martedì 10 luglio 2018

Wikileaks rivela i garanti politici degli interessi USA in Italia


09 Luglio 2018 

di Francesco Galofaro

Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province, ma bordello!
Purgatorio, VI, 76-78.

L'Espresso e Repubblica mantengono da tempo un archivio on line di documenti segreti o riservati “spifferati” da Wikileaks e che riguardano l'Italia [1]. Si tratta per la maggior parte di cablogrammi dell'ambasciata americana. In questo archivio si trova di tutto: dal caso Calipari ai tentativi italiani di salvare gli USA dalle inchieste della corte dell'Aia al rapimento di Abu Omar. Emerge un ritratto a tinte fosche dei protagonisti della storia recente, specie a confronto con le immaginette oleografiche proposte dalla stampa nostrana.

Purtroppo, non tutti i documenti sono tradotti. In questo articolo ne presento tre. Mi sembrano utili per affrontare il problema della sovranità nazionale e del patriottismo da un punto di vista che – è bene che lo dichiari subito  – è quella di un uomo della sinistra. Dai documenti che ho scelto emerge con chiarezza come alcuni personaggi-chiave della politica italiana recente abbiano svolto il ruolo di rappresentante degli interessi statunitensi in Italia, tanto nei governi di centrosinistra quanto in quelli di centrodestra. E' anche molto chiaro come l'interesse nazionale italiano sia stato spesso sacrificato sull'altare dell'amicizia nei confronti dello scomodo alleato.

Marzo 2006: Marco Minniti garantisce 
per Fausto Bertinotti

Due mesi prima della fiducia al secondo governo Prodi, che subentrava al governo Berlusconi, un cablogramma riferisce di un incontro tra diplomatici statunitensi e Marco Minniti, avvenuto il 13 marzo 2006 [2]. Durante l'incontro, Minniti promette continuità in politica estera rispetto al governo di centrodestra su temi come l'impegno militare in Iraq e l'Afghanistan. Si fa sostenitore del programma di sviluppo congiunto di nuovi caccia Joint Strike Fighter, che comprende un trasferimento di tecnologie tra USA e Italia; rassicura sul fatto che i programmi militari della UE non sono in competizione con gli Stati Uniti. Last but not least, garantisce che l'Italia sarà a fianco degli USA contro l'Iran, nonostante i nostri interessi economici nella regione.

Rispetto alla partecipazione al governo di Rifondazione comunista, nel cablo leggiamo: «il leader del Partito della Rifondazione Comunista (RC) Fausto Bertinotti si è impegnato a rimanere nel governo e a non ripetere il suo precedente errore di far cadere il governo di Romano Prodi su una questione di bilancio. Di conseguenza, Minniti ritiene che Bertinotti si concentrerà su questioni interne».

Che cosa spinge un politico italiano a proporsi come esecutore della politica estera USA? Per comprenderlo, occorre calarsi nella psicologia del personaggio. Ecco il ritratto di Minniti che emerge dal cablogramma d'ambasciata. Minniti si fa trovare dall'ambasciatore con una scrivania invasa da bandierine e soldatini: «figlio di un pilota dell'aeronautica italiana, l'ufficio di Minniti era coperto da modellini di velivoli militari e cimeli della NATO, che ha ammesso essergli stati procurati da alcuni dei suoi colleghi più accondiscendenti». Secondo l'autore del cablo, a spingere Minniti è la nostalgia «per i giorni in cui coordinava personalmente l'impegno militare italiano nei Balcani con gli USA e la NATO. Era compiaciuto che il governo USA si interessasse nuovamente a lui». Ecco il ritratto di Minniti: un personaggio ambizioso, che ha visto giorni migliori ed è costretto a un ruolo di secondo piano; un personaggio che spera «in una posizione importante nel futuro governo di centrosinistra».

Alla fine Minniti passa l'esame: «A dire il vero, l'inclinazione europea di Prodi presenta ancora una sfida e la potenziale influenza dell'estrema sinistra rimane sconosciuta, ma il centro-sinistra contiene persone come Minniti con cui possiamo lavorare».

2003: Gianni Letta e il GPS europeo

Come abbiamo visto, Minniti era pronto a sacrificare allegramente le relazioni economiche che nel 2006 il Paese aveva con l'Iran. In cambio, si proponeva come l'uomo del dialogo con gli USA. Questo genere di funzione è molto ambita tanto nei governi di sinistra quanto in quelli di destra. Un cablo del 2003 ci racconta come gli USA chiesero a Gianni Letta, fidato consigliere di Berlusconi, un impegno a modificare il progetto Galileo [3]. Di che si tratta? Occorre sapere che il servizio GPS, il sistema di posizionamento satellitare che fa funzionare telefonini e navigatori, è un retaggio della guerra fredda ed è garantito da una rete di satelliti americani. Per questo motivo, a partire dal 2003 l'Unione Europea, attraverso l'Agenzia Spaziale Europea, ha sviluppato Galileo: una propria rete di satelliti tecnologicamente più avanzata, entrata ufficialmente in funzione solo nel 2016. A preoccupare gli americani sono chiaramente gli utilizzi di Galileo in campo aeronautico e navale, e dunque militare: una rete satellitare autonoma rappresenta una delle condizioni necessarie a ridurre la dipendenza della UE dagli USA in questo campo. Stando al cablo, Letta nomina altri supporter degli interessi americani nel governo Berlusconi, in particolare l'allora ministro della difesa Martino. Maggiori preoccupazioni suscitano negli USA il ministro dell'economia e il generale Tricarico, che allora era consigliere di Berlusconi per l'esercito e la sicurezza.

Maggio 2006: La famiglia Letta

Ritorniamo al 2006 e al governo Prodi. Minniti non è il solo garante degli interessi americani in Italia. Il nipote di Gianni Letta, Enrico, svolge nel centrosinistra le stesse mansioni dello zio nell'esecutivo precedente, come testimonia un cablo datato 24 maggio 2006 [4]. Secondo il resoconto, Letta si dichiara “very pro-US”. L'ambasciatore USA gli spiega che nulla danneggerebbe le relazioni reciproche più di un mandato di cattura per gli agenti CIA responsabili del rapimento di Abu Omar. Ricordiamo che l'imam di Milano fu rapito illegalmente dalla CIA nel 2003, tradotto in Egitto, torturato, e infine liberato nel 2007. Nel 2013 Obama chiese agli Italiani di graziare gli agenti CIA coinvolti. Non passò qualche giorno, e subito Napolitano concesse la grazia al colonnello Joseph Romano; nel 2015 Mattarella graziò Robert Seldon Lady e Betnie Medero; nel 2017 fu la volta di Sabrina De Sousa.

Ma non è tutto: nel cablo l'ambasciatore rimprovera aspramente Romano Prodi per un suo discorso davanti alle Camere sull'Iran: pur consapevole degli interessi economici dell'Italia in Iran, definiti “significativi”, chiede a Letta appoggio sulle sanzioni. Letta assicura la convergenza della posizione italiana con quella della UE, e supporto alle posizioni americane su Israele. Infine, all'epoca era in atto una riduzione di organico alla base militare pisana di Camp Darby. Letta fa presente che la cosa sta causando problemi con l'estrema sinistra, chiede di mitigare la ristrutturazione e al contempo assicura di credere che la presenza di basi militari in Italia sia un bene.

Riflessioni sul patriottismo

I cablogrammi pubblicati da l'Espresso non raccontano solo una storia di asservimento. Raccontano anche le preoccupazioni USA per le posizioni italiane su Iran, Russia, Libia, sui rapporti tra ENI e Gazprom, sull'ostilità della Lega di Bossi alla missione in Afghanistan. La politica estera dei governi italiani è evidentemente frutto della dialettica tra i rappresentanti di interessi diversi, talvolta opposti. Questo vale sempre, e probabilmente si può dire anche del governo in corso.

Esiste un “interesse nazionale”? La prima risposta che darei, parafrasando Hegel, è che ciò che si spaccia per interesse di tutti è di solito semplicemente l'interesse prevalente. Sarebbe molto facile dunque convenire con una semplificazione, per la quale esistono solo gli interessi di due parti della borghesia: la grande borghesia cosmopolita, senza patria, educata al liberalismo in qualche college inglese, sacrifica volentieri gli interessi italiani alla coltivazione dei propri interessi e relazioni internazionali; la piccola borghesia, che parla in dialetto le piccole aziende, gli artigiani, pagano le spese della competizione globale e spacciano per interesse nazionale la tutela dalla rovina, dal fallimento, dalla proletarizzazione. Per questo è più propensa a chiedere che lo Stato si impegni in conflitti commerciali oppure – in altri periodi storici – in guerre vere e proprie. Dunque, alcuni pensano che la sinistra dovrebbe disinteressarsi a questo genere di conflitti. Tuttavia, anche in questo caso la questione non è così semplice. In primo luogo, le contraddizioni sono per elezione il luogo dove esercitare l'azione politica, specie quando le forze sono scarse e vanno economizzate. Inoltre, occorre notare che il proletariato, definito come chi non controlla i mezzi di produzione e l'economia – e quindi: lavoratori tradizionali pubblici e privati, precari, partite IVA, disoccupati ecc. - costituisce pur sempre la maggioranza assoluta del Paese, il famoso 99%. Per questo motivo è possibile parlare di un interesse nazionale che è anche interesse popolare. Perciò, secondo Hegel, la composizione tra l'interesse collettivo, positivo, e quello individuale, negativo, avviene nello Stato: una forza politica che non sia in grado di capire quale sia questo interesse non si presenterà mai con un programma di governo credibile e sarà condannata per forza di cose ad essere minoritaria e testimoniale. Occorre tenerlo presente nel dibattito su come costruire una forza di sinistra autenticamente laburista e popolare, che sappia rientrare in gioco. Una forza che costruisce il proprio punto di vista autonomo criticando quanto c'è da criticare e dialogando quando c'è da dialogare, senza sommare le proprie forze a quelle dei liberali in piena disfatta. Quel che fa impressione è che queste posizioni, che definirei patriottiche, erano parte del DNA stesso della sinistra, e costituivano un ponte tra il modo di pensare di un Partigiano e quello degli attivisti che protestavano contro le basi militari fino agli anni '80. Fa pensare come l'attuale sinistra radicale, globalista, alternativa e un po' world music, abbia finito per considerare “di destra” e addirittura “fascista” ogni tentativo di ragionare seriamente su questi problemi: come inserirsi nella dialettica politica attuale facendo prevalere gli interessi popolari, supportando le forze centrifughe rispetto alla NATO e alle sue cinghie di trasmissione internazionali, finanziarie e militari.

[1]      http://racconta.espresso.repubblica.it/espresso-wikileaks-database-italia/index.php
[2]      http://racconta.espresso.repubblica.it/espresso-wikileaks-database-italia/dettaglio.php?id=85
[3]      http://racconta.espresso.repubblica.it/espresso-wikileaks-database-italia/dettaglio.php?id=67
[4]      http://racconta.espresso.repubblica.it/espresso-wikileaks-database-italia/dettaglio.php?id=84

FONTE: Marx21

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