(Ugo Giannangeli (a sinistra) e Carlo Smuraglia)
Caro Smuraglia,
sono iscritto all’ANPI in una sezione che, col Presidente Pino De Luca, purtroppo deceduto lo scorso anno, è stata molto attiva sul “fronte palestinese”.
Ho letto con attenzione quanto hai scritto a seguito della vicenda di Biella. Se, da un lato, mi ha fatto piacere vedere ribadita la netta presa di distanza dalla oscena equiparazione tra antisionismo e antisemitismo, dall’altro mi ha rattristato vedere che ti ostini a ritenere praticabile la soluzione dei due stati anche dopo i recenti avvenimenti. Mi riferisco, ad esempio, all'avvento di Trump e di suo genero Kushner,
entrambi finanziatori di quelle colonie che rappresentano il principale ostacolo alla soluzione da te ancora auspicata. Mi riferisco anche alla reazione del governo di Israele rispetto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 2334 del 27/12/2016 sulle colonie: Israele questa volta non si è limitato ad ignorare la risoluzione, come ha sempre fatto con tutte le risoluzioni ONU dal 1948 in poi, ma ha “rilanciato” la
sfida alla comunità internazionale approvando il 6/2/2017 la legge cosiddetta di “normalizzazione” di 4000 alloggi in colonie ed avamposti, illegali anche per la legge israeliana sino a questa “regolarizzazione” retroattiva.
Israele non è nuovo a reazioni di questo tipo. Ad ogni conquista diplomatica dell’ANP ( ammissione come stato osservatore all’ONU; ammissione all’UNESCO; adesione accolta alla Corte penale internazionale) Israele ha risposto con nuove colonie o espansione delle precedenti.
L’obiettivo è evidente da tempo ma oggi più che mai: annettere tutta la Palestina storica, incluso quel 22% che rappresenta l’unica modesta aspirazione residua dei palestinesi. Ovviamente senza palestinesi. Israele pratica una colonizzazione da insediamento, quella che non si limita a depredare beni e risorse ma ambisce alla espulsione dei nativi. I precedenti più noti sono gli Stati Uniti e l’Australia.
Israele vuole realizzare quello stato ebraico ipotizzato da Hertzl ma privo delle caratteristiche democratiche enunciate nella Dichiarazione di indipendenza di Israele e quindi uno stato per soli ebrei. Pende dal novembre 2014 un disegno di
legge di Netanyahu che sancisce quello che è già nei fatti: uno stato in cui solo gli ebrei hanno diritto di piena cittadinanza. L’Alta Corte di giustizia di Israele lo ha già scritto nel caso del prof. Uzzi Ornan ( da valente giurista quale sei penso che se leggerai la sentenza del 2013 inorridirai come sono inorridito io). Il prof. Uzzi Ornan, docente di lingua ebraica, è nato nel 1923 nella Palestina storica e ha introdotto due distinte cause contro lo stato di Israele per vedere riconosciuto il suo diritto alla cittadinanza israeliana sulla base della sua residenza e non della sua appartenenza etnica/religiosa. Ha perso entrambe le cause e si è sentito obiettare che la sua richiesta “ minava alle radici le fondamenta dello stato ebraico”.
Potrei andare avanti a lungo; il disegno sionista è in avanzata fase di realizzazione ed è sotto gli occhi di tutti, almeno di quelli che vogliono vedere.
Recentemente in un incontro a Monza Amira Hass ha detto che gli accordi di Oslo sono stati costruiti per rendere impossibile la soluzione dei due stati. Ne sono convinto, soprattutto dopo avere letto un bel libro di un nostro collega francese di origine palestinese, l’avvocato Ziyad Clot, ex negoziatore nella burla dei cosiddetti “colloqui di pace”; il suo libro “ Non ci sarà uno stato palestinese” è edito da Zambon.
Tu sei stato in Palestina prima di Oslo ( eravamo assieme alla manifestazione “Time for peace”), non so se poi sei tornato; io sì, molte volte, come giurista e come attivista, e ho visto progressivamente il deteriorarsi della situazione.
L’ANPI insiste ancora oggi per una soluzione resa impraticabile da Israele con la sua politica del fatto compiuto. Io penso che il motivo principale di questa ostinazione risieda nella difficoltà che l’Associazione ha a tracciare una riga di separazione netta tra quella che è stata l’esperienza storica degli ebrei ( discriminazioni, segregazioni sino al genocidio della Shoah) e quella che è l’esperienza dello stato di Israele che usa la Shoah solo per un perenne ricatto verso l’Europa ( sul tema avrai letto certamente il libro di Finkelstein, L’industria dell’Olocausto).
Eppure i familiari delle vittime della Shoah che fanno riferimento a “Not in my name” e che chiedono di togliere i nomi dei loro familiari dallo Yad Vashem perché non si riconoscono nella politica di Israele sono riusciti in questa cesura; e sono ebrei, familiari di vittime. La stessa Amira Hass è venuta apposta da Tel Aviv a testimoniare in un processo in Italia a favore di imputati che hanno esposto uno striscione con una scritta contro l’eccidio a Gaza del 2014, scritta immediatamente tacciata di antisemitismo dalla locale comunità ebraica nonostante l’evidenza del contrario( “Stop bombing, free Palestine; Israele assassini”).
L’Anpi invece non ci riesce sebbene, in ossequio all’art.2 del proprio Statuto, dovrebbe assumere una posizione netta di difesa della causa palestinese, che è lotta di liberazione. La nostra lotta di Liberazione è durata un paio di anni, quella palestinese dura da oltre 70 anni, se includiamo la rivolta del 1936/1939, nonostante il totale isolamento internazionale.
Tu glissi sulla mancata risposta della Presidente della comunità ebraica di Roma alla tua lettera del 16/6/2016; io reputo gravissimo il fatto, un affronto alla nostra Associazione e significativo di un atteggiamento di assoluta indisponibilità al confronto. L’ANED non ha avuto alcuna difficoltà ad accettare la proposta di incontro, la comunità ebraica sì, anzi: neppure si è degnata di una risposta.
Concludo con una richiesta precisa che non vuole essere una provocazione: perché l’ANPI non appoggia il BDS? Il democratico stato di Israele ha approvato pochi giorni or sono una legge che vieta l’ingresso nello stato ai sostenitori del BDS. In Italia, al Senato, pende un incredibile DDL che criminalizza con pene sino a 6 anni l’attivismo nel BDS. Eppure il boicottaggio è l’arma più pacifica e democratica che esista; l’esperienza del Sud Africa insegna ma anche il boicottaggio dei razzisti negli USA. Le forze progressiste e democratiche di Israele sono ridotte ormai ad esigua minoranza, coraggiosa ed encomiabile ma minoranza ( guarda le spaventose percentuali nei sondaggi di favorevoli agli eccidi a Gaza nel 2008/9, 2012, 2014). Queste forze hanno bisogno del nostro aiuto: i refusnik finiscono in galera, gli ex militari di Breaking the silence non possono entrare nelle scuole per raccontare ai giovani studenti le loro testimonianze di torture e omicidi a freddo, le ONG impegnate sul piano umanitario sono discriminate nei finanziamenti.
Il sostegno dell’ANPI sarebbe importantissimo.
Un cordiale saluto
Ugo Giannangeli, sezione Anpiseprio
Veniano, 19 Marzo 2017
Una immensa gratitudine ad Ugo Giannangeli per il suo scritto. Lucido,circostanziato,conoscitore della situazione e soprattutto "libero". Troppo ossequio a chi fa dell'antisemitismo un mestiere!
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