di Manlio Dinucci
il manifesto, 9 maggio 2017
In preparazione della visita del presidente Trump in Europa – il 24 maggio a Roma, il 25 al Summit Nato di Bruxelles, il 26-27 al G7 di Taormina – il Pentagono ha presentato il suo piano strategico per il «teatro europeo». Lo ha fatto per bocca del generale Curtis Scaparrotti che, essendo a capo del Comando europeo degli Stati uniti, è automaticamente a capo della Nato con la carica di Comandante supremo alleato in Europa.
Al Senato degli Stati uniti, il 2 maggio, il generale ricorda che «il teatro europeo resta d’importanza cruciale per i nostri interessi nazionali» e che «la Nato ci dà un vantaggio unico sui nostri avversari». Tale vantaggio viene però ora messo in pericolo da «una Russia risorgente, che cerca di minare l’ordine internazionale a guida occidentale e di riaffermarsi quale potenza globale».
Il Comandante supremo chiama gli alleati europei a serrare i ranghi attorno agli Stati uniti per difendere con ogni mezzo l’«ordine internazionale» – quello fondato sulla supremazia economica, politica e militare dell’Occidente – messo in pericolo dall’emergere di nuovi soggetti statuali e sociali.
Egli concentra il fuoco sulla Russia, accusandola di «attività maligne e azioni militari contro l’Ucraina» (proprio nel terzo anniversario del massacro di decine di russi perpetrato a Odessa il 2 maggio 2014 da neonazisti ucraini sotto regia Usa/Nato). La «minaccia» non proviene però solo dalla Russia: gli Stati uniti – dichiara l’ammiraglio Harris, capo del Comando del Pacifico – sono sfidati in quella regione contemporaneamente da «una Cina aggressiva e una Russia revanscista».
In risposta a queste sfide, annuncia Scaparrotti, il Comando europeo degli Stati uniti «sta ritornando al suo ruolo storico di combattimento, adeguando i suoi piani alle minacce che abbiamo di fronte». Chiede quindi al Congresso di aumentare i fondi per la «European Reassurance Initiative», l’operazione lanciata dagli Usa nel 2014 ufficialmente al fine di «rassicurare» gli alleati Nato e partner europei, per la quale sono stati stanziati nel 2017 3,4 miliardi di dollari.
«Sono necessari significativi investimenti – sottolinea il generale – per accrescere in tutta Europa la nostra presenza avanzata, il pre-posizionamento di materiali militari, le esercitazioni per la preparazione ai conflitti». Il piano è chiaro ed è già in atto: trasformare l’Europa in prima linea del nuovo confronto con la Russia.
Lo conferma l’annuncio, dato il 4 maggio, che l’Esercito Usa in Europa ha costituito un nuovo quartier generale a Poznan, in Polonia, per comandare gli oltre 6 mila soldati statunitensi schierati in Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Germania, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria, al fine di «rafforzare il fianco orientale della Nato come deterrenza alla Russia».
Allo schieramento sul fianco orientale – comprendente forze corazzate, cacciabombardieri, navi da guerra e unità missilistiche anche nucleari – partecipano le potenze europee della Nato, come dimostra l’invio di truppe francesi e carrarmati britannici in Estonia.
E l’esercito europeo? Nell’incontro con i ministri della difesa della Ue, il 27 aprile a Malta, il segretario generale della Nato Stoltenberg non ha lasciato dubbi: «È stato chiaramente convenuto da parte dell’Unione europea che suo scopo non è costituire un nuovo esercito europeo o strutture di comando in competizione con quelle della Nato, ma qualcosa che sia complementare a ciò che la Nato fa».
Il bastone di comando resta dunque saldamente nelle mani del Comandante supremo alleato in Europa, un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati uniti.
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