internazionale. La Corte penale internazionale diventerà un covo di antisemiti al pari del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, così definito sotto la sua sede a Ginevra nel 2016 da Yair Lapid per le sue 62 risoluzioni contro Israele (per la precisione Lapid lo ha definito “il Consiglio per i diritti del terrorismo”).

*****

Cosa sta facendo la Corte penale internazionale? non sembra fremere dalla volontà di indagare. La denuncia dei crimini commessi dal giugno 2014 in poi pende dal 2015. Il 22 maggio 2018 si è svolto un importante incontro tra la delegazione palestinese e la Procuratrice presso la corte. Non mi risultano novità. Il sito della Corte mostra 10 casi in fase di esame preliminare, tra cui quello della Palestina, e 12 casi in fase di indagine. Non sembra una grande mole di lavoro pendente.
Nonostante l’inattività della Corte, Israele si prepara a recitare la parte che gli viene meglio: quella della vittima. A livello di propaganda sta incrementando, per dirla con Finkelstein, l’industria dell’Olocausto. Non passa giorno che non si parli della recrudescenza dell’antisemitismo: in Inghilterra il caso del Labour e di Corbyn, in Francia il filosofo insultato, in Italia è stato scomodato l’antisemitismo perfino per l’occupazione del Monte Stella a Milano. Il fine è evidente: la totale assimilazione tra antisionismo e antisemitismo. Macron lo ha detto due giorni fa: sono la stessa cosa. Sappiamo che non è vero, lo sanno anche i sionisti ma la menzogna è indispensabile. Come disse Hannah Arendt “…. i fatti sgradevoli possiedono una esasperata ostinazione che può essere scossa soltanto dalla pura e semplice menzogna”.
Ho letto che l’avvocato Abdel Salah Ati intende fare pressioni sulla Unione europea. Ne ha ragioni. Sinora la UE ha fatto ben poco, giusto l’intervento sulla corretta etichettatura dei prodotti israeliani, vietando il “made in Israel” per i prodotti delle colonie. Potrebbe cancellare dalla lista delle organizzazioni terroristiche quelle che sono organizzazioni di resistenza. Potrebbe avviare una politica di boicottaggio e sanzioni. Attualmente nel mondo sono oltre 30 paesi sotto sanzioni UE per molto meno dei crimini israeliani. Nessuno di questi paesi è passato al vaglio della Corte penale internazionale. Il giudizio è stato solo politico. Quanti altri crimini, quanti altri uccisi occorrono perché termini l’impunità di Israele? Golda Meir disse: “ Dopo la Shoah tutto ci sarà consentito”.
Impegniamoci perché questo non avvenga.

Libera trascrizione dell’intervento dell’avvocato Ugo Giannangeli nel corso
dell’incontro con l’avvocato Salah Ati a Milano il 22 febbraio 2019.

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