di Geraldina Colotti
CARACAS - Ieri sera eravamo nello storico quartiere 23 Enero, che ospita diverse
comunas e spazi autogestiti e la radio comunitaria Al Son del 23. Con noi in
trasmissione, oltre a Gustavo – il conduttore – a due giovanissime compagne basche,
una giornalista spagnola, tecnici efficientissimi appena adolescenti, c'era l'intellettuale
messicano Fernando Buen Abaad, uno degli accompagnatori del processo elettorale
per l'Assemblea Costituente: che ha certificato al chavismo oltre 8 milioni di voti e la
percentuale più alta mai raggiunta in base al numero di abitanti attuale. Ne abbiamo
parlato ieri nell'intervista alla redazione dell'Antidiplomatico.
Buen Abad, autore del volume Filosofía del Humor y de la Risa, ha proposto di
accompagnare il percorso dell'Assemblea Costituente con un programma di satira
basato sulle sparate dell'opposizione e del circo mediatico che le sostiene. Ci è
sembrata un'ottima idea.
Se esistesse ancora la satira in un paese come l'Italia, un tempo patria di geni in
questo campo, la trasmissione potrebbe chiamarsi “falsos amigos”, falsi amici: nel
senso di quelle parole che sembrano indicare una cosa, ma il loro significato è spesso
opposto. Nel senso di quelle “persone” la cui maschera critica-critica nasconde il loro
ruolo di pompieri, dispensatori di polpette soporifere nell'eterno balletto del “né-né” ( i
“ni-ni” in spagnolo). Uno schemino ben consolidato, soprattutto in una certa sinistra,
abituata a svicolare eternamente dalla propria impotenza. La bandiera del ni-ni è
adesso Marea Socialista e sue codine contigue. Ex personaggi di governo – uno dei
quali denunciato per corruzione – che si ritengono assolti dagli errori imputati al
governo. Una formazione tanto critica quanto sterile, che strepita contro l'Assemblea
Costituente ma non disdegna di allearsi con le destre golpiste. Chi non sta né da una
parte né dall'altra della barricata – ha scritto qualcuno – finisce per essere la
barricata.
La bandiera della critica-critica risulta essere adesso quella dell'”arco minerario”. Fior
di reporter in poltrona, accademici che non hanno mai conosciuto un indigeno in vita
loro, né tantomeno condizioni di bisogno, pontificano su questa zona ricchissima di
risorse, che Maduro avrebbe consegnato alle multinazionali. Addirittura istituendo
“zone economiche speciali” sul modello dell'Honduras.
Il pronunciamento delle popolazioni indigene, che hanno appena eletto i loro 8
rappresentanti all'Anc secondo le proprie procedure secolari, ovviamente, non esiste.
Conta il parere degli europei “ongizzati” nel cui sguardo caritatevole deve rispecchiarsi
l'indigeno “che piace”. Sono loro i giudici assoluti. Le popolazioni indigene, le loro
assemblee, il controllo che esercitano sul loro territorio grazie al potere agito nel
“proceso” bolivariano, non conta. A settembre, al culmine di un processo assembleare
che le ha portate tutte a Miraflores, le 35 popolazioni indigene hanno consegnato a
Maduro i loro simboli, per testimoniare la fiducia nelle proposte ricevute. Da tanti
anni, i loro territori sono preda dello sfruttamento illegale, dei paramilitari, che
imperversano con la complicità di chi dovrebbe controllare e anche di alcuni cacicchi.
L'inquinamento è altissimo è danneggia prima di tutto chi è più vicino alle risorse
naturali.
Sono gli indigeni i primi a chiedere che venga regolata quella situazione: non con la
bacchetta magica degli stregoni da tastiera, ma esaminando nel concreto costi e
ricavi. E tocca a loro farlo. Le zone economiche speciali, istituite in modo pubblico e
trasparente, sono effettivamente un invito alle imprese a investire in Venezuela sulla
base di alcuni sgravi fiscali. Questo però non implica deroghe rispetto alle leggi del
lavoro e a quelle dell'ambiente. Gli operai, qui, contano davvero. E si fanno sentire.
Oltre a petrolio e metalli preziosi, il Venezuela possiede uno straordinario patrimonio
ambientale. E' il secondo paese dopo il Brasile per riserve di acqua. La difesa
dell'ambiente, nell'ambito di un nuovo modello di sviluppo che implica la lotta contro il
capitalismo, è un punto centrale nel “programma strategico” del governo bolivariano.
Proprio grazie al protagonismo dei popoli indigeni nel nuovo corso di governi
dell'America latina, ogni anno i nativi elaborano le loro proposte in numerosi forum,
che poi i governanti – per il Venezuela prima Chavez e poi Maduro – portano ai vertici
mondiali, riempiendoli in parte di contenuti.
Abbiamo sentito diversi candidati operai e ambientalisti, di cui daremo conto in questi
giorni: che formulano critiche anche radicali al governo, ma con cognizione di causa.
L'Anc è il luogo per farlo. L'obiettivo dichiarato è quello di “liberarsi dello stato
borghese e costruire lo stato socialista. Stiamo riscrivendo la storia. Non torneremo
mai a essere una colonia”, ha detto il leader operaio Francisco Torrealba, rigettando le
“sanzioni imperialiste” imposte da Trump a Maduro. La costruzione di “un nuovo
modello produttivo” è uno dei principali obiettivi dell'Anc.
Contro le “sanzioni imperialiste che vogliono sottomettere il paese” si sono schierate
tutte le istituzioni della Repubblica bolivariana, a partire dal Tsj e dalle Forze Armate.
Domani 3 agosto si installa l'Anc in Parlamento. Le destre hanno annunciato una
nuova manifestazione. Ieri alcuni ambasciatori dei paesi neoliberisti che non
riconoscono l'Anc si sono recati a sostenere i deputati di opposizione, tra i fischi della
folla.
Intanto, media e opposizione continuano a produrre materiale satirico. Basta scorrere
i titoli, capovolgendone il senso drammatico: le schede elettorali che non vengono
bruciate ma “prendono fuoco” come le bombe che esplodono al passaggio della
polizia. L'opposizione che spara numeri in spregio alla logica e che distrugge le prove
di voto subito dopo aver concluso il “plebiscito” illegittimo del 16 luglio, che viene
presa a esempio di imparzialità. Il Cne che ha gestito 20 elezioni prima di questa,
certificate da centinaia di osservatori internazionali, che invece viene screditato: tanto
chi va a vedere le regole?
Basta spararle grosse. Chiunque, qui, può richiedere il controllo del voto. E a dicembre
vi saranno le elezioni per i governatori. Che farà l'opposizione? Se non ci va, lascia il
campo libero, ma se ci va avalla l'autorità del Cne. E allora perché ora la disconosce?
Ma nella costruzione della “post-verità”, tutto fa brodo. Prima di partire per Miami,
Lilian Tintori, moglie di Leopoldo Lopez, ha dichiarato di essere incinta: di 16
settimane. Ma in che modo se ha passato i mesi a gridare che suo marito era torturato
e represso, e tenuto in isolamento dal “rrregime”? Ben presto, la canonizzazione della
fake-news per eccellenza...
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