giovedì 16 marzo 2017

ROMA RIFIUTA LA CENSURA. TRA GLI INTELLETTUALI SOLO MONI OVADIA LANCIA L'ALLARME





Due giorni di iniziative sulla Palestina al Cinema Aquila di Roma hanno dato grande dimostrazione della determinazione di rivendicare e tutelare la libertà di espressione in questa città.
Rifiutando di subire la censura messa in atto dal Municipio V e dal Comune di Roma, lo Spazio Comune Cinema Aquila e BDS Roma, insieme a tante associazioni e comitati, abitanti del quartiere, amanti del cinema indipendente e solidali con il popolo palestinese, si sono mobilitati per affermare che, sì, si può e si deve far conoscere la realtà del popolo palestinese.
Il 14 marzo, di fronte alla sala chiusa, è stato allestito un grande cinema all'aperto sul marciapiede in via l'Aquila, per la proiezione di "The Wanted 18", film che combina, in modo geniale, l'animazione con le riprese per raccontare l'inventività del popolo palestinese nel resistere all'occupazione israeliana attraverso la storia di 18 mucche acquistate per l'autoproduzione di latticini per permettere il boicottaggio dei prodotti israeliani.
A seguire, sempre all'esterno del cinema, è andato in scena un estratto dello spettacolo teatrale "Mi chiamo Rachel Corrie". L'attrice Maria Laura Caselli, interpretando le parole scritte nel diario dell'attivista statunitense 23enne uccisa il 16 marzo 2003 da una ruspa dell'esercito israeliano mentre cercava di difendere la casa di un medico palestinese dalla demolizione, ha catturato ed emozionato il pubblico presente.
È stata poi la volta di un contributo audio di Moni Ovadia. Interrotto più volte dagli applausi, il noto uomo di cultura ha denunciato "l'inaccettabile censura nei confronti delle iniziative pacifiche e democratiche del movimento BDS" e ha stigmatizzato le accuse ignobili di antisemitismo, spiegando che "antisemita è chi ha ridotto l'ebraismo ad essere un pensiero nazionalista, furioso, fanatico mescolato al fanatismo religioso che pretende di rappresentare i valori dell'ebraismo che sono ben altra cosa".
Dentro la sala, dove era in corso la programmazione non condivisa e decisa all'ultimo momento dal Comune e dal Municipio V, neppure uno spettatore presente.
Il 15 marzo, invece, la sala Anna Magnani del Cinema Aquila si è di nuovo riempita. La determinazione di tutte e tutti ha garantito la proiezione di entrambi i film condivisi dal tavolo di programmazione all'interno del cinema.
Il documentario e candidato al David di Donatello "This is my land...Hebron" ha portato il pubblico nella città palestinese descritta dal giornalista israeliano Gideon Levy come l'espressione "più brutale, crudele, folle e pazzesca" dell'occupazione israeliana. Il film "The Salt of This Sea" ha invece fatto vivere il dramma di una donna palestinese della diaspora che, forte del legame con la Palestina e la storia del suo popolo, torna nella sua terra per reclamare il suo diritto di esserci.
Il tentativo di censura al cinema Aquila non è stato purtroppo il solo, indegno episodio di questi giorni.
Sempre il 15 marzo, nell'ambito della annuale Settimana della cultura palestinese, avrebbe dovuto essere proiettato al Palladium, teatro legato all'Università di Roma Tre, “3000 Nights”, film pluripremiato che racconta di una giovane donna palestinese ingiustamente arrestata e costretta a partorire in un carcere israeliano. Il film attesta l’enorme forza di resistenza delle donne palestinesi, ma anche l’arroganza e la violenza gratuita e ottusa dell’esercito israeliano.
La verità non deve essere conosciuta e quindi l'Università - che per definizione dovrebbe essere il luogo del pluralismo e del confronto aperto, anche critico - lo ha annullato. La proiezione del film è stata quindi spostata presso la sede dell'Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, co-organizzatore dell'evento, dove il grande interesse suscitato ha portato a tre proiezioni, tutte strapiene.
Non si è nuovi a questi tipi di pressione e di intimidazione, più volte denunciati in questi anni, rivendicando il diritto a parlare della Palestina, tema su cui in questa città e nel Paese vige un tabù. Eppure non è mai mancata la nostra assoluta apertura al confronto laddove c'è chi preferisce sottrarsi ad ogni prassi di pluralismo e democrazia per imporre dall'alto la censura su quanto non si vuole che il pubblico possa ascoltare o vedere.
Ancora una volta la risposta ai tentativi di intimidazione è stata chiare, e questo ci induce all'ottimismo sulla capacità delle persone di reagire a questo tipo di pressioni, pur dovendo constatare con amarezza la mancanza di indipendenza e di libertà intellettuale ancora una volta dimostrata da quelle istituzioni - amministrazione pubblica e luoghi del Sapere - che più dovrebbero rappresentare e difendere questi valori.
La cultura non si censura. La solidarietà al popolo palestinese non si ferma.

1 commento:

  1. http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-roma_pi_forte_della_censura_sionista/82_19337/

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