Intervista allo storico Diego Siragusa, a cura di Stefano Zecchinelli

Professor Siragusa, lei recentemente ha preso parte ad una importante iniziativa dell’Università di Teheran, in Iran, intitolata Declino dell’egemonia USA e le voci della resistenza. Ci può sintetizzare, per quanto possibile, le parti più importanti del suo intervento? Quali sono state le maggiori convergenze politiche con gli altri relatori e quali i disaccordi?

DS – Ho illustrato ai miei interlocutori lo scenario mondiale dopo la fine dell’Unione Sovietica e la sovversione dell’est Europa conclusasi con la dissoluzione dell’ex Yugoslavia. Gli USA pensavano di avere ormai l’egemonia planetaria e che il problema principale era assoggettare gli ultimi stati ribelli: Iran, Libia, Cuba, Venezuela, Siria, Corea del nord cc.. Con l’avvento di Putin alla guida della Russia, e dopo la gestione liquidatoria dell’URSS fatta da Eltsin, i rapporti di forza mutarono. Putin comprese che l’estensione a est della NATO, nonostante la scomparsa dell’antagonista, il Patto di Varsavia, rivelava in modo esplicito i progetti egemonici degli USA. La risposta a questa minaccia fu il “Patto di Shangai”, chiamato in seguito Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai fondato il 14 giugno 2001 dai capi di Stato di sei Paesi: Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Dopo alcuni anni di attesa, l’Iran è pronto a entrare in questa organizzazione che dovrebbe includere anche la Siria, già alleata della Russia. Qui inizia, a mio parere, la crisi dell’egemonia USA e la prova suprema è il fallimento della sovversione della Siria, dopo il successo del rovesciamento dell’Iraq e della Libia con l’uccisione di Gheddafi. Il progetto di ridisegnare la mappa del Medioriente era stato concordato con Israele, come implicitamente confermano le email di Illary Clinton. Putin, con l’aiuto dell’Iran e delle milizie di Hetzbollah, ha fatto fallire quel progetto per il quale sono stati mobilitati i terroristi takfiri addestrati e finanziati dagli USA, da Israele, dalla Turchia, dall’Inghilterra, dall’Arabia Saudita dal Qatar e dagli Emirati Arabi. Una coalizione criminale resasi colpevole di una guerra per procura che ha ulteriormente sconvolto il Medioriente e causato un oceano di sangue e migrazioni di massa verso l’Europa. Tutto questo ha diffuso un processo di denuncia che ha interessato la società civile ovunque nel mondo. Ritengo importante rammentare il ruolo svolto da Julian Assange e da Wiki Leaks che hanno pubblicato i documenti segreti dell’Amministrazione americana e i documenti che provano i complotti criminali mediante i quali pretendono di governare il mondo.
L’Iran, in questo contesto, è diventato il muro contro l’imperialismo USA e contro il sionismo suo stretto alleato. Su quest’analisi c’è stata totale concordanza tra me e i miei interlocutori.


(2) Qual è il significato storico della Rivoluzione iraniana del 1979, una sorta di Rivolta antimperialista islamica (sciita) la quale ha posto fine alla dittatura filo-USA dello Scià? Secondo lei, per quale ragione la sinistra occidentale – comprese molte organizzazioni che si definiscono antimperialiste – rimane indecisa nel supportare la Repubblica Islamica dell’Iran di fronte alle minacce dell’imperialismo americano-sionista?


 DS – Voglio essere preciso. La rivoluzione iraniana del 1979 era già scritta nel colpo di stato che aveva deposto il governo laico di Mossadeq. Gli USA, l’Inghilterra e i settori di borghesia iraniana, i principali profittatori del petrolio dell’Iran, non potevano tollerare la nazionalizzazione del petrolio realizzata da Mossadeq a vantaggio del popolo. Un provvedimento classico che possiamo definire socialista. Gli USA, l’Inghilterra, la borghesia iraniana e una parte ultrareazionaria del clero sciita portarono a compimento il colpo di stato e rimisero al potere lo scià e la dinastia dei Phalavi. Se le basi della rivoluzione furono costruite da forze politiche laiche, e tra queste il TUDEH, il partito comunista iraniano, un ruolo egemonico svolsero i religiosi che sbandierarono come collante sociale e rivoluzionario, l’islam sciita e la sua guida spirituale: l’ayatollah Khomeini. Qualcuno in Italia, a sinistra, scrisse: “La rivoluzione contro il Capitale”, ovvero il Capitale di Marx. Si intendeva dire in questo modo che si trattava di una rivoluzione anomala, diversa da quelle occidentali o sudamericane. Fu rovesciata una spietata monarchia e fu inferto un duro colpo all’imperialismo nordamericano che, da allora, non ha abbandonato i suoi progetti di rivincita. I problemi gravi vennero a galla dopo, con l’imposizione del velo alle donne e di concezioni religiose anacronistiche e oscurantiste, la messa fuori legge di alcuni partiti di sinistra, come il TUDEH, l’arresto, il processo e l’uccisione di molti avversari politici del Partito della Repubblica Islamica che aveva vinto le elezioni ed era diventato partito di potere a tutti gli effetti. In Italia, la rivoluzione iraniana fu osannata ma poi venne il gelo. Ricordo il fanatismo con cui un personaggio pittoresco, un sanculotto sciita, come l’ayatollah Khalkhali dirigeva i tribunali del popolo e mandava all’impiccagione gli oppositori. Tutto questo ha inferto un danno mortale alla rivoluzione iraniana che ogni persona democratica e di sinistra non può tollerare. Un regime teocratico, con un capo che si chiama Guida Suprema, l’ayatollah Khamenei, a cui si aggiunge un altro ayatollah eletto nel ruolo di presidente, Rouhani , non può attrarre la simpatia della sinistra. Ovunque essa sia. Sbaglia la sinistra a non capire o a sottovalutare il ruolo che in questo momento ha l’Iran contro gli USA, contro Israele e il sionismo e a sostegno della causa palestinese e dei popoli oppressi.  Non voglio ampliare ma nemmeno sminuire la mia soddisfazione vedendo le strade di Tehran dedicate a Nelson Mandela e al combattente irlandese Bobby Sands.

(3) Nel suo Rapporto da Teheran, lei scrive:
‘’Sul palco degli oratori si alternano vari personaggi. Il Gen. Mohammad Ali Jafari, il comandante in capo della Guardia rivoluzionaria paramilitare iraniana, ha fatto un discorso in cui ha promesso che l’Iran “può superare questa guerra economica e il fallimento del progetto di sanzioni è imminente”.
“Mr. Trump! – ha gridato – Non minacciare mai l’Iran perché i gemiti delle forze americane spaventate di Tabas si possono ancora sentire”, ha detto Jafari, riferendosi alla missione americana fallita per salvare gli ostaggi conosciuta come Operazione Artiglio dell’Aquila (Operation Eagle Claw)’’. 1

(4) Le ingiuste sanzioni statunitensi hanno provocato qualche scollatura fra le masse popolari e la classe dirigente? Non dimentichiamoci che i governi sciiti, a prescindere dall’orientamento politico, hanno sempre mantenuto una linea patriottica e di opposizione al sionismo. Dal punto di vista della politica interna, per quello che ha potuto rilevare, quali sono i movimenti politici attivi nel paese?


DS – Il 4 novembre ho partecipato alla grande manifestazione per il 39° anniversario dell’assedio all’ambasciata americana. Durante una intervista alla televisione di stato, ad una precisa domanda della giornalista sulle sanzioni,  mi sono permesso di esortare il popolo iraniano a resistere, resistere, resistere. La posizione di baluardo antimperialista e antisionista dell’Iran è di capitale importanza, ma non dimentichiamo che i problemi sociali sono acuti, che gli iraniani sono un popolo con un alto livello di istruzione e che non si può tollerare a lungo la compressione dei diritti civili e delle libertà. Esattamente un anno fa, il 30 dicembre 2017, gli studenti di Tehran organizzarono una grande protesta coprendosi il volto con un fazzoletto per non farsi riconoscere. La protesta di Tehran venne dopo quella di Mashhad, la seconda città più importante del paese abitata da 2 milioni di persone. La mancanza di riforme, la teocrazia e le tensioni con un blocco conservatore lento a percepire i segni dei tempi, sono i varchi dentro i quali lavorano le opposizioni interne nostalgiche dello scia e dello stile di vita occidentale ma, soprattutto, gli USA e Israele con le sanzioni e una campagna permanente di calunnie e di disinformazione per scardinare la repubblica islamica. In cinque giorni di permanenza a Tehran non ho potuto seriamente valutare gli effetti delle sanzioni. So che esse non hanno un effetto apprezzabile sulla gente e, anzi, unificano gli iraniani nell’attacco contro gli USA e i suoi alleati.  Il mercato russo, cinese, indiano, pakistano e degli altri paesi aderenti al Patto di Shangai consentono all’Iran di essere fiduciosi sul futuro. Le sanzioni sono dannose se riguardano macchinari elettromedicali di alta tecnologia o l’aviazione civile che deve sottostare all’occidente per i pezzi di ricambio e le manutenzioni. Infatti l’ONU ha condannato le sanzioni per i pericoli che potrebbero causare alla popolazione civile, nel servizio sanitario e nei trasporti aerei. Ma su queste questioni, diversamente da Obama, il presidente Trump dimostra di essere uno zoticone degno di dirigere il più forte paese capitalista al mondo.
In Iran, in questo momento, ci sono 37 partiti, alcuni sono fuorilegge, come il TUDEH e il Partito Costituzionalista che vuole il ritorno dello scià. L’Alleanza dei Costruttori dell’Iran Islamico, è il partito dell’ex Presidente Ahmadinejad, poi vi sono la Coalizione Pervasiva dei Riformisti e i Riformisti iraniani. Molto presenti sono i partiti clericali, per esempio: Società dei devoti della rivoluzione islamica, Associazione dei Chierici Militanti, Devoti dell’Islam ecc..

(5) Qual è il livello d’emancipazione delle donne raggiunto dopo il 1979? Sempre citando il suo Rapporto da Teheran:



DS - Sul chador occorre fare chiarezza. E’ stato utilizzato sulla stampa occidentale, anche con alcune ragionevoli motivazioni, per attaccare l’Iran e gli aspetti più retrivi della religione islamica verso le donne. Questa usanza di nascondere le donne, in Medioriente, è molto antica e ne parlò persino Plutarco nella sua opera Vite Parallele. Oggi solo le donne anziane, sia quelle delle zone urbane sia quelle delle zone agricole, e quelle che praticano la religione in modo tradizionale, indossano il chador. La grande maggioranza, invece, preferisce il ruwsari, il foulard variamente colorato e disegnato.

(6) Alla luce delle menzogne della ‘’stampa di regime’’, lei ritiene che il femminismo europeo venga declinato in termini anti-musulmani diventando una sorta di neo-razzismo rovesciato?

DS – Diversamente dai primi tempi della rivoluzione khomeinista, oggi si vede una maggiore autonomia e libertà delle donne iraniane. Sono presenti dappertutto e, specialmente negli uffici pubblici. Ho raccontato ai miei amici iraniani che nella mia terra d’origine, la Sicilia, le donne portavano il velo. Mia madre indossava “la veletta” e mia nonna paterna nel 1960, quando io e la mia famiglia emigrammo al nord, indossava ancora il lutto per la morte di mio nonno e il velo, non dissimile dal chador. Un costume diffuso in tutto il sud. Dieci anni dopo la situazione era mutata.  Vogliamo lasciare agli iraniani il diritto di far evolvere i loro costumi e le loro consuetudini senza pregiudizi e ingerenze esterne? Quando mi hanno portato a visitare gli studi televisivi di PressTV e HispanTV, ho osservato che c’era un gran numero di donne giornaliste. La signora che mi ha accolto era la capo redattrice. In occidente abbiamo il vizio, duro a morire, di guardare tutto “coi nostri occhi”, di voler uniformare tutto e di giudicare e condannare ciò che è diverso. Una malattia indotta dalla globalizzazione e dall’americanismo più perverso.

(7) In occidente si sta configurando una sorta di imperialismo mediatico coi media di regime sempre pronti a diffamare gli Stati indipendenti e non allineati. I media alternativi come ParsTodayHispanTV e Russia Today con che modalità di lavoro (quindi anche di studio e d’analisi) possono conquistare l’egemonia informativa?



DS – Ho notato con piacere che il governo iraniano dedica risorse e attenzione all’informazione. Collaboro frequentemente con interviste alla redazione italiana di ParsToday e si tratta di una voce preziosa, fuori dal coro, in una Italia dove l’informazione è sotto stretto controllo americano-sionista. La visita agli studi di PressTV e HispanTV è stata per me una boccata d’ossigeno. PressTV, come la CNN, trasmette 24 ore su 24, notizie da tutto il mondo. HispanTV copre tutta l’America Latina. Un eccellente risultato per rompere l’accerchiamento dell’informazione predominante di marca yankee. Russia Today e Sputnik contribuiscono a dare colpi micidiali all’apparato di menzogne pianificate dell’occidente e del centro dell’Impero, gli Stati Uniti d’America.