giovedì 29 dicembre 2016

IL CASO REGENI E LE BUGIE DI REPUBBLICA




 di  VINCENZO BRANDI

Consultando ieri (28 dicembre) il sito on-line di “Repubblica”, sono stato colpito da un titolo: “IL CAPO DEL SINDACATO EGIZIANO AMBULANTI AMMETTE: L’HO CONSEGNATO AGLI INTERNI”. Mi ha colpito il termine “CONSEGNATO” , che lascerebbe pensare, ad una prima lettura superficiale, che il capo del sindacato abbia operato in modo che Regeni fosse “catturato” dalla polizia o dai servizi di “intelligence” egiziani, che poi lo avrebbero torturato ed ucciso.
In realtà, se si va a leggere l’articolo, che riporta un intervista del segretario del sindacato Mohamed Abdallah all’Huffington Post – edizione  araba – si scopre che il segretario del sindacato , dopo aver rivendicato il fatto di aver denunciato Regeni alle autorità di polizia, ritenendolo una spia perché faceva troppe domande, conclude che: “ quando io l’ho segnalato ai servizi di sicurezza, facendo saltare la sua copertura, lo avranno ucciso le persone che lo hanno mandato qua”.
Il giornalista di Repubblica si meraviglia che Abdallah abbia dichiarato che gli sembrava “illogico”che uno studente di Cambridge andasse in giro a fare troppe domande ed, a proposito della conclusione del sindacalista secondo cui Regeni sarebbe stato ucciso dai suoi stessi mandanti, parla di “allusione oscura”.
In realtà l’allusione è tutt’altro che oscura. Anche in numerosi articoli scritti in Italia, che “Repubblica” e tutti i media che vanno per la maggiore hanno tentato di oscurare, si è chiarito che lo sfortunato giovane era certamente “seguito” da professori delle Università di Cambridge e di quella Americana del Cairo (istituzioni che peraltro si sono rifiutate di collaborare con gli investigatori egiziani ed italiani), ma che il vero datore di lavoro di Regeni era la società “Oxford Analytica”. Si tratta di una società di “informazione” (per non voler usare la parola più pesante di “spionaggio” per non offendere la famiglia del giovane) gestita da famigerati personaggi del mondo dell’intelligence, come l’americano John Negroponte, già organizzatore degli squadroni della morte in America Centrale, e tale McColl, già alto dirigente dei servizi segreti britannici.
Risulta che Regeni abbia anche offerto una somma consistente ad Abdallah (si parla di 10.000 dollari) perché divenisse anch’egli un informatore, con la scusa di uno “studio” sul sindacato.
Sulla base di queste notizie, in numerosi articoli comparsi in Italia su siti alternativi, era stata fatta da tempo l’ipotesi che lo sfortunato giovane, “bruciato” dalla denuncia del sindacalista, sia stato “sacrificato” dai suoi mandanti per mettere in difficoltà il governo laico egiziano proprio nel momento in cui stava sottoscrivendo con l’Italia un mega-contratto riguardante i grandi giacimenti di gas scoperti nelle acque egiziane ed altre importanti questioni economiche.
Ovviamente i servizi segreti di alcuni paesi occidentali concorrenti, ed ambienti vicini all’opposizione estremista islamica, che ha per fulcro la Fratellanza Musulmana,  sarebbero stati molto interessati a creare gravi difficoltà al Presidente Al-Sissi. Il governo egiziano aveva invece fatto sapere di aver posto sotto controllo il giovane italiano, ma di aver poi sospeso ogni ulteriore azione considerandolo un “pesce piccolo” ed un terminale secondario dell’informazione.
Insomma “repubblica”, con le sue allusioni, continua nella sua campagna tesa a favorire tutte quelle forze (governi nordamericani ed europei, monarchie reazionarie islamiche del Golfo Arabo) che cercano di destabilizzare gli stati laici indipendenti del Medio Oriente ed Africa Settentrionale (come la Libia, la Siria, l’Egitto). Si tratta di una vasta operazione imperialista e neo-colonialista condotta con l’aiuto di formazioni jihadiste estremiste, che ha già creato gravissimi danni in Libia e Siria, e che cerca di coinvolgere anche l’Egitto.
Roma 29.12-2016                     


martedì 27 dicembre 2016

La risoluzione delle Nazioni Unite è un soffio di speranza nel mare di tenebre e disperazione



di Gideon Levy 

26 dicembre 2016 


Ora è ancora più chiaro: Il mondo pensa che gli insediamenti sono un crimine. Tutti gli insediamenti e in tutto il mondo


Il 29 novembre 1947, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite votò per stabilire uno stato ebraico (al fianco di uno stato arabo) nella terra di Israele. Sessantanove anni più tardi, il 23 dicembre 2016, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha votato per cercare di salvarlo. La Risoluzione n. 2334 che è stata approvata venerdì è una raffica di buone notizie, un soffio di speranza nel mare di oscurità e di disperazione degli ultimi anni.

Proprio quando sembrava che tutto staesse andando in discesa - l'occupazione inarrestabile sempre più sostenuta dall’America, con l'Europa al galoppo verso destra – si è fatta avanti la risoluzione durante l’Hanukkah (1) che accende una fragile fiammella. Quando sembrava che i cattivi sarebbero rimasti vittoriosi, si sono fatti avanti la Nuova Zelanda e altri tre paesi e hanno dato al mondo un regalo di Natale.

Quindi, grazie alla Nuova Zelanda, al Venezuela e alla Malesia. È vero, l'albero di Natale che hanno fornito, con tutte le sue luci scintillanti, sarà presto rimosso; Donald Trump è già in attesa davanti al cancello. Ma l'impronta resterà. Fino ad allora, questa festa temporanea sarà una gioia, nonostante i previsti postumi della sbornia.

 Noi, naturalmente, dobbiamo chiedere al presidente americano Barack Obama con rabbia: Solo ora stai facendo qualcosa? E dobbiamo chiedere al mondo che è in uno stato di frustrazione: Con quali azioni? Ma è impossibile ignorare la decisione del Consiglio di Sicurezza che devreta che tutti gli insediamenti sono illegali per natura.

 Il primo ministro Benjamin Netanyahu può richiamare i suoi ambasciatori, mentre il suo braccio destro, il ministro Yuval Steinitz, può strillare che la risoluzione è "ingiusta". (Lui ha il senso dell'umorismo.) E il capo dell'opposizione Isaac Herzog può blaterare che "abbiamo bisogno di combattere la decisione con tutti i mezzi ". Ma non c'è una persona nel mondo con una coscienza che non si rallegrerà per la risoluzione.

Non dovrebbe esserci nemmeno un decente israeliano che cada nella propaganda che definisce la risoluzione "anti-israeliana", una definizione che i media israeliani si sono precipitati ad adottare - con il loro caratteristico servilismo, naturalmente.

Questa decisione ha riportato Israele al solido terreno della realtà. Tutti gli insediamenti, compresi quelli nei territori che sono stati annessi, compresa Gerusalemme Est, naturalmente, sono una violazione del diritto internazionale. In altre parole, sono un crimine. Nessun paese al mondo la pensa diversamente. Il mondo intero la pensa così – tutti i cosiddetti amici di Israele e tutti i suoi cosiddetti nemici - all'unanimità.

Molto probabilmente gli strumenti del lavaggio del cervello in Israele, insieme con i meccanismi di repressione e negazione, cercheranno di sabotare la decisione. Ma quando gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, la Cina e la Russia si uniscono in una dichiarazione così chiara, questo sarà un lavoro difficile.

 Quindi, si può dire "tutto il mondo è contro di noi." Si può urlare: “Antisemitismo!” Si può chiedere : "E la Siria?" Alla fine questa verità cristallino rimarrà.  Il mondo pensa che gli insediamenti sono un crimine. Tutti gli insediamenti e in tutto il mondo.

È vero, il mondo non alza un dito per far rimuovere gli insediamenti, ma, forse, un giorno questo accadrà. Ma sarà sempre troppo tardi, troppo tardi.

La Risoluzione 2334 distingue artificialmente tra Israele e gli insediamenti, nel senso che si rivolge agli insediamenti, non all'occupazione. Come se i colpevoli di Amona fossero i suoi coloni e non tutti gli israeliani. Questo inganno dimostra quanto il mondo continui a trattare Israele con clemenza, ed esita a prendere misure contro di essa, come ha fatto con la conquista da parte della Russia di Crimea, per esempio. (1)

Ma gli israeliani che non vivono in Amona, che non sono mai stato lì, che non hanno alcun reale interesse per il suo destino - sembra maggior parte degli israeliani - devono chiedersi: vale davvero la pena? Tutto questo per un paio di coloni che non conoscono e in realtà non vogliono conoscere?

La Risoluzione 2334 ha un  significato, soprattutto, per le orecchie israeliane, come una sveglia che fa in modo di svegliarti in tempo, come una sirena che ti dice di andare verso il rifugio antiaereo. È vero, la risoluzione non ha alcun valore concreto; vero, la nuova amministrazione degli Stati Uniti promette di cancellarlo.

Ma due domande non devono restare eluse: perché i palestinesi non meritano esattamente la stessa cosa che gli israeliani meritano, e fino a quando può un paese, con tutto il suo potere di lobbying,  di armi e di alta tecnologia, ignorare il mondo intero? In questo primo giorno, sia di Hanukkah che di Natale, possiamo rallegrarci, anche se solo per un attimo, nella dolce illusione che la risoluzione n. 2334 farà risvegliare queste domande in Israele.

Note:

(1) La festa ebraica delle luci che cade il 25 dicembre.
(2) Gideon Levy, qui, commette un imperdonabile errore. La Crimea faceva già parte della Russia. Il 19 febbraio 1954, il Soviet Supremo dell'Unione Sovietica decise il trasferimento della Crimea alla Repubblica Socialista Sovietica Ucraina. Nel 2014, la Crimea, dopo il colpo di stato nazista contro il legittimo presidente Janukovich, è stata de facto annessa alla Russia in seguito a un referendum svoltosi il 16 marzo, in cui, la quasi totalità dei votanti, ha votato per l'annessione alla Russia. I cittadini russofoni della Crimea votarono l'annessione dopo che il governo neonazista di Kiev, finanziato e appoggiato dalla NATO, decise la proibizione della lingua russa. (Le note sono del traduttore)

(Traduzione dall'inglese di Diego Siragusa)

L'OCCIDENTE, I TERRORISTI CHE LASCIANO IN GIRO I DOCUMENTI E LA DISINFORMAZIONE ORGANIZZATA





di Manlio Dinucci
 
27/12/2016


«Strage Berlino, perché il terrorista si è lasciato dietro i documenti?»: se lo chiede il Corriere della Sera, parlando di «stranezze». Per avere la risposta basta dare uno sguardo al recente passato, ma di questo non vi è più memoria. È stato riscritto dal «Ministero della Verità» che – immaginato da George Orwell nel suo romanzo di fantapolitica 1984, critico del «totalitarismo staliniano» – è divenuto realtà nelle «democrazie occidentali». 

Si è così cancellata la storia documentata degli ultimi anni. Quella della guerra Usa/Nato contro la Libia, decisa – provano le mail della Clinton – per bloccare il piano di Gheddafi di creare una moneta africana in alternativa al dollaro e al franco Cfa. Guerra iniziata con una operazione coperta autorizzata dal presidente Obama, finanziando e armando gruppi islamici prima classificati come terroristi, tra cui i nuclei del futuro Isis.  Poi riforniti di armi attraverso una rete Cia (documentata dal New York Times nel marzo 2013) quando, dopo aver contribuito a rovesciare Gheddafi, sono passati nel 2011 in Siria per rovesciare Assad e attaccare quindi l’Iraq (nel momento in cui il governo al-Maliki si allontanava dall’Occidente, avvicinandosi a Pechino e a Mosca). 

Cancellato il documento dell’Agenzia di intelligence del Pentagono (datato 12 agosto 2012, desecretato il 18 maggio 2015), in cui si afferma che «i paesi occidentali, gli stati del Golfo e la Turchia sostengono in Siria le forze che tentano di controllare le aree orientali» e, a tale scopo, c’è «la possibilità di stabilire un principato salafita nella Siria orientale». 

Cancellata la documentazione fotografica del senatore Usa John McCain che, in missione in Siria per conto della Casa Bianca, incontra nel maggio 2013 Ibrahim al-Badri, il  «califfo» a capo dell’Isis. 

Allo stesso tempo, ispirandosi alla «neolingua» orwelliana, viene adattato a seconda dei casi il linguaggio politico-mediatico: i terroristi, definiti tali solo quando servono a terrorizzare l’opinione pubblica occidentale perché appoggi la strategia Usa/Nato, vengono definiti «oppositori» o «ribelli» mentre fanno strage di civili in Siria. 

Usando la «neolingua» delle immagini, si nasconde per anni la drammatica condizione della popolazione di Aleppo, occupata dalle formazioni terroriste sostenute dall’Occidente, ma, quando le forze siriane sostenute dalla Russia cominciano a liberare la città, si mostra ogni giorno il «martirio di Aleppo». 

Si nasconde però la cattura da parte delle forze governative, il 16 dicembre, di un comando della «Coalizione per la Siria» – formato da 14 ufficiali di Stati uniti, Israele, Arabia Saudita, Qatar, Turchia, Giordania, Marocco  – che, da un bunker in Aleppo Est, coordinava i terroristi di Al Nusra e altri. 

Su questo sfondo si può rispondere alla domanda del Corriere della Sera: come già avvenuto nella strage di Charlie Hebdo e in altre, i terroristi dimenticano o lasciano volutamente un documento di identità per essere subito identificati e uccisi. 

A Berlino si sono verificate altre «stranezze»: perquisendo il camion subito dopo la strage, la polizia e i servizi segreti non si accorgono che sotto il sedile del guidatore c’è il documento del tunisino, con tanto di foto. Arrestano  quindi un pachistano, che rilasciano dopo un giorno per insufficienza di prove. A questo punto qualche agente particolarmente esperto va a guardare sotto il sedile del guidatore, dove scopre il documento di identità del terrorista. Intercettato per caso in piena notte e ucciso da una pattuglia presso la stazione di Sesto, a un chilometro da dove era partito il camion polacco usato per la strage. 

Tutto documentato dal «Ministero della Verità».
 
(il manifesto, 27 dicembre 2016) 

lunedì 26 dicembre 2016

Il libro dell’agente CIA che catturò e interrogò Hussein: “Meglio un Saddam invecchiato che avere l’Isis”


John Nixon, l’agente che per primo lo interrogò, racconta di un Rais ben diverso da quello che siamo abituati ad immaginare

“Non voglio dire che Saddam fosse innocente, era un dittatore sanguinario, ma col senno di poi, avere un Saddam invecchiato e senza potere, mi sembra migliore che aver perso 4000 vite di uomini e donne in divisa, e assistere alla nascita dello Stato Islamico dopo aver sperperato tre triliardi per costruire il nuovo Iraq”.

A pronunciare queste dure parole non è un malinconico nostalgico, ma l’agente CIA che scovò e interrogò per primo l’ex leader iracheno. Si chiama John Nixon, e il 29 dicembre, nelle librerie americane, uscirà il suo Debriefing The President: The Interrogation Of Saddam Hussein.

Alcuni estratti sono stati pubblicati in anteprima sul Mail On Sunday e tradotti in italiano da Dagospia. “Non si può negare che l’uomo avesse carisma. Era alto e robusto, Anche da prigioniero certo di essere giustiziato, manteneva un’aria di importanza”. Alle prime domande, che Nixon fece al Rais, lui rispose sferzante: “Perché non mi domandi della politica? Potresti imparare molto da me”.

Alla domanda sulla questione delle armi di distruzione di massa, fu sarcastico: “Avete trovato un traditore che vi ha dato Saddam Hussein. Non ne trovate uno che vi dica dove stanno le armi di distruzione di massa? L’Iraq non è una nazione di terroristi. Non avevamo alcuna relazione con Bin Laden, né armi di distruzioni di massa, e non eravamo una minaccia per i nostri vicini. Ma il Presidente Bush ha detto che volevamo attaccare e che le possedevamo. Non abbiamo nemmeno mai pensato di usarle, non ne abbiamo mai parlato. Usare armi nucleari contro il mondo? C’è qualcuno sano di mente che lo farebbe? Chi avrebbe usato queste armi, visto che nessuno le aveva usate contro di noi?”.

Anche sulla questione sull’11 settembre, la sua reazione fu forte: “Da che paesi provenivano? Arabia Saudita. Quel capobanda di Muhammad Atta era forse iracheno? No. Era egiziano. Allora perché pensate che io sia coinvolto con gli attacchi?”.

Molti illustri psichiatri, per anni, avevano studiato la sua mente, e affermato che la sua crudeltà derivasse da traumi infantili, dal patrigno che lo picchiava. Ma John Nixon racconta che, l’uomo che si trova davanti, è molto diverso da quello che aveva immaginato. Dopo che Saddam Hussein fu impiccato, nel 2007, l’agente Nixon fu convocato nello stanza ovale da George W. Bush. “Il Presidente guardò Dick Cheney e scherzò: Sicuro che Saddam non ti ha detto dove ha messo quelle fiale di antrace?. Tutti risero ma io lo ritenni inappropriato. L’America aveva perso oltre 4000 soldati sul campo”.

Mettere in dubbio che Israele sia una democrazia sarebbe antisemitismo




di Monica Macchi

16/12/2016


https://www.peridirittiumani.com/2016/12/16/anti-semitism-awareness-act/

La settimana del 12 dicembre il Senato degli Stati Uniti ha approvato l’Anti-Semitism Awareness Act, un disegno di legge bipartisan proposto dai senatori Bob Casey (democratico della Pennsylvania) e Tim Scott (repubblicano del South Carolina) supportato dall’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee), dall’Anti-Defamation League, dalle Federazioni ebraiche del Nord America e dal Centro Simon Wiesenthal.
Il disegno di legge, definito “di estrema urgenza” a causa dell’aumento degli attacchi anti-ebraici nei campus universitari, (secondo i dati FBI nel 2015, delle 1.402 vittime di crimini di odio su base religiosa il 52,1 % erano ebrei) si propone di “sradicare l’antisemitismo”… e per farlo utilizza la controversa definizione del Global Anti-Semitism Review Act del 2004 così come prodotta dal Centro europeo di monitoraggio sul razzismo e la xenofobia, ampliata in “chiave contemporanea”.
Vengono di conseguenza considerate forme di antisemitismo:

  • Richiedere, favorire o giustificare l’uccisione di ebrei
  • Danneggiare gli ebrei o le loro proprietà
  • Accusare gli ebrei in quanto popolo, o Israele in quanto Stato, di inventare o esagerare l’Olocausto
  • Negare al popolo ebraico il diritto all’autodeterminazione, e negare a Israele il diritto di esistere
  • Demonizzare Israele accusandolo per le tensioni inter-religiose o politiche e attribuendogli la completa o comunque la maggior parte delle responsabilità per le sofferenze dei Palestinesi
  • Giudicare Israele con un doppio standard pretendendo un comportamento non atteso o richiesto a qualsiasi altra nazione democratica
  • Mettere in discussione la convinzione che Israele sia una democrazia
  • Paragonare la politica israeliana contemporanea a quella nazista

Queste definizioni non solo sono mistificatorie in quanto da un lato fondono lo stato di Israele con l’ebraismo e dall’altro identificano il sionismo con l’ebraismo, ma fa parte di una strategia più ampia per limitare la libertà di parola e di critica: Jewish for Peace ha denunciato il tentativo della University of California di adottare una proposta per equiparare l’antisionismo con l’antisemitismo e quello della University of New York di bloccare i finanziamenti a qualsiasi organizzazione studentesca che “promuova, incoraggi, o permetta il boicottaggio inteso come espressioni di odio nei confronti di determinati Paesi”. Ed ecco il vero obiettivo: arrivare ad una legislazione anti-BDS, ad oggi già approvata in 13 stati USA. Non solo negli Stati Uniti ma anche in Canada dove lo scorso febbraio la Camera dei Comuni ha approvato una mozione di condanna per “tutte le organizzazioni, gruppi, e singoli individui che promuovono il movimento BDS in Canada e all’estero”, con 229 voti contro 51. E per meglio capire l’isteria assurda del clima ecco la frase sprezzante del deputato conservatore Gila Martow che considera il BDS come un movimento antisemita “appena velato”: “non sosterremmo mai il Ku Klux Klan nel nostro campus…e allora perché dobbiamo permettere al movimento BDS e ad altre organizzazioni antisemite e anti-israeliane di organizzare eventi settari e utilizzare il nostro campus, finanziato dai contribuenti?”.
JVP (Jewish Voice for Peace in 24 ore ha sommerso i senatori con oltre mille chiamate e 5mila email. Dopo che la legge era passata al Senato ci si è rivolti al parlamento, con una lettera aperta di studenti ebrei che ha raccolto oltre 300 firme ed oltre 70 professori di studi ebraici. La pressione ha avuto effetto. Alla sua presentazione alla Camera, la legge è stata accantonata.

Dal canto suo il primo ministro britannico Theresa May ad un incontro con l’associazione “Conservatori Amici di Israele” ha descritto Israele come “uno Stato che garantisce i diritti della gente di tutte le religioni, razza e genere.



E’ consentito ad un soldato israeliano lo stupro di donne non ebree?



David Sheen



The Electronic Intifada 9 Dicembre 2016



https://electronicintifada.net/content/israeli-leaderships-sex-crime-
“E’ consentito oggi ad un soldato israeliano lo stupro di donne 
non ebree durante un’azione di guerra oppure tali azioni sono 
vietate?”  A questa domanda che gli era stata posta, il rabbino 
Eyal Krim aveva così risposto: “Anche se solo fraternizzare 
con una donna non ebrea sia materia delicata, ciò era permesso 
in stato di guerra – la Torah permetteva all’individuo di soddisfare 
cattive brame”
Eyal Krim è diventato ora rabbino capo dell’esercito di Israele, 
anche se la nomina è stata subordinata a presentare le sue scuse 
per le sue dichiarazioni precedenti in termini di sesso.
Molti esponenti politici e religiosi israeliani hanno sostenuto 
Krim chiedendogli di non ritrattare le sue precedenti dichiarazioni. 
Centinaia di rabbini , che sono a ruolino paga dello Stato, hanno 
pubblicamente espresso il loro appoggio a Krim, compresi 150 
rabbini dell’esercito e il rabbino capo di Israele Yitzhak Yosef. 
Anche Even Tzohar, un gruppo di rabbini ortodossi che si 
dichiara liberal, sono scesi in favore di Krim, così come diversi 
ministri compreso quello della giustizia Ayelet Shaked ed il 
ministro per i servizi religiosi David Azoulay.
In Novembre Haaretz riportava che le lamentele per violenze 
sessuali da parte di militari sono raddoppiate tra il 2010 ed il 2015. 
Può stupire che  anche l’ufficiale dell’esercito che ha suonato 
l’allarme per l’aumento costante dei crimini sessuali , il capo delle 
risorse umane Major General Hagai Topolanski, è stato tra quelli 
che hanno approvato la nomina di Krim all’incarico.
Recentemente si è venuti a sapere del generale Ofek Buchris, 
accusato di 16 fatti sessuali, di cui tre di stupro. Costui avrebbe 
evitato la prigione ed avrebbe ottenuto l’intera pensione in quanto 
si era dimesso dall’esercito dopo tali fatti e prima che questi 
venissero riconosciuti come perseguibili.
In Agosto 2016 il sito Walla riportava di un uomo di 24 anni 
accusato di stupro e che risultava accusato di altri tentativi di 
stupro nel 2012. Nel 2012 però il giudice ritenne di non 
imprigionarlo ma solo di multarlo con $1.300, in modo che la 
sua fedina non fosse sporcata da un reato penale che avrebbe 
potuto impedirgli il richiamo alle armi.

domenica 25 dicembre 2016

ECCO CHI HA UCCISO IL CORO DELL'ARMATA RUSSA




di Marinella Correggia

25/12/2016


Il giorno di Natale un misterioso incidente aereo ha sterminato i membri del mitico coro dell'Armata rossa (adesso russa), quelli che eseguivano l'inno nazionale più epico del mondo; e vari giornalisti delle televisioni russe che li accompagnavano.

Siccome stavano andando a Latakia in Siria, per uno dei concerti il cui scopo era riportare un po' di serenità nella catastrofe, è lecito fin d'ora affermare che, qualunque sia la causa dell'incidente occorso all'aereo (attentato o improbabile guasto tecnico), i responsabili (im)morali sono già identificabili:

- quei governi Nato/Golfo
- quegli organi d'informazione Nato/Golfo
- quelle Ong internazionali
- quei sedicenti "attivisti rivoluzionari" siriani (e prima libici)
- quelle commissioni "d'inchiesta" dell'Onu

Tutti questi attori, in un incredibile circolo vizioso, hanno deformato a tal punto i fatti da provocare la tragedia della guerra in Siria - e prima quella in Libia. Sono virtualmente responsabili di tutti quei morti, di quelle distruzioni.

Responsabili anche, per peccato di ignavia, tutte le persone che, nei paesi Nato/Golfo, non si sono mosse per contrastare questo orrore. C'è di che sentirsi apolidi. 

venerdì 23 dicembre 2016

DA BERLINO A SESTO SAN GIOVANNI: LA VERSIONE UFFICIALE NON CONVINCE


di Piotr

23/12/2016

A Sesto San Giovanni, a Milano, la polizia ha ucciso l'ormai famoso tunisino ricercato per la strage di Berlino.

Sono dei tragici e criminali buffoni e bisogna urlarlo ai quattro venti. 

Come sapevano che era proprio questo tizio alla guida del camion? Semplice. Come al solito, hanno trovato - toh guarda - un suo documento nella cabina del camion, sotto il sedile. Come mai allora l'efficientissima polizia tedesca aveva arrestato un pakistano che non c'entrava nulla? Ci hanno messo veramente un giorno a trovare un documento sotto il sedile dell'arma del crimine? Ma va là.
La sequenza è sempre la stessa:

1) Attentato "imprevisto".
2) Ritrovamento dei documenti degli attentatori sul luogo del crimine (e non sono "firme" come qualche depistatore scrive, perché se volessero firmare aspetterebbero sul posto il "martirio" e invece fuggono).
3) Dichiarazione che l'attentatore o gli attentatori in questione erano già sospettati e a volte sotto sorveglianza (però l'attentato lo riescono a fare lo stesso, come mai?).
4) Caccia all'uomo.
5) Conflitto a fuoco e uccisione del sospetto. Nessuno è mai catturato per essere interrogato. Nemmeno Osama bin Laden.
Variante possibile: gli attentatori muoiono durante l'attentato. Ma tutti gli attentati hanno seguito questo schema.
Esempi:

a) Torri Gemelle. In quel caso il documento è stato trovato sul marciapiedi prima ancora che le torri collassassero (ci prendono per scemi). Insospettite, le associazioni delle vittime dell'11 settembre hanno chiesto all'FBI di vedere questo documento. Non ci crederete, ma gli hanno risposto che "non lo trovavano più". Una prova fondamentale del più grande crimine commesso sul suolo americano, persa. Dall'FBI. Senza pudore!
b) Pentagono. Non si sono trovati nemmeno i mastodontici motori del presunto aereo, ma il documento di un attentatore dentro l'ala devastata dove nemmeno una delle colonne di cemento armato ha resistito, sì (qui proprio ci prendono per idioti).
c) Strage del Charlie-Hebdo. Qui addirittura c'era un operatore israeliano che per caso era lì e ha filmato l'attacco. Lo stesso operatore per caso era anche a Nizza a filmare la strage.
d) Strage del Bataclan.
e) Strage di Nizza.
f) E adesso la strage di Berlino.
Il copione è sempre lo stesso. Qualcuno sta usando sempre lo stesso canovaccio.
Non chiedetemi chi. Come diceva Pasolini: Io so i nomi dei responsabili. Ma non ho le prove. 
E quindi lascio che ognuno ragioni con la propria testa. Arriverà a conclusioni magari diverse dalle mie. L'importante è che si emancipi dalla narrazione ufficiale. Non sta in piedi ed è diventata mortalmente noiosa. Già, perché gli innocenti continuano ad essere ammazzati, per la gloria di poche élite.

L'AVVENTURISMO ISRAELIANO NON CONOSCE TREGUA





L’aviazione di Tel Aviv centra un deposito del movimento libanese, ma all’interno le critiche montano: l’opinione pubblica pro-governativa teme che le azioni di Netanyahu possano portare ad un’escalation bellica con le milizie sciite, sempre più organizzate e ora sostenute dalla Russia
di Stefano Mauro
Roma, 16 dicembre 2016, Nena News


 – A pochi giorni dal bombardamento israeliano sulla città di Mazzeh in Siria, alla periferia di Damasco, il primo ministro israeliano Netanyahu ha prontamente dichiarato che “le forze aeree di Tel Aviv agiscono in pieno accordo con quelle russe in territorio siriano”.
Secondo alcuni media arabi, il bombardamento in Siria, attraverso lo spazio aereo libanese, ha avuto come obiettivo un deposito di armi di Hezbollah ed è stato un’“azione preventiva contro il riarmo delle milizie sciite”. Sarebbe meglio considerarlo, secondo altri analisti, come un segnale di sostegno alle milizie jihadiste “ribelli”, in un momento particolarmente difficile come la definitiva resa di Aleppo, ottenuta grazie al consistente aiuto logistico e militare del movimento sciita.
Hezbollah ha prontamente smentito le voci di un accordo che riguarderebbe un suo impegno nel non  rispondere a nessuna provocazione israeliana in territorio siriano. “Le informazioni diffuse da diversi organi di stampa, riprese dai media israeliani, su un eventuale accordo tra Hezbollah e la Russia sono totalmente false”, come riporta il comunicato stampa della resistenza libanese.
Altre fonti vicine al movimento sciita indicano, invece, che “tutto potrebbe cambiare in poco tempo” ed Hezbollah “si riserva di rispondere alle provocazioni israeliane nella maniera più adeguata”. Le stesse fonti parlano dell’abbattimento di un caccia di Tel Aviv e di alcuni droni, avvenuto qualche mese fa, e della capacità delle truppe sciite di poter utilizzare le batterie antiaeree russedi missili S-300 ed S-400 dislocate in territorio siriano. Le dichiarazioni di Netanyahu sul canale CBS news circa “un reale coordinamento tra russi ed israeliani per evitare qualsiasi tipo di incidente militare in territorio siriano” sembra un tentativo di indebolire il fronte che sostiene il regime di Bashar Al Assad: Russia, Iran ed Hezbollah.
Alcuni media libanesi riportano di recenti e numerosi incontri a livello ufficiale, per la prima volta, tra esponenti di Hezbollah e militari russi: questo a confermare ormai un coordinamento attivo e relazioni dirette tra le milizie sciite ed il Cremlino. Il quotidiano libanese Al Akhbar ha riportato anche quanto Mosca abbia “apprezzato e stimato l’apporto militare, logistico e la preparazione delle milizie di Hezbollah, fondamentali per la conquista definitiva di Aleppo”.
Altra provocazione da parte di Tel Aviv è stata la pubblicazione da parte delle forze di occupazione israeliane di una cartina che indicava gli “obiettivi militari di Hezbollah in Libano”. Si tratterebbe di oltre 10mila target sensibili tra infrastrutture, tunnel, postazioni missilistiche e depositi di armi, che, paradossalmente, si troverebbero in ogni villaggio del Libano meridionale e della valle della Bekaa. La pubblicazione, smentita immediatamente da numerosi dirigenti militari israeliani perché “molto sommaria e approssimativa”, avrebbe avuto lo scopo di “scoraggiare un qualsiasi intervento o risposta militare sciita alle recenti provocazioni di Tel Aviv in territorio siriano” come affermato da alcuni quotidiani israeliani.
Le intenzioni israeliane circa un effetto “deterrente” contro Hezbollah sono state confermate dal ministro della Difesa, l’ultranazionalista Avigdor Lieberman, come “il tentativo, con ogni mezzo, da parte di Israele di impedire che Hezbollah possa potenziare il proprio arsenale militare” .
I risultati, però, sono stati diametralmente opposti. Alla risoluta reazione da parte di Hezbollah, circa una sua possibile “risposta militare adeguata” contro altre future violazioni dello spazio aereo libanese, si è aggiunta la replica siriana. Il rappresentante di Damasco all’ONU, Bashar Jaafari, ha dichiarato senza mezzi termini che “nessuno critichi la Siria quando risponderà a queste provocazioni, visto che Israele ha lanciato missili sulla città di Mazzeh a Damasco”.
Gli stessi media israeliani hanno contrastato simili iniziative da parte del governo di Netanyahu per “evitare possibili conflitti contro la Siria e contro Hezbollah”. Le perplessità dell’opinione pubblica sionista sono motivate dal fatto che le milizie sciite sono ormai considerate, grazie anche all’esperienza militare nell’arena siriana ed all’equipaggiamento russo, una  vera e propria “potenza militare nella regione” ed un eventuale conflitto avrebbe “esiti incerti”. Significativo è l’editoriale  di domenica del quotidiano israeliano Maariv che sottolinea come “gli attacchi contro gli armamenti (di Hezbollah) in Siria fanno parte di una politica di confronto permanente senza alcun orizzonte politico. Questa politica non diminuisce il pericolo al nord (confine con il Libano, ndr), ma ci avvicina sempre  più alla prossima guerra”. Nena News

giovedì 22 dicembre 2016

LA VERITA’ SULLA SIRIA DA’ FASTIDIO: UN’INTERVISTA AD EVA BARTLETT.



di Vincenzo Brandi

 22/12/2016

La denuncia della giornalista canadese Eva Bartlett in una conferenza stampa nella sede dell’ONU, sul fatto che tutta la grande stampa internazionale fornisce una falsa narrazione del tragico conflitto in corso in Siria, ha destato non poco fastidio presso tutte quelle forze che hanno deciso a tavolino da tempo che è necessario un cambio di regime violento in quel martoriato, paese, anche a costo di metterlo a ferro e fuoco e di distruggerlo.

Ad esempio, in un articolo che attacca frontalmente la giornalista, accusata di essere al servizio del governo siriano, comparso sul sito fanpage.it, si ribadisce l’ormai stantia favoletta secondo la quale all’inizio la rivolta siriana sarebbe stata pacifica e solo successivamente sarebbe diventata violenta a causa della repressione del regime.

In realtà già nel 2006 il comandante della NATO, gen. Wesley Clark, dichiarava pubblicamente che alcuni paesi, considerati ostili perché autonomi rispetto ai piani statunitensi di dominazione mondiale, erano da distruggere. Tra questi ovviamente erano citati la Libia, il Sudan, la Siria, e altri. Per i primi due la missione è già compiuta, ma l’ostinata resistenza della Siria, ed il fatto che in suo aiuto siano corse la Russia e l’Iran, desta la rabbia e fa aumentare il nervosismo degli attaccanti.

Ricordiamo che già nei primi giorni di manifestazione a Deraa nel 2011 comparvero “misteriosi” cecchini, che sparavano sia sulla polizia e sull’esercito che sulla folla (stessa tecnica usata per il colpo di stato di Piazza Maidan). Con tutta evidenza le squadre armate provenivano dall’attigua Giordania dove erano pronte da tempo. Subito dopo altre squadre armate provenienti dalla Turchia invadevano la provincia settentrionale di Idlib dando l’assalto alle caserme. La favola dell’Esercito Libero Siriano formato da fantomatici “disertori”, ed apparso subito potentemente armato e organizzato, è servita a coprire l’invasione dall’esterno cui partecipavano mercenari e jihadisti che in gran parte non erano nemmeno siriani.

Molto istruttiva a questo proposito la vicenda di Aleppo, che era la città più grande, ricca ed industrializzata della Siria, dove non vi era stata alcuna manifestazione antigovernativa. Nell’estate del 2012 alcuni quartieri della città furono presi d’assalto da bande terroriste provenienti dalla vicina Turchia, formate in gran parte da Turchi, Ceceni, Turcomanni, Uiguri, Libici, Tunisini, Sauditi, ecc.

Furono tagliate l’acqua e l’elettricità ai quartieri rimasti sotto il controllo del governo, che furono anche bombardati a casaccio in continuazione con i mortai e con quei cannoni improvvisati detti “cannoni dell’inferno” che lanciano bombole di gas caricate con chiodi e frammenti metallici. Oggi finalmente Aleppo è stata liberata da quest’incubo con un’azione insistentemente richiesta dagli stessi cittadini (vedi le testimonianze dei vescovi cristiani della città come Tabji e Abu Khazen, o del Dott, Antaki, tutte facilmente consultabili in rete). I terroristi ed i loro sostenitori ora giocano a fare le vittime e la Russia, rea di aver spalleggiato l’esercito nazionale, viene punita con l’assassinio del suo ambasciatore ad Ankara. Questa vile azione terroristica ha anche lo scopo di far fallire il dialogo che si aperto tra Russia, Iran e Turchia, ora che quest’ultimo paese – già massimo sponsor dei terroristi – ora che le cose si mettono male, avrebbe deciso di addivenire ad un compromesso che possa porre fine al conflitto.

Ma per screditare la Bartlett nell’articolo di fanpage.it si ricorda che la giornalista avrebbe citato come organizzazioni presenti in Siria solo i Caschi Bianchi e l’Osservatorio per i Diritti Umani in Siria (SOHR), e non ad esempio Save the Children, Medici senza Frontiere (MSF), l’UNICEF e l’Alto Commissariato dell’ONU, la Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa. Vale la pena di dire qualche parola su ciascuna di queste organizzazioni.

Le prime quattro fanno parte di quel vasto gruppo di ONG, ampiamente finanziate da governi e fondazioni occidentali col compito di infangare e destabilizzare i propri nemici ed i paesi da abbattere. I Caschi Bianchi, fondati dall’ex militare britannico James Le Mesurier, hanno agito solo e sempre nelle zone controllate dai “ribelli”, e a sostegno dei jihadisti.

Vari filmati li mostrano girare armati tra miliziani “ribelli” e persino assistere ad “esecuzioni” di lealisti al governo, di cui aiutano a portare via i corpi.

Il SOHR, gestito dal siriano Rami Abdel Rahman (alias Ossama Suleiman) dal suo comodo ufficio di Coventry, è notoriamente legato ai servizi segreti britannici. Della sua fantomatica rete di informatori che sarebbe presente in Siria, ovviamente non si sa nulla, né che attendibilità abbia; ma tutti gli organi d’informazione occidentali lo considerano come una specie di oracolo.

Di quello che farebbe Save the Children in Siria non si sa praticamente nulla; ma per inquadrare questa organizzazione basterà ricordare che tra i suoi massimi sponsor c’è il famigerato Tony Blair, che con le sue bugie, insieme al complice Bush, causò la morte di almeno mezzo milione di bambini in Iraq. Che coerenza!

Per quanto concerne MSF, bisogna innanzitutto ricordare il nome del suo principale ex- dirigente, il medico francese Kourchner, poi divenuto Ministro degli Esteri sotto Sarkozy, e fanatico sostenitore delle guerre alla Jugoslavia ed alla Libia. MSF si distinse per aver accusato nel 2013 il governo di Damasco di aver lanciato gas tossici; ma la sezione italiana, interrogata ufficialmente dalla Rete No War (di cui chi scrive fa parte) di dare i nomi dei testimoni ed illustrare le circostanze dei fatti dichiarati, fu costretta a presentare un’imbarazzata mezza smentita, per poi sottrarsi del tutto ad altre domande. Successivamente MSF (che sostiene di “supportare” 150 ospedali presenti solo ed esclusivamente nelle zone “ribelli”) ha denunciato continui bombardamenti su questi ospedali, ma senza mai nemmeno dare le coordinate delle installazioni o i nomi dei testimoni.

Per quanto riguarda l’affidabilità delle agenzie dell’ONU si ricorderà – a proposito dei loro rapporti riguardo a presunti crimini contro l’umanità – che la commissione per i Diritti Umani, da cui partono in genere queste denunce, è presieduta dal rappresentante dell’Arabia Saudita, uno dei maggiori sponsor del terrorismo in Siria, e non solo. Si tratta del paese più fascista e criminale del mondo, legato ad un’ideologia medioevale particolarmente arretrata e feroce (il Wahabismo”) dove, a differenza della Siria dove le donne sono pienamente emancipate, una donna non può uscire da sola, non può guidare una macchina, e dove si può essere condannati a morte per “stregoneria” o “apostasia” (se si abbandona l’islamismo). Lo stesso per quanto riguarda i rapporti della Mezzaluna Rossa, i cui dirigenti sono spesso rappresentanti di stati ricchi e influenti come Arabia Saudita e Qatar, o la Croce Rossa, se capitano dirigenti dell’UK o della Francia, paesi che hanno deciso la distruzione della Siria.

E meno male che fanpage.it non cita Amnesty International, ONG autrice di una delle più oscene montature della storia, quella delle migliaia di torturati e uccisi nelle carceri siriane che sarebbero stati fotografati da un fantomatico “agente Caesar”. Di questo agente non si sa il nome, né si conoscono i nomi degli uccisi, né se ne vedono le facce. Perché questo anonimato, visto che la polizia siriana dovrebbe già conoscere tutti benissimo, compreso il “suo” agente? Forse perché si tratta di immagini di repertorio di iracheni uccisi dagli Americani ad Abu Graib, o Afghani uccisi a Bagram, o Palestinesi massacrati a Gaza dagli Israeliani?

Infine si ricorda nell’articolo che le elezioni presidenziali del 2014, in cui Bashar al-Assad vinse con l’88% dei voti, furono contestate dalla Lega Araba. Ma di quale Lega si parla? Quella dominata dai reucci ed emiri del Golfo arricchitisi col petrolio e sponsor del terrorismo? Assad ebbe un fiume di voti anche tra i Siriani emigrati all’estero, là dove i governi non impedirono il voto, come in Italia, e oggi tutti i paesi arabi rimasti laici e salvatisi dall’ondata jihadista, come l’Algeria, il Libano, l’Egitto, l’Iraq, sostengono esplicitamente il governo siriano. La vittoria dell’esercito siriano ad  Aleppo ed i segnali di cambiamento della politica turca forse potranno portare ad un armistizio ed a nuove elezioni politiche e presidenziali, senza condizionamenti esterni. Allora potrà vedersi come il popolo sovrano siriano intenda determinare il suo destino.


Intanto anche in Occidente comincia a farsi strada una narrazione più veritiera, anche grazie alle semplici ma efficaci parole di Eva Bartlett.

mercoledì 21 dicembre 2016

SIRIA: CONFERMATA LA PRESENZA AD ALEPPO DI AGENTI OCCIDENTALI A SOSTEGNO DEI TERRORISTI


di Stefano Mauro


21 dicembre 2016



Roma, 21 dicembre 2016, Nena News - Dopo aver fornito i nomi di alcuni di questi agenti, (Moetaz Ogaklan Uglu, turco; David Sott Wener, americano, David Shlomo Aram, israelieno; Mohammad Sheikh al-Islam al-Tamimi, qatariota; Mohammad Ahmad al-Sebiane, saudita; Abdel Menhem Fahd al-Hrei, saudita; Ahmad Ben Nawfal al-Dreij, saudita; Mohammad Hassan al-Sbaï, saudita; Qassem Saad al-Sumeiri, saudita; Ayman Qassel al-Thaalbi, saudita; Ahmad al-Tiraoui, giordano; e Mohammad al-Chafii al-Idrisse, marocchino), il diplomatico siriano ha dichiarato che “questi sono gli agenti che hanno fornito le loro generalità” ma molti altri stanno tentando di lasciare Aleppo in questi giorni, cercando di mescolarsi con i civili o con i “ribelli”.

Nella seduta all’Onu relativa all’invio di ulteriori osservatori, Jaafari ha ribadito che “è proprio per questo motivo che abbiamo visto un certo isterismo nel Consiglio di Sicurezza, visto che le nazioni occidentali, che hanno proposto numerose tregue, miravano a salvare i loro agenti sul campo con l’invio di osservatori”.

La notizia è stata diffusa nei giorni precedenti da numerosi siti mediorientali (Al Manar, Press TV) e occidentali (Global Research, Voltaire.net). Il fermo di diverse “spie”, però, conferma le accuse rivolte dal Cremlino e da Damasco circa un reale e concreto supporto logistico dei paesi della coalizione e sostenitori dei “ribelli moderati” legati al Fronte Jabhat Fatah al Sham (ex Al Nusra o Al Qaida).

Il giornalista siriano Said Hilal Alcharifi ha riportato sull’agenzia stampa siriana Sana la notizia della cattura di numerosi agenti “occidentali e NATO” con la seguente dichiarazione: “Grazie ad informazioni  di intelligence, le truppe siriane hanno trovato il quartier generale degli agenti occidentali/Nato presenti ad Aleppo Est e li hanno catturati…alcuni nomi di questi agenti sono già stati forniti ai giornalisti”.

Secondo alcuni analisti vista la nazionalità degli agenti (americani, inglesi, francesi, tedeschi, sauditi, turchi, qatarioti e israeliani) ed il loro ruolo, le autorità siriane possiedono un “tesoro” utile per i futuri accordi con quei paesi che hanno sostenuto per anni la sua disintegrazione.

Sono stati numerosi, soprattutto in questi ultimi mesi, gli articoli e le indiscrezioni di quotidiani come l’inglese The Telegrapho gli americani LA Timese New York Times che hanno riportato azioni delle forze speciali inglesi o della CIA per la fornitura di armi o per l’addestramento sul campo delle forze “ribelli” comprese quelle di Al Nusra. Articoli confermati da un recente accordo ufficiale tra le autorità di Damasco e quelle di Ankara per la liberazione di militari turchi, catturati nell’area di Aleppo.

Riguardo la sospensione del ritiro degli ultimi ribelli, Jaafari ha dichiarato che oltre 8mila miliziani hanno abbandonato i quartieri di Aleppo est: la maggioranza dei quali verso Idlib, roccaforte di Al Nusra, e alcune milizie verso Raqqa, capitale di Daesh.

Secondo il diplomatico siriano la sospensione dell’evacuazione è stata “legata al tentativo di alcuni gruppi ribelli di fuoriuscire con armi pesanti e missili,” vietati dall’accordo. Numerosi miliziani si sono arresi ai militari siriani, grazie anche alle dichiarazioni circa una nuova amnistia promessa da Assad. “Tutti fatti e persone documentati e fotografati”, come riportato dalle autorità siriane e russe, “per evitare false accuse”come le esecuzioni di massa riportate da alcuni media statunitensi e prontamente smentiti da Mosca, supportata anche “dalla presenza di numerosi osservatori Onu e della  Mezzaluna rossa nelle aree di raccolta, identificazione e uscita ”.

Infine è ripresa anche l’evacuazione dei villaggi sciiti di Kfraya e Fouaa, assediati dalle milizie jihadiste di Al Nusra, dopo che alcuni miliziani qaidisti avevano bruciato numerosi autobus verdi come segno di sfida  e  disaccordo nei confronti del regime siriano. Per Jaafari la liberazione definitiva di Aleppo e l’abbandono delle milizie jihadiste ribelli durerà ancora pochi giorni. 

Nena News


Israele confisca un rimorchio adibito a clinica per i palestinesi della Cisgiordania


di Amira Hass

21/12/2016

Le autorità affermano che la struttura non aveva un permesso mentre la gente del luogo  teme che saranno rimosse altre due cliniche simili.


L’Amministrazione Civile israeliana ha confiscato la scorsa settimana un rimorchio che i palestinesi avevano iniziato a utilizzare come una clinica a Al-Markaz, un piccolo villaggio all’interno di Masafer Yatta, una città che, a sua volta, si trova all’interno di un settore di tiro militare a sud della Cisgiordania chiamato Firing Zone 918.

I residenti e il capo del consiglio del villaggio temono che l’Amministrazione Civile confischerà altri due rimorchi che sono entrati in funzione come cliniche in due villaggi adiacenti, Safai e Majaz. I tre rimorchi si trovano tra i 12 piccoli villaggi che esistevano prima del 1967 nella zona, che Israele ha designato Firing Zone 918. Si chiede inoltre che oltre 1.000 residenti in otto dei villaggi siano sfrattati in modo permanente. Lo stato vieta loro il collegamento alla rete idrica o alla rete elettrica, nonché a qualsiasi costruzione, comprese le strutture per i bisogni pubblici, come le cliniche o le scuole. L’ufficio del portavoce del coordinatore delle attività del governo nei Territori ha commentato: “La confisca delle case mobili è stata fatta perché sono stati messe in funzione senza l’autorizzazione da parte delle autorità del Firing Zone 918, dove ogni presenza è un pericolo per il pubblico.”

L’assistenza medica, sotto la responsabilità dell’Autorità palestinese, era stata precedentemente prevista in tende in cinque comunità. Secondo le statistiche del ministero della Sanità palestinese, circa 400 persone, tra le quali 90 con patologie croniche, visitano le tende ogni mese – insieme a 120 bambini, che vengono per lo più per le vaccinazioni. All’inizio dell’anno, un gruppo più grande di operatori ha iniziato a lavorare lì cinque giorni alla settimana. Senza strade di accesso decenti, l’equipe medica arriva in un veicolo a quattro ruote motrici. Le condizioni meteorologiche rendono difficile il trattamento dei pazienti nelle tende; nella vicina Jenbah, hanno smesso di usare la tenda due mesi fa. Inoltre, i pazienti si sono lamentati per la mancanza di riservatezza. Così, tre rimorchi muniti di un bagno e di un serbatoio di acqua ciascuno, sono stati portati circa 10 giorni fa a Al-Markaz, Safai e Majaz. Il rimorchio di Al-Markaz è stato confiscato tre giorni dopo il suo arrivo.

Il Ministero della Sanità palestinese ha iniziato fornito assistenza nella tenda solo nel 2013. Prima di allora, Al-Karmel, che si trova a circa 15-20 chilometri dalle tre comunità, è stato il paese più vicino con un centro medico. In mancanza di strade di accesso adeguati e mezzi di trasporto pubblico, i pazienti che necessitano di cure urgenti sono stati portati lì sui trattori. Alcuni sono morti prima di arrivare al luogo di assistenza. Altri hanno rinunciato a causa del difficile viaggio. A volte i soldati del checkpoint di Beit Yatir avrebbero prestato i primi soccorsi e chiamato un’ambulanza.

Dopo che il rimorchio è stato confiscato, il capo del consiglio del villaggio di Masafer Yatta, Nidal Abu Aram, ha presentato una petizione all’Alta Corte di giustizia attraverso l’avvocato Neta Amar Shiff. La petizione chiede all’Alta Corte di ordinare al ministro della Difesa Avigdor Liebmeran e al capo dell’Amministrazione Civile, Gen. Achvat Ben-Hur, di non smantellare e di non confiscare eventuali rimorchi che servono come cliniche, fino alla fine dei procedimenti giudiziari.

Domenica, il giudice della Corte Suprema, Noam Sohlberg, ha ordinato allo Stato di rispondere alla petizione entro una settimana, ma ha rifiutato la richiesta di emettere un ordine restrittivo contro lo smantellamento e la confisca delle cliniche.

Nel mese di gennaio, l’Alta Corte terrà audizioni per quanto riguarda la petizione degli abitanti del villaggio per evitare che lo stato li sfratti dalle loro case per consentire ai militari di tenere le esercitazioni di tiro nelle aree. La mediazione tra lo Stato e i rappresentanti del villaggio (avvocato Shlomo Lecker e l’Associazione per i Diritti Civili in Israele) non ha dato alcun frutto nel corso degli ultimi due anni.

Il COGAT (Coordination of Government Activities in the Territories)  anche commentato: “L’Amministrazione Civile lavora in coordinamento con l’Autorità palestinese e con le organizzazioni internazionali per investire in progetti organizzati in Giudea e Samaria e per soddisfare le esigenze mediche dei residenti. Il coordinatore sanitario dell’Amministrazione Civile organizza la formazione per i medici palestinesi, giornate di studio congiunte e organizza gite per i bambini palestinesi che sono trattati in Israele “.

In risposta alla dichiarazione del COGAT, Amar Shiff ha detto che “corsi, formazione, giornate di studio e viaggi non possono sostituire attivamente l’installazione, da parte del COGAT, di cliniche nell’Area C. In alternativa, in assenza di sviluppo di servizi medici e della immissione di cliniche all’interno dei villaggi palestinesi in Area C , l’Amministrazione civile dovrebbe sostenere le organizzazioni umanitarie che forniscono le cliniche piuttosto che demolirle. “