sabato 30 aprile 2016

Assedio di Aleppo, dove muore la verità






Fonte: L'ANTIDIPLOMATICO

Proviamo ribrezzo nel leggere menzogne e falsificazioni quotidiane su giornali di un mondo che si crede ancora libero su quanto stia avvenendo in Siria



In guerra a morire è sempre la verità, si sa. Ma quando a raccontare gli eventi in Siria è il circo mediatico occidentale (italiano in particolare), la questione arriva ai limiti del paradosso. 


Due ottimi articoli a firma Fulvio Scaglione, vice direttore di Famiglia cristiana, e Vincenzo Brandi fanno chiarezza su quanto stia avvenendo in queste ore ad Aleppo, da sempre capitale economica del paese, oggi ridotta ad un cumulo di macerie per la guerra per procura in Siria e che potrebbe segnare per sempre le sorti della guerra, liberando il paese dai terroristi dell'Isis. 


Scrive Scaglione: “L’assedio di Aleppo. Forse non lo sapevate ma in questi ultimi giorni, e solo in questi ultimi giorni, il mondo delle persone perbene, di coloro che hanno a cuore la libertà, è angosciato dall’assedio di Aleppo. Il che è un po’ curioso, perché Aleppo è sotto assedio da tre anni e mezzo. Guardate la cartina qui pubblicata: raffigura la situazione di Aleppo dal 2012 fino a un mese fa. Com’è facile notare, il verde circonda su tre lati il rosso. E il verde erano le forze dei ribelli. Che quindi per tre anni e mezzo hanno stretto la città in una morsa aperto solo verso Sud. Un assedio quasi perfetto”.
E poi sul dramma umanitario dal 2012 ad oggi avvenuto nel totale silenzio e menefreghismo dei nostri media conniventi con il progetto di destabilizzazione e distruzione di uno stato sovrano, scrive correttamente Brandi:“Poiché però la città continuava a resistere, grazie anche ad un’incerta via di rifornimento posta a Sud-Est del centro e tenuta aperta dall’esercito, i jihadisti, cui nel frattempo si erano aggiunti anche i miliziani dello Stato Islamico (o Daesh) provenienti dall’Est, da Raqqa, tagliarono l’acqua e l’energia elettrica agli assediati, bombardando nel contempo i quartieri centrali con razzi e mortai e tormentando gli assediati con sanguinosi attentati condotti con autobombe ed altri mezzi (il più grave e micidiale fu condotto contro l’Università con la morte di decine di studenti). Su tutto questo vi sono, tra le altre, le continue testimonianze dei vescovi delle comunità cristiane cittadine, che riferiscono anche di aver fatto scavare pozzi nei recinti delle chiese per alleviare le sofferenze della popolazione assetata, testimonianze che i giornalisti non potevano ignorare, anche se non avessero voluto prestare fede alle dettagliate notizie fornite dall’agenzia siriana SANA, o dalle fonti russe (Sputnik-edizione italiana) e libanesi (Al Manar)”.
E Scaglione rincara la dose: “Come hanno vissuto i siriani di Aleppo, quelli rimasti nei quartieri controllati dal Governo e dalle truppe di Assad? Le testimonianze non mancano. Bombe sulle scuole e sugli ospedali. Missili sui palazzi. Niente acqua. Niente elettricità. Pochissimo carburante, e a carissimo prezzo, per riscaldare le case d’inverno. Un sacco di morti civili, perché i missili cadevano dove cadevano. Insomma, le cose che succedono durante un assedio.Quando, nel 2014, lanciò l’appello “Salviamo Aleppo”, la Comunità di Sant’Egidio scrisse cose come questa: “La gente non può uscire dalla città accerchiata dall’opposizione, tra cui fondamentalisti intransigenti e sanguinari”.
 Oppure: “C’è l’orribile ricatto dell’acqua che i gruppi jihadisti tolgono alla città. È una guerra terribile e la morte viene da ogni parte. Passando per tunnel sotterranei, si fanno esplodere  palazzi “nemici” “. E lo diceva Sant’Egidio, che non aveva mai lesinato le critiche anche verso Assad. Insomma, pochi dubbi: era un assedio”.
Di fronte a questa svolta nella guerra in corso in Siria, i nostri giornalisti ora si stracciano le vesti parlando dei civili che fuggono dalle zone dei combattimenti.  La controffensiva dell’esercito siriano grazie al supporto dell'aviazione russa, scattata negli ultimi mesi del 2015, ha l'obiettivo di liberare la città dall'assedio dei terroristi. Folli festanti accolgono i “liberatori” in ogni villaggio durante l'avanzata. Carla del Ponte, uno dei giuristi internazionali più noti, ha dichiarato in settimana di plaudire l'intervento russo: "finalmente qualcuno prova a cacciare questi terroristi": E per i media nostrani? Secondo il nostro regime l’esercito di Assad che “avanza verso Aleppo” per “riconquistarla”, come se la città fosse in mano ai rivoltosi e ai mercenari stranieri, e non invece assediata da oltre tre anni dall'Isis. Da Aleppo gli abitanti fuggirebbero verso la Turchia, terrorizzati dai bombardamenti russi”.
Ma qual è quindi il vero problema che bisogna nascondere in tutti i modi? Semplice. L'avanzata dell'esercito siriano scoperchia la madre di tutte le questioni: l'approviggionamento, il supporto e i legami con il nostro “alleato” NATO, la Turchia, dei terroristi. Liberata Aleppo finisce il gioco per i terroristi e per Ankara. “I profughi di adesso scappano verso un confine, quello con la Turchia, che è improvvisamente diventato impenetrabile, a meno che l’Europa non molli altri miliardi a Erdogan e soci. Ma è impenetrabile solo per i profughi. Perché gli islamisti in fuga davanti a siriani, Hezbollah, iraniani e curdi, possono attraversarlo senza problemi. Così come per anni l’hanno attraversato in senso inverso i foreign fighters e i rifornimenti per i jihadisti che stringevano in una morsa Aleppo. Ma già, quello non era un assedio”, conclude Scaglione.
Proviamo ribrezzo nel leggere menzogne e falsificazioni quotidiane su giornali di un mondo che si crede ancora libero su quanto stia avvenendo in Siria, un paese lacerato da chi si auto-definisce ancora civilizzatore con milioni di morti sulla coscienza negli ultimi decenni. Dopo cinque anni di destabilizzazioni della Siria attraverso una guerra per procura fomentata dagli Stati Uniti, Turchia, Arabia Saudita principalmente, il popolo siriano ha eroicamente resistito e non ha ceduto a quel destino che il mondo libero aveva scelto per loro sul modello iracheno e libico. Quando la vittoria sembra prossima ad Aleppo e quindi , il regime mediatico alza la voce. Questo inutile brusio serve a mascherare i crimini commessi in precedenza e a distogliere l'attenzione sulle azioni criimali di un paese nostro "alleato" NATO che tiene l'Europa in pugno.

domenica 24 aprile 2016

UN LIBRO STRAORDINARIO DI AMEDEO COTTINO



Ricevetti in lettura. l'anno scorso, questo testo del prof. Amedeo Cottino. Sapevo che si trattava di una ricerca originale e di notevole attualità. Durante l'estate lo lessi in pochi giorni, fui affascinato dall'argomento e dalla maestria della scrittura: chiamai il mio editore e gli proposi di pubblicarlo senza indugi. Così è avvenuto e oggi presentiamo questo libro ai lettori italiani affinché siano indotti ad aprire gli occhi sulle immani tragedie del nostro tempo e comprendano i meccanismi mediante i quali "il male" organizza il consenso attorno a sé. Mi conforta sapere che in alcune università è stato adottato come testo di studio per i nostri studenti.
Propongo la lettura di questa bella recensione di Aldo Garzia pubblicata dal quotidiano "il manifesto". 


Il grande rifiuto all’assuefazione

«C’è chi dice no» di Amedeo Cottino pubblicato per le edizioni Zambon

Aldo Garzia

Oltre che il titolo di una bella e indignata canzone di Vasco Rossi, ora C’è chi dice no è anche il titolo dell’ultimo libro di Amedeo Cottino pubblicato per le edizioni Zambon (pp. 192, euro 12). Cottino, già ordinario di Sociologia del diritto presso l’Università di Torino, è profondo conoscitore della cultura scandinava nonché ex direttore dell’Istituto italiano di cultura a Stoccolma.
In questo agile volume l’autore affronta una tematica complessa su cui ci si interroga sempre troppo poco: cosa provoca la rivolta individuale e collettiva di fronte alle ingiustizie? Perché sembra prevalere una insensibilità diffusa «nella maggioranza degli umani», come scrive Marco Revelli nell’introduzione e ci racconta perfino Joseph Conrad in Lord Jim? E a questo si può aggiungere il quesito su come sia facile passare dal ruolo di «vittime» a quello di «carnefici». Tema riproposto con forza di recente pure nei cinema italiani dal film danese Sotto la sabbia di Martin Zandvliet, in cui si narra la storia di giovanissimi soldati tedeschi che finita l’occupazione nazista della Danimarca furono usati come carne da cannone per lo sminamento delle coste. Di questa problematica si era già occupato Lars von Trier, altro regista danese, nel film Europa dove la Germania post nazista vive lo smarrimento di un paese senza identità, territorio di soprusi e vendette.
Nel prologo, Cottino spiega come a muovere le sue riflessioni abbia contribuito anche un episodio di vita famigliare. Nel gennaio 1945, suo fratello Gastone fu salvato dalla polizia fascista grazie a due famiglie che abitavano nel centro di Torino. Persone semplici, non eroi, mossi al sentimento della protezione e della solidarietà dalla «normalità del bene» che a volte si contrappone alla «normalità del male». Ecco spiegato l’interesse dell’autore a descrivere «la varietà di atteggiamenti che noi umani – soggetti individuali e collettivi – possiamo assumere nei confronti dell’Altro». Sapendo però che la contrapposizione tra «bene» e «male» non spiega tutto. Chi ha sganciato le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki è forse meno colpevole? Cosa porta al rifiuto di ciò che appare «naturale» è l’assillo teorico di questo libro.
Il palcoscenico dell’immaginario diffuso – scrive Cottino – ha sempre tre attori: mandante, esecutore, vittima. Che la maggioranza degli uomini e delle donne attraversi la propria vita girando la testa dall’altra parte è frutto di una manipolazione che va svelata e che trova radici profonde in un sistema politico repressivo apparentemente neutro e accomodante. Quindi, non va mai abbassata la guardia nei confronti di ciò che appare ovvio o senso comune. Un pensiero critico, avverte Cottino, deve continuamente confrontarsi con le forme del dominio e con le sue culture, siano esse grossolane o sofisticate. Solo così si dice «no» alla manipolazione del consenso. Un compito specifico spetta perciò al pensiero giuridico, da sempre a confronto con le questioni della legalità e dei nuovi diritti, della codificazione in norme di ciò che muta nei rapporti sociali. Ciò che appare «naturale» è sempre il prodotto di qualcosa niente affatto naturale.
L’indifferenza è voluta da un potere dal volto sempre più inafferrabile, almeno all’apparenza. Cottino ci offre vari esempi di rivolta e assuefazione nel suo testo, come pure molti spunti teorici. Si parte dalle metafore del Lord Jim di Conrad (un ufficiale della marina inglese che aspirava a grandi imprese e che invece abbandona, in preda alla paura, la sua tradotta che trasportava pellegrini musulmani) per analizzare le tappe del processo e le mutazioni dell’imputato via via che si avanza nell’accusa. Poi si procede all’analisi dei diversi comportamenti nei confronti dell’ingiustizia e della sopraffazione partendo dalla constatazione che i più non vogliono vedere e prendere contezza di ciò che accade, ma non sono niente affatto il frutto della casualità dell’ignavia umana quanto piuttosto di logiche anestetizzanti da disvelare.
La lettura dei vari capitoli che compongono il libro è avvincente sia per i cultori del diritto, i sociologi ma anche per coloro che non si arrendono all’ordine costituito e vogliono smantellarne l’ideologia dominante, che è sempre quella della presunta immodificabilità dell’agire umano e del capitalismo liberista come formazione economica. Cottino, quando parla di questioni più attuali, si rifà all’erosione del principio di legalità (le guerre «preventive» e «umanitarie») e alla «normalizzazione della forma più estrema che è la tortura» (vedi ad esempio l’uso della base militare di Guantanamo). Di questo «impero della paura» in costruzione sono i migranti che scompaiono in mare le principali vittime, dopo che le guerre hanno colpito gran parte del Medio oriente e dell’Africa. Si può fare qualcosa contro le ingiustizie che imperversano nel pianeta, dagli Stati uniti alla Cina? Questo è l’interrogativo finale di Cottino a cui risponde affermativamente. È importante che in molti dicano «no». E che lo facciano con dovizia di analisi e di argomenti. Questo libro aiuta in tale direzione.
il manifesto, 7/3/16




mercoledì 20 aprile 2016

VIAGGIO IN SARDEGNA CON ALAN HART…. E I SIONISTI ALLE COSTOLE




VIAGGIO IN SARDEGNA CON ALAN HART….


 E I SIONISTI ALLE COSTOLE


Avevamo preparato accuratamente il viaggio in Sardegna col mio amico Nabil Khair, coordinatore delle comunità palestinesi in Italia, per consentire ad Alan Hart di presentare il suo libro “Sionismo, il vero nemico degli ebrei” dopo le polemiche romane del dicembre 2015, scatenate dalla comunità ebraica che, non sapendo come imbavagliare le voci libere, accusa tutti e tutto di “antisemitismo”.  L’anno scorso a Roma, come sanno i miei lettori, fu sufficiente che una sezione volenterosa dell’ANPI organizzasse un mio incontro per determinare, immediatamente, la reazione rabbiosa dell’estrema destra sionista romana che si scagliò contro il libro, contro Hart e contro la mia persona con la solita barzelletta dell’antisemitismo. I dirigenti romani e nazionali, tradendo la lezione dei martiri della nostra Resistenza, si piegarono e mi impedirono di parlare nella sede dell’ANPI. L’evento fu salvato grazie alla disponibilità della Comunità Cristiana di Base di S. Paolo Fuori le Mura che mise a disposizione il proprio salone.
Prima di partire per Cagliari, Alan mi scrive dicendomi se sono state previste delle sale di riserva. Mi sorprendo e chiedo ad Alan il perché. “Perché in Inghilterra, tutte le volte che incontro il pubblico, mezz’ora prima mi negano la sala su pressione degli ebrei sionisti”. Lo rassicuro e gli dico che in Sardegna abbiamo l’amicizia dell’ARCI e della CGIL che hanno messo a disposizione le loro strutture. Non è convinto. E ha ragione. In Inghilterra lo hanno isolato: la BBC, per la quale ha lavorato tanti anni, ha l’ordine di non intervistarlo e di non citare mi il suo nome, i giornali, le radio, i bollettini parrocchiali, insomma …. Di Alan Hart non bisogna parlare. Così vogliono gli ebrei sionisti e tutti chinano la testa.
Il giorno prima di partire con un aereo per Cagliari, mi arriva la notizia che i sionisti sono già in azione. Un consigliere regionale del Partito Sardo d’Azione presenta una interrogazione e attacca noi e gli organizzatori. Il sito internet buongiornoalghero.it titola: «Arci e Cgil organizzano un evento antisemita - Marcello Orrù: "Indecente"». Pubblico la sua dichiarazione nella mia pagina face book e il soggetto in questione viene sommerso da decine di epiteti. Questo il testo di Orrù: 



«Rimango indignato nell'apprendere che il prossimi 12 aprile a Sassari, la mia città, si tenga un evento che definire di dubbio gusto significherebbe essere troppo buoni. L'evento, organizzato dalla Cgil e l'Arci, è la presentazione del libro del giornalista inglese Alan Hart intitolato "Sionismo, il vero nemico degli ebrei" e prevede la presenza oltrechè dell'autore anche dell'italiano Diego Siragusa. I due signori sono molto conosciuti negli ambienti nostrani della sinistra radicale in quanto il primo è uno dei campioni di complottismo anti-Israele avendo persino affermato che la strage dell'11 settembre fu causata probabilmente dagli agenti del Mossad che avrebbero -udite udite - deviato la rotta degli aerei, il secondo è conosciuto come un simbolo del moderno antisemitismo di casa nostra.  E' veramente incredibile che il sindacato più importante del nostro Paese, nella nostra città, si renda fautore di una presenza simile. A Roma qualche mese fa l'Anpi, associazione partigiani, ha ritirato la propria presenza allo stesso evento perché chiaramente antisemita. Ecco che ora qualche "benpensante" nostro concittadino pretende di insultare Israele, la sua storia e il suo popolo nella nostra città. Non è accettabile, la sinistra abbia rispetto per Israele e per la sua dolorosa storia. Chiedo con urgenza al sindaco Sanna che intervenga sugli organizzatori, in qualità di massimo responsabile dell'ordine e della sicurezza in città, al fine di ottenere l'annullamento di questa indecente manifestazione. Sassari - conclude Marcello Orrù - non merita di essere lo scenario di un evento antisemita».


L’11 aprile parto per Cagliari. All’aeroporto mi attende Nabil. Due ore dopo arriva da Londra Alan. È il nostro primo incontro. Ho avuto la fortuna di tradurre il primo volume del suo libro e di scrivere la prefazione. In una precedente lettera, Alan mi aveva gratificato con parole generose  e riconoscenti per il mio lavoro. Qualche ora dopo arriva anche un vecchio amico di Alan, Alfredo Giannantonio, che sarà il nostro interprete. Alfredo è nato e vissuto negli USA fino a 19 anni. L’inglese è la sua lingua madre e conosce molto bene la situazione mediorientale. Mentre andiamo in albergo un nostro amico dell’ARCI ci informa che la CGIL di Sassari ritira il patrocinio dell’evento, cancella la sala e chiede la rimozione del proprio logo dalle locandine. Siamo sconcertati. Nabil è furibondo. È iscritto alla CGIL, il suo sindacato! Alan e Alfredo non sono sorpresi. Lo sapevano. Chiediamo spiegazioni. Ci dicono che i sionisti hanno fatto pressioni a Roma e da lì è arrivata la telefonata alla CGIL di Sassari. Riservatamente ci confermano che sia stata la segretaria generale in persona: Susanna Camusso. Ma non abbiamo le prove. L’ARCI si muove e raccoglie la disponibilità della sala di Amnesty International. La manifestazione è salva. La giornata si conclude con meste considerazioni sul ruolo infame del PD di Matteo Renzi che ormai ha svenduto il partito ai sionisti e si è portato dietro settori dell’ANPI e della stessa CGIL. Tutti costoro, senza aver letto il libro e senza sapere chi è Alan Hart, si sono prostrati e hanno obbedito “perinde ac cadaver”.


Il giorno dopo, 12 aprile, facciamo un lungo viaggio in macchina fino a Sassari. Alle 18,30 siamo nella sede di Amnesty International. È venuto anche un amico, conosciuto dieci giorni prima durante una mia crociera ai Caraibi, e una cara amica di mio figlio diventata antropologa e docente universitaria. Persone collegate con me tramite facebook si presentano e, finalmente, le posso conoscere direttamente. La sala si riempie. Introduco l’autore e il libro.  Alan attrae l’attenzione dell’uditorio coi suoi aneddoti e rivelando gli incontri con personaggi della storia mediorientale, vivi e morti, che ha conosciuto e che gli hanno raccontato i loro segreti. Alan, prima di lavorare in Medioriente, era stato preparato dalla BBC seguendo la solita narrazione israeliana. Solo in seguito, a contatto diretto con la realtà, ha dovuto cambiare opinione e scoprire che lo stato di Israele era stato creato con grandi menzogne e che i palestinesi erano le vittime sacrificali di un delirio nazionalistico chiamato sionismo. Quando Alan parla del suo incontro riservato col presidente Jimmy Carter che gli rivela i veri motivi per cui gli israeliani hanno fatto fallire il suo tentativo di pace condiviso dai dirigenti sovietici, allora l’attenzione del pubblico diventa tesa e pronta a cogliere ogni parola. Questa è la storia vera, non quella raffazzonata dei giornali e delle riviste di grande tiratura.
Alla fine il pubblico è soddisfatto e acquista molte copie del libro di Hart e, inaspettatamente, anche il mio “Terrorismo impunito”.  Poco dopo, a cena, si brinda a questo primo ceffone dato ai sionisti.


13 aprile. Siamo a Nuoro presso la Biblioteca “Satta”: ore 18,30. Prima di iniziare, gli attivisti e i palestinesi presenti in città, hanno già venduto 40 copie del libro. Un bel lavoro era già stato fatto da un caro amico, il medico palestinese Amjad. La sala della biblioteca è molto grande ma vi sono circa 50 persone. Nessuna traccia di sionisti né di minacce e sfracelli di antisemitismo. Come a Sassari, la presentazione segue un copione collaudato fine alla fine. Secondo successo e secondo smacco per i sionisti.
Andiamo a cena. Alan è sofferente e si tocca il basso ventre. Gli chiedo se ha male e annuisce. Informo Nabil e Amjad, entrambi medici. A tavola c’è anche una loro collega primaria. Si consultano e decidono di portare Alan al Pronto Soccorso. Cominciamo a mangiare preoccupati. Più tardi Amjad ci telefona per dirci che c’è una sospetta ernia strozzata. Forse bisogna intervenire chirurgicamente. Finiamo la cena e andiamo al Pronto Soccorso dell’ospedale che è nelle vicinanze. Per fortuna tutto si risolve bene e Alan riappare commosso per le cure che gli sono state riservate. È sorpreso per la pulizia dell’ambulatorio e per l’efficienza del servizio sanitario di Nuoro. Così veniamo a sapere che in Inghilterra, un tempo patria del migliore servizio sanitario del mondo,  ora le cose sono molto cambiate: l’assistenza è ai minimi livelli.



14 aprile. Ripartiamo per Cagliari. Ore 18,30 presentazione a Iglesias. Siamo ospiti dell’ARCI. Una bella sede la sala piena. Prende la parola anche il vicesindaco del PD che pronuncia parole giuste e da tutti condivise. Molte domande dal pubblico notevolmente interessato. Terzo successo consecutivo. È sera e andiamo a cercare un ristorante nel centro della città. Iglesias, come Sassari, ha dei palazzi pregevoli. Gli amici dell’ARCI ci portano in una piazza e ci mostrano il palazzo vescovile e il palazzo del comune. “Qui – dicono – presenteremo il prossimo anno il secondo volume di Hart”. Alan osserva ammirato.



15 aprile. Quarta tappa del nostro giro: Monserrato, vicino Cagliari. Ero già stato qui per presentare il mio libro sul terrorismo israeliano. E i sionisti? Arrivano, arrivano!! Sul sito internet http://www.castedduonline.it/ compare il testo di una interrogazione del consigliere comunale Franco Magi rivolta al sindaco di Cagliari Mazzimo Zedda. Il titolo: 

«Magi: "Zedda patrocina le manifestazioni antisemite: è inaccettabile". La prima interrogazione nella storia della Città Metropolitana accende la polemica a Cagliari» - La presentazione del libro del giornalista inglese Alan Hart dal titolo "Sionismo, il vero nemico degli ebrei, che si terrà sabato alla Mem, fa scoppiare la polemica. E arriva anche la prima interrogazione al consiglio metropolitano. Franco Magi neo consigliere metropolitano non ci sta a quella che ritiene una manifestazione antisemita in un luogo pubblico e ha depositato oggi una interrogazione diretta al Sindaco metropolitano Massimo Zedda. Per Magi è inaccettabile che venga patrocinata dal comune di Cagliari una manifestazione, a detta sua, antisemita. Si legge nel documento che ha pubblicato pochi minuti fa su facebook: Tale presentazione, che prevede la presenza oltreché dell’autore inglese anche dell’italiano Diego Siragusa, si caratterizza incontrovertibilmente per antisemitismo e becero pacifismo radical chic. I due signori sono infatti molto conosciuti negli ambienti nostrani della sinistra radicale, in quanto il primo è uno dei campioni di complottismo anti-Israele, avendo persino affermato che la strage dell’11 settembre fu causata probabilmente dagli agenti del Mossad che avrebbero deviato la rotta degli aerei, il secondo è conosciuto come un simbolo del moderno antisemitismo di casa nostra.»
Per Magi l'evento è un  elevato concentrato di banalità, mistificazioni e bugie di tali premenzionate e ridicole affermazioni. E ricorda quanto recentemente fatto dalla CGIL a Sassari, e da Roma l’Anpi, Associazione Nazionale Partigiani, le quali hanno ritirato la propria presenza allo stesso evento perché chiaramente antisemita. Si ritiene oltremodo indegno ed inopportuno che una pubblica amministrazione patrocini o offra ospitalità ad un “convegno” - continua -  che invero rappresenta un ombrello di copertura sotto il quale si celano numerose organizzazioni radicali contrarie ai processi di pace - contro lo Stato laico e democratico di Israele, ritenuto di offrire un breve cenno sullo Stato di Israele, in quanto talvolta gli organi di stampa veicolano notizie artatamente deformate e prive di veridicità." Per Magi  Israele è l’unica democrazia di tutto il Medio-Oriente, all’interno del quale convivono liberamente tutte le religioni, le culture, gli orientamenti politici e sessuali.




Non sapevo di essere il “simbolo del moderno antisemitismo di casa nostra”!! Come si può vedere, questo solerte consigliere ha fatto copia/incolla del precedente testo di Orrù (certamente redatto dagli ebrei sionisti) e lo ha dato ai giornali. Ripeto ad Alan, a Nabil e ad Alfredo che tutto questo è un buon segno: “Ci stanno facendo pubblicità gratis – insisto - . A Roma, l’anno scorso è accaduta la stessa cosa: i sionisti, col rabbino capo in testa, hanno fatto una comica sceneggiata. Risultato? Tanta gente ha comprato il libro e la prima edizione si è esaurita”. Infatti, anche a Monserrato l’incontro si rivela soddisfacente. Quarta sconfitta per i sionisti.
Incontro il mio amico Fawzi Ismail che mi aveva organizzato, tre anni prima, il mio primo incontro in Sardegna per presentare il mio libro IL TERRORISMO IMPUNITO. Anch’egli è un medico molto attivo sulla scena culturale cagliaritana. Mi informa che domani, 16 aprile, l’ultimo incontro si svolgerà al MEM, Mediateca del Mediterraneo, un centro modernissimo dotato di sale per conferenze e attrezzature audiovisive e didattiche di prim’ordine.

16 aprile. Al mattino in albergo viene il giornalista Simone Spiga di Cagliaripad per intervistare Alan. Abbiamo ascoltato le dichiarazioni in un video dell’alfiere del sionismo cagliaritano, Franco Magi, e le abbiamo tradotte per Alan. Il giornalista gli chiede di commentarle e Alan, sicuro e perentorio, commenta: “Gli hanno fatto il lavaggio del cervello”. L’intervista prosegue su argomenti più seri.
Nel pomeriggio Alfredo deve ripartire per la sua città. Siamo stati molto bene insieme e questa esperienza è stata indimenticabile. Troviamo due interpreti al suo posto. Alle 17,30 siamo al MEM. Osservo il salone ampio, luminoso e conto le sedie: sono più di cento. Quante resteranno vuote? Chi verrà a sentirci? Nabil e Fawzi mi dicono di non preoccuparmi. “La gente verrà” – mi dicono. Hanno ragione: lentamente la sala si riempie completamente e c’è gente in piedi. Dobbiamo fare in fretta. L’aereo di Alan parte alle ore 21 e alle 19,30 dobbiamo terminare. Nabil fa una introduzione appassionata sul futuro dell’Autorità Nazionale Palestinese e sul suo ruolo e invita Alan per un altro convegno coi responsabili europei delle varie comunità palestinesi della diaspora. A me non resta che rammentare che coloro che si sono associati ai sionisti in quest’opera di censura preventiva senza aver letto il libro, dovranno rendere conto di questa condotta liberticida e contraria alla storia delle loro organizzazioni di appartenenza.
Alan comincia mostrando la foto di Golda Meir con una dedica per lui “Ad un caro amico, Alan Hart. Golda Meir”. Voi pensate che Golda Meir avrebbe avuto con me un’amicizia così intensa se io fossi un antisemita? Esordisce Alan. Il pubblico lo segue nella sua analisi e nel racconto di fatti privati e pubblici che nessun giornale ha mai riferito ma che dimostrano quanto distante sia dalla realtà la ricostruzione dozzinale di giornalisti improvvisati e privi di struttura morale.
Ore 19,30. Alan deve partire. Firma le copie dei libri ormai tutte vendute. Abbiamo contato circa 150 persone. E i sionisti? Continuano nella loro paranoia. Un altro attacco arriva da un certo Alessandtro Matta dell’Associazione Memoriale Sardo della Shoah:



LETTERA AL SINDACO MASSIMO ZEDDA SULLA PRESENTAZIONE   DI SABATO 16 APRILE 2016 :
 Sindaco , Annulli la Concessione della Mem per la Manifestazione Antisemita di Sabato !
Dallo scorso 12 al 16 Aprile , la Sardegna sta ospitando a Sassari , Nuoro , Iglesias , Monserrato e Cagliari , una serie di conferenze di presentazione tenute da Diego Siragusa insieme al giornalista Alan Hart , in collaborazione con la Associazione Sardegna Palestina , in presentazione dal libro di quest'ultimo dal titolo : "Sionismo , il vero nemico degli ebrei" . Come si evince dal link qui sotto riportato :
http://diegosiragusa.blogspot.it/…/con-alan-hart-in-sardegn…
Siamo del tutto sconcertati da una simile presentazione . Siamo convinti che presentare un libro che ha come per titolo "Sionismo, il vero nemico degli ebrei" , sarebbe pari a creare solo zizzania in un qualunque possibile dialogo o processo di pace tra Israeliani e Palestinesi. E' come se noi della Associazione o una delle Altre Associazioni vicine ad Israele presenti qui a Cagliari, organizzassimo una conferenza dal titolo "Palestina , Lo stato che non esisterà mai" , o qualcosa del genere .
Inoltre , Diego Siragusa non è nuovo a posizioni Antisemite ed Antistoriche , dove si parla di Israele come di uno stato etnico e confessionale che sta praticando un Genocidio dei Palestinesi .
Siamo del parere , come Associazione Memoriale Sardo della Shoah , che parlare di un Genocidio dei Palestinesi mentre la Popolazione Palestinese in questi ultimi anni è addirittura raddoppiata , o presentare libri con titoli carichi di odio come questo di Hart fomenti solo odio Antisemita e carne al fuoco di organizzazioni Islamiste vicine al terrorismo Antisemita .Già a Sassari , la Cgil ha ritenuto opportuno ritirare il suo logo da una simile manifestazione non dando più la disponibilità degli spazi.
Le chiediamo, Sindaco Zedda , di fare Altrettanto su Cagliari , impedendo che la Mem-Mediateca del Mediterraneo , ospiti l'iniziativa prevista per Sabato Pomeriggio . Iniziativa per la quale tra l'altro , la responsabile della Mem ci ha scritto sostenendo l'assurda tesi secondo la quale a suo giudizio non si tratterebbe di una manifestazione Antisemita , con un argomentazione secondo la quale si dovrebbero a questo punto presentare i libri di tutti , compresi quelli magari dei terroristi Islamisti. La invitiamo , sindaco , a annullare la disponibilità della Mem per questa presentazione di un libro non certo amico della soluzione "due popoli e due stati"
Alessandro Matta , Associazione Memoriale Sardo della Shoah


In tutta questa congerie di fesserie non c’è una sola parola sui massacri di palestinesi, sulla loro espulsione, sulla distruzione delle loro case, sul furto continuo di terra, sulla loro disumanizzazione, sui complotti, sulle violazioni del diritto internazionale e sulle minacce che i sionisti si permettono di rivolgere a chiunque non si assoggetti ai loro voleri totalitari e fanatici. Nulla di nulla. La cecità totale, crudele, disumana, irredimibile che tanti ebrei onesti, vicini alla causa di questo popolo oppresso, hanno sempre denunciato con vigore morale.


Cinque eventi, cinque vittorie contro questa setta di stolti che da un secolo insanguina il Medioriente. Alan mi abbraccia e parte. Ci aspettano altre battaglie. Sto lavorando alla traduzione del secondo volume e lo presenteremo a dicembre alla Fiera del Libro di Roma. A presto, Alan!

Diego Siragusa


lunedì 18 aprile 2016

"Caro Diego"...... una lettera di un'amica sarda dopo gli attacchi dei sionisti








Caro Diego, ti voglio far sapere che, a seguito della censura intervenuta a Sassari il giorno 12, in occasione della presentazione del libro di Alan Hart, abbiamo preso l'iniziativa di inviare una nota di protesta al sindaco di Sassari (Nicola Sanna), al direttore del quotidiano La Nuova Sardegna e alla CGIL locale ( Anche se sicuramente non ci risponderà nessuno.) Sentiamo di dovervi chiedere scusa a nome della parte migliore della città di Sassari per l'indegna ospitalità che avete ricevuto....Questo è il testo della lettera :




" Gent. le Sig. Sindaco di Sassari Mi rivolgo a Lei per avere chiarimenti su un episodio abbastanza increscioso intervenuto nella città di cui è Primo Cittadino e per conoscere la Sua opinione in merito. Ella è certamente a conoscenza del fatto che il giorno 12 aprile alle ore 18,30 doveva tenersi nel salone del Centenario presso la CGIL in Largo Budapest un incontro dibattito in occasione della presentazione del libro “Il sionismo il vero nemico degli ebrei”, presenti l’autore Alan Hart e Diego Siragusa, scrittore, saggista, autore della prefazione e della traduzione. L’iniziativa era promossa dall’ARCI regionale, dalla Comunità Palestinese in Sardegna e dall’’Associazione Ponti non Muri. Le conclusioni erano affidate a Nabeel Khair della Comunità Palestinese in Sardegna. Partecipi dell’iniziativa Franco Uda, Coordinatore Nazionale di ARCI PACE E SOLIDARIETÀ E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE e Rosa Lavinia dell’associazione PONTI NON MURI. 




Quando ho letto la nota del consigliere regionale Marcello Orrù, che si è rivolto direttamente a Lei per far cancellare questo appuntamento, ho subito pensato che esso sarebbe stato fortemente ostacolato e annullato, come sta avvenendo ormai da tempo in varie parti d’Italia (e non solo) quando si affrontano temi scottanti come quelli che dovevano essere oggetto di esposizione e di discussione. Ho temuto, fondatamente, che la prestigiosa sala della CGIL ,dopo essere stata messa a disposizione, sarebbe stata negata, così come è poi avvenuto, ai presentatori e agli organizzatori di questo dibattito. L’incontro si è dovuto spostare in luogo improvvisato ed è stato raggiunto l’obiettivo censorio , come si erano prefissi il suddetto Marcello Orrù e chi lo ha spinto freneticamente a questo passo indecoroso. Certamente Orrù e compagni avranno brindato al successo, ma si tratta di una vittoria di Pirro. Mi sentirei di applicare a soggetti del genere una famosa frase dell’imperatore WEI- CHENG della dinastia TANG: “Ascolta le due parti e vedrai la luce, credi a una sola parte e resterai nelle tenebre”. Occorre constatare, purtroppo, che Orrù (e non solo lui) neanche sa di che parla, la sua lettera contiene una somma di menzogne che è facile smontare: 1) anzitutto, Alan Hurt, già corrispondente della BBC nelle zone di Guerra (Vietnam, in Israele durante i vari conflitti che l’hanno vista opposta ad arabi e palestinesi, Nigeria, Zambia, Sud Africa etc…) non è affatto un antisemita, ma il suo contrario: è documentata storicamente la sua stretta e personale amicizia con Golda Meir, già Primo Ministro di Israele, che affidava proprio a lui gli scoop che pubblicava primo fra tutti tra i corrispondenti internazionali. Alan Hurt ha avuto colloqui personali e diretti con i più influenti governanti al tempo in cui svolgeva la sua attività giornalistica: Golda Meir, Jimmy Carter, Re Hussein di Giordania, Arafat, il principe ereditario saudita etc…Quindi Alan Hurt è un personaggio storicamente rilevante a cui la nostra Città, compreso il suo Primo Cittadino, avrebbe dovuto dedicare un’accoglienza calda e degna anche della cortesia che Sassari ha sempre riservato a persone di tale rilevanza; 2) il consigliere regionale nostrano non ha nemmeno sfogliato il libro di Alan Hurt altrimenti non lo avrebbe accusato di essere un antisemita-complottista: l’opera laboriosa e puntigliosa di Alan Hurt mira, al contrario, proprio a proteggere Israele da future ondate di antisemitismo dimostrando, documenti alla mano, come si deve all’attuale entourage di Israele (nonché i predecessori che hanno adottato la stessa linea nel passato) la causa di questo pericoloso fenomeno di ritorno; 3) il Sig. Marcello Orrù accusa,inoltre, la “sinistra”, di cui Lei, Sig. Sindaco, faceva parte fino alla data della Sua elezione (il Sindaco, una volta eletto, si pone, giustamente, come super partes) di “non avere rispetto per Israele e per la sua dolorosa storia”. Ma in quale pianeta vive, questo signore? Accusa indegna nei confronti del sindacato più importante del nostro paese verso il quale rincara la dose affermando che la CGIL, per il tramite di qualche “benpensante nostro concittadino”, voglia “insultare Israele, la sua storia, il suo popolo”. Sarebbe semplicemente superfluo replicare a siffatte affermazioni scandalose se non fosse che dietro di essa si cela la sintesi del pensiero aggressivo e stupido di chi non vuole nemmeno discutere della questione israelo-palestinese e della sua soluzione. La sinistra ha sempre tenuto alta la difesa degli ebrei contro ogni forma di antisemitismo ma vuole anche raccontare con coraggio la drammatica situazione della popolazione palestinese nei territori occupati e assediati, vuole documentare con filmati, immagini e servizi autentici l’impunità che proprio l’attuale regime sionista assicura a tutti coloro (militari o coloni o religiosi estremisti) che fanno dell’arbitrio più totale la loro legge. 4) anche le accuse rivolte al prof. Diego Siragusa sono il frutto soltanto di pregiudizi e di pessima informazione; a chi ha letto i suoi scritti risulterà persona lontanissima dai conati antisemiti cui si assiste da tempo, anche lui cerca con vigore e pregio della verità (lo si verifichi in un confronto diretto con lui) di far conoscere ciò che i media dominanti concordemente oscurano, le ragioni di questo infinito conflitto israelo-palestinese che impediscono una soluzione di pace concreta non solo in quella zona della terra ma anche nel resto del mondo. Ad insultare la verità pare, invece, proprio il Sig.Orrù che avrebbe potuto presenziare alla discussione e muovere in quella sede le accuse confrontandosi democraticamente con una posizione opposta alla sua, nessuno gli avrebbe tolto la parola come, invece, lui pretende di toglierla a chi espone non opinioni ma fatti su cui ricostruire una verità condivisa invece che stracciarla e adattarla alla propria soggettiva e mendace visione della realtà. Mi sento di chiedere scusa, a nome di quella parte della città di Sassari positiva e democratica, ad Alan Hurt, a Diego Siragusa e a tutti gli organizzatori del Convegno. Poiché ho sempre difeso gli ebrei dall’antisemitismo e i palestinesi dall’oppressione e dall’apartheid, a conclusione di questo mio appello alla Sua conclamata onestà voglio far uso, riferendomi a persone come Orrù e simili, di una espressione di Dante Alighieri (Convivio - IV, XV, 16) per spiegare il mio pensiero al loro riguardo: :”costoro mai a dottrina non vengono, credendo da sé sufficientemente essere dottrinati, mai non domandano, mai non ascoltano o disiano essere domandati e, anzi, a la dimandagione compiuta, male rispondono”. 

Cordiali saluti....."

Angela Ginatempo

COMUNICATO STAMPA PER SEVERGNINI, PRIMA DELLA TRASMISIONE





Comunicato stampa
Quando l’erba dei vicini è quella di Israele
In  relazione all’annuncio che il paese ospite della trasmissione televisiva di Beppe Severgnini “L’Erba dei Vicini” giovedì prossimo sarà  Israele, La Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese ha postato stamane sul profilo facebook della trasmissione la seguente lettera indirizzata al conduttore:

Saremo in tanti e tante giovedì prossimo, dr. Severgnini, a seguire la sua trasmissione con interesse ed attenzione particolari, perché il vicino di turno sarà Israele. E’ ben evidente che  un conto è confrontarsi poniamo con Olanda o Francia, altro conto  è che il confronto sia con Israele.

Olanda e Francia, come del resto, nel suo piccolo, anche l’Italia, hanno un pesantissimo passato coloniale di cui possono rispondere ormai solo dinnanzi alla Storia; Israele invece  ha un pesantissimo presente coloniale del quale, se un giorno risponderà   alla Storia,   oggi deve/dovrebbe rispondere   alla Politica, ai Tribunali Internazionali ed alle opinioni pubbliche di tutto il mondo.

Nella trasmissione saranno ovviamente presentate le eccellenze di Israele.  E ne ha  senza dubbio: sul piano tecnologico, scientifico, artistico, economico, degli armamenti (!), dell’agricoltura, etc. Sarebbe assurdo non presentarle. Ma sarebbe altrettanto assurdo non presentare Israele anche come paese occupante, che mantiene la Cisgiordania sotto una ferrea occupazione, ha posto sotto assedio la Striscia di Gaza - dove un milione e ottocentomila persone manca  di tutto – ed ha costruito le proprie   eccellenze ed il proprio benessere anche  grazie a più di mezzo secolo di confische, espropri e accaparramento  di  risorse dei territori  che   occupa.

 Si parlerà probabilmente delle efficacissime misure di sicurezza che Israele può vantare e del suo diritto di difendersi, ma  si dovrebbe   parlare anche del diritto del Popolo Palestinese di difendersi e ribellarsi all’invasore e di pretendere di vivere in libertà e dignità, cosa che gli è negata. Altrimenti all’opinione pubblica si darebbe  di Israele  una visione non solo parziale, ma distorta ed il confronto sarebbe  falsato. Come  si falserebbe la realtà se si tacesse che all’interno di Israele, persino  tra gli alti gradi delle forze armate e nella diplomazia,  sono molti gli oppositori e i critici del governo per la politica nei confronti dei Palestinesi e che non solo in Israele si sta sviluppando un’opposizione ebraica al sionismo.

Confidiamo,dunque,  dr  Severgnini, che  saranno presentati  tutte e due i volti di Israele, quello di cui si vanta e quello che cerca di nascondere. Ci aspettiamo, per fare un esempio, che  a proposito del vanto israeliano di aver fatto fiorire il deserto non si taccia che la fioritura è dovuta all’acqua che l’impresa di Stato Mekorot   capta   dalle sorgenti palestinesi   e trasporta negli insediamenti israeliani,  sottraendola ai villaggi palestinesi ai quali ne vende  poca e  a prezzo  più alto che alle utenze israeliane.  Tutto ciò in conclamata violazione del diritto internazionale.

A proposito di violazioni del Diritto Internazionale tenga conto – e ne informi i telespettatori – che Israele ha collezionato ben 87 Risoluzioni di condanna da parte dell’Onu,  che anche  il Parlamento Europeo con la Risoluzione del 5 luglio 2012 ha ribadito che gli  insediamenti  dei coloni israeliani sono illegali, che il IV Comma dell’articolo 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale dichiara “crimini di guerra” le modalità con le quali Israele costruisce le colonie. E potremmo continuare a lungo.

Glielo chiediamo perché solo un­a opinione pubblica bene informata può influire efficacemente sulle istituzioni nazionali ed internazionali affinché si adoperino per far cessare l’occupazione israeliana che è condizione indispensabile per portare pace e giustizia nella  delicatissima area geografica del Medio Oriente.

Buona ed equilibrata trasmissione.

Per la Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese:
Anissa Manca -  Rete Radié Resh
Anna Farkas - US Citizens for Peace & Justice
Carla Razzano – Donne in Nero
Loretta Mussi – BDSRoma….
Marco Ramazzotti Stockel – Ebrei Contro l’Occupazione
Meri Calvelli  -  Centro di Scambi Culturali Italo Palestinese VIK - Gaza
Nino Lisi – Per Non dimenticare Gaza
Rossella Palaggi – AssoPace Palestina
Alessandra Capone, Flavia  Donati,  Franco Speranza,  Luisa Moruzzi,  Marco Di Renzo, Noemi Colombo, Paola Slaviero, Rossana Platone

Roma 12 aprile 2016.

domenica 10 aprile 2016

L'ULTIMA CAPRIOLA DELL'A.N.P.I. DI ROMA




(comunicato stampa)

Gentile direttore,

sono stato informato che ieri pomeriggio, durante il congresso provinciale dell’ANPI a Biella, alcuni iscritti e militanti della causa palestinese, hanno denunciato con una mozione la condotta dell’ANPI romana in occasione della mia presentazione del primo volume dell’opera di Alan Hart SIONISMO: IL VERO NEMICO DEGLI EBREI, di cui sono autore della traduzione e prefazione. L’ANPI di Roma, subendo la pressione dell’estrema destra ebraica, si era esibita in un’azione di censura che ha provocato la protesta di centinaia di iscritti e dirigenti (oltre 260) che hanno sottoscritto un documento di condanna e minacciato di restituire la tessera.  L’elenco dei sottoscrittori si trova nel mio blog e in quello del sito internet INVICTA PALESTINA.
Concludendo ieri i lavori dell’ANPI di Biella, un emissario romano, Andrea Liparoto, che risulta essere il responsabile nazionale della comunicazione dell’ANPI, ha osato affermare che quell’episodio “non è vero, è una falsità”. Affermazione gravissima che dimostra il livello di degenerazione dei vertici dell’ANPI ormai in combutta col partito degenerato di Matteo Renzi. Riepilogo i fatti.

La sezione ANPI di Roma “Don P. Pappagallo” organizza nella propria sede per il 7 Dicembre la presentazione del libro di Alan Hart “Sionismo, il vero nemico degli ebrei”. Trattasi del primo dei tre volumi che costituiscono l’opera completa di Hart sul tema. E’ prevista la mia partecipazione, come traduttore e autore della prefazione,  e di tre ebrei: Giorgio Gomel,del gruppo Martin Buber ed Ebrei per la pace;  Marco Ramazzotti Stockel, della rete ECO (Ebrei contro l’occupazione) e Nando Tagliacozzo. La Comunità ebraica accusa subito il libro di antisemitismo. Prima della iniziativa si ritirano Gomel e Tagliacozzo, che pure avevano dato la loro disponibilità, tanto da essere indicati nelle locandine (è lecito il sospetto di pressioni nei loro confronti, in assenza di loro giustificazioni). Conferma la presenza Ramazzotti Stockel.  Interviene, infine, il Presidente nazionale Smuraglia a sancire definitivamente la presa di posizione dell’ANPI.
A questo punto l’ANPI Provinciale di Roma, in accordo con la sezione Pappagallo, cancella l’iniziativa. La presentazione avviene lo stesso, grazie alla “Comunità Cristiana di base di S. Paolo fuori le mura” che mette a disposizione il proprio salone, presenti Siragusa e Ramazzotti. 
Un caso classico di censura. Telefonai io stesso al dirigente dell’ANPI di Roma, solerte servitore dell’estrema destra ebraica, per sapere se aveva letto il libro. Con un certo imbarazzo mi rispose che non l’aveva letto. Dopo le proteste della sezione “Don Pietro Pappagallo”, l’ANPI produsse un altro documento più conciliante che invitava al dialogo e alla comprensione e, in buona parte, smentiva l’accusa di antisemitismo. Tutto questo per il sig. Liparoto sarebbe “falsità”? Ieri sera ho telefonato al segretario della sezione romana dell’ANPI, organizzatrice della mia presentazione, e gli ho riferito l’affermazione aberrante di Liparoto col quale il segretario di sezione aveva avuto uno scambio polemico di lettere. Quindi l’ANPI nazionale ha mandato a Biella, la città in cui abito, il suo responsabile della comunicazione nel tentativo meschino di cancellare un fatto gravissimo di censura e di subordinazione all’estrema destra sionista? Tutto questo non sarebbe vero? La polemica privata col segretario della sezione romana sarebbe falsità, sig. Liparoto?
La verità è questa: l’ANPI di Roma si è resa responsabile di un atto di violazione della libertà di stampa e di parola ed ha violato l’art. 2 del proprio Statuto che prevede di mantenere “vincoli di fratellanza tra partigiani italiani e partigiani di altri paesi”, poiché i combattenti palestinesi sono partigiani come riconobbe ad Arafat il più grande Presidente della Repubblica italiana, Sandro Pertini:
«Furono i tedeschi ad inventare la parola “terroristi” per riferirsi ai partigiani! E voi siete dei “partigiani” che lottano per l’indipendenza del proprio paese. La posizione americana nei vostri confronti è contraria a tutti i loro principi».
Se l’ANPI ha scelto di stare dalla parte dell’oppressore contro i partigiani palestinesi, tanto peggio per l’ANPI.

Diego Siragusa



sabato 9 aprile 2016

Il mondo e Israele: complicità nei crimini sionisti e perché. Cosa mi disse Jimmy Carter

L'ex presidente degli USA Jimmy Carter e la moglie Rosalynn


di Alan Hart

Devo cominciare con un chiarimento. "Il mondo" del mio titolo è abitato solo dai nostri cosiddetti capi e dai loro governi, non dalle società civili delle nazioni. E la complicità dei nostri cosiddetti capi e dei loro governi nei crimini del sionismo è a mio avviso più per una impostazione predefinita, per paura di offendere il sionismo che un progetto. Ma ciò non rende la complicità meno reale a tutti gli effetti.
La paura che i capi occidentali e i loro consulenti di politica estera hanno di offendere il sionismo è più complessa di quanto anche alcuni dei critici più informati e percettivi delle politiche e degli atti di Israele sembrano valutare.
Sì, una parte del motivo per il rifiuto dei governi occidentali (quello di Washington in particolare) di utilizzare la loro leva per cercare di spingere Israele a porre fine alla sua sfida del diritto internazionale e al diniego della giustizia per i palestinesi è la paura di perdere i soldi e i voti per la campagna elettorale e la paura di essere sopraffatti da false accuse di antisemitismo.



Ma l'altro, e secondo me il motivo più importante, è la paura di ciò che il bambino mostro del sionismo, dotato di armi nucleari, potrebbe fare se fosse spinto più in là del limite che i suoi capi illusi non fossero disposti ad oltrepassare per il bene della pace basata su una quantità accettabile di giustizia per i palestinesi e di sicurezza per tutti.
Lo statista che mi avvisò di questa paura fu il presidente Jimmy Carter in una conversazione privata che mia moglie ed io avemmo con lui e Rosalynn dopo il mancato secondo mandato alla Casa Bianca. (Carter mi invitò a un incontro con lui per informarlo sulla mia esperienza, quando nel 1980 accettai la sfida di essere l’uomo di contatto in un dialogo segreto, esplorativo tra Arafat e Shimon Peres. All'epoca Peres era capo dell'opposizione in Israele e riteneva che avrebbe vinto successive elezioni in Israele e negato a Begin un secondo mandato diventando lui stesso primo ministro. Quando Carter mi invitò a un incontro con lui mi chiese di portare mia moglie perché, disse, lui e Rosalynn lavoravano come una squadra).
In questa conversazione, che ha il suo contesto in UN CONFLITTO SENZA FINE ?, il sottotitolo del Terzo Volume del mio libro Sionismo: Il vero nemico degli ebrei, riportai Carter indietro ai primi mesi del suo primo e unico mandato nel 1977 e alla sua reale volontà, quindi, di costruire e spingere in avanti un piano per una pace globale e duratura in Medio Oriente.
Ero consapevole del fatto che, quando il 20 maggio 1977 divenne chiaro che, contro ogni aspettativa, Menachem Begin (il leader terrorista di maggior successo dei tempi moderni) avrebbe vinto un secondo mandato come primo ministro di Israele, Carter, che aveva accolto privatamente la mia non ufficiale nomina a navetta diplomatica, era disperato. Capì che non aveva alcuna possibilità di superare l'inevitabile opposizione di un Israele guidato da Begin e dalla lobby sionista in America per il suo piano per una pace globale e, prima di tutto, la costruzione di un quadro di negoziati.
E questo fu il motivo per cui Carter incaricò Cyrus Vance, il suo nuovo e ammirevole segretario di Stato, a lavorare con l'Unione Sovietica sulla elaborazione di una dichiarazione congiunta USA-URSS dei Principi su cui una pace globale doveva basarsi. Carter si permise di credere, o forse solo di sperare, che i tirapiedi del sionismo nel Congresso, nel Senato in particolare, non avrebbero osato cercare di bloccare un'iniziativa congiunta delle superpotenze.
La dichiarazione congiunta USA-URSS dei Principi fu pubblicata il 1 ° ottobre 1977. Si trattò, sulla carta, della migliore iniziativa diplomatica tra  americani e sovietici. Era un progetto di massima per un soluzione globale di ciò che fu poi chiamato il conflitto arabo-israeliano che non solo conteneva tutti gli ingredienti necessari per la pace ma li presentava in un modo calcolato per evitare un rifiuto istintivo da ciascuna delle parti. L'OLP non era menzionato per nome - questo serviva per facilitare ad Israele l’accettazione della dichiarazione come un documento di discussione; e non c’era alcun riferimento alla risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - questo per facilitare l’OLP di Arafat a dare il suo sigillo di approvazione.
In sostanza, la dichiarazione congiunta USA-URSS richiedeva agli stati arabi e ai palestinesi di fare la pace con Israele, e quindi di riconoscerlo formalmente e legittimarlo alla fine del processo negoziale. Questo doveva essere in cambio di un ritiro israeliano "dai territori occupati nel conflitto del 1967." Oltre alla vera pace, a Israele doveva essere offerta una garanzia da entrambe le due superpotenze della sua esistenza; e gli israeliani erano tenuti a riconoscere "i diritti legittimi del popolo palestinese". L'implicazione ovvia era che dopo un ritiro israeliano, un mini-stato palestinese sarebbe stato creato in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.
L'idea era che "i rappresentanti di tutte le parti coinvolte tra cui i palestinesi", si sarebbe trovati a Ginevra per parlare delle loro proposte per porre fine al conflitto sulla base dei principi fissati nella Dichiarazione congiunta USA-URSS.
La proposta fu salutata dalla maggior parte dei mezzi di informazione in tutto il mondo occidentale (e non solo) come una vera e propria rivoluzione che offriva una reale speranza per una pace reale.



Cosa accadde? Gli stati arabi e l'OLP accolsero e accettarono la dichiarazione congiunta USA-URSS come una base per i negoziati per portare alla pace con Israele. Dato che l'OLP non era stata citata per nome, e siccome non c'era un impegno specifico per l'istituzione di un mini-stato palestinese, una minoranza di capi palestinesi (non la corrente principale) era scontenta e fece i soliti clamori del rifiuto, ma Arafat non ebbe difficoltà a ottenere il suo tradizionale appoggio (e di maggioranza) dei colleghi della dirigenza per accettare la dichiarazione come base per i negoziati con Israele.
Alcuni anni più tardi chiesi ad Arafat se avesse veramente creduto che gli americani e i sovietici avessero aperto la porta alla pace. E dissi a Carter esattamente quello che Arafat mi rispose.
CITAZIONE
Sì, sì, sì. Ero molto felice. Molto eccitato. Fu un momento storico. Per la prima ora le due superpotenze erano impegnate a fare qualcosa per noi palestinesi. Veramente he  ci sarebbe stata la pace con un po 'di giustizia per il mio popolo. Ero più ottimista che in qualsiasi momento nella mia vita.
CHIUSE VIRGOLETTE
Israele respinse la dichiarazione di USA-URSS.
Il Generale Moshe Dayan, il guercio signore della guerra di Israele ed ex ministro della Difesa, aveva cambiato casacca per diventare ministro degli Esteri nel governo di coalizione di Begin al suo secondo mandato, e lui, il Primo Ministro Begin, mandò Dayan a Washington a fare il bullo e ricattare il presidente Carter con l’intento di stracciare la Dichiarazione congiunta USA-URSS e sostituirla con un memorandum d'intesa congiunto USA-Israele, i cui termini Dayan più o meno dettò a Carter e Vance. (Dayan da lungo tempo era convinto che il compito di Israele non era quello di esplorare le prospettive per la pace ma di creare fatti di insediamento sul terreno. Secondo un rapporto pubblicato da TIME, Dayan era noto, poco prima della guerra del 1973, per questa affermazione. "Non c'è più la Palestina. È' finita!")
Il memorandum d’intesa congiunto USA-Israele , in effetti, era l'elenco delle condizioni di Israele per la sua partecipazione a una conferenza di Ginevra. La Palestina era tornata ad essere un "problema di rifugiati", in altre parole i palestinesi non avevano il diritto all'autodeterminazione; la 242 era all'ordine del giorno, il che significa che l'OLP non poteva essere coinvolta; e Israele avrebbe "discusso", non negoziato a proposito della Cisgiordania. Dayan annunciò anche che Israele avrebbe abbandonato qualsiasi conferenza di Ginevra se la questione di uno stato palestinese fosse stata portata sul tavolo. La domanda che volevo esplorare in profondità con Carter era il motivo per cui, in realtà, si era arreso a Dayan e al suo nuovo padrone politico, Menachem Begin.

La conversazione si svolse nell’equivalente Studio Ovale presso il Carter Center di Atlanta dove, in collaborazione con la Emory University, Jimmy e Rosalynn avevano istituito una fondazione non-profit che è stata orientata dal loro vero impegno per i diritti umani, per la lotta alla sofferenza umana, per la prevenzione e risoluzione dei conflitti e per fare avanzare le prospettive della libertà e della democrazia e migliorare la salute. Fin dall'inizio sapevo che stavo per avere una conversazione molto onesta con Carter e spiego il perché. Io e mia moglie fummo portati all’incontro coi Carter da uno dei loro supervisori della lobby sionista. Quando chiuse le porte alle spalle di noi cinque, era chiaramente inteso che si sarebbe seduto con noi e sarebbe stato in grado di riferire ai suoi padroni ciò che era stato detto. Jimmy alzò la mano sinistra in un gesto di arresto e disse al supervisore: "Ti prego, lasciaci. Io e Rosalynn vogliamo stare soli con Alan e Nicole".
Quando mi fui concentrato sul perché Carter si era arreso a Dayan e Begin e strappato la dichiarazione congiunta USA-URSS, dissi che in quel momento girava la voce che gli era stato detto che poteva dimenticare di essere rieletto per un secondo mandato, se avesse chiesto a Israele di fare ciò che i suoi capi avrebbero considerato mosse inaccettabili per la pace. Allora dissi a Carter che non mi aveva convinto l'idea che la minaccia di ritirare i fondi e i voti ebraici per la campagna sarebbe stata sufficiente per indurlo a fare marcia indietro. Egli si trovava, continuai, a meno di 10 mesi dopo il suo primo mandato, probabilmente era preso dalla tradizionale minaccia del ricatto sionista nella sua equazione, e conclusi che la pace che egli sicuramente poteva favorire, con l'assistenza sovietica, gli avrebbe fatto guadagnare il sostegno della maggior parte degli ebrei americani, permettendogli di mettere fuori gioco la lobby sionista.
Terminai il mio discorso dicendo con un sorriso: "Signor Presidente, se le fosse stato permesso di raggiungere la pace, la costituzione poteva essere modificato per consentire un terzo mandato!"
Carter sorrise e disse che la mia ipotesi, che una minaccia per negargli un secondo mandato non sarebbe stata sufficiente per eliminarlo dalla competizione, era essenzialmente corretta. Poi mi raccontò la sostanza della minaccia che Dayan effettivamente gli aveva rivolto. Se avesse spinto Israele troppo lontano, Begin avrebbe lasciato il guinzaglio dell'IDF (l'esercito israeliano) nella regione e avrebbe, tra le altre cose, invaso il Libano con due obiettivi: liquidare l'OLP e prendere possesso del territorio libanese a sud del fiume Litani.
Carter era, naturalmente, del tutto consapevole che una tale dimostrazione di arroganza del potere di Israele avrebbe destabilizzato la regione e avrebbe potuto anche rendere inaccessibile per sempre una pace globale.
Come mi disse Carter, questo fu lo svolazzo finale di Dayan.
CITAZIONE
Signor Presidente lei deve sapere che il mio primo ministro è pazzo. Potrebbe anche bombardare i pozzi di petrolio del Golfo.
CHIUSE VIRGOLETTE
Un'altra verità che Carter mi rivelò era che ogni presidente americano ha solo due finestre di opportunità per affrontare la lobby sionista: i primi nove mesi del suo primo mandato, perché dopo di ciò comincia la raccolta di fondi per le elezioni di medio termine; e l'ultimo anno del suo secondo mandato se lo ha avuto. (Nell'ultimo anno del suo secondo mandato il Presidente Obama si è lavato le mani del conflitto in e sulla Palestina che è diventata Israele e se ne è infischiato). La crescente paura che tutti i capi di stato occidentali (e anche gli altri) hanno di affrontare lo stato sionista (non ebraico) consiste nella loro conoscenza, che non potranno mai ammettere di avere, del fatto che Israele possiede armi nucleari. Sanno che i capi israeliani li hanno acquisiti non per difesa, ma per la necessità di avere una carta di ricatto nucleare, per consentire loro di dire a ogni presidente americano: "Non spingerci troppo lontano o useremo queste cose!"
Nel mio libro cito Dayan che me lo ammette in nodo evidente durante una conversazione che ebbi con lui nel 1969.
Quando aggiungo che il Primo Ministro Golda Meir mi disse in un'intervista per la BBC del programma “Panorama”,  che in una situazione di giorno del giudizio Israele sarebbe disposto "a inghiottire la regione e il mondo assieme ad esso"- penso che una sola conclusione sia consentita.
La complicità a priori dei capi occidentali (e di altri) coi crimini del sionismo non finisce mai perché Israele è, come è stato a lungo, un mostro dotato di armi nucleari al di là di ogni controllo.
Nota
Quanto sopra sarà il mio ultimo articolo per diversi mesi. Come stanno le cose e come sembrano andare non ci sarà nulla di nuovo da dire fino a quando Hillary Clinton non avrà vinto la corsa alla Casa Bianca.
Il mio ultimo articolo, prima di prendere una pausa, sarà il testo di una presentazione che tra breve farò in Italia a sostegno della pubblicazione della versione italiana del mio libro. (Come previsto la lobby sionista ha messo grandi sforzi per cercare di impedire la pubblicazione, ma le sue minacce sono state controproduttive). Il titolo del mio intervento italiano è La Palestina e il sionismo: Tutta la verità. Durante la mia pausa dal commentare gli eventi in Israele-Palestina, lavorerò su un libro che sto scrivendo sulle mie esperienze di apprendimento a livello mondiale e quello che mi hanno insegnato sul perché il nostro mondo è in un pasticcio così pericoloso e ciò che deve essere fatto se i nostri figli e nipoti devono avere un futuro degno di questo nome. Il titolo che ho assegnato al libro è I nostri figli non ci perdoneranno.


(TRADUZIONE DI DIEGO SIRAGUSA)