martedì 13 aprile 2021

IL BUZZURRO ERDOGAN NEGA LA SEDIA ALLA SIGNORA VON DER LEYEN

(Da sinistra: Ursula von der Leyen (di spalle), 62 anni, Charles Michel, 45 anni, e Recep Tayyip Erdogan, 67 anni)

di Vincenzo Brandi 


Roma 10 aprile 2011,  


Ha destato scalpore l’umiliazione che il “sultano” turco Erdogan, già distintosi in passato per i suoi atteggiamenti sprezzanti ed antifemministi, ha cercato di imporre alla Presidente della Commissione Europea Von Der Leyen non facendole trovare una sedia su cui sedersi durante un incontro al vertice tra Turchia ed Unione Europea.


Spesso abbiamo criticato le posizioni rigoriste e filo-capitaliste della Von Der Leyen, una donna in politica al servizio soprattutto della grande finanza del Nord-Europa. Ma nel caso specifico non si può che esprimere piena solidarietà nei suoi confronti per l’atteggiamento insultante del Presidente turco, cui la signora ha risposto molto dignitosamente andandosi a sedere su un divanetto posto di fianco. Né si può tacere sul comportamento altrettanto maleducato e sconcertante del Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, che si è accomodato in poltrona accanto ad Erdogan lasciando la sua collega sola in piedi. Risulta che Michel, sottoposto a giuste critiche e richieste di dimissioni, ha cercato poi di scusarsi e di telefonare anche alla Von Der Leyen, che giustamente si è negata.


Già in un precedente articolo avevamo sottolineato che Erdogan, capo del partito AKP legato all’organizzazione politico-religiosa della Fratellanza Musulmana, sta cercando di riportare indietro la cultura turca anche nel settore dei diritti delle donne, dopo che i precedenti governi repubblicani, nel solco segnato dal padre della Patria Atatürk, anche se con metodi autoritari, avevano cercato di modernizzare la Turchia almeno al livello dell’Europa Occidentale (senza per questo parlare di Socialismo visto come il fumo negli occhi dai governanti turchi di qualsiasi tendenza).


Recentemente il nostro Primo Ministro Draghi ha definito Erdogan un “dittatore” con cui comunque bisogna trattare. Sono personalmente contrario ad affibbiare questo epiteto indiscriminatamente. Erdogan ha pur vinto regolari elezioni sulla spinta dei sentimenti più oscurantisti prevalenti nella parte più arretrata della popolazione turca, ed avvalendosi di un certo progresso economico che ha caratterizzato alcuni anni fa la Turchia. Nelle parole di Draghi forse si nota anche l’influenza di una rivalità diretta che si sta sviluppando tra Italia e Turchia sulla questione del controllo della Libia, paese ricco di petrolio e gas naturale. Erdogan ha inviato in Tripolitania migliaia di mercenari jihadisti siriani, turchi e di altri paesi in difesa del Governo di Tripoli, dominato dai Fratelli Musulmani, che era minacciato dall’esercito rivale del generale Haftar sostenuto da Russi ed Egiziani. In realtà l’Italia cerca di rimettere i propri piedi in Libia, ed a questo è servito anche il recente viaggio di Draghi in quel paese. Ma forse Draghi avrebbe dovuto per prima cosa chiedere scusa ai Libici per la guerra che abbiamo fatto contro di loro nel 2011, insieme agli altri paesi della NATO. Questa guerra ha distrutto il paese, ed alimentato una successiva guerra civile, creando milioni di profughi. Prima del 2011 la Libia era il paese più ricco dell’Africa ed aveva un Governo stabile guidato da Gheddafi, in ottime relazioni con l’Italia. Ora abbiamo lasciato solo conflitti, rovine, ed interventi esterni come quello turco, situazione da cui la Libia cerca faticosamente di uscire.



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