sabato 15 giugno 2024

La versione del 7 ottobre contraddetta dalla Storia



di Thierry Meyssan


Pubblichiamo il testo della conferenza tenuta da Thierry Meyssan il 4 maggio a Boulogne-sur-mer. Nel suo intervento Meyssan spiega che l’attuale conflitto in Palestina non è imputabile alle popolazioni arabe ed ebree. Fu organizzato già nel 1915 dalla potenza coloniale dell’epoca, con l’idea che lo Stato o gli Stati futuri non dovessero mai essere in grado di garantire la propria sicurezza. A loro insaputa e a loro danno, i palestinesi e gli israeliani, con l’attacco del 7 ottobre e la conseguente reazione, stanno semplicemente attuando questa politica. Non fermando la pulizia etnica degli abitanti di Gaza, gli anglosassoni non mostrano che sono insensibili, ma che considerano i massacri semplici variabili di aggiustamento.


RETE VOLTAIRE | PARIGI (FRANCIA) | 7 MAGGIO 2024


Benché i massacri in Sudan e in Congo siano molto più letali di quelli in Palestina, è di questi ultimi che vi parlerò oggi. È la prima volta che assistiamo a una pulizia etnica in diretta sui nostri telefoni cellulari. Vorrei tornare su alcune informazioni che ho già trattato in molti articoli, ma di cui, evidentemente, alcuni media non vogliono tenere conto nelle loro analisi. Vorrei dirvi che in questo conflitto non c’è alcuna fatalità comunitaria: non è stato provocato dal popolo della Palestina, sia esso ebreo, cristiano o mussulmano, ma da potenze esterne che, da un secolo, vogliono negare la pace a chi popola questa terra.

Dietro il paravento, il principe di Galles (protettore dei Fratelli Mussulmani) vede Dio e diventa re Carlo III.

I BRITANNICI CREANO ISRAELE

Per essere chiaro, inizierò parlandovi del Regno Unito. Avrete forse visto l’incoronazione di re Carlo III. Nel mezzo della cerimonia il principe di Galles si è liberato dei sontuosi abiti e si è vestito con un telo di lino. I paggi l’hanno nascosto con un paravento affinché il pubblico non venisse abbagliato. Quando il paravento è stato rimosso il principe era diventato re. Gli sono stati consegnati i simboli del suo potere: lo scettro e il globo. Cosa è accaduto nei brevi istanti in cui il principe è stato sottratto alla vista del pubblico? Dio si è manifestato al principe di Galles, come a Mosè davanti al roveto ardente [1]. Probabilmente questa spiegazione vi sembrerà assurda e vi chiederete come possano i sudditi credere a una storia che non sta né in cielo né in terra. In realtà, a partire da Giacomo VI, nel XVI secolo, i sovrani britannici si dichiarano re di Israele [2]. Fu contro la concezione del diritto divino che Oliver Cromwell rovesciò Carlo e proclamò il Commonwealth. Tuttavia, il Lord Protettore era altrettanto illuminato: professava la necessità di radunare tutti gi ebrei in Palestina per costruirvi il tempio di Salomone [3]. Le successive dinastie tennero vivo questo mito. Vi aggiunsero vari riti e altri ne imposero ai propri sudditi, come la circoncisione ebraica, che nel XIX secolo veniva praticata automaticamente nei reparti maternità su tutti i neonati maschi del Regno Unito al momento della nascita.

Due anni prima della Dichiarazione di Balfour (del 1917), che annunciò la creazione di un nucleo nazionale ebraico in Palestina, un diplomatico ebreo e futuro ministro degli Esteri, Lord Herbert Samuel, redasse un memorandum sul Futuro della Palestina (1915) in cui sosteneva la necessità di uno Stato ebraico che mettesse l’intera diaspora al servizio dell’impero. Poco dopo specificò che questo nuovo Stato non avrebbe mai dovuto essere in grado di garantire la propria sicurezza, ma dovesse essere eternamente dipendente dalla Corona britannica. È esattamente ciò a cui assistiamo oggi. È la maledizione del popolo palestinese.

Alla Dichiarazione di lord Arthur Balfour seguirono i 14 punti in cui il presidente Woodrow Wilson descrisse gli obiettivi raggiunti dagli Stati Uniti durante la prima guerra mondiale. Il punto 12 era formulato in modo strano, ma durante la Conferenza di Parigi in cui fu redatto il Trattato di Versailles, Balfour ne precisò per iscritto il significato: la creazione dello Stato di Israele in Palestina (e del Kurdistan in Turchia). La guerra mondiale aveva prodotto un riequilibrio del potere: ora Washington lavorava a fianco di Londra per difendere i comuni interessi.

Nel periodo tra le due guerre, l’immigrazione ebraica nella Palestina mandataria procedette senza intoppi. I proprietari terrieri arabi vendettero senza problemi agli ebrei parte delle loro terre. Tuttavia, dal 1920 terroristi arabi iniziarono a uccidere ebrei. Cito Mohammed Amin al-Husseini, che i britannici condannarono a dieci anni di carcere, che però non gli fecero mai scontare. Anzi, lord Herbert Samuel (colui che scrisse che in Palestina non ci sarebbe mai dovuta essere sicurezza), divenuto Alto commissario britannico per la Palestina, lo graziò e lo nominò Gran Mufti di Gerusalemme, pretestando la necessità di mantenere un equilibrio tra le due grandi popolazioni locali.

Poi arrivò un salafita (mussulmano che vive come vivevano i compagni del Profeta nel VII secolo), Izz al-Din al-Qassam, che in Siria aveva già organizzato una rivolta contro i francesi, che divenne imam ad Haifa. Decise di condurre la jihad non contro l’occupante britannico, ma contro gli immigrati ebrei. Seguirono attentati e pogrom contro gli ebrei. Per mantenere la pace civile, i britannici uccisero al-Qassam, che oggi dà il nome alle brigate al-Qassam di Hamas.

La morte di al-Qassam non risolse nulla. I britannici, fedeli al loro motto coloniale Divide et impera, hanno sempre alimentato con una mano ciò che con l’altra combattevano. Nel 1936 Lord William Peel, capo di una commissione ufficiale, sostenne che la pace poteva essere ristabilita solo separando le popolazioni arabe ed ebraiche in due Stati distinti. È quella che oggi viene chiamata «soluzione a due Stati».

Durante la seconda guerra mondiale il Gran Mufti di Gerusalemme si alleò con il cancelliere Adolf Hitler. In particolare, mobilitò i mussulmani dai Balcani per arruolarli nelle SS, e sostenne anche la «soluzione finale della questione ebraica». Da parte loro, i fascisti ebrei (i “sionisti revisionisti”) dell’ucraino Vladimir Jabotinsky, combatterono a fianco dell’Asse contro i britannici. I sionisti si batterono invece a fianco degli Alleati, pur contestando i limiti che i britannici imponevano, teoricamente, all’immigrazione ebraica; solo in teoria.


Lo storico fascista Benzion Netanyahu e suo figlio Benjamin Netanyahu.

Fonte: Ufficio del primo ministro.

I sionisti si riunirono all’Hotel Baltimora di New York, sotto la presidenza di David Ben Gurion. Fissarono i principi del futuro Stato di Israele. Ben Gurion ci è stato finora presentato come uomo di buona volontà. Tuttavia, nel periodo tra le due guerre, fu compagno di Jabotinsky e si espresse a favore della pulizia etnica della Palestina. In un libro in ebraico, pubblicato due settimane fa in Israele da una grande casa editrice, si legge che Ben Gurion fu tenuto al corrente dei negoziati tra l’ungherese Rezso Kasztner, Heinrich Himmler e Adolf Eichmann, che durarono fino alla caduta del Reich. Kasztner affermò di aver comprato la fuga di un milione di ebrei ungheresi. In realtà salvò solo la propria famiglia e i suoi amici. Soprattutto, estorse 8,5 milioni di franchi svizzeri in oro (somma colossale all’epoca) alle facoltose famiglie ebraiche ungheresi facendo loro credere che sarebbero potute fuggire [4]. Se i documenti citati nel libro sono esatti, anche Ben Gurion sarebbe un truffatore, avendo ingannato il suo stesso popolo

Le Nazioni unite proposero:

• di non dividere la Palestina (respingendo quindi la soluzione a due Stati di Peel);

• d’instaurare un regime repubblicano, democratico e rappresentativo;

• di garantire le culture delle minoranze;

• di garantire la libertà religiosa di ebrei, cristiani e mussulmani.

Conferenze e negoziati si susseguirono invano. Il 29 novembre 1947 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite (che allora aveva solo 56 Stati membri) approvò un piano di spartizione elaborato da una commissione speciale [5]. Il piano fu immediatamente respinto da tutti i Paesi arabi.

Il 14 maggio 1948 (cioè due mesi e mezzo prima della fine del mandato britannico) Ben Gurion interruppe le discussioni proclamando unilateralmente l’indipendenza dello Stato di Israele. Il giorno successivo a questo colpo di mano, mentre i 100 mila soldati britannici iniziavano a ritirarsi, Egitto, Giordania, Iraq, Siria, Libano, Arabia Saudita e Yemen del Nord inviarono le loro truppe per difendere gli arabi di Palestina. Anche i Fratelli Mussulmani egiziani inviarono un gruppo di combattenti, comandato da Said Ramadan (genero del fondatore della Confraternita, Hassan el-Banna e padre di Tariq Ramadan). All’epoca nessuno di questi Paesi aveva un esercito degno di questo nome, per cui furono rapidamente sconfitti: nacque così il mito dell’invincibilità di Tsahal.

Ma, come mi ha raccontato l’amico libanese Hassan Hamad, questa narrazione è una menzogna. In realtà, i capi di Stato arabi erano già proni a Israele e gli ebrei non erano più forti degli arabi. L’emiro Majid Arslan, ministro della Difesa libanese, condusse senza incontrare troppa resistenza le sue truppe fino a Betlemme, che liberò. Ma il presidente libanese, Bechara El Khhoury, gli ordinò immediatamente di abbandonare il campo di battaglia. Majid Arslan si rifiutò di eseguire l’ordine e fu destituito; continuò tuttavia a combattere come ufficiale ordinario. Alla fine le sue truppe furono sconfitte, non dagli ebrei di Palestina, ma dall’esercito “giordano”, comandato dal generale britannico, John Bagot Glubb (detto Glubb Pasha) e da un centinaio di ufficiali britannici. In realtà la Giordania non aveva soldati, ma la Legione Araba, formata dai britannici durante la seconda guerra mondiale, dal primo giorno di guerra cambiò il proprio nome in Esercito Giordano, mantenendo intatta la struttura di comando britannica. Furono gli inglesi e i giordani a salvare sin dall’inizio Israele, come lo hanno salvato di nuovo quando l’Iran lo ha attaccato il mese scorso,

Questa guerra non fu un tentativo di annientare Israele, ma la prima manifestazione del sionismo arabo.

Folke Bernadotte

Le Nazioni Unite, preoccupate da questi sviluppi, mandarono in Palestina, come inviato speciale, lo svedese Folke Bernadotte, per ristabilire la situazione dopo il colpo di mano israeliano e la guerra arabo-israeliana. Appena arrivato Bernadotte si rese conto che la Commissione speciale che aveva elaborato il piano di spartizione ignorava la realtà demografica: gli israeliani rivendicavano un territorio sproporzionato rispetto al loro numero e avevano il sostegno di governi arabo-sionisti che avevano prima finto d’interporre i propri buoni uffici, poi avevano fatto la guerra.

Il 17 settembre 1948 i “sionisti revisionisti” (ossia i fascisti ebrei) uccisero Bernadotte e il capo degli osservatori dell’Onu, il colonnello francese André Serot. Mio nonno materno, Pierre Gaïsset, si trovava nella vettura successiva. Non fu ferito e sostituì il colonnello Serot. L’assassino, Yehoshua Cohen, non venne perseguito. Due anni dopo divenne la guardia del corpo ufficiale del primo ministro Ben Gurion. Il capo dei “sionisti revisionisti”, Yitzhak Shamir, fu immediatamente nominato capo di un dipartimento del Mossad. Compirà azioni segrete per conto del Regno Unito e degli Stati Uniti durante tutta la guerra fredda, dal Guatemala al Congo, e diventerà primo ministro (1983-84 e 1986-1992).

Il 29 novembre 1948 il governo di Ben Gurion, che sosteneva di ricercare gli assassini di Folke Bernadotte e di André Serot, presentò domanda di adesione alle Nazioni Unite, accompagnata da una lettera in cui si affermava «che lo Stato di Israele accetta, senza alcuna riserva, gli obblighi derivanti dalla carta delle Nazioni Unite e s’impegna a rispettarli dal giorno in cui diventerà membro delle Nazioni Unite». Convinta, l’11 maggio 1949 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite accolse la richiesta [6]. Considerate le sue sistematiche violazioni di questo impegno, oggi molti Stati chiedono la «sospensione» dell’adesione di Israele.

L’Operazione Diluvio di Al-Aqsa


Veniamo ai nostri giorni. Il 7 ottobre 2023 la Resistenza palestinese, su iniziativa di Hamas, ha lanciato una vasta operazione contro una base militare israeliana e anche contro i civili. Secondo il diritto internazionale, gli arabi di Palestina sono un «popolo occupato»; quindi, ai sensi delle Convenzioni di Ginevra, hanno il diritto di attaccare Israele. Purché colpiscano solo obiettivi militari, non già i kibbutz né i rave party. L’obiettivo dell’operazione era catturare militari, ed eventualmente anche civili, per negoziare il rilascio di ostaggi palestinesi in Israele, cioè di prigionieri non di guerra. Non sappiamo quanti prigionieri e quanti ostaggi siano stati presi, né tantomeno la ripartizione tra civili e militari. Hamas sostiene di detenere oltre 30 ufficiali.


L’operazione Diluvio di Al-Aqsa è stata preparata negli ultimi tre anni alla luce del sole [7]. Sono stati scavati centinaia di chilometri di tunnel con macchine perforatrici, che potevano entrare a Gaza solo con il consenso della dogana israeliana. Almeno un milione di metri cubi di terra e di macerie è stato asportato sotto gli occhi dei servizi di sicurezza israeliani. Sono stati costruiti diversi centri di addestramento e sono stati fatti addestramenti con i deltaplani. Queste operazioni sono state osservate dalle intelligence non solo israeliana ma anche di altre potenze come Egitto e Stati Uniti. Molti rapporti sono stati inviati al primo ministro Benjamin Netanyahu, che tuttavia non ha reagito. Peggio ancora, ad agosto ha destituito il ministro della Difesa, generale Yoav Galland, che in consiglio dei ministri si era lamentato di questa mancanza di reazione. Tuttavia, vista la reazione dell’opinione pubblica al siluramento, Netanyahu ha preferito reintegrarlo piuttosto che doverne spiegare il motivo.

Israele ha accusato il giornalista che ha pubblicato fotografie del 7 ottobre molto prima dell’intervento dei servizi di sicurezza di essere membro di Hamas.

Alle 4.30 del 7 ottobre le diverse fazioni palestinesi (Jihad islamica, FPLP e Iniziativa nazionale) sono state allertate da Hamas per partecipare all’operazione, che ha avuto inizio alle 6.30 (cioè prima dell’alba). L’operazione è iniziata con la distruzione di tutti i robot che monitorano il Muro di separazione. Quindi l’allarme è stato lanciato alle 6.30. Alle 8.00 le agenzie di tutto il mondo hanno iniziato a diffondere le immagini dell’attacco [8]. Ciononostante le forze di sicurezza israeliane sono intervenute solo alle 9.45.


Fin dall’inizio del loro intervento, le Forze di Difesa Israeliane (FDI) hanno applicato la “direttiva Hannibal”, che ordina di uccidere i propri militari piuttosto che consentire che vengano fatti prigionieri dal nemico. I dati delle vittime israeliane diffuse dal governo di Netanyahu non distinguono tra attaccanti e difensori. Inoltre il governo israeliano ha denunciato violenze che, in linea di principio, i combattenti non dovrebbero avere il tempo di commettere in un attacco a sorpresa. La mauriziana Pramila Patten, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle violenze sessuali, ha ascoltato vittime e testimoni dell’operazione Diluvio di Al-Aqsa, concludendo che potrebbero essere stati commessi alcuni abusi sessuali, ma che le accuse più gravi (in particolare la castrazione di soldati) non erano credibili [9]. I rapporti sulla decapitazione di neonati sono stati ritirati dopo un’inchiesta di Al Jazeera.

In Israele l’opposizione si rifiuta per il momento di affrontare la questione del possibile ruolo del primo ministro nell’organizzazione dell’operazione. Tuttavia il problema va posto: Netanyahu è figlio del fascista Benzion Netanyahu, segretario particolare di Vladimir Jabotinsky (alleato di Benito Mussolini, morto all’inizio della seconda guerra mondiale) e ha sempre espresso ammirazione per i due uomini.


Benjamin Netanyahu ha sempre sostenuto Hamas come alleato tattico nella lotta contro Fatah di Yasser Arafat. Tuttavia, fino al 2017, Hamas si definiva «ramo palestinese della Confraternita dei Fratelli Mussulmani». Questa organizzazione fu ristrutturata nel 1949 dai servizi segreti britannici, sul modello della Gran Loggia Unita d’Inghilterra [10]. Nel 1950 fu inglobata nell’apparato britannico della guerra fredda. In quel momento Sayyed Qutb, il teorico della jihad, ne divenne l’esponente più in vista. Nel 2017 dei gazesi che aspiravano a difendere il proprio Paese certamente vi aderirono, ma pretesero che Hamas rompesse con i Fratelli Mussulmani e con i britannici. Alla fine, le due correnti hanno coesistito [11]. Il 19 ottobre 2022 il presidente siriano Bashar al-Assad ha ricevuto Khalil Hayya, leader della corrente rivoluzionaria di Hamas, ma ha rifiutato di incontrare Ismael Haniyeh e Khaled Meshal, i leader della corrente di Hamas che si richiama alla Fratellanza [12]. Dal punto di vista arabo non esiste un solo Hamas, ma ce ne sono due. Infatti, durante tutta la guerra in Siria Hamas ha combattuto a fianco di Al-Nusra (branca siriana di Al Qaeda), delle FDI e delle forze speciali della Nato, contro la Repubblica araba siriana. Il 9 dicembre 2012 elementi di Hamas assassinarono a Yarmuk (periferia di Damasco) alcuni leader del Fronte per la liberazione della Palestina (FPLP), tra cui un mio amico [13].

Non solo è sbagliato attribuire l’attacco del 7 ottobre unicamente ad Hamas, ma è anche sbagliato ignorare che ci sono due Hamas. Queste menzogne permettono di presentare l’operazione Diluvio di Al-Aqsa come un vasto pogrom antisemita, secondo le parole del presidente francese Emmanuel Macron; si è trattato invece di un atto della Resistenza, come ha sottolineato Francesca Albanese, relatrice dell’Onu sui diritti dell’uomo nei territori palestinesi occupati.

GLI ANGLOSASSONI E IL MASSACRO DI GAZA

Siamo stati testimoni del massacro di 35 mila persone, della scomparsa sotto le macerie di altre 13 mila, nonché delle gravi lesioni di altre 120 mila. Chiunque abbia sentimenti umani non può che esserne inorridito. Non per l’identità delle vittime, ma per una questione di umanità.

Ben Gurion

Secondo il primo ministro Benjamin Netanyahu si tratta di un’operazione di polizia, per arrestare gli assalitori del 7 ottobre, ma tutti hanno capito che non c’è alcun rapporto tra questo attacco e la reazione israeliana, che mira solo a rendere la vita insopportabile agli abitanti di Gaza finché non se ne andranno di loro spontanea volontà. Questo era il programma di Vladimir Jabotinsky e del suo segretario, Benzion Netanyahu, convalidato dal negoziatore con i nazisti, tuttavia fondatore di Israele, Ben Gurion.

Vladimir Jabotinsky

Per tutta la durata del massacro, e anche oggi, gli anglosassoni forniscono a Israele le armi per compierlo.

Tuttavia, quando nelle università statunitensi sono cominciate manifestazioni contro lo sparimento di sangue, diffondendosi in tutto il Paese e in Francia, l’amministrazione Biden ha preso in considerazione la possibilità di far dimettere Benjamin Netanyahu e sostituirlo con Benny Gantz. Certo la decisione non spetta legalmente a Washington, ma gli Stati Uniti hanno una lunga tradizione di colpi di Stato e di rivoluzioni colorate. Il segretario di Stato Antony Blinken ha perciò invitato Gantz per «discutere la situazione». Gantz ha accettato e ha nel contempo organizzato una tappa nel viaggio di ritorno per incontrare l’amministrazione Sunak. Ma le cose non hanno funzionato [14]: Benny Gantz ha capito perfettamente che Washington gli chiedeva di fermare il massacro, obiettivo da lui condiviso, ma ha voluto informare gli statunitensi che è sua volontà proteggere Israele distruggendo Hamas. I suoi sbalorditi interlocutori hanno capito che non era «un figlio di puttana, ma il nostro figlio di puttana», per riprendere le parole del presidente Franklin D. Roosevelt, e hanno immediatamente informato il primo ministro britannico, Rishi Sunak. Quando Benny Gantz è arrivato a Londra per incontrare il consigliere speciale per la Sicurezza, Sunak si è autoinvitato al loro incontro. Il primo ministro britannico ha cercato di spiegare a uno sbalordito Gantz che il «figlio di puttana» Hamas è intoccabile, perché alcuni dei suoi membri sono «i nostri figli di puttana». Per questa ragione gli anglosassoni non hanno rovesciato Netanyahu.

Benny Gantz

Il primo ministro britannico, Rishi Sunak, comunica a Benny Gantz che il “nostro” Hamas è intoccabile.

Visti da Londra e Washington, i massacri dei civili sono deplorevoli, ma sono solo variabili di assestamento. Così com’è, Israele è uno Stato indispensabile. Se venisse pacificato e diventasse normale non servirebbe più a nulla. Come la Repubblica dei Corsari del XVIII secolo, Israele consente le più grandi operazioni di riciclaggio di denaro e offre rifugio ad alcuni dei più grandi criminali del pianeta.


Un funzionario dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) mi ha raccontato di aver fatto il cameriere al bar dell’Hotel King David di Gerusalemme. Un giorno ha assistito all’ingresso di alcuni commercianti di diamanti, arrivati senza passare dalla dogana e accompagnati da una scorta militare. Questi uomini e alcuni clienti hanno scambiato diamanti contro contanti, poi sono ripartiti in incognito. Un commercio del genere non potrebbe avvenire in alcun altro Stato.


Thierry Meyssan

Traduzione: Rachele Marmetti

N.B. Il contenuto di questo testo non deve necessariamente coincidere con le mie opinioni (D. Siragusa)

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