sabato 25 gennaio 2014

PERCHE' IL SUDAFRICA AMA CUBA?





Perché il Sudafrica ama Cuba?


di Piero Gleijeses*
Mentre i mezzi di comunicazione statunitensi si sono interessati recentemente alla “stretta di mano” fra il Presidente Obama e Raúl Castro, vale la pena di riflettere sulle ragioni per cui gli organizzatori delle celebrazioni funebri di Nelson Mandela hanno invitato Raúl Castro fra i sei leaders –sui novantuno partecipanti stranieri- per parlare durante la cerimonia. Non solo è stato concesso a Raúl Castro questo onore, ma a lui è toccata anche la più calda delle presentazioni durante la cerimonia:
“Adesso vi presentiamo un leader che viene da una piccola isola, il rappresentante di una piccola isola, di un popolo che ci ha liberato, che ha lottato per noi ... il popolo di Cuba”, ha detto il Presidente del Congresso Nazionale Africano (ANC).
Queste parole sono l’eco di quello che lo stesso Mandela aveva detto durante la sua visita a Cuba nel 1991:
“Siamo venuti qui coscienti del grande debito contratto con il popolo di Cuba. Quale altro paese può mostrare una storia più disinteressata di quella che ha esibito Cuba nei suoi rapporti con l’Africa?”
Molti fattori hanno portato alla sparizione dell’Apartheid. Il governo bianco sudafricano è stato sconfitto non solo per il potere di Mandela, per il coraggio del popolo del Sudafrica o per la capacità del movimento mondiale di imporre sanzioni. E’ stato anche eliminato dalla sconfitta dell’esercito del Sudafrica in Angola. Ecco come si spiega il protagonismo di Raúl Castro durante il funerale: sono state le truppe cubane che hanno umiliato l’esercito sudafricano. Fra gli anni 1970 e 1980, Cuba ha cambiato il corso della storia nel sud dell’Africa nonostante gli sforzi degli Stati Uniti per evitarlo.
Nell’ottobre del 1975, i sudafricani, incoraggiati dal governo di Gerald Ford, hanno invaso l’Angola per schiacciare il Movimento Popolare per la Liberazione dell’Angola (MPLA), di sinistra. E ce l’avrebbero fatta se non ci fossero stati lì 36.000 soldati cubani in Angola.
Come ha segnalato la CIA, Fidel Castro non aveva concordato con Mosca la decisione di inviare le sue truppe (come si capisce dalle nervose riunioni sostenute in seguito con la direzione sovietica negli anni ottanta). I cubani, ha confermato Kissinger nelle sue memorie, avevano affrontato i sovietici a cose fatte. Fidel Castro aveva capito che la vittoria di Pretoria (incoraggiata da Washington) avrebbe rafforzato gli artigli della dominazione bianca contro il popolo del Sudafrica. Si è trattato di un momento decisivo: Castro ha inviato truppe in Angola per il suo impegno con quella che ha chiamato “la più bella causa”, la lotta contro l’Apartheid. Come Kissinger ha osservato più tardi, Castro era “probabilmente il più genuino leader rivoluzionario allora al potere”.
L’ondata scatenata dalla vittoria cubana in Angola si impadronì del Sudafrica. “L’Africa Nera sta cavalcando la cresta di un’onda generata dal successo di Cuba in Angola”, ha fatto notare World, un importante giornale del Sudafrica nero. “L’Africa Nera sta assaggiando l’inebriante vino della possibilità di rendere reale il sogno della liberazione totale”. Mandela avrebbe poi ricordato di aver saputo della vittoria cubana in Angola quando era prigioniero a Robben Island:
“Io stavo in carcere quando ho saputo dell’aiuto massiccio che le truppe internazionaliste cubane stavano offrendo al popolo angolano ... Noi in Africa siamo abituati ad essere vittime dei paesi che vogliono impossessarsi del nostro territorio o sovvertire la nostra sovranità. In tutta la storia dell’Africa è l’unica volta che un popolo straniero ha preso le armi per difendere uno dei nostri paesi”.
Ma Pretoria non si era data per vinta; perfino dopo la ritirata dei cubani, sperava di sconfiggere il governo del MPLA dell’Angola. Le truppe cubane sono rimaste in Angola per proteggerla da un’altra invasione sudafricana. Perfino la CIA ha ammesso che “erano necessarie per preservare l’indipendenza dell’Angola”. Inoltre i cubani hanno addestrato i guerriglieri del ANC e i ribelli della SWAPO che combattevano per l’indipendenza della Namibia contro i sudafricani che l’avevano occupata illegalmente.
Dal 1981 al 1987, i sudafricani hanno lanciato ondate di invasioni nel sud dell’Angola. La guerra era a un punto morto nel novembre del 1987 quando Fidel Castro ha deciso di espellere i sudafricani fuori da quel paese una volta e per sempre. La sua decisione è stata provocata dal fatto che l’esercito sudafricano aveva stretto d’assedio le migliori unità dell’esercito angolano in una città dell’Angola meridionale, Cuito Cuanavale. La qual cosa era stata possibile in qualche modo perché Washington si dimenava nello scandalo Iran-contra. Prima che scoppiasse lo scandalo Iran-contra, alla fine del 1986, che debilita e distrae il Governo Reagan, i cubani temevano che gli Stati Uniti potessero lanciare un attacco contro la loro patria. Per cui non erano disposti a dar fondo alle loro riserve di armi. Ma l’Iran-contra ha limato le zanne di Reagan e ha liberato Castro dalla limitazione ad inviare migliori aerei da Cuba, piloti e armi antiaeree in Angola. La sua strategia consisteva nel rompere l’offensiva sudafricana contro Cuito Cuanavale al sudest e poi attaccare dal sudovest, “come un pugile che con la sinistra colpisce e con la destra dà il KO”.
Il 23 marzo del 1988, i sudafricani hanno lanciato il loro ultimo attacco importante contro Cuito Cuanavale. Fu un fallimento totale. Lo Stato Maggiore degli Stati Uniti ha dichiarato:”La guerra in Angola ha avuto una svolta drammatica e – per quel che riguarda i sudafricani – indesiderato”.
La mano sinistra dei cubani aveva bloccato il colpo del Sudafrica, mentre la mano destra si preparava al KO: poderose colonne cubane avanzavano verso le frontiere della Namibia, inducendo i sudafricani a ripiegare. I MIG 23 cubani hanno cominciato a sorvolare il nord della Namibia. Documenti degli Stati Uniti e del Sudafrica dimostrano che i cubani hanno conquistato tutta la frangia superiore dell’Angola. I cubani pretesero che Pretoria ritirasse senza condizioni le truppe dall’Angola e permettesse elezioni controllate dalle Nazioni Unite in Namibia. Lo Stato Maggiore degli Stati Uniti avvertì il Sudafrica che se si rifiutava, i cubani si trovavano in una posizione di vantaggio. I sudafricani riconobbero di avere un problema “a lanciare un’offensiva ben appoggiata in Namibia”: se rifiutavano le richieste cubane correvano “il rischio reale di trovarsi coinvolti in una guerra convenzionale a grande scala con i cubani, i cui risultati sono potenzialmente disastrosi”. La prospettiva dell’esercito sudafricano era nera: “Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare scontri”.
Pretoria capitolò. Accettò le richieste dei cubani e si ritirò incondizionatamente dall’Angola accettando l’accordo sulle elezioni controllate dall’ONU in Namibia, vinte dallo SWAPO.
La vittoria cubana ebbe ripercussioni al di là della Namibia e dell’Angola. In parole di Nelson Mandela, la vittoria cubana “ha distrutto il mito dell’invincibilità dell’oppressore bianco ... ha ispirato le masse in lotta in Sudafrica ... Cuito Cuanavale è stato il punto di svolta per la liberazione del nostro continente –e del mio popolo- dal flagello dell’Apartheid”.
 
*Piero Gleijeses è professore di politica estera degli Stati Uniti presso la Scuola di Studi Internazionali Avanzati (SAIS), dell’Università John Hopkins. Tutte le citazioni provengono dal suo ultimo libro, Visiones de la libertad: La Habana, Washington, Pretoria y la lucha por el sur de Africa, 1976-1991, The University of North Carolina Press, 2013.
 
 
Traduzione di Alessandra Riccio

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