Fabrizio Cassinelli
Da "stato canaglia"
a grande opportunità
Le verità nascoste(ci)
sulla nuova Persia
Prefazione di Stefano Polli
di Diego Siragusa
21/3/2017
Ho seguito, nel corso degli anni, la storia recente dell'Iran, dalla rivoluzione komeinista fino ad oggi, come un caso raro nella storia di sommovimento politico-religioso vittorioso. Nella sinistra, dopo la caduta dello scià Reza Palhevi nel 1979, ci fu esultanza e qualcuno descrisse l'avvenimento definendolo "rivoluzione contro il Capitale", come in un celebre articolo di Gramsci. I primi passi della rivoluzione furono segnati da convulsioni e crimini, uccisioni di esponenti del regime dello scià mediante processi sommari. Ricordo le rodomontate di un pittoresco ayatollah che si chiamava Sadegh Khalkhaly, il sequestro dei 52 americani nella loro ambasciata e la fallita operazione per liberarli ordinata dal presidente americano Jimmy Carter che si risolse in un colossale fallimento nel Deserto del Sale. Ma quella rivoluzione nazionale, antimperialista, memore del colpo di stato organizzato dagli Stati Uniti e dall'Inghilterra contro il legittimo governo di Mossadekh, colpevole di aver nazionalizzato le risorse petrolifere sottraendole alla British Petroleum, cominciò ad avviarsi verso un regime teocratico, confessionale diretto dalle norme del Corano nella sua interpretazione sciita.
Furono anni in cui, noi di sinistra, ponemmo le speranze nella personalità di un intellettuale laico, formatosi in Francia, come Abolhassan Banisadr che fu eletto presidente della Repubblica islamica e, in seguito, deposto per i suoi contrasti con Komeini, costretto alla fuga e all'esilio in Francia assieme ad alcuni collaboratori.
Per molti anni l'Iran, soggetto alle sanzioni dell'Occidente per volontà degli Stati Uniti, è stato oggetto di narrazioni demonologiche indotte dal ferreo controllo che il clero sciita ha sempre esercitato sul governo e sui costumi degli iraniani.
Dopo la morte di Komeini, lentamente il gruppo dirigente ha dovuto accogliere esigenze insopprimibili della società ed allentare il controllo e l'apparato repressivo foriero di una riduzione del consenso suscettibile di ampliarsi. Ma mentre in Occidente, tutto il sistema informativo continuava a descrivere l'Iran e gli iraniani coi luoghi comuni suggeriti dalla propaganda americana e sionista (non dimentichiamo che Israele aveva addestrato la SAVAK, la spietata polizia segreta dello scià), la società iraniana cambiava, si evolveva, a volte anche in modo molecolare ma costante. Di questo, raramente, in Occidente si dava conto e permaneva la percezione di una irriducibile alterità degli iraniani e della sua classe dirigente.
Con questo saggio, Fabrizio Cassinelli compie una cesura nella saggistica "coatta", condannata a ripetere la narrazione americana e israeliana che si ostina a presentare l'Iran come "stato canaglia", da isolare, condannare e, al momento opportuno, sovvertire per impiantare un regime amico degli Stati Uniti e di Israele: i peggiori nemici dell'Iran.
Il valore di questo saggio, che ho letto con personale piacere, consiste in una testimonianza di prima mano agevolata da vari viaggi, incontri con ambienti molto diversi tra loro e, spesso, insospettabili per abitudini tipicamente occidentali. Si tratta di un capovolgimento sorprendente di un insopportabile andazzo giornalistico che ha dominato per troppo tempo arrecando danni alle relazioni tra l'Italia e un paese di 80 milioni di abitanti che si sta affermando come una potenza economica e tecnologica nell'area mediorientale.
Cassinelli, giornalista dell'ANSA, si muove molto bene negli ambienti iraniani che lo ospitano; sa mantenere la necessaria prudenza dei giudizi, cerca costantemente di ricavare le conoscenze necessarie da conversazioni, osservazioni, fatti; pone le domande giuste senza mai insospettire o urtare l'interlocutore. Insomma: sa fare il giornalista raccontando tutti gli aspetti della società iraniana con una particolare attenzione all'universo giovanile in cui rintraccia i semi della modernità, attraverso la rivoluzione della comunicazione messa a disposizione dai social media e grazie ad un sistema di istruzione, severo e rigoroso notevolmente sviluppato.
Di grande interesse è la descrizione dei rapporti tra la maggioranza musulmana sciita e le altre confessioni religiose. Quanti di noi sanno che in Iran non è consentito il proselitismo religioso? Quanti sanno che le minoranze religiose sono rappresentate in parlamento e non subiscono persecuzioni? Chi conosce i metodi di lotta delle autorità iraniane contro la droga e il suo commercio? Quanti conoscono le buone relazioni tra la comunità ebraica e il potere religioso sciita? Quanti sanno che a Teheran c'è un ospedale ebraico che riceve finanziamenti dallo stato? Ricordo di avere visto molte fotografie raffiguranti l'ex presidente Ahmaninejad e i rabbini ortodossi coi quali aveva un ottimo rapporto.
Nel suo ruolo di giornalista, sensibile alla genuinità della notizia, Cassinelli, verso la fine del libro, ci offre una silloge delle molte menzogne che sono state diffuse in Occidente contro l'Iran; dalla lapidazione, mai avvenuta, dell'adultera Sakineh fino alla inesistente persecuzione contro i cristiani o ad attentati attribuiti all'Iran e mai avvenuti. In questo complotto, reiterato e isterico, la causa sarebbe da rintracciare nella capacità dell'Iran di diventare potenza nucleare antagonista di Israele, il quale vede compromesso il suo primato di ricatto su tutti gli stati del Medioriente.
In questo lavoro di demistificazione, Cassinelli non tace gli inquietanti aspetti di uno stato che applica pene disumane come la frustrazione e l'impiccagione in pubblico, applicando un sistema giudiziario privo del principio della rieducazione del reo. Siccome queste critiche all'Iran provengono da Stati che applicano la pena di morte e non sono certamente paladini dei diritti umani, l'autore rileva la pretestuosità di una campagna diffamatorio e di isolamento che, finora, ha fallito clamorosamente i suoi scopi.
Per gli appassionati del Medioriente, per gli studiosi e per quei lettori desiderosi di sottrarsi alla sciatteria della stampa prevalente, eterodiretta e mendace, questo libro si presenta come uno strumento onesto di conoscenza di un popolo erede di un'antichissima civiltà che non tollera di essere considerato il soggetto di uno stato che il centro dell'impero ha etichettato come "canaglia".
Nel suo ruolo di giornalista, sensibile alla genuinità della notizia, Cassinelli, verso la fine del libro, ci offre una silloge delle molte menzogne che sono state diffuse in Occidente contro l'Iran; dalla lapidazione, mai avvenuta, dell'adultera Sakineh fino alla inesistente persecuzione contro i cristiani o ad attentati attribuiti all'Iran e mai avvenuti. In questo complotto, reiterato e isterico, la causa sarebbe da rintracciare nella capacità dell'Iran di diventare potenza nucleare antagonista di Israele, il quale vede compromesso il suo primato di ricatto su tutti gli stati del Medioriente.
In questo lavoro di demistificazione, Cassinelli non tace gli inquietanti aspetti di uno stato che applica pene disumane come la frustrazione e l'impiccagione in pubblico, applicando un sistema giudiziario privo del principio della rieducazione del reo. Siccome queste critiche all'Iran provengono da Stati che applicano la pena di morte e non sono certamente paladini dei diritti umani, l'autore rileva la pretestuosità di una campagna diffamatorio e di isolamento che, finora, ha fallito clamorosamente i suoi scopi.
Per gli appassionati del Medioriente, per gli studiosi e per quei lettori desiderosi di sottrarsi alla sciatteria della stampa prevalente, eterodiretta e mendace, questo libro si presenta come uno strumento onesto di conoscenza di un popolo erede di un'antichissima civiltà che non tollera di essere considerato il soggetto di uno stato che il centro dell'impero ha etichettato come "canaglia".
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