giovedì 4 gennaio 2018

LA CONVERGENZA IRANIANA


di Fabrizio Cassinelli


Cari amici, scusate se ho atteso un paio di giorni prima di commentare gli avvenimenti in Iran, ma il rischio di dire cose senza senso nelle prime ore di un fenomeno, prima di aver sentito tanti amici sul posto, era troppo alto. E io a differenza di tanti commentatori con l'analisi precotta, visto che non difendo gli interessi di nessuno, scrivo quando ho qualcosa da dire.

Dato che della sommossa in atto in Iran (oltre 50 le città coinvolte, non si può parlare di 'proteste') saprete già i fatti principali, cercherò di sintetizzare quello che ho appreso io.

1. la sommossa è spontanea, sì; senza una guida, sì; ma avrebbe una regia. Questa regia secondo molti iraniani ben introdotti e beninformati sarebbe da ricercarsi nelle ali più estreme dei conservatori, che si sarebbero appoggiati ad aree di militari e a forze paramilitari per accendere la miccia.

2. Il bersaglio di questa protesta sarebbe stato Rohanì, far cadere il suo governo. Ma la situazione (come prevedibile in un Paese stanco del carovita e della crisi) è sfuggita di mano: a fianco degli slogan contro l'incapacità del governo di migliorare la situazione economica, e ai primi slogan contro il carovita, si sono affiancati quelli contro Khamenei e la richiesta radicale di un cambio di 'sistema sociale'. Questo ha costretto perfino i falchi a correre ai ripari, a reprimere le manifestazioni prima incoraggiate, e forse Rohanì si salverà ancora. Perché far cadere lui ancora una volta darebbe la stura a un male peggiore, per i conservatori, che veder trionfare le aperture all'Occidente e al mercato: una rivoluzione di matrice antireligiosa. Un rischio troppo grosso, probabilmente, da correre, perfino nella lotta per la successione a Khamenei.

3. Questa situazione si inserisce in un quadro di destabilizzazione dell'Iran che vede gli Usa in prima fila. Sono loro, infatti, e ben prima di Trump, ad avere spinto per la ghettizzazione morale internazionale della Repubblica islamica, per le sanzioni rigide petrolifere, per quelle alimentari ed economiche, per la calunnia terroristica (non c'è una sola condanna internazionale per quest'accusa). Sono loro che dopo l'accordo sul Nucleare ostacolano le transazioni bancarie internazionali (illegalmente, a mio parere) e hanno cominciato una corsa al riarmo dell'Arabia saudita, naturale 'nemico' dell'Iran. E oggi twittano la loro 'solidarietà' al popolo iraniano dopo averlo affamato e (nei momenti più difficili, quando scrivevo L'IRAN SVELATO) impedendo perfino l'approvvigionamento delle medicine. Ma di che cosa stanno parlando? Non avendo più gli Usa interessi petroliferi in Medio Oriente a causa della rivoluzione petrolifera dello shale system, che spiego nel mio libro, e considerando che gli Usa sono un attore 'globale' mentre l'Iran solo 'locale' dove sarebbe lo scontro? Ne consegue che l'unico motivo per cui gli Usa facciano ancora tanta opera di destabilizzazione può essere solo in funzione del suo storico alleato, Israele, avversario geopolitico dell'Iran con un forte controllo sul Congresso e sui media americani.

4. Si è creata, in sostanza, una sorta di CONVERGENZA tra gli interessi americani e israeliani e quelli dei conservatori iraniani, mentre grottescamente si invita la popolazione a difendere i suoi diritti. Sia chiaro: ogni protesta pacifica che porti la società iraniana a volgere lo sguardo verso il mondo occidentale, l'economia di mercato, costumi più liberi e diritti umani dovrebbe essere benvenuta! Ma il timore e che facendo leva su questa sommossa si tenda a portare al governo i duri e i falchi, e a costringere i moderati a reprimere, in modo da interrompere il processo di apertura ideologica innescando una spirale di violenze, magari una discesa in campo dell'esercito, una svolta autoritaria. Vedete, può sembrare assurdo che gli Usa possano gioire per i Pasdaran al potere, ma paradossalmente un Iran più militare, 'cattivo', guerresco, va bene a tanti. Nei fatti noi occidentali abbiamo dimostrato di temere e osteggiare in ogni modo un Iran moderato, diplomatico, internazionalizzato.

5. In questa situazione conta anche l'esito dell'allargamento iraniano in Medio Oriente. L'Iran ha vinto in Siria, ha stretto un legame militare operativo ancora più stretto con i russi, ha fatto un figurone combattendo il terrorismo mettendo alla frusta l'azione militare e politica dell'Occidente nella crisi siriana, si è seduto al tavolo della pace per le soluzioni del conflitto; controlla l'Iraq (dopo un milione di morti inutili causati da una guerra Usa basata su notizie false: solidarizza anche con gli iracheni, Trump?); controlla parte dell'Afghanistan; controlla parte della Siria; tiene saldamente in pugno il 'corridoio dei resistenti' tra Tehran, la Palestina e il Libano. Voi direte: un escalation anche militare...perché i falchi dovrebbero lamentarsi? Perché, appunto, lo scontro interno, più che ideologico, è finanziario, è per il potere. E i falchi, reduci dai successi internazionali (costati tante risorse economiche in un momento di crisi, ecco perché gli slogan della gente contro l'impegno militare e gli alleati) si sentono forse pronti a uno scossone. Che farebbe il gioco di Usa e Israele. E non certo quello di un'Europa con la mano mezza tesa da troppo tempo ma senza tenderla definitivamente.

Il resto a mio modesto avviso e fantacalcio, o ipocrisia.

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