sabato 24 ottobre 2015

A PROPOSITO DI NAFTALI BENNETT: L'EBBREZZA DI UN CRIMINALE

A PROPOSITO DI NAFTALI BENNETT




Il mio post raffigurante il ministro ebreo nazista israeliano Naftali Bennett sta raccogliendo centinaia di condivisioni. Questo è segno che le sue affermazioni spudorate e disumane, nonostante porti la kippa in testa degli ebrei religiosi, offendono e indignano la sensibilità di ogni essere umano. Leggo tra le varie condivisioni che qualcuno, in buona fede e animato dalle migliori intenzioni, dubita della veridicità di questa affermazione cinica e barbara del ministro ebreo nazista dell'Istruzione. Voglio rassicurare tutti che le mie fonti di informazione sono rigorosissime e hanno lo scopo di contrastare i silenzi voluti e le menzogne volute della grande informazione controllata ed eterodiretta dai poteri criminali, perché tali essi sono. Le affermazioni di Naftali Bennett non sono nuove e qui mostro la fonte da cui le ho tratte: l'edizione in francese di HUFFINGTON POST del 29/7/2013, quando Bennett era ministro dell'Economia.

Diego Siragusa

giovedì 22 ottobre 2015

Gilad Atzmon: «Netanyahu è un revisionista storico».



Posted: 21 Oct 2015 04:37 PM PDT

Ci avevo pensato a scrivere al riguardo, appena questa mattina mi era giunta la notizia di questa nuova, enorme bufala di Netanayu, ma poi mi sono detto che avrei subito una campagna di stampa, con una potenza di fuoco alla quale non avrei potuto rispondere da questo mio blog destinato a Cinque affezionati lettori. Ormai capisco come funzionano siffatte campagne... Un tam tam che poi si trascina da quotidiano a quotidiano, da televisione a televisioni, con i politici che rilasciano le loro dichiarazione. La Merkel, in Israele con Netanyahu, bava come è, ha accollato al popolo tedesco tutta quella responsabilità, che Bibi tenta di mettere nuovamente a frutto caricandola sulle spalle dei palestinesi... In Germania, nel 1994, Ernst Nolte è stato il primo a denunciare i pericoli che con l’introduzione della Auschwitz-Lüge sarebbero sorte per la libertà di ricerca non solo in sede storica, ma in ogni altro ambito. Da allora sono ben 200.000 i casi da me stimati di procedimenti penali per reati di opinione. Gli storici hanno dimostrato grande viltà e un conformismo verso il potere non diverso da quello dei giornalisti, loro degni compari con i quali scambiano spesso i ruoli: il giornalista che veste i panni dello storico e viceversa. La sortita, penosa, di Bibi dimostra quella strumentalità dell’«Olocausto» che Norman G. Finkelstein ha già denunciato nel suo libro «L’Industria dell’Olocausto». Come ho altre volte espresso, la questione non riguarda tanto la “verità” di un fatto storico tragico quanto si vuole ma la “libertà” di poterne trattare al pari di ogni altro oggetto di ricerca storica, filosofica, letteraria, attinente alle scienze fisiche e naturali. Nel caso specifico la “verità” dipende dalla geopolitica del Vicino Oriente e dalla capacità che negli USA la “Israel lobby” ha di tenere al guinzaglio tutta la classe politica americana, secondo quanto hanno descritto nel loro ormai celebre saggio, tradotto anche in italiano, La Israel lobby e la politica estera americana... Inutile aspettarsi nulla da un ceto politico, il nostro, infame, che ha sempre brillato solo per servilismo e venalità. Valgono per la traduzione le cautele già espresse. Verrà data in appendice una rassegna del dibattito che certamente la sortita di Netanyahu susciterà. Delle affermazioni di Netanyahu esiste un video You Tube. Sul muftì sono pochi in Italia a sapere chi fosse, mentre in Israele - dice Pappe - il suo nome viene subito dopo quello di Hitler. Oggi in casa ho così semplificato un ritratto del mufti: Dopo la prima guerra mondiale, l’Impero britannico diede inizio alla “pulizia etnica” della Palestina aprendo le porte a una massiccia immigrazione ebraica a tutto detrimento degli arabi, che presto non ne potettero più e si ribellarono. Furono ferocemente e sanguinosamente repressi, particolarmente con la rivolta del 1936-39, anni in cui fu la Palestina fu privata di quella classe dirigente di cui avrebbe avuto grande bisogno durante la Nakba nel 1948. Il muftì dovette fuggire in esilio, ma non si ritirò a vita privata. Cercava di fare tutto quello che poteva per il suo popolo martirizzato. Dove doveva andare a chiedere aiuti? Dagli inglesi che lo braccavano? Era logico e naturale che chiedesse appoggio a una grande potenza come era allora la Germania nazista... Tutto qui! In Israele, ci hanno sopra inzuppato a più non posso fino alla bufalata odierna di Bibi, che ha il grande merito di rendere nonostante tutto giustizia ad un “patriota” quale appunto si può considera il mufti Amin al-Husseini (1895-1974), checché ne dicano o pensini Bibi e i media e i loro “opinionisti” a lui osservanti e ossequianti.

GILAD ATZMON
Fresco di stampa: Netanyahu è un revisionista storico

Amin al-Husseini (1895-1974)
Il primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu si è attirato critiche per un discorso incendiario in cui accusa il gran mufti palestinese di Gerusalemme, Amin al-Husseini, di “aver ispirato l’Olo-causto”. I critici accusano Netanyahu di banalizzare l’Olocausto attribuendo al gran muftì la spinta per il piano hitleriano di sterminio degli Ebrei d’Europa.

Nel suo discorso Netanyahu descrive un incontro fra Haj Amin al-Husseini e Hitler nel novembre 1941. «Hitler in quel periodo non voleva sterminare gli ebrei; egli voleva espellere gli ebrei. E Haj Amin al-Husseini andò da Hilter e gli disse: ‘Se tu li espelli, verranno tutti qui [in Palestina]’». Secondo Netanyahu, Hitler chiese poi: «Cosa dovrei fare con loro?» e il muftì rispose: «Bruciali». Netanyahu ha scelto di non rivelare come ha scoperto la trascrizione della conversazione.

Questo cambiamento di prospettiva storica israeliana, illuminata da Netanyahu, è tempestiva e benvenuta. Nei giorni scorsi è diventato chiaro che la Palestina non è più disposta ad accettare ancora la presenza sionista sulla sua terra e questo sentimento è più che comprensibile. È scaduto per gli ebrei il tempo di andarsene e inventarsi una nuova terra promessa fantasmatica. La Germania è ovviamente in candidato ideale. Angela Merkel ama l’immigrazioneed è probabilmente disposta ad accogliere qualche milione di israeliani mangiatori di terra per bilanciare le vittime delle guerre siocon che sono in fuga nel suo rifugio germanico.

Recentemente, Berlino è diventata la nuova Gerusalemme per gli israeliani. Migliaia di giovani israeliani si sono trasferiti a Berlino negli ultimi anni in un’ondata migratoria che in ebraico si chiama “Olim le-Berlin” (ascesa a Berlino). Ieri pomeriggio ha ricevuto la chiamata della gioventù israeliana ed ha finalmente vendicato Hitler e i tedeschi. Sembra che in realtà sono i palestinesi a dover essere incolpati per la Shoah. Nella sfera ebraica piace mantenere l’equazione semplice: la vittima eterna (l’ebreo) è il fattore costante, l’antisemita è l’elemento variabile. L’antisemita continua a cambiare, non smette mai di cambiare.

Dan Michman
Alcuni noiosi storici israeliani non sono ancora disposti a seguire lo spostamento revisionista di Netanyahu. Essi insistono che il mantenimento del senso di colpa tedesco è essenziale. Il prof. Dan Michman, direttore dell’Istituto di ricerca sull’Olocausto alla Bar-Ilan University ha detto: «quando Hitler ha effettivamente incontrato il muftì, ciò avvenne dopo che la Soluzione Finale era iniziata». Sono sempre confuso dall’erudizione ebraica e e dal modo in cui gli studiosi ebrei giocarellano con i fatti per adattarli con i sempre mutevoli interessi ebraici. Secondo la religione sionista dell’Olocausto, la “Soluzione Finale” fu stabilita per la prima volta nella Conferenza di Wannsee nel gennaio 1942. Ma Hitler incontrò il muftì nel novembre 1941.

Dina Porat
In alternativa, cerco di seguire in profondità l’erudizione israeliana. La professoressa Dina Porat ha detto al sito israeliano Ynet che le affermazioni di Netanyahu erano “inesatte”. La sua profonda argomentazione: «Non si può dire che fu il muftì ad aver dato a Hitler l’idea di uccidere o bruciare gli ebrei. Non è vero. Il loro incontro è avvenuto dopo una serie di eventi che puntano a questo». Come io ho fatto notare in The Wandering Who?, non esiste una storia ebraica. Essa è piuttosto l’occultamento istituzionale della vergogna ebraica che si traduce in un impudente, incoerente zigzag kosher.

MK Itzik Shmuli
MK Itzik Shmuli ha invitato Netanyahu a chiedere scusa alle vittime dell’Olocausto. «Questa è una grande vergogna, un primo ministro dello Stato ebraico al servizio dei negazionisti dell’Olocausto». Fortunatamente noi ora possediamo una cartina al tornasole molto efficace per i negazionisti dell’Olocausto. Se Netanyahu è il negazionista dell’Olocausto che il MK [Member Knesset] Shmuli sottintende, egli presto esprimerà il suo supporto a Jeremy Corbyn e al nostro rivoluzionario Partito laburista. Davvero io non riesco a trattenere il respiro.

Steffen Seibert e Angela Merkel
Aggiornamento: L’agenzia Reuters ha riferito oggi che il governo tedesco si è rifiutato di condividere la responsabilità per la Shoah con i palestinesi o con chiunque altro. «La responsabilità per l’Olocausto dipende dai tedeschi», ha insistito il portavoce di Angela Merkel Steffen Seibert. Il suo messaggio è stato chiaro: l’Olocausto è nostro e nessuno ce lo porterà via, nemmeno Bibi.

Gilad Atzmon

Rassegna stampa

L’ordine che segue è del tutto casuale. Non ci propone una raccolta completa, ma solo esemplificativa. Se parrà il caso, seguirà un nostro commento (in corsivo) ad ogni singola fonte oppure si prenderanno estratti significativi (in tondo).

1.  Ansa. –
2. Il Sole 24 Ore. – «C’è un limite alla deformazione della storia» e le affermazioni di Netanyahu «fanno il gioco dei negazionisti dell'Olocausto», ha attaccato il leader dell'opposizione israeliana Itzjak Herzog. Un altro deputato, il laburista Itzik Shmuli, ha chiesto che il premier si scusi con i sopravvissuti all'Olocausto. «Il capo del governo israeliano al servizio dei negazionisti! Questo non si era mai visto finora. Non è la prima volta che Netanyahu deforma la storia però una frottola di questa caratura è veramente nuova», ha affermato, citato dal quotidiano Ynet. || Herzog ha ragione: si sono dati la zappa sua piedi, per eccesso di incontenibile “odio” verso i palestinesi, i cui leader dimostrano peraltro di essere subalterni di un’ideologia che domina anche su di  loro.

3. Il Fatto Quotidiano. - Il premier israeliano ripropone una ricostruzione alternativa sulla Soluzione finale: "A suggerire di bruciarli fu il Muftì di Gerusalemme". Lo aveva già sostenuto nel 2012. | Il premier israeliano ha pronunciato queste parole durante un intervento al Congresso sionista | Come ricorda oggi il quotidiano israeliano Haaretz, il premier israeliano l’aveva già sostenuta durante un discorso alla Knesset, tre anni fa, quando definì Husseini “uno dei principali architetti” della soluzione finale. | - || Nel 2012? Dunque, non si tratta di un caso, di una scivolata... ||
4.

COSA DISSE DAVVERO IL GRAN MUFTI' A HITLER? (il verbale ufficiale dell'incontro)



Che cosa realmente accadde quando 
il Mufti incontrò Hitler

Benjamin Netanyahu ha causato una tempesta di questa settimana, quando ha affermato che il Mufti di Gerusalemme ha dato l'idea di Hitler per la soluzione finale nel 1941. Ecco cosa rivela la documentazione ufficiale.

di Ofer Aderet 


(Articolo pubblicato in Haaretz)
22 ottobre 2015

L'incontro tra Adolf Hitler e il Mufti di Gerusalemme, Amin al-Husseini, ebbe  luogo a Berlino il 28 Novembre 1941, dalle 4: 30 alle 5: 45 del pomeriggio. L'incontro non fu trascritto, ma i punti principali sono stati dettagliati da Fritz Grobba, un diplomatico nazista e esperto di Medio Oriente che in precedenza aveva servito nel consolato tedesco di Gerusalemme e come ambasciatore tedesco in Iraq. Questi punti sono descritte di seguito.
La conversazione  iniziò con il Mufti che ringraziava il Führer per il grande onore che aveva a lui donato di riceverlo. Il Mufti elogiò Hitler generosamente, gli disse che era ammirato da tutto il mondo arabo, e lo ringraziò per aver divulgato il loro destino comune nei suoi discorsi.

Gli disse anche che gli arabi avevano piena fiducia nel Führer perché condividevano tre nemici comuni: gli inglesi, gli ebrei e i bolscevichi. Il Mufti disse che gli Arabi erano disposti a schierarsi con la Germania nella lotta e versare il loro sangue al fianco di soldati tedeschi, anche stabilire una Legione Araba. Gli arabi erano convinti che una vittoria tedesca sarebbe stata un bene non solo per i tedeschi, ma per il mondo intero e gli arabi. A tal fine, gli arabi stavano chiedendo l'indipendenza e la costituzione di un'entità unitaria per includere l'Iraq, la Siria, il Libano, i palestinesi e  la Transgiordania.

Il Mufti avvertì Hitler che gli inglesi stavano anche lavorando per realizzare l'indipendenza araba. Pertanto, esortò la Germania a intervenire affinché gli inglesi non avessero il sopravvento. Egli aggiunse che gli arabi speravano che la Germania chiarisse i suoi obiettivi per quanto riguarda gli arabi, e chiese che la Germania e l'Italia pubblicassero una dichiarazione congiunta sull'argomento. Egli sostenne che gli arabi erano ben organizzati sotto la sua guida, e spiegò che le potenze regionali, Turchia e Francia, non avevano nulla da temere da un tale passo.
Hitler, nel frattempo, disse che i motivi della sua lotta erano chiari, e sostenne che stava conducendo una lotta senza compromessi contro gli ebrei - tra cui gli ebrei di Palestina - al fine di prevenire la creazione di uno stato ebraico che sarebbe servito come base per la distruzione tutte le nazioni del mondo. Disse che la sua battaglia principale era contro gli ebrei, e che sterminare il popolo ebraico era parte della sua campagna globale.
Il Führer spiegò che era chiaro per lui che agli ebrei non doveva essere consentito di insediarsi in Palestina. Disse che era determinato a risolvere il problema ebraico un passo alla volta, al fine di mettere ordine nel mondo, comprese le nazioni non europee.

Aggiunse che era vero che i tedeschi e gli arabi avevano come nemici comuni gli inglesi e i bolscevichi, e che sebbene questi due nemici avevano obiettivi diversi, erano entrambi guidati da ebrei che avevano lo stesso obiettivo. La Germania li stava affrontando entrambi in una lotta per la vita e la morte , e il successo di questa lotta non era solo riferita al nazionalsocialismo e all'ebraismo, ma avrebbe avuto pure un’influenza positiva sugli arabi.
Hitler dichiarò che avrebbe continuato la lotta fino a quando l'ebreo-comunista "ricco" in Europa fosse totalmente distrutto, e che nel corso della lotta, in un futuro non troppo lontano, i soldati tedeschi potrebbero raggiungere anche il Caucaso. A quel punto, disse, il Führer avrebbe promesso agli arabi che il tempo della liberazione era arrivato.
Egli ha inoltre promesso che la Germania non aveva altro interesse nella regione, a parte la distruzione della forza ebraica che si trovava in territorio arabo. Appena questo fosse accaduto, disse , il Mufti sarebbe diventato il portavoce del mondo arabo. Hitler promise  anche che, quando i soldati tedeschi avranno sfondato in Iraq e in Iran, l'Impero Britannico sarebbe giunto al termine.
Hitler aveva promesso che la Germania avrebbe dato assistenza pratica agli arabi che partecipavano alla lotta, in cui gli ebrei usavano tutta la potenza dell’ Inghilterra , che soprannominò "il difensore degli ebrei". Disse che l'assistenza sarebbe stata materiale, perché il sostegno da solo era inutile. Disse al Mufti che aveva cercato di aiutare l'Iraq contro gli inglesi, ma le circostanze gli avevano impedito di farlo.
Hitler aggiunse che era una persona razionale e, cosa più importante, un soldato e il capo delle forze tedesche. Osservò che sarebbe stato fatto ogni sforzo per raggiungere l'obiettivo. Spiegò che la lotta avrebbe anche influenzato il destino dell'Oriente, e che vi era la necessità di esaminare quali misure avrebbero aiutato la lotta e quali l’avrebbero danneggiata.
Hitler si rifiutò di rendere pubblica qualsiasi dichiarazione su questo argomento, neanche quello privato. Affermò di aver fatto poche promesse nella sua vita, ma le aveva mantenute. Alla fine della conversazione, Hitler disse di aver temuto per la sicurezza del Mufti, ma ora era contento che Husseini fosse lì.

(Traduzione dall'inglese di Diego Siragusa)

Per saperne di più: http://www.haaretz.com/israel-news/.premium-1.681839?utm_campaign=Echobox&utm_medium=Social&utm_source=Facebook



VERSIONE INGLESE

ENGLISH VERSION



What Really Happened When the 

Mufti Met Hitler


di Ofer Aderet 

Oct 22, 2015 1:31 PM



The meeting between Adolf Hitler and the Mufti of Jerusalem, Haj Amin al-Husseini, took place in Berlin on November 28, 1941, from 4:30-5:45 P.M. The meeting was not transcribed, but the main points were detailed by Fritz Grobba, a Nazi diplomat and Middle East expert who had previously served in the German consulate in Jerusalem and as German ambassador to Iraq. Those points are outlined below.
The conversation began with the Mufti thanking the Führer for the great honor he had bestowed upon him by receiving him. The Mufti praised Hitler lavishly, told him he was admired by the entire Arab world, and thanked him for publicizing their shared fate in his speeches.

Hitler meeting with Husseini in Berlin, 1941.
He also told him the Arabs had complete confidence in the Führer because they shared three common enemies: the British, the Jews and the Bolsheviks. The Mufti said the Arabs were willing to side with Germany in the struggle and spill their blood alongside German soldiers, even establishing an Arab Legion. The Arabs were convinced a German victory would be good not only for the Germans, but for the entire world and the Arabs. To this end, the Arabs were requesting independence and the establishment of a united entity to include Iraq, Syria, Lebanon, the Palestinians and Transjordan.

The Mufti warned Hitler that the British were also working to achieve Arab independence. Therefore, he urged Germany to intervene so the British would not gain the upper hand. He added that the Arabs expected Germany to clarify its goals regarding the Arabs, and requested that Germany and Italy publish a joint declaration on the subject. He claimed the Arabs were well organized under his leadership, and explained that regional powers Turkey and France had nothing to fear from such a step.

Hitler, meanwhile, said the reasons for his struggle were clear, and maintained that he was conducting an uncompromising battle against the Jews – including the Jews of Palestine – in order to prevent the establishment of a Jewish state that would serve as a base for destroying all the nations of the world. He said his main battle was against the Jews, and that exterminating the Jewish people was part of his overall campaign.


The Führer explained it was clear to him that the Jews should not be allowed to rebuild in Palestine. He said he was determined to solve the Jewish problem one step at a time in order to bring order to the world, including to non-European nations.


He added that it was true the Germans and Arabs shared common enemies in the British and the Bolsheviks, and that although these two enemies had different goals, they were both headed by Jews, who had the same goal. Germany was confronting them both in a life-and-death struggle, and the success of this struggle related not only to National Socialism and Judaism, but would have a positive influence on the Arabs, too.
Hitler declared that he would continue the struggle until the Jewish-Communist “reich” in Europe was totally destroyed, and that during the course of the struggle, in the not-too-distant future, German soldiers would also reach the Caucasus. At that point, he said, the Führer would promise the Arabs that the time of liberation had arrived.
He further promised that Germany had no other interest in the region aside from the destruction of the Jewish force that was located in Arab territory. When that happened, the Mufti would become the spokesman of the Arab world, he said. Hitler also promised that when the German soldiers broke through into Iraq and Iran, the British Empire would come to an end.
Hitler promised that Germany would give practical assistance to the Arabs participating in the struggle, in which the Jews were using all the power of England – which he dubbed “the defender of the Jews.” He said the assistance would be material, because support alone was useless. He told the Mufti he had tried to help Iraq against the British, but circumstances had prevented him from doing so.
Hitler added that he was a rational person and, more important, a soldier and the leader of the German forces. He noted that every effort would be made to attain the goal. He explained that the struggle would also affect the fate of the Orient, and that there was a need to examine which steps would assist the struggle and which would harm it.
Hitler refused to publish any declaration on the subject, not even a private one. He asserted that he had made few promises in his life, but had kept them all. At the end of the conversation, Hitler said he had feared for the Mufti’s safety, but now he was glad Husseini was there.

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giovedì 15 ottobre 2015

Intervista all'intellettuale e saggista israeliano Michel Warschawski



La violenza è figlia delle politiche di Netanyahu

Parla l'intellettuale e saggista Michel Warschawski (Mikado). «Le provocazioni continue del governo israeliano, la colonizzazione dei Territori occupati e la fine dell'illusione del processo di pace, sono le ragioni della nuova rivolta. La condizione più difficile è quella dei palestinesi di Gerusalemme»

Michele Giorgio, Il Manifesto | nena-news.it

14/10/2015

Per il primo mini­stro Neta­nyahu l'escalation di attac­chi pale­sti­nesi è sol­tanto una nuova cam­pa­gna ter­ro­ri­stica lan­ciata per odio nei con­fronti degli ebrei e non avrebbe legami con le poli­ti­che di Israele nei Ter­ri­tori occu­pati e a Geru­sa­lemme. A con­te­stare que­sta tesi non sono sol­tanto i pale­sti­nesi – il segre­ta­rio dell'Olp Saeb Ere­kat ieri ha addos­sato tutte le respon­sa­bi­lità alle «poli­ti­che israe­liane di occu­pa­zione, delle colo­nie e di Apar­theid» — ma anche alcuni intel­let­tuali ebrei come il sag­gi­sta Michel War­scha­w­ski, più noto in Israele come Mikado. Lo abbiamo inter­vi­stato ieri a Gerusalemme.

Per molti lea­der poli­tici israe­liani, a comin­ciare dal primo mini­stro, que­sto con­flitto non ha radici che scen­dono pro­fonde negli anni pas­sati. Come se fosse sorto appena qual­che giorno fa.

Tante per­sone, anche all'estero, hanno la memo­ria corta. La vio­lenza pale­sti­nese alla quale assi­stiamo da qual­che giorno a que­sta parte non è fine a se stessa, immo­ti­vata, come cer­cano di far pas­sare i lea­der israe­liani. Piut­to­sto è il risul­tato di qual­cosa di pro­fondo. Per­chè è divam­pata adesso? Le ragioni sono soprat­tutto due. La prima è che è ter­mi­nato il tempo che la popo­la­zione pale­sti­nese aveva messo a dispo­si­zione del pre­si­dente dell'Anp Abu Mazen per nego­ziare e rag­giun­gere un accordo con Israele. Credo che i pale­sti­nesi, incluso Abu Mazen, abbiano com­preso che non c'è alcun part­ner israe­liano che voglia nego­ziare sul serio e non solo por­tare avanti trat­ta­tive senza futuro. Siamo alla fine dell'illusione del cosid­detto pro­cesso di pace. La seconda ragione è la lunga serie di gravi pro­vo­ca­zioni com­piute dal governo israe­liano a danno dei pale­sti­nesi, a par­tire da quella avve­nuta sulla Spia­nata delle moschee di al Aqsa, senza dimen­ti­care la con­ti­nua espan­sione delle colo­nie in Cisgior­da­nia e a Geru­sa­lemme. Se met­tiamo insieme que­ste pro­vo­ca­zioni con la fine dell'illusione del pro­cesso di pace, si ottiene la rea­zione vista in que­sti ultimi giorni, che è stata spontanea.

Neta­nyahu ripete che il suo governo non modi­fi­cherà lo sta­tus quo della Spia­nata delle moschee. I pale­sti­nesi e il mondo isla­mico non gli credono.

Le pro­vo­ca­zioni com­piute da orga­niz­za­zioni e gruppi che, spesso appog­giati da mini­stri e depu­tati, cer­cano di imporre la sovra­nità israe­liana ed ebraica sulla Spia­nata hanno con­tri­buito ad inne­scare que­sta Inti­fada. Su que­sto non ci sono dubbi. Non dimen­ti­chiamo anche i con­ti­nui raid della poli­zia in quel sito sacro per i musul­mani di tutto il mondo, che hanno gene­rato sde­gno per­sino tra i pale­sti­nesi cri­stiani. Se que­ste pro­vo­ca­zioni sulla Spia­nata delle Moschee non ces­se­ranno, ogni sce­na­rio sarà pos­si­bile. Per que­sto motivo per­sino un lea­der arabo mode­rato come re Abdal­lah di Gior­da­nia è inter­ve­nuto con forza su Neta­nyahu per dir­gli di met­tere fine alle vio­la­zioni sulla Spia­nata che pos­sono creare una valanga devastante.

Dati dif­fusi nelle ultime ore dicono che l'80% degli attac­chi avve­nuti a Geru­sa­lemme nelle ultime due set­ti­mane sono stati com­piuti da pale­sti­nesi resi­denti nella città. Cos'è Geru­sa­lemme oggi per un palestinese?

È la situa­zione peg­giore in cui un pale­sti­nese che possa vivere dopo Hebron (città della Cisgior­da­nia meri­dio­nale divisa in due, ndr). Se da un lato l'annessione uni­la­te­rale a Israele della zona araba della città (occu­pata mili­tar­mente nel 1967, ndr) ha dato alcuni beni­fici ai pale­sti­nesi che vi abi­tano, come l'assistenza sani­ta­ria israe­liana, dall'altro più di una gene­ra­zione di pale­sti­nesi di Geru­sa­lemme ha dovuto sop­por­tare un'aggressione inces­sante nei loro quar­tieri, fina­liz­zata a iso­lare le aree arabe e a cir­con­darle di colo­nie israe­liane. Con l'obiettivo di ren­dere Geru­sa­lemme una città solo israe­liana. I pale­sti­nesi (di Geru­sa­lemme) sono al cen­tro di que­sti piani e, allo stesso tempo, sono iso­lati dal resto della Cisgior­da­nia a causa del Muro di divi­sione costruito da Israele tra la città santa e i Ter­ri­tori occupati.

Il silen­zio della sini­stra israe­liana è assordante.

Se par­liamo del Par­tito labu­ri­sta e di Peace Now, pos­siamo affer­mare con asso­luta cer­tezza che non esi­stono più, sono sva­niti nel nulla. Pen­sate, Yitz­hak Her­zog, lea­der di quel par­tito che si fa chia­mare ancora labu­ri­sta, è impe­gnato in una gara a destra con Neta­nyahu. Sostiene che il primo mini­stro sia inca­pace a "fer­mare il ter­ro­ri­smo e ripor­tare la calma nel Paese". Quella che un tempo era nota come la sini­stra mode­rata nei fatti non esi­ste più. Certo, c'è sem­pre la sini­stra radi­cale ma rie­sce a mobi­li­tare sol­tanto alcune cen­ti­naia delle migliaia di per­sone che un tempo si vede­vano alle sue manifestazioni.

Per­chè il mondo, soprat­tutto quello occi­den­tale, non com­prende e non appog­gia più le aspi­ra­zioni dei palestinesi.

Esi­ste una dif­fe­renza tra l'opinione pub­blica inter­na­zio­nale e la cosid­detta comu­nità inter­na­zio­nale. La prima con­te­sta le poli­ti­che del governo israe­liano ed è lar­ga­mente impe­gnata a favore di una solu­zione per que­sta terra fon­data sulla giu­sti­zia e i diritti. La comu­nità inter­na­zio­nale, com­po­sta da governi ed isti­tu­zioni uffi­ciali, è for­te­mente con­di­zio­nata da Benya­min Neta­nyahu. Fa i conti con un pre­mier e il suo governo che senza pro­blemi fanno capire che non ter­ranno conto dell'opinione degli stra­nieri e che con­ti­nue­ranno certe poli­ti­che. Il mondo dovrebbe sfi­dare, met­tere in discus­sione que­sto atteg­gia­mento del governo Neta­nyahu, invece non lo fa e si accon­tenta di pen­sare che in fin dei conti Israele è una roc­ca­forte di sta­bi­lità in una regione in crisi, dove agi­scono movi­menti estre­mi­sti come l'Isis. Neta­nyahu lo sa, punta la sua poli­tica estera pro­prio sui timori degli occi­den­tali e, anche gra­zie a que­sto, rie­sce a tenerli dalla sua parte.

mercoledì 14 ottobre 2015

Anche Gandhi capirebbe la violenza palestinese

 

Anche Gandhi capirebbe la violenza palestinese

di GIDEON  LEVY

 

L’ingiustizia può continuare ancora per molti anni. Perché? Perché Israele è più forte che mai e l’Occidente gli permette di scatenarsi, scrive il noto giornalista israeliano.
foto AFP/Abbas Momani
foto AFP/Abbas Momani
di Gideon Levy  – Haaretz
(traduzione di Amedeo Rossi)


Attraverso la nebbia del senso di superiorità, della propaganda dei media, dell’istigazione, della disattenzione, del lavaggio del cervello e della vittimizzazione degli ultimi giorni, ritorna pienamente d’attualità la semplice domanda: chi ha ragione?
Nell’arsenale propagandistico israeliano non ci sono argomenti giustificati accettabili per una persona onesta. Persino il Mahatma Gandhi capirebbe le ragioni di questo scoppio di violenza palestinese. Persino quelli che rifiutano la violenza, che la vedono come immorale ed inutile, non possono fare a meno di capire come mai scoppia periodicamente. La domanda è perché non scoppia ancora più spesso.
Dalla domanda su chi ha iniziato tutto ciò a quella su chi è da condannare, il dito è giustamente puntato contro Israele, solo contro Israele. Non è che i palestinesi siano incolpevoli, ma la responsabilità principale ricade sulle spalle di Israele. Finché Israele non si libererà di questa colpa, non avrà ragioni per fare uno straccio di richiesta ai palestinesi. Ogni altra cosa è falsa propaganda.
Come ha scritto recentemente l’attivista palestinese di lunga data Hanan Ashrawi, i palestinesi solo l’unico popolo sulla terra a cui si chiede di garantire la sicurezza dell’occupante, mentre Israele è l’unico Paese al mondo che pretende protezione alle sue vittime. E come possiamo rispondere?
Come ha chiesto il presidente Mahmoud Abbas in un’intervista ad Haaretz: “Come vi aspettate che la piazza palestinese reagisse dopo che l’adolescente Mohammed Abu Khdeir è stato bruciato vivo [nel luglio 2014, dopo l’uccisione di tre giovani israeliani. N.d. tr.], l’incendio della casa dei Dawabsheh [nell’agosto 2015, in cui è morto carbonizzato un bambino di 18 mesi e, dopo qualche settimana, sono deceduti i suoi genitori. N.d.tr.] , le aggressioni dei coloni e gli attacchi contro le proprietà [palestinesi] sotto gli occhi dei soldati?”. E cos’abbiamo da rispondere?
Ai cento anni di spoliazione ed ai 50 anni di oppressione possiamo aggiungere gli ultimi anni, segnati dall’intollerabile arroganza israeliana che ci sta esplodendo ancora una volta in faccia.
Sono stati gli anni in cui Israele ha pensato di poter fare qualunque cosa senza pagarne il prezzo. Ha pensato che il ministro della Difesa [Moshe Ya’alon, del Likud, il partito di Netanyahu. N.d.tr.] potesse vantarsi di sapere l’identità degli assassini dei Dawabsheh senza arrestarli, e i palestinesi si sarebbero controllati. Ha pensato che quasi ogni settimana un ragazzo o adolescente potesse essere ucciso dai soldati e i palestinesi sarebbero rimasti tranquilli.
Ha pensato che i soldati israeliani potessero irrompere nelle case dei palestinesi ogni notte e terrorizzare, umiliare ed arrestare la gente. Che a centinaia potessero essere arrestati senza un’accusa. Che lo Shin Bet, il sevizio di sicurezza, potesse continuare a torturare i sospetti con metodi satanici.
Ha pensato che i prigionieri che fanno lo sciopero della fame e che sono stati liberati potessero essere riarrestati, spesso senza alcuna ragione. Che Israele potesse distruggere Gaza una volta ogni due o tre anni e che Gaza si sarebbe arresa e la Cisgiordania sarebbe rimasta tranquilla. Che l’opinione pubblica israeliana avrebbe applaudito tutto ciò, nella migliore delle ipotesi con sorrisi e nella peggiore con la richiesta di più sangue palestinese, con una sete che è difficile da comprendere. E i palestinesi lo avrebbero perdonato.
Tutto ciò potrebbe continuare ancora per molti anni. Perché? Perchè Israele è più forte che mai e l’Occidente è indifferente e gli consente di scatenarsi come non mai. I palestinesi, nel contempo, sono deboli, divisi, isolati e colpiti come non mai dai tempi della Nakba. Così tutto ciò potrebbe continuare perché Israele lo può fare- e il popolo [israeliano] lo vuole. Nessuno potrà fermare ciò se non l’opinione pubblica internazionale, che Israele rifiuta in quanto anti-ebraica.
E non abbiamo detto niente in merito all’occupazione in quanto tale e l’incapacità di porvi termine. Siamo stanchi. Non abbiamo detto una parola sull’ingiustizia del 1948, che avrebbe dovuto finire allora e non continuata con ancor maggiore forza nel 1967 e continuata senza che se ne veda la fine. Non abbiamo parlato delle leggi internazionali, del diritto naturale e l’etica umana, che non può assolutamente accettare niente di simile. Quando giovani uccidono coloni, lanciano bottiglie molotov contro i soldati e scagliano pietre contro gli israeliani, questo è il contesto. Ci vuole una buona dose di ottusità, ignoranza, nazionalismo e arroganza – o di tutto ciò insieme – per ignorare tutto ciò.
 
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giovedì 8 ottobre 2015

AMIRA HASS: I PALESTINESI LOTTANO PER LA SOPRAVVIVENZA, ISRAELE PER L'OCCUPAZIONE



 
 Il fatto che ci si accorga che c’è una guerra solamente quando gli ebrei sono assassinati non cancella la realtà che i palestinesi vengano continuamente uccisi
 
 
Da sinistra il ministro della sicurezza Gilad Erdan, il premier Netanyahu e il capo della polzia uscente Bentzi Sau (foto Noam Moshkowitz)

di Amira Hass

– HAARETZ (traduzione di Carlo Tagliacozzo)

Sì, questa è una guerra e il primo ministro Benjamin Netanyahu, grazie al mandato popolare, ha ordinato la sua escalation. Non ha ascoltato i messaggi di conciliazione e di accettazione del presidente palestinese Mahmoud Abbas nei periodi di calma, perché dovrebbe ascoltarli ora? Netanyahu sta intensificando la guerra principalmente a Gerusalemme Est, con un’orgia di punizioni collettive. Così, sottolineando l’assenza di una leadership palestinese a Gerusalemme Est e la debolezza del governo di Ramallah, che sta provando a fermare il movimento nel resto della Cisgiordania, egli mette ulteriormente in evidenza il successo israeliano nel separare Gerusalemme dalla maggior parte della popolazione palestinese. La guerra non è cominciata lo scorso giovedì, non è iniziata con la le vittime ebree e non finirà quando nessun ebreo verrà assassinato. I palestinesi stanno lottando per la loro sopravvivenza, nel vero significato della parola. Noi israeliani ebrei stiamo lottando per i nostri privilegi in quanto nazione di padroni, nel senso peggiore del termine. Il fatto che ci si accorga che c’è una guerra solamente quando gli ebrei sono assassinati non cancella la realtà che i palestinesi vengono continuamente uccisi e che di continuo facciamo qualunque cosa in nostro potere per rendergli la vita insostenibile. La maggior parte del tempo è una guerra unilaterale, condotta da noi, per costringerli a dire “si” al padrone, grazie mille per farci sopravvivere nelle nostre riserve. Quando si turba qualcosa della guerra unilaterale e degli ebrei sono assassinati, allora la nostra attenzione si attiva. I giovani palestinesi non assassinano ebrei in quanto ebrei, ma perché noi siamo i loro occupanti, i loro torturatori, siamo quelli che li imprigionano, i ladri della loro terra e della loro acqua, siamo quelli che li mandano in esilio, i demolitori delle loro case, quelli che gli negano un futuro. I giovani palestinesi, disperati e vendicativi, desiderano morire e procurano alle loro famiglie grandi sofferenze perché il nemico che hanno di fronte dimostra ogni giorno che la sua malvagità non ha limiti. Anche il linguaggio è malvagio. Gli ebrei sono assassinati, i palestinesi sono uccisi e muoiono. È così? Il problema non comincia quando non ci è permesso di scrivere che un soldato o un poliziotto di frontiera ha assassinato dei palestinesi, a distanza ravvicinata, quando la sua vita non era in pericolo, oppure da un posto di controllo lontano o da un aereo o da un drone. Ma ha a che fare con il problema. La nostra capacità di comprensione è schiava di un linguaggio preventivamente censurato che distorce la realtà. Nel nostro linguaggio gli ebrei sono assassinati perché sono ebrei e i palestinesi trovano la loro morte e sofferenza perché presumibilmente se la sono cercata. La nostra visione del mondo è modellata da un coerente tradimento dei media israeliani del loro dovere di informazione, o della loro mancanza di capacità tecnica ed emotiva di raccogliere tutti i dettagli della guerra totale che stiamo conducendo per conservare la nostra superiorità sul territorio tra il fiume [Giordano] e il mare. Persino questo giornale non ha le risorse economiche per impiegare 10 giornalisti e riempire 20 pagine di notizie su tutti gli attacchi sia in tempi di escalation che in quelli di calma, dalle sparatorie alle costruzioni di strade che distruggono un villaggio, dalla legalizzazione di un avamposto dei coloni a un milione di altri attacchi. Ogni giorno. Gli eventi presi a caso che cerchiamo di raccontare sono delle gocce nell’oceano e non hanno alcun impatto sulla comprensione della situazione per una grande maggioranza di israeliani. L’obiettivo di questa guerra unilaterale è di costringere i palestinesi a rinunciare a tutte le loro aspirazioni nazionali riguardo alla loro terra natia. Netanyahu vuole l’escalation perché finora l’esperienza ha dimostrato che i periodi di calma dopo quelli sanguinosi non ci riportano al punto di partenza, ma piuttosto a un livello più basso nel sistema politico palestinese e aggiungono privilegi agli ebrei in una Israele più grande. I privilegi sono il fattore principale che stravolgono la nostra comprensione della nostra realtà, che ci rendono ciechi. A causa loro non riusciamo a capire che persino con una debole leadership “presente- assente”, il popolo palestinese – disperso nelle sue riserve indiane – non si darà per vinto e continuerà a trovare la forza necessaria per resistere al nostro malvagio dominio.

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domenica 4 ottobre 2015

GIDEON LEVY: IL SANGUE DI UN ISRAELIANO E' PIU' ROSSO DI QUELLO DI UN PALESTINESE


4 ottobre 2015
 
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Sulla strada per Elon Moreh, nei pressi del bivio di Beit Furik, Naama e Eitam Henkin sono stati uccisi nella loro auto nella notte di giovedi davanti ai loro figli. E’ stato un crimine scioccante.

Sulla strada per Elon Moreh, nei pressi del bivio di Beit Furik, Ahmed Khatatbeh è stato colpito a morte nella sua auto un paio di giorni prima. Anche questo è stato un crimine scioccante.

Il sangue è rosso per tutti. La vendetta omicidio non è mai giustificata, ma il contesto non può essere ignorato. Entrambe le parti uccidono innocenti e non in parti uguali. Un giovane sordo è stato eliminato dai soldati con tre colpi alla schiena e altri al posto di blocco di Beit Furik a tarda notte in circostanze che sono ancora poco chiare.

La strada deserta di Elon Moreh invita all’ indignazione, il posto di blocco di Hawara è vicino: i segnali indicano solo gli insediamenti di Itamar e Elon Moreh. Le città palestinesi di Beit Furik e Beit Dajan – molto più antiche e più grandi degli insediamenti – sono sotto silenzio, come se non esistessero. E lo stesso vale per la maggior parte dei segnali stradali in Cisgiordania, nell’ apartheid segreta e istituzionalizzata che discrimina tra una persona e l’altra, tra una comunità e l’altra.

Gli Henkins sono stati uccisi a poche centinaia di metri da dove i soldati hanno ucciso Khatatbeh. Tornava da Nablus dopo aver acquistato vestiti per la festa Id al-Adha. Era sordo ed è morto in silenzio. Hanno sparato alla sua auto forse perché non ha sentito l’ordine di fermarsi. I militari hanno inoltre impedito a un’ambulanza la sua rimozione per circa un’ora ed i medici del Rafidia Hospital hanno detto che sarebbe stato possibile salvargli la vita se fosse stato subito ricoverato. Suo padre non sapeva nemmeno che suo figlio fosse stato ucciso. Era diventato sordo a causa di un ictus. L’ho visto la settimana scorsa che giaceva immobile nel letto, guardando i manifesti del figlio.

Il portavoce dell’ Unità del portavoce delle Forze di Difesa israeliane ha dichiarato che è stato ucciso perché rappresentava “un pericolo chiaro e presente” per i passanti civili. Per quanto si sa non c’erano civili al checkpoint di Beit Furik, al momento. Così la preoccupazione dell’esercito per il loro benessere è sconcertante, così come l’uccisione del giovane che non era mai stato arrestato ed è stato colpito anche dopo che essere stato già ferito, senza una spiegazione ragionevole.

Khatatbeh è morto tranquillamente. Nessuno in Israele ha mostrato alcun interesse per la sua morte, I titoli dei giornali non urlano, i battaglioni non sono accorsi, i villaggi non sono stati circondati e isolati.

Questo è anche quello che è successo quando la famiglia Dawabsheh fu bruciata nel sonno. Migliaia di soldati non sono accorsi negli avamposti vicini, non c’è stato alcun blocco agli insediamenti o blocchi di strade o irruzioni casa dopo casa, come è avvwenuto a Beit Furik.

Il messaggio è chiaro: il sangue palestinese è a buon mercato. Uccidere i Dawabshehs possono aver causato reazioni in Israele, ma le forze di sicurezza hanno agito come fanno di solito in questi casi e il risultato parla da sé.

Hadeel al-Hashlamoun è stata uccisa senza motivo. La catena di eventi che porta all’uccisione scandalosa della figlia del medico di Hebron, colpita 10 volte, è stata riportata in Haaretz da Amira Hass. Agli occhi della IDF era una terrorista e per la maggior parte degli israeliani meritava di morire. Il soldato che ha ucciso è stato sentito dire “Grazie a Dio!” La sua uccisione va anche ricordata ora.

Questo è il momento, quando molti israeliani sono in lutto per la Henkins, di citare le vittime palestinesi, i cui omicidi anche odiosi ed hanno lasciato orfani e lutto. Più di 20 civili palestinesi sono stati uccisi da soldati israeliani dall’inizio di questo anno relativamente tranquillo, quasi tutti senza alcun motivo. Il loro sangue deve gridare, la loro uccisione è anche la causa del sangue di Na’ama e Eitam Henkin, dobbiamo solo sperare che  solo Dio li vendicherà. In realtà, è meglio se non lo farà.

Gideon Levy : Is an Israeli’s Blood Redder Than a Palestinian’s?

LA FOLLIA DEGLI USA E DELLA NATO



Avvertimento al mondo:

la follia degli USA e della NATO


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DI PAUL CRAIG ROBERTS


Herbert E. Meyer, un pazzo che per un periodo aveva  occupato il ruolo di assistente speciale del direttore della CIA durante l’amministrazione Reagan, ha scritto un articolo invitando all’assassinio del presidente russo Vladimir Putin. Se dobbiamo “farlo uscire dal Cremlino con i piedi in avanti e un foro di proiettile nella nuca, non avremmo problemi”.
Come il folle Meyer spiega, il delirio che Washington ha diffuso nel mondo non ha limiti. Jose’ Manuel Barroso, messo alla presidenza della Commissione Europea come burattino degli USA, ha dissimulato la sua recente telefonata confidenziale con il presidente Putin dicendo ai media che Putin aveva lanciato la sua minaccia: “Se volessi, potrei prendermi Kiev in due settimane”.
Chiaramente, Putin non ha minacciato nessuno. Una minaccia non sarebbe coerente con l’intero approccio attendista di Putin alla minaccia strategica che Washington e i suoi burattini della NATO hanno mosso alla Russia in Ucraina. Il rappresentante permanente della Russia all’UE, Vladimir Chizhov, ha detto che se la menzogna di Barroso non verrà ritrattata, la Russia divulgherà la registrazione dell’intera conversazione.
Chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la disparità tra le forze russe ed ucraine sa più che bene che alla Russia servirebbero 14 ore e non 14 giorni per prendersi l’Ucraina. Basta ricordarsi cosa successe all’armata georgiana addestrata ed armata da USA e Israele quando Washington aveva piazzato i suoi bambolotti georgiani nell’Ossezia del sud. Le forze georgiane sono collassate sotto il contrattacco russo in 5 ore.
La bugia che la marionetta di Washington Barroso ha raccontato non è degna di una persona rispettabile. Ma dove in Europa c’è qualcuno di rispettabile al potere? Da nessuna parte. Le poche persone serie sono del tutto fuori dai centri di potere. Consideriamo il Segretario Generale della NATO, Anders Rasmussen. Era il Primo Ministro della Danimarca che ha capito che avrebbe potuto salire oltre diventando una marionetta degli USA. Come Primo Ministro aveva fortemente supportato l’invasione illegale dell’Iraq, dichiarando “sappiamo che Saddam Hussein possiede armi di distruzione di massa”. Ovviamente lo stolto non aveva idea di quello che stava dicendo e cosa poteva importare se l’Iraq avesse quelle armi o meno. Molte nazioni possiedono armamenti di quel tipo.
Secondo la regola che chi serve Washington fa carriera, Rasmussen ne ha fatta.

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Il problema del mettere in certe posizioni dei mentecatti è che essi rischierebbero il mondo per la loro carriera. Ora Rasmussen ha messo a rischio la sopravvivenza di tutta l’Europa Occidentale ed Orientale. Rasmussen ha annunciato la creazione di una forza speciale di attacco capace di operazioni lampo in Russia. Ciò che il burattino di Washington chiama “il piano di azione immediata” è giustificato come una risposta “all’atteggiamento aggressivo della Russia in Ucraina”.
La “forza d’attacco fulminea” di Rasmussen verrà spazzata via così come ogni capitale europea. Che tipo di idiota provoca in questo modo una superpotenza nucleare?
Rasmussen parla dell’ “atteggiamento aggressivo della Russia” ma non ne ha prova. La Russia se ne è stata in disparte mentre il governo marionetta di Kiev ha accerchiato e bombardato insediamenti civili, ospedali, scuole e lanciato una serie costante di bugie contro la Russia. La Russia ha respinto le richieste delle province ora indipendenti del sud e dell’est Ucraina, in passato territori russi, di venire nuovamente annesse. Come i lettori sanno, giudico la decisione di Putin un errore, ma gli eventi potrebbero dire che mi sbagliavo e per me va bene. Per ora, il fatto è che ogni atto di aggressione è una conseguenza del supporto di USA e UE ai nazisti di Kiev. Sono le milizie naziste ucraine ad attaccare i civili nei territori che appartenevano alla Russia. Molti militari ucraini hanno disertato a favore delle repubbliche indipendenti.

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Sì, nazisti. L’Ucraina dell’ovest è la dimora delle divisioni ucraine delle SS che combatterono al fianco di Hitler. Oggi le milizie organizzate dal Right Sector e altri partiti politici di destra indossano la divisa delle divisioni ucraine delle SS. Queste sono le persone che Washington e l’UE sostengono. Se i nazisti ucraini potessero vincere contro la Russia, e non possono, si rivolterebbero all’occidente, esattamente come l’ISIS, creato da Washington, e che Washington ha sguinzagliato contro Siria e Libia. Ora l’ISIS sta ricreando un medio oriente unito e Washington non sembra in grado di reagire.
William Binney, un ex ufficiale dell’NSA ha scritto alla cancelliera tedesca Angela Merkel avvertendola di difendersi dalle menzogne di Obama al prossimo summit della NATO in Galles. Gli ufficiali dell’intelligence statunitense avvertono la Merkel di ricordarsi delle “armi di distruzione di massa” irachene e di non farsi ingannare nuovamente, entrando stavolta in conflitto con la Russia.
La domanda è: chi rappresenta la Merkel? Washington o la Germania? Fino ad ora ha rappresentato Washington, non gli interessi dell’economia tedesca, non il popolo tedesco, non la Germania come nazione. Qui si può vedere una protesta a Dresda in cui una folla ostacola un discorso della Merkel gridandole “kriegstreiber” (guerrafondaia), “bugiarda” e “nessuna guerra contro la Russia”.



Il mio professore di dibattito all’università, che è diventato un alto ufficiale del Pentagono con il compito di terminare la guerra in Vietnam, in risposta alla mia domanda su come Washington faccia sempre fare all’Europa ciò che vuole ha detto “soldi, diamo loro soldi”. “Aiuti stranieri?” ho chiesto. “No, diamo ai politici europei un sacco di soldi. Loro sono in vendita. Noi li compriamo. Loro ci rendono conto”. Forse ciò spiega i 50 milioni di dollari guadagnati da Blair in un anno con il suo ufficio.

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I media occidentali, la più grande casa chiusa del mondo, agognano la guerra. Il consiglio editoriale del Washington post, un giornale-trofeo nelle mani del proprietario miliardario di Amazon.com, ha pubblicato un editoriale il 31 di Agosto che sbrodolava tutte le bugie di Washington (e del Post) su Putin.
Il proprietario di Amazon dovrebbe sapere come commercializzare prodotti su Internet, ma non ha speranza se si tratta di dirigere un giornale. I suoi editori al Post hanno reso il suo trofeo uno zimbello mondiale.
Qui ci sono le accuse senza senso mosse dagli editori che il miliardario ha messo a capo del suo quotidiano:
Putin, amaramente risentito per la perdita di potere dal collasso del blocco sovietico, ha “resuscitato la tirannia” della Grande Menzogna per ricostituire l’impero Russo. “Milizie ucraine sovvenzionate dai russi” sono responsabili dell’  abbattimento del volo malese a Luglio”. I “media controllati dal governo russo” hanno mentito e mistificato alla popolazione russa i responsabili dell’accaduto.
“In assenza di report liberi ed indipendenti, pochi Russi realizzano che soldati ed armamenti russi sono in azione in Ucraina dell’est, anche se (come in Crimea) mostrano uniformi e veicoli riportanti segni identificativi e targhe. Senza media liberi, i Russi sono abbandonati a difendersi da soli contro una tempesta di informazioni mendaci”.
“La Grande Bugia di Putin mostra come sia importante sostenere la stampa libera dove ne esiste una e sbocchi come Radio Free Europe che portano la verità a chi ne ha bisogno.”
Come ex editore del Wall Street Journal, posso dire con assoluta certezza che una propaganda di questo tipo, spacciata per editoriale sarebbe conseguita nell’immediato licenziamento di tutte le persone coinvolte. Nei miei giorni nello staff del Congresso, il Washington Post veniva considerato una risorsa della CIA. Ora è decaduto ben sotto quello status.
Ho visto molta propaganda nei media nella mia vita, ma questo editoriale è la ciliegina sulla torta. Mostra come o gli editorialisti siano degli ignoranti oppure completamente corrotti e come diano per scontato che i loro lettori siano completamente ignoranti. Se unità militari russe fossero in azione nell’Ucraina dell’est, la situazione sarebbe esattamente come dicono Alexander Zakharchenko e Dmitry Orlov. L’Ucraina non esisterebbe più. L’Ucraina sarebbe ancora una parte della Russia, come secoli prima che Washington sfruttasse il crollo dell’Unione Sovietica per separarla.
La domanda è: quando durerà la pazienza russa di fronte alle continue bugie e provocazioni dell’occidente? Non importa quanto la Russia si contenga, è accusata del peggio. Dunque, potrebbe anche reagire al peggio.
A che punto il governo russo deciderà che le menzogne di Washington, con quelle dei suoi bambolotti europei e dei media occidentali, rendono inutili gli sforzi della Russia di risolvere la situazione con la diplomazia e un comportamento non aggressivo? Dato che la Russia è continuamente falsamente accusata di invadere l’Ucraina, quando il governo russo deciderà che visto che la propaganda occidentale ha stabilito che la Russia ha invaso l’Ucraina, ha imposto sanzioni e installato nuove basi militari ai confini russi per la presunta invasione, potrebbe proseguire e sbarazzarsi del problema che Washington gli sta creando e invadere davvero?
Non c’è nulla che la NATO possa fare se la Russia decide che un’Ucraina nelle mani di Washington è una minaccia strategica troppo grande per i propri interessi e la reincorporasse dove già si era trovata per secoli. Qualsiasi forza d’intervento della NATO inizierebbe una guerra che non potrebbe vincere. La popolazione tedesca, memore delle conseguenze della guerra contro la Russia, ribalterebbe il governo burattino di Washington. La NATO e la UE crollerebbero se la Germania si staccasse dall’assurdo costrutto asservito agli interessi di Washington a spese dell’Europa.
Una volta che ciò accada, il mondo avrebbe pace. Ma non fino a quel momento.
Per coloro ai quali interessa capire come funziona il mondo della menzogna, il governo-burattino di Washington a Kiev attribuisce la sconfitta delle proprie forze militari nella repubblica di Donetsk alla presenza di militari russi nelle forze nemiche. Questa è la propaganda sfoggiata dagli Ucraini dell’ovest e dalle puttane della stampa occidentale [“presstitute” gioco di parole tra press-stampa e prostitute-prostituta NdT], un manipolo di prostitute che ripetono a pappagallo la propaganda senza alcun tipo di indagine. Kiev non può ricevere sovvenzioni dal FMI con cui pagare i suoi debiti ai creditori occidentali finchè l’Ucraina è in guerra. Quindi l’Ucraina dice all’FMI l’opposto: la Russia non ha attaccato l’Ucraina.
I media occidentali non si interessano ai fatti. Bastano le bugie. Solo le bugie.
Il Washington Post, il New York Times, la CNN, Fox “news”, Die Welt, la stampa francese, quella inglese, pregano in coro: “per favore Washington, dacci altre bugie sensazionali da sbandierare. La nostra circolazione ne ha bisogno. Chissenefrega della guerra e della razza umana, se in cambio possiamo avere stabilità finanziaria.”

Justin Raimondo avverte che Washington sta piantando i semi per una Terza Guerra Mondiale.
Paul Craig Roberts è un ex assistente segretario del Tesoro USA e Editore Associato del Wall Street Journal. How the economy was lost è ora disponibile da CounterPunch in formato elettronico. Il suo ultimo libro è How America was lost.

Fonte: www.counterpunch.org  Link
comedonchisciotte.org

giovedì 1 ottobre 2015

E' iniziata la guerra mediatica contro Putin

E' iniziata la guerra mediatica contro Putin
 
 
 di Diego Siragusa
 
Cosa sta accadendo sul palcoscenico internazionale che non avevamo visto prima? Sta accadendo che la Russia di Putin, fino a qualche anno fa defilata e passiva nel confronto diretto con gli Stati Uniti e i suoi alleati, ora alza la testa e va al contrattacco con determinazione e freddezza. Ormai era evidente che dalla caduta del muro di Berlino e dalla svendita dell'ex URSS operata da Boris Eltsin, gli USA avevano mano libera sulla scena mondiale. Qualche sciocco, che si fregia di essere un intellettuale, scrisse che quella era "la fine della storia" essendo scomparso l'antagonista storico del capitalismo ovvero il comunismo. Si pensò, all'epoca, che la NATO, dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia, sarebbe diventata inutile e che una nuova epoca, fondata su un mondo unipolare, fosse ormai una realtà.
In verità, il comunismo non era stato debellato, era stata sconfitta una applicazione degenerata e fallimentare del socialismo. La prova di questo sta nel fatto che in altri paesi quella esperienza continua con forme diverse e che il bisogno di uguaglianza e di lotta alle ingiustizie non sarà mai sopito. L'esperienza cinese, pur contraddittoria, dovrebbe indurre certi maîtres à penser ad una maggiore cautela. La NATO, dunque, non scompare, paradossalmente, anzi si rafforza e attacca l'ex Yugoslavia dichiarando guerra alla Serbia e fomentando tutte le divisioni possibili per sgretolarla e portarla nell'orbita del Patto Atlantico. Esistono e si sono consolidate colossali menzogne sulla fine dell'ex Yugoslavia che solo pochi hanno il coraggio di riesaminare, denunciare e documentare, ma con scarsi risultati tra l'opinione pubblica. Intanto i paesi che facevano parte del blocco sovietico sono entrati a far parte della NATO che oggi è composta da 28 paesi che stanno tutti a ridosso della Russia.
 
La dirigenza russa attorno a Putin è stata costretta a rompere gli indugi e ad agire con fermezza dopo l'esplosione della crisi Ucraina col colpo di stato nazista che ha costretto il presidente legittimo Victor Yanukovich alla fuga e a riparare in Russia. Ormai esistono le prove che si è trattato di un complotto organizzato dagli USA e dai paesi europei della NATO per mettere le mani sulle risorse strategiche della Russia e dominarla per espandere i propri mercati a svantaggio dei popoli euroasiatici.
In questo contesto, il "Patto di Shangai" tra la Russia, la Cina, l'India, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan fu un modo per sfuggire ad un accerchiamento ormai palese sotto il profilo economico e militare.
Intanto in Medioriente, dopo l'aggressione americana all'Iraq di Saddam Hussein, avvenuta con falsi pretesti (le armi di distruzione di massa mai trovate), si delinea un disegno strategico che consiste nel capovolgere tutti i regimi arabi ostili o non amici di Israele. Ormai sappiamo che le cosiddette "primavere arabe" erano solo moti di piazza eterodiretti che utilizzavano un legittimo malcontento indirizzato non a creare regimi democratici ma solo governi amici degli Usa, di Israele e dell'Occidente. Nel 2011 tocca alla Siria. Le testimonianze sono concordi nel riferire che i primi scontri di piazza tra manifestanti e polizia evidenziavano la presenza di persone non siriane, che venivano da altri paesi parlanti un arabo con accento diverso. Molti di questi ricevevano una paga dai servizi segreti di paesi che ora hanno gettato la maschera e non nascondono più il loro ruolo sovversivo. Essi sono: Stati Uniti, Israele, Turchia, Inghilterra, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati arabi. Dopo avere orchestrato la campagna falsa sull'uso di armi chimiche da parte dell'esercito del presidente siriano Assad, come pretesto per bombardare la Siria, gli USA hanno dovuto intensificare il loro sostegno alle organizzazioni terroristiche note come al Qaida, al Nusra e ribelli cosiddetti moderati nella speranza di rovesciare militarmente Assad ed imporre un governo gradito a Israele, agli USA e all'Occidente, azzerando, in questo modo, i termini della questione mediorientale e accantonando la soluzione della questione palestinese. E' impossibile capire la crisi del Medioriente senza il ruolo sovversivo e criminale di Israele e dei suoi servizi segreti. Oggi sappiamo con certezza che il terrorismo in Siria è stato promosso dagli USA per espressa ammissione della signora Hillary Clinton e di ex agenti della CIA. Vi sono documenti ed ammissioni degli osservatori dell'ONU che confermano la "fratellanza" tra soldati israeliani e terroristi islamici i cui feriti  vengono curati e assistiti ai confini della Siria con ambulanze e medici di pronto soccorso.
Gli strateghi del terrorismo, però, hanno sottovalutato il peso dell'alleanza tra la Siria e la Russia che ha fatto saltare i piani americani. Assad non è crollato, i terroristi dello stato islamico continuano la loro condotta barbarica e la distruzione del patrimonio culturale e archeologico della Siria praticamente indisturbati, si sono insediati nel Nord Africa, soprattutto in Libia, minacciano tutti i paesi a loro avversi avvertendo che sono in grado di infiltrarsi ovunque e uccidere indiscriminatamente. Questo è il risultato di disordine, barbarie e distruzione creato dagli USA e dall'Occidente senza eccezione alcuna.
Consapevoli che ormai la pianificazione del terrorismo in Siria è stata scoperta, gli USA cambiano tattica: dicono di sostenere i ribelli moderati e si impegnano a bombardare i militanti dello stato islamico ormai insostenibili e detestati da tutta l'opinione pubblica mondiale. Ma tra i ribelli moderati e i terroristi islamici vi è sempre stata osmosi, compenetrazione, spesso i primi hanno fornito armi sofisticate ai secondi ricevute dagli americani. Pochi giorni fa, agli USA, che hanno bombardato in Siria senza alcun mandato giuridicamente valido, si sono aggiunti i francesi che, senza alcuna autorizzazione da parte del rispettivo parlamento, si sono messi a bombardare i terroristi islamici motivandolo con una presunta "autodifesa". Dopo questi avvenimenti Putin rompe gli indugi e, dietro richiesta del governo siriano e col voto unanime del parlamento russo, autorizza i bombardamenti contro i terroristi e l'invio di tecnici, consiglieri militari e apparati logistici.
 
 
Ecco il primo falso: l'uso di una foto scattata 5 giorni prima
del bombardamento dei caccia russi
 
 
Curiosa la reazione americana dopo il primo bombardamento russo. Tutta la stampa asservita all'Occidente dichiara che sono stati colpiti civili, PRIMA DEL BOMBARDAMENTO STESSO, poi, dietro dichiarazione degli Stati Uniti, affermano che i russi hanno colpito i ribelli moderati "addestrati dalla CIA" invece dei terroristi islamici. Come dire: non dovevi colpire i miliziani addestrati da me, ma quelli dello stato islamico che io ho addestrato e finanziato ma che adesso non mi servono più perché sono diventati troppo pericolosi. Qual è la differenza tra i due fronti che combattono Assad? La Russia avrebbe dovuto fare uno sconto ai miliziani moderati? A questo si aggiunga il discorso di Obama dalla tribuna dell'ONU: un capolavoro di arroganza del capo di una grande potenza. "Sono d'accordo a sconfiggere lo stato islamico, anche con la collaborazione della Russia, ma il tiranno Assad se ne deve andare". Putin ha risposto con ammirevole saggezza richiamando, in primis, l'esempio della Libia dove fu deposto "illegalmente" un personaggio come Gheddafi facendo precipitare il paese nell'anarchia, nel disordine e nella guerra civile; in secundis, ha rammentato a Obama che spetta ai siriani decidere quale governo dare a se stessi e chi li dovrà governare. Rammento che Assad è stato eletto in seguito a regolari elezioni a cui ha partecipato l'opposizione. Questa è la situazione miserevole dello stato del DIRITTO INTERNAZIONALE  e questa è la condizione di stallo in cui si trova l'ONU diventata una organizzazione che sussurra auspici pacifici, paralizzata dai veti e dal ruolo imperiale degli USA e dei suoi alleati. Comincia, quindi, la guerra mediatica contro Putin della stampa occidentale, prona ai desideri dei propri governi e degli USA ma silenziosa e complice tutte le volte che la prima potenza imperiale agisce indisturbata e in spregio del diritto internazionale. Già si accalcano i mercenari della carta stampata e delle televisioni avvertendo il pubblico sui rischi della scelta di Putin di far entrare in combattimento i propri caccia. Sembra di essere tornati ai tempi della Guerra Fredda: quando un dissidente sovietico tossiva tutto il mondo scoppiava in lacrime, ma le notizie sui B 52 che bombardavano il Vietnam e causavano migliaia di vittime erano notizie lette con la stessa indifferenza usata per un bollettino meteorologico. Forse il peggio deve ancora arrivare. Teniamoci pronti.   Mala tempora currunt.... sentenziavano i latini.